Riflessioni sulla vita in epoca di Coronavirus

È scoppiata un’emergenza epocale, che sarà ricordata nei libri di storia, e ho capito cosa stava succedendo tardi, forse troppo tardi.

È stato come ricevere una botta in testa, sono rimasto stordito ed ho avuto bisogno di un po’ di tempo per riprendermi, riflettendo e meditando su che cosa stesse succedendo.

In sintesi:

  • Il Coronavirus ha dimostrato in modo evidente a tutti la fragilità dell’uomo. Siamo sulla Terra da ben poco tempo in rapporto alla vita del nostro pianeta e, ancor più, dell’Universo. La natura esisteva ben prima di noi ed esisterà molto dopo di noi. Siamo molto arroganti a pensare di essere in grado di governare la natura; è vero, ahimè, l’esatto contrario. Il Coronavirus potrebbe essere letto come un avvertimento, un segnale che la natura ci manda, e che sta a noi cogliere o meno. Passata l’emergenza e ripresa una sorta di “normalità”, dovremo adottare comportamenti adeguati, in modo da accompagnare la natura, non sfruttarla, ed essere consapevoli della nostra piccolezza. Se non faremo così, prima o poi subiremo conseguenze peggiori di una pandemia.
  • Si è molto discusso su come e dove sia nato il virus. Secondo me i complottisti a tutti i costi fanno un pessimo servizio all’umanità. La risposta più logica e semplice è che il virus sia nato da uno “spillover” dagli animali. Ce lo dice la scienza e ce lo ha detto, già tanti anni fa, la teoria dell’evoluzione di Darwin. Voler incolpare i cinesi, gli americani, le multinazionali, la Spectre o l’ONU, è pericoloso perché svia dall’individuare il problema per cercare di risolverlo. Negli ultimi venti anni si sono già verificati molti casi simili, questa volta la combinazione contagiosità / letalità del virus ha innalzato la pericolosità dell’epidemia. Vivere in promiscuità con gli animali, in certe aree del mondo, porta a facilitare i salti di specie dei virus, e di questo aspetto dovremo tener conto se non vogliamo che, un giorno, possa arrivare anche un virus peggiore di questo.
  • Nella gestione iniziale dell’epidemia nel mondo ci sono stati tanti errori, capiremo col tempo se alcuni fossero voluti oppure no. La Cina ha sicuramente sottaciuto molte cose, ad esempio la mortalità, ma anche la pericolosità del virus. Quando è arrivato in Europa i nostri medici virologi sono stati colti di sorpresa dalla contagiosità e dalla mortalità del virus. In questo i cinesi hanno una grave colpa, perché loro l’avevano vissuto in prima persona e avevano l’obbligo morale di avvertire il resto dell’umanità. La comunità scientifica cinese ha messo a disposizione le informazioni scientifiche, è vero, ma ciò che è mancato nello specifico è stata l’informazione sul modo migliore di gestire la malattia.
  • Il resto del mondo extra Cina è stato colto di sorpresa, nonostante alcuni segnali ben evidenti fossero forti e chiari. Alcuni scienziati da gennaio gridavano che il pericolo era grande, ma non sono stati ascoltati per nulla, un po’ come il pastorello che grida “Al lupo al lupo”, dato che le ultime pandemie si erano risolte senza grossi danni. Era necessario chiudere la Cina subito, bloccare i voli per tutto il resto del mondo ed adottare isolamento e quarantena, anche quando non c’erano ancora casi. Un po’ come ha fatto, a Prato, la comunità dei cinesi, che ha messo in quarantena chi arrivava dalla Cina e non ha importato neanche un virus. Oggi dovremmo ringraziare ed ascoltare chi allora ci avvertiva (faccio due nomi, Burioni e Galli tra tutti), invece di prenderli in giro. Purtroppo, anche tra i medici scienziati, c’erano quelli che minimizzavano (la famosa frase “è poco più di un’influenza”, che all’epoca confesso di aver detto anch’io, si è rivelata il peggiore killer, permettendo al virus di propagarsi indisturbato) e ci sono quelli che, ancor oggi, dicono sciocchezze (o che il virus sparirà, speranza di tutti, ma ben lontana dalla realtà, o che i vaccini non serviranno a niente, nelle pericolosissime tesi novax). In una pandemia come questa sono gli scienziati a dover guidare, con buona pace di coloro che gridano allo scandalo della dittatura degli scienziati, perché sono gli unici che possono indicare le soluzioni, almeno dal punto di vista sanitario.
  • L’Italia è stata sfortunata, perché è stato il primo Paese extra asiatico ad essere colpito ed è stato colpito duramente. Noi italiani abbiamo preso un cazzotto da KO. L’ipotesi più accreditata, che personalmente mi convince, è che nel mese di gennaio vi siano stati numerosi ingressi del virus nel nord Italia, e che questo abbia permesso al virus stesso di girare indisturbato per settimane, forse per più di un mese, creando così una sorta di bomba epidemiologica. Tra l’altro l’area più colpita (area produttiva della Lombardia sud orientale), oltre ad avere un clima che probabilmente si adatta perfettamente alla contagiosità del virus, è anche una di quelle più interconnesse con le aree circostanti per l’elevata propensione agli scambi commerciali e sociali. Quindi il posto perfetto per una rapida diffusione dell’epidemia. Potevamo accorgercene prima? Con le informazioni in possesso dei medici lombardi probabilmente no, ci sarebbe voluto un allarme mondiale di alto livello, ma solo i cinesi (e l’OMS) potevano lanciarlo.
  • La reazione italiana è stata tardiva? Secondo me no, in due giorni le aree di focolaio (le famose zone rosse) erano state chiuse e blindate. Il problema è che il virus aveva già circolato molto anche in altre zone e, nel giro di una settimana, il numero di casi è comunque esploso. Siamo stati presi alla sprovvista e qualunque misura epidemiologica in quel momento non avrebbe potuto fermare l’epidemia. Come dire, la frittata era fatta.
  • Il problema, secondo me, è stato dopo. Se vi ricordate, a fine febbraio, i casi erano tutto sommato limitati e molti politici volevano riaprire tutto, chi invitava alla prudenza erano i soliti scienziati poco ascoltati e molto presi in giro (Burioni, Galli e pochi altri). Lì il governo centrale e le Regioni più colpite hanno perso 10-15 giorni che si sono rivelati fatali per la diffusione del virus. Il lockdown nazionale, che è arrivato l’11 marzo, avrebbe dovuto essere varato a fine febbraio o al massimo ai primi di marzo. Avremmo avuto molti meno morti. Certo, col senno di poi, è molto facile emettere sentenze, in quel momento capisco che sarebbe stato molto difficile ed impopolare una chiusura nazionale, ma avrebbe potuto limitare molto la diffusione del contagio.
  • Il resto del mondo ha reagito in ritardo come l’Italia, con l’aggravante che aveva il nostro esempio sotto gli occhi. Per non parlare delle sciocchezze dette da due dei capi di Stato più importanti al mondo, Boris Johnson (che ha pagato personalmente i suoi ritardi, finendo in ospedale con un casco ad ossigeno in testa) e Donald Trump. E hanno pagato anche loro uno scotto di vite umane molto alto. Tutti tranne la Germania. E non è un caso: i tedeschi hanno saputo tracciare i casi, limitare i contagi, averli tutti sotto controllo, e limitare il numero di morti. Perché il numero di morti in Germania è così basso rispetto al resto del mondo? Semplicemente perché, con la mentalità organizzativa propria del popolo tedesco, hanno capito subito qual era il modo migliore per contrastare l’epidemia e l’hanno applicato molto in fretta. Sostanzialmente hanno applicato i manuali epidemiologici senza titubanze, anche se erano più di cento anni (101 per la precisione) che non si vedeva una pandemia di questa portata. Opinione personale, e lo dico da anni, i miei amici ne sono testimoni, la Germania oggi è il miglior posto in cui vivere, almeno dal punto di vista socio-economico.
  • Le immagini dei reparti di Terapia intensiva in subbuglio con persone che non respiravano e che i medici non potevano intubare, quelle dei camion militari che portavano via le bare da Bergamo perché non c’era più posto nei cimiteri, le immagini delle fosse comuni a New York, in cui sono stati buttati i cadaveri delle persone povere o senza tetto, che non hanno fatto in tempo a curare negli ospedali, beh tutte queste immagini mi hanno commosso fino alle lacrime. Non pensavo, in vita mia, di arrivare a vedere immagini così terribili riprese dietro casa nostra. Pensavo che nell’Occidente “civilizzato” certe cose non succedessero. Invece sono successe. Ho in mente anche un filmato che ha scosso la mia coscienza; il presidente della Regione Emilia Romagna, una di quelle più colpite, rispondeva ad un cittadino che gli diceva che non ce la faceva più a stare in casa; gli proponeva di uscire di casa, di togliersi dalle mura domestiche, ma solo per fare un giro all’ospedale di Piacenza nel reparto di Terapia intensiva, dove la gente moriva da sola, senza neanche il conforto della vicinanza di una persona cara. Ecco quel filmato è stato per me come un pugno diretto in faccia; insieme alle altre immagini di cui parlavo, non lo dimenticherò più.
  • Il governo bene ha fatto a istituire il lockdown. In effetti con questa misura, così estrema e mai utilizzata nella storia dell’umanità, ha salvato tante vite umane. Quante non lo sapremo mai probabilmente, anche se sono convinto che siano molte. Forse i messaggi avrebbero dovuto essere un po’ più chiari, si può fare footing sì o no, ginnastica sì o no, portare il cane a fare i bisogni ma solo in prossimità dell’abitazione, ma prossimità quanto? Altri Paesi, in particolare la Germania, sono stati più chiari nelle norme, anche perché la differenziazione per regione non ha aiutato. Secondo me, l’accanimento relativo al footing o alla ginnastica (particolarmente spinto in alcune regioni) è stato esagerato, era sufficiente vietare gli assembramenti permettendo lo sport individuale. Ma a parte questo aspetto, il sacrificio richiesto ai cittadini è stato accettabile, soprattutto in rapporto allo scopo, che era quello come detto di salvare vite umane. La tecnologia ci ha molto aiutato e, anche stando a casa, siamo potuti restare in contatto con amici e parenti.
  • Ovviamente il sacrificio molto più pesante chiesto agli italiani è stato quello economico. Purtroppo, in questa occasione, è emersa ancora una volta la conflittualità salute / lavoro: per la salute pubblica e per sconfiggere il virus dovremmo stare isolati in casa ancora dei mesi, ma è ovviamente impossibile prolungare così tanto il lockdown. Allo stesso modo, per permettere alle famiglie di mantenere il tenore di vita in corso, non si sarebbero dovute interrompere le attività produttive, ma anche questo era impossibile. La soluzione non può che essere quella di trovare un difficile equilibrio tra due esigenze primarie, entrambe prioritarie. Lo Stato deve aiutare chi si trova in difficoltà, a costo di ingrandire il già enorme debito pubblico. Ma, in questo caso, il debito che lasceremo alle generazioni future è strumento indispensabile. E l’Europa deve fare la sua parte; oggi non stiamo parlando di sovvenzionare debito a chi ha truccato i bilanci (come per la Grecia qualche anno fa), ma di venire incontro a chi ha dovuto chiudere attività economiche per bloccare il propagarsi dell’epidemia. Secondo me si tratta di solidarietà minimale.
  • Un’ultima considerazione sull’Europa: ma vi immaginate cosa sarebbe potuto succedere se non fossimo parte dell’euro e dell’Unione Europea? La nostra liretta sarebbe stata spazzata via, i nostri titoli di Stato non li avrebbe voluti più nessuno, l’inflazione avrebbe galoppato (perchè immagino avremmo dovuto stampare moneta) e il Paese sarebbe piombato vicino al baratro di un default. Invece di inveire contro l’Europa, ringraziamo a mani giunte chi ci ha fatto entrare in Europa e nell’euro.
  • Permettetemi solo una parola a favore della cultura. Nessuno ne parla, ma l’industria della cultura è totalmente a terra e si risolleverà con molte difficoltà. Lo Stato deve pensare anche alle migliaia di lavoratori in questo campo, che sono stati colpiti più duramente di altri (un esempio: quando potranno ripartire i concerti musicali? Difficile dire, forse solo nel 2021). Invece questo governo, per non parlare delle Regioni, non si occupa mai di questo settore, lo considera l’ultimo dei problemi. Un presidente di Regione a proposito della querelle sulla riapertura delle librerie, ha detto che non ha capito perché il governo abbia voluto riaprire proprio le librerie. Ecco un presidente così non avrà mai la sensibilità per favorire lo sviluppo della cultura.
  • Solo una riflessione sui governi regionali. Premetto che in tutte le mie considerazioni non ho mai tirato in ballo le beghe politiche interne italiane, e anche quello che sto per dire è del tutto neutro rispetto al colore politico delle regioni. In primo luogo chi ha lavorato bene: il Veneto ha bloccato l’epidemia prima degli altri, complimenti al presidente Zaia e ai suoi consiglieri che hanno fatto le scelte giuste, a volte anche andando coraggiosamente contro le indicazioni dell’Istituto Superiore di Sanità. Poi l’Emilia Romagna ha contenuto in modo egregio l’epidemia, anche se alcune province sono state colpite ancora più duramente di alcune province lombarde. Poi la Lombardia. Certo sono stati fatti molti errori, però la situazione è stata talmente grave che ben difficilmente si sarebbero potuti limitare i contagi in modo più significativo con interventi locali. Forse si sarebbero dovute chiudere le province di Bergamo e di Brescia prima, ma l’intervento doveva essere del governo e rientra nei ritardi nazionali di cui parlavo più sopra. Grave invece la gestione delle RSA, dove si sono accese micce in una polveriera, creando qualche scoppio, ossia la diffusione del virus in tutta la struttura. Ma, ahimè, ancora più grave è stata la gestione nella mia regione, il Piemonte. E‘ stato sbagliato tutto, l’approccio nel fare i tamponi (troppo pochi per troppo tempo), la gestione dei laboratori che facevano i tamponi (non si è capito che dovevano essere potenziati immediatamente, era una priorità assoluta), la gestione domiciliare dei contagiati e di chi era in quarantena, totalmente abbandonati, la gestione dei medici e degli operatori sanitari in prima linea, totalmente abbandonati anche loro in termini di aiuti e protezioni, e la gestione delle RSA, che sono diventate importanti focolai oggi non ancora spenti. Secondo me l’assessore e il responsabile dell’emergenza hanno sulla coscienza un po’ di morti in Piemonte; forse è un’affermazione un po’ forte, ma se si fosse gestita meglio l’emergenza, i contagi sarebbero stati molti di meno e di conseguenza anche i morti. Secondo me l’assessore, se avesse un po’ di dignità, dovrebbe dare le dimissioni immediatamente.
  • Il futuro è incerto. Partiremo con una fase 2 (a proposito, in Piemonte vista la pessima gestione non è troppo presto? Non ce ne dovremo pentire con una repentina chiusura?) i cui contorni non sono ancora chiari. Certo, a leggere quanto affermano gli scienziati, dovremo convivere con le tre T: tracciamento, trattamento e test. Il tracciamento dovrà servire ad avvisare chi è venuto in contatto con un contagiato, strumento indispensabile per limitare l’espandersi del contagio. Per questo servirà l’App, che dovremo scaricare sui nostri telefonini. A tal proposito esprimo la mia opinione personale: l’App dovrebbe essere obbligatoria, perché la salute pubblica deve venire prima di qualunque considerazione sulla privacy. E’ più importante la segretezza dei miei dati o la vita umana di centinaia di persone? Io non ho dubbi a rispondere. Trattamento vuol dire che i contagiati dovranno essere seguiti a casa in modo adeguato e che gli ammalati gravi dovranno essere curati al meglio in ospedali attrezzati (separando ospedali solo COVID da ospedali no COVID). Test saranno gli esami sierologici massivi nella popolazione per individuare i contagiati. Aggiungendo le mascherine da portare, soprattutto nei luoghi chiusi, e il distanziamento sociale nei luoghi pubblici (si dice almeno un metro e mezzo), tutto ciò fa sì che non sarà certo un periodo facile. Però starà ai comportamenti di tutti noi impedire che il contagio riparta. In attesa di cure o vaccini che probabilmente potranno arrivare nel prossimo inverno o prossima primavera, sarà la maturità della popolazione a fare la differenza.
  • Un’ultima riflessione, relativa alla vita privata. In questo lungo periodo di lockdown credo che abbiamo avuto tutti più tempo del solito per riflettere su noi stessi e la vita che conduciamo. Anch’io l’ho fatto e sono giunto a due conclusioni molto importanti: la prima è che non vale la pena avere una vita frenetica in cui si passa da un’attività all’altra senza fermarsi mai. Credo che sia necessario per tutti avere ritmi più tranquilli, dedicare un po’di tempo a se stessi, godersi di più l’intimità familiare o comunque le mura domestiche. Socializzare è importante, mi verrebbe da dire indispensabile, ma non a tutti i costi. Imparare a gestire se stessi, interrogarsi e imparare a conoscersi credo che sia un modo per crescere interiormente e in consapevolezza, per essere più sicuri di se stessi. E poi, nelle meditazioni personali di questi giorni, ho scoperto (o forse per meglio dire ri-scoperto) che tutti noi abbiamo bisogno di spiritualità. Intendo dire che dobbiamo ascoltare i nostri bisogni interiori e dobbiamo darci delle risposte, che non possono essere solo materiali, solo razionali. Per me è stato importante riscoprire valori forse in parte perduti, o forse solo assopiti, che aiutano a orientare la propria vita e ad agire sentendosi responsabili delle proprie scelte.

Pietro Romano

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