Il mistero di San Domenico: la bandiera di Lepanto è vera o finta?

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Anche Torino ricorda la battaglia di Lepanto del 7 ottobre 1571. La menziona nelle vie e nelle piazze, da corso Lepanto a via San Pio V, da via Andrea Provana di Leynì a piazza Emanuele Filiberto.

E anche nelle bandiere, in un drappo molto speciale, conservato nella chiesa di San Domenico, vicino al Municipio. Con un piccolo giallo, mai risolto del tutto. Il vessillo conservato nella chiesa di via Milano, dedicato alla Madonna che mostra la Sindone, fu portato sulle galee sabaude nel memorabile scontro navale in cui i cristiani sconfissero l’invincibile flotta ottomana? È davvero una delle bandiere di Lepanto quella custodita nel sacro tempio nel centro di Torino? I torinesi ci credono e non hanno dubbi: la tradizione vuole che il tessuto decorato che si trova in San Domenico sia uno degli stendardi devozionali che sventolavano sulle tre galee piemontesi in quella mitica giornata del 7 ottobre.

Gli storici però si dividono tra coloro che lo ritengono autentico e quelli che invece mostrano non poche perplessità come lo storico Andrea Merlotti secondo il quale il vessillo “di Lepanto” risalirebbe piuttosto alla guerra civile piemontese del Seicento e sarebbe stato portato in battaglia nel 1640 dal principe Tomaso di Savoia-Carignano. Per altri studiosi invece il dibattito resta aperto, convinti più che mai che sulle galere sabaude erano state issate bandiere molto simili a quella di San Domenico. Il 7 ottobre 1571 oltre 400 galee e quasi 200.000 uomini si scontrarono nella più grande battaglia navale della storia moderna: 204 galee cristiane con sei potenti galeazze veneziane contro 205 galee turche, oltre 100.000 cristiani contro 90.000 soldati della Mezzaluna. Fu una grande vittoria per i cristiani che godevano di una netta superiorità nel numero dei soldati, nell’armamento e nella potenza di fuoco. Fu anche una carneficina: circa 30.000 turchi uccisi contro almeno 7500 cristiani. In mare, calcolano gli storici, furono versati qualcosa come 200.000 litri di sangue. Agli ordini dell’ammiraglio Andrea Provana di Leynì, nel golfo di Corinto navigava, insieme alla flotta della Lega Santa, la piccola ma agguerrita squadra navale del duca Emanuele Filiberto che combattè a Lepanto insieme alle galere cristiane che si scontrarono furiosamente con la flotta del sultano di Costantinopoli. Era composta dalla “Capitana”, comandata dal Provana che fu ferito alla testa e si salvò grazie all’elmo, la “Margarita”, guidata da Giovanni Battaglino e la “Piemontesa” che fu assalita dai turchi, distrutta e l’equipaggio massacrato, compreso il comandante Ottaviano Moretto. Quando si videro, le due flotte suonarono trombe e tamburi e innalzarono le bandiere di battaglia. Prima del combattimento andava in scena una sfida a distanza facendo sventolare, da una parte, stendardi abbelliti con crocifissi e figure religiose nel nome della Cristianità e, dall’altra, bandiere bianche e verdi con il nome di Allah ricamato migliaia di volte. Che fine hanno fatto allora i vessilli savoiardi che poco prima dello scontro venivano ritirati e messi al sicuro?

Filippo Re

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