“Alla vigilia del congresso regionale, e poi nazionale, dell’Anci, e’ arrivato il momento di far
decollare un dibattito che faccia uscire l’organizzazione dei comuni italiani da una liturgia stanca e
del tutto burocratica. E pertanto inutile. A cominciare dal Piemonte. Due sono, tra le altre, le
condizioni essenziali per cercare di recuperare lo spirito originario di questa storica
organizzazione: il prestigio politico ed amministrativo di chi la guida e, soprattutto, un rilancio vero
e non pletorico dei cosiddetti ‘piccoli comuni’ che rappresentano l’ossatura centrale e dinamica del
sistema delle autonomie locali.
Forse è giunto il momento, appunto, per un impegno diretto del Sindaco di Torino per l’indubbia
importanza della città da un lato e per ridare prestigio ed autorevolezza alla stessa organizzazione
dall’altro. A prescindere da chi ricopre pro tempore quell’incarico. E poi c’è il tema del rilancio
concreto e del coinvolgimento diretto dei piccoli comuni. Senza queste due condizioni –
realisticamente praticabili – si corre il serio rischio di trasformare questo appuntamento in un
incolore e grigio passaggio burocratico. Del resto, non serve a nulla un congresso di puro ricambio
delle rappresentanze elettive negli organi di direzione. Se pure nell’Anci cede lo spirito di
solidarietà, sarebbe vano credere che non possa cedere in seno all’architettura complessiva delle
istituzioni.
Anche e soprattutto dai congressi delle Anci regionali, in questo caso del Piemonte, deve partire un
messaggio di riordino della funzione rappresentativa, per incidere di più e meglio nella costituzione
dei programmi associativi. Serve, quindi, un congresso di rifondazione perché l’Anci – come
abbiamo scritto nel Manifesto costitutivo del movimento ” Comunità, Sindaci al centro” – e’ un libro
che accresce, con il variare delle circostanze, le sue pagine. E questo per il semplice motivo che
l’Anci regionale e nazionale non può diventare un segmento dell’apparato pubblico amministrativo.
Sarebbe la sua fine politica e, soprattutto, sarebbe il tradimento della sua vocazione culturale e
politica originaria. Che resta, se lo vogliamo ricordare ancora una volta, la capacità di mettere
insieme enti piccoli e grandi, sia del nord che del sud, decidere di mettere insieme le loro
esperienze e organizzare, al contempo, una rappresentanza politico/istituzionale, non subalterna al
potere accentratore dello Stato”.
Giorgio Merlo Sindaco di Pragelato, coordinatore nazionale movimento “Comunità Sindaci al
centro”.
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