Dicembre 2018- Pagina 42

Insegnante sospeso per molestie sessuali su alunne minorenni

DAL FRIULI-VENEZIA GIULIA

Un insegnante di una scuola superiore di Udine avrebbe più volte molestato e fatto apprezzamenti sconvenienti nei confronti di undici alunne minorenni. Il docente è stato sospeso dall’insegnamento con l’accusa di molestie e violenza sessuale. Come scrive il quotidiano Messaggero Veneto, la vicenda risale  allo scorso anno scolastico. Le indagini sono effettuate dalla Squadra Mobile della Polizia coordinate dalla Procura. Le  segnalazioni erano state fatte alla dirigenza scolastica dai coordinatori di classe e dagli insegnanti che avevano ascoltato  le confidenze delle ragazze.

Decreto Sicurezza. Boeti: “Barbarie, altro che sicurezza”

“A discapito del nome, le norme della ‘legge Salvini’ creeranno nuova insicurezza e nuova disoccupazione. 15mila persone  attualmente occupate nel sistema dell’accoglienza, tra centri, cooperative ed associazioni, rimarranno senza lavoro. E coloro che attualmente sono titolari di un permesso umanitario non avranno più un posto dove andare e non saranno più inseriti nei percorsi di integrazione, comprese donne e bambini. Ma davvero si pensa di colpire la delinquenza aumentando il numero degli immigrati irregolari e smontando  il sistema dello Sprar, che ha consentito a tante persone di inserirsi nelle nostre comunità e trovare un lavoro? Credo che questo modo di affrontare il fenomeno migratorio sia contrario ai principi della nostra Costituzione e sia indegno per un Paese come l’Italia che ha avuto milioni di emigranti. Un atto di barbarie e non di sicurezza, uno sfregio all’umanità compiuto proprio nell’anno in cui si celebrano i 70 anni della Costituzione e della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo”.

Nino Boeti

Presidente del Consiglio regionale del Piemonte

Presidente del Comitato regionale Diritti Umani

Da Halloween al Black Friday

PAROLE ROSSE di Roberto Placido 
Il grande successo del Black Friday di quest’anno mi permette di fare alcune considerazioni, questa volta non politiche ma sociali , di costume e religiose.

In verità ci avevo pensato già alcune settimane fa per un’altra ricorrenza “americana” , Halloween. Il successo della festa , da tanti, ritenuta di provenienza pagana ma che in realtà prende origine in buona parte da una tradizione popolare del sud Italia . Ad essa si è unita una simile usanza irlandese, entrambe ” esportate” negli Stati Uniti dagli emigranti dei due cattolicissimi , ai tempi, paesi. Anche il ” dolcetto scherzetto ” è mutuato dal nostro sud.

Gli americani sono stati bravi a farla diventare, come il Black Friday, un fenomeno internazionale compresi i paesi d’origine della festa della notte che precede il giorno di Ognissanti. Ma andiamo con ordine. Chi volesse approfondire può leggersi il libro scritto da Luigi Lombardi Satriani , ordinario di Antropologia culturale all’Università di Napoli. Il Professor Lombardi Satriani, senatore nella XIII legislatura, dal 1996 al 2001, ha scritto, a quattro mani, con il defunto Mariano Meligrana, ricercatore universitario di storia e tradizioni popolari, il volume ” Il ponte di San Giacomo.

L’ideologia della morte nella società contadina del Sud “,  edito nel 1982 da Rizzoli. In quell’anno il libro si aggiudicò il Premio Viareggio per la saggistica e fu pubblicato successivamente da altri editori ultimo dei quali Sellerio. In esso viene descritta molto bene l’usanza della notte del 31 ottobre. La processione dei bambini, per le vie dei paesi del sud, con le zucche vuote , intagliate come un teschio e con dentro una candela accesa. L’obiettivo è quello di “incontrare” i defunti nel tentativo di “ricucire” una relazione con chi è morto, la festa cattolica del 2 novembre . Ai bambini si regalavano dei dolci o essi stessi chiedevano un’offerta, un dolce, per l’anima dei morti , il famoso ritornello della festa americana “trick or treet ” e cioè dolcetto o scherzetto.

La stessa cosa nella festa delle streghe irlandese con le lanterne , le zucche, appese fuori dalle case. Vale la pena ricordare che la Festa di Ognissanti era in origine celebrata il 13 maggio e solo nel ‘700 , dal Papa Gregorio III , fu spostata il 1 novembre in coincidenza della festa pagana , di origine celtica, di tutti i santi. Più recente e squisitamente commerciale il Black Friday, che segna , sempre negli USA, l’inizio delle vendite di fine anno. Il tutto avviene il giorno dopo la Festa del Ringraziamento , ” Thanks Giving” , sempre di origine cristiana, il quarto giovedì del mese di novembre, per ringraziare il Signore di quanto “raccolto” durante tutto l’anno.

Per quanto riguarda il nostro paese la cosa che mi colpisce di più , storia e religione a parte, è il mix di provincialismo culturale e di internazionalizzazione o globalizzazione che dir si voglia delle due date. La stessa cosa è avvenuta, negli anni, per l’albero di Natale che ha superato il tradizionale Presepe e per Babbo Natale , Santa Claus, con corollario dei regali , verso la più nostrana Befana e la sua calza. Resistono, per il momento e speriamo per molto tempo, il classico panettone ed il suo concorrente pandoro in una gara tutta nazionale.

Un delicato risotto alla zucca

zucca-riso-ciboTipico della stagione autunnale quando la zucca e’ nel pieno del suo sapore e colore, il risotto alla zucca e’ un primo piatto semplice, genuino, ricco di vitamine dal sapore delicato, avvolgente e cremoso. La ricetta, di tradizione contadina e’ di semplice realizzazione e soddisfera’ l’intera famiglia.

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Ingredienti

250gr. di riso Carnaroli

350gr. di polpa di zucca mantovana

1 scalogno

1 litro di brodo vegetale

50ml di vino bianco secco

50gr. di burro

100gr. di crescenza

30gr. di parmigiano grattugiato

Sale, pepe q.b

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Preparare il brodo vegetale con una carota, mezza cipolla, una costa di sedano, rosmarino, una foglia di alloro, una bacca di ginepro. Raffreddare e filtrare. Decorticare la zucca, tagliarla a tocchetti e sbollentarla nel brodo vegetale. In una larga padella soffriggere lo scalogno con 30 gr. di burro, unire il riso, tostare sino a quando e’ traslucido poi, sfumare con il vino bianco e lasciar evaporare. Bagnare il riso con 2 mestoli di brodo e zucca, mescolare, salare e continuare a bagnare il riso sino a cottura utilizzando tutti i tocchetti di zucca. Spegnere, mantecare con il rimanente burro, il parmigiano, la crescenza e una spolverata di pepe macinato fresco. Servire subito.

 

Paperita Patty

Amare una città e raccontarla

di Angelo Petrosino

 

 

Nel mio libro Il Libro Cuore di Valentina a un certo punto ho riportato le parole con le quali Edmondo De Amicis fa una vera e propria dichiarazione d’amore alla città di Torino, che lo accolse quando aveva all’incirca quindici anni

Scrive De Amicis: In nessun’altra città si vede tanto verde, tanto azzurro, tanta bianchezza; in nessun’altra ha un riso così fresco e così splendido la primavera, che qui pare un ricominciamento del mondo. E poi, essendosi in tanti anni trasformata la città sotto i miei occhi, vedo ed amo sempre negli aspetti nuovi gli aspetti scomparsi, m’avvolge un nuvolo di memorie a ogni passo, sento mille voci di persone e di cose passate che mi chiamano, ribevo sorsi d’aria della gioventù della patria e della mia… Per questo io son legato alla città anche dalla gratitudine; legato da tanti vincoli del cuore, del pensiero e del sangue, che non potrei più vivere altrove a nessun patto, neppure a quello di diventar ricco se fossi povero, sano se fossi infermo, e di trovar cento nuovi amici se qui non mi restasse un amico (E. De Amicis, La carrozza di tutti, Aracne, 2011).

Anch’io arrivai a Torino cinquantaquattro anni fa ed ho nei confronti di questa città la stessa gratitudine. A Torino frequentai per alcuni anni l’Istituto Casale per Chimici Industriali. E fu da questa scuola che cominciarono gli incontri torinesi che mi hanno poi profondamente cambiato. Il mio professore di lettere, Mario Passera, insegnava con uguale passione letteratura e storia e le sue lezioni avevano la meglio, per me, su quelle di analisi chimica e di chimica organica. Fu lui che un giorno mi mise tra le mani Politica e cultura di Norberto Bobbio, quasi un biglietto di benvenuto a chi era approdato in una città sconosciuta ricca di storia e di cultura, aperta al mondo più di quanto potevo immaginare. Fu lui che, mentre prestavo servizio militare a Roma, mi aiutò da lontano a preparare gli esami per conseguire il diploma magistrale che mi avrebbe consentito di iscrivermi alla facoltà di Magistero a Palazzo Nuovo. Correggeva i miei temi, mi regalava libri con la generosità che tendiamo a mostrare verso chi si accinge a ricevere il testimone di una cultura nella quale siamo cresciuti e che abbiamo amato.

 

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Come dimenticare i lunghi pomeriggi trascorsi a sfogliare e leggere libri alla Biblioteca Civica, un luogo meraviglioso dove entrare in contatto affettuoso con testi e autori cercati o scoperti per caso? Accoglievo tra le mani con rispetto e amore libri dal profumo antico, storie che raccontavano il passato, interpretavano il presente e lanciavano uno sguardo fiducioso sul futuro. Ma mi aspettavano altri incontri. All’università conobbi professori di grande levatura morale e intellettuale. Uno per tutti: Vincenzo Ciaffi, grande latinista, già comandante partigiano di Giustizia e Libertà. Assistere alle sue lezioni su Catullo e Petronio era un’avventura dell’anima. L’uomo di cultura, lo storico, l’appassionato ricercatore che nella letteratura antica trovava le tracce di problemi ancora attuali, trascinava chi l’ascoltava verso orizzonti imprevedibili. Non eravamo in tanti a seguire i suoi corsi. Il latino era scelto da pochi, a Magistero la pedagogia prevaleva sul resto. Ma io non persi mai una sua lezione. Ascoltandolo, mi resi conto di una verità che poi feci mia quando cominciai ad insegnare ai bambini. Un insegnante non è un semplice trasmettitore di nozioni. È qualcuno che ha a cuore non solo la materia che insegna, ma soprattutto il dialogo con gli interlocutori ai quali si rivolge. Le sue lezioni diventano perciò anche confronti di vite, scambi di punti di vista, ricerca comune per fare un passo avanti verso verità condivise. Questo era il professor Vincenzo Ciaffi. Un uomo che amava la scuola e che esortava gli studenti contestatori a non distruggerla ma a sentirla come istituzione propria da cambiare e da migliorare. Perciò nelle assemblee rumorose e confuse di quei primi anni Settanta era sempre presente con la sua memoria di partigiano che aveva lottato per la libertà e la democrazia: un patrimonio prezioso da preservare soprattutto per i meno fortunati e i meno garantiti. Poi cominciai ad insegnare alla periferia nord della città. Entrai in una scuola in rapido mutamento, in una città in grande trasformazione. Dal Sud arrivavano tanti bambini insieme ai loro padri futuri operai Fiat. Bambini che avevano vissuto la loro prima infanzia in contesti più aperti e che era difficile ingabbiare per molte ore tra le pareti di un’aula scolastica. Bisognava perciò inventarsi una pedagogia nuova. E in quegli anni Torino fu all’avanguardia. Il Movimento di Cooperazione Educativa, che promuoveva una scuola moderna, che incoraggiava relazioni educative più avanzate, strategie di insegnamento nuove, si diffuse nella città e cambiò la vita di tanti insegnanti, oltre a quella dei bambini arrivati da lontano. Nei confronti di questi bambini Torino fu molto generosa. Gli insegnanti ebbero a disposizione mezzi, sussidi, risorse. Una intera città si mobilitò per dare alla scuola una dignità di cui non godette più in seguito. I bambini poterono attraversare Torino per partecipare a laboratori d’ogni tipo, visitare luoghi storici da scoprire, frequentare teatri. Era tutto un pullulare di iniziative che faceva della scuola il cuore pulsante della Torino di allora. Naturalmente anch’io fui parte attiva di quel fermento culturale che conferiva agli insegnanti una centralità che si sarebbe poi persa nel corso degli anni in tutto il Paese.

 

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Come, dunque, non amare questa città? Come non ripagarla nel modo più degno con i mezzi a mia disposizione? Questi mezzi, qualche anno dopo, diventarono i miei libri per l’infanzia. Perciò quando, nel 1995, creai il personaggio di Valentina, decisi senza esitazione di collocare la protagonista in un contesto torinese preciso e circostanziato. Valentina è nata in barriera di Milano, comincia a muoversi presto nella città che ama, ad esplorarla prima con il maestro, poi con i genitori, infine da sola. Con lei, Torino diventa lo sfondo di decine e decine di avventure, che si snodano tra vie, piazze, parchi, centro e periferia. Nacque così, per esempio, Difendi la natura con Valentina, un giallo ambientato nel parco della Confluenza dove per anni ho portato a giocare i miei alunni arrivando da via Botticelli ed entrando da Piazza Sofia. Conosco bene la storia di quel parco e nel libro ho voluto raccontarla, perché mi ero reso conto che molti torinesi la ignoravano. Ma anche Valentina è sparita è la storia di un rapimento che prende avvio nella farmacia Centrale di via Roma e si conclude a Mirafiori. Buon Natale, Valentina è una storia dai molti sviluppi che nasce a Porta Palazzo, mentre Grandi novità in arrivo si snoda nei luoghi del centro, quelli percorsi dalla futura sorella adottiva di Valentina quando da sola vagabondava senza meta nella città. E potrei continuare citando decine di libri che hanno come sfondo questo o quel luogo di Torino che ho conosciuto bene: dal Valentino ai Murazzi, da Borgo San Paolo a Piazza Statuto, dall’ospedale Regina Margherita a Piazza Carlina, ossia Piazza Carlo Emanuele II, della quale ho parlato in Una mamma per Irene

 

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Con i miei libri e la mia Valentina ho contribuito a far conoscere Torino a migliaia di bambini italiani per i quali la città era solo un nome geografico tra gli altri. Tanti di loro, durante le visite in città con le rispettive classi, chiedono agli insegnanti di mostrar loro i luoghi che Valentina cita nei suoi libri: da Via Garibaldi a via Po, da Piazza San Carlo a Piazza Vittorio. Me lo dicono, me lo scrivono, vogliono condividere con me le emozioni provate nel passeggiare dove ha passeggiato e la loro eroina. Infine Il libro Cuore di Valentina, il mio più recente omaggio alla città. Un libro nel quale si sono depositati memorie giovanili e ricordi più vicini, come le panchine dei Giardini Lamarmora, dove ho sostato a leggere, riflettere, scrivere. Ma anche le bancarelle di libri usati di Corso Siccardi, che ormai sono soltanto un ricordo e che costituiscono una triste perdita per Torino. Quando avevo pochi soldi, su quelle bancarelle trovavo i libri che non potevo acquistare. Quando ne ho avuti di più sono andato a cercare delle rarità che illuminano gli occhi dei bibliofili e riscaldano loro il cuore. E penso ancora al Museo della Scuola e del Libro per l’Infanzia, allogato nel Palazzo Barolo, tra Piazza Savoia e via Corte d’Appello. Il libro è dedicato proprio al suo fondatore, Pompeo Vagliani, che cura con amore e passione di storico e di studioso le memorie della scuola torinese di fine Ottocento, quella immortalata nelle pagine del Cuore di De Amicis e negli altri scritti di questo autore spesso a torto bistrattato. Continuo a seguire con attenzione i cambiamenti di Torino, le sue aspirazioni ad essere sempre più una città che sa preservare il passato senza però negarsi al futuro, del quale ha fame. Una città che ha sempre saputo accogliere con generosità, equilibrio, intelligenza. Una città di uomini e di donne che hanno saputo dare molto al nostro Paese. E a me tra gli altri.

Assoluti, Luisa Trombetti è nuovamente campionessa italiana nei 400 misti

Nella seconda giornata del Campionato Italiano Open in vasca corta è arrivato il primo titolo piemontese della rassegna, conquistato da Luisa Trombetti nei 400 misti. La gara che nel 2016 le ha consegnato il pass per gli Europei di Londra e, soprattutto, per le Olimpiadi di Rio de Janeiro

La 25enne atleta tesserata per Fiamme Oro e Rari Nantes Torino, allenata a Bologna dal tecnico Fabrizio Bastelli, ha vinto in 4’35″27 davanti a Stefania Pirozzi (Fiamme Oro/CC Napoli) e Carlotta Toni (Esercito/RN Florentia), rispettivamente argento e bronzo in 4’37″06 e 4’37″80. Per Luisa Trombetti si tratta del settimo titolo italiano assoluto in carriera, della 15esima medaglia ai Tricolori e della nona sui 400 misti, nonché di una conferma a un anno esatto di distanza dalla vittoria ottenuta ai Campionati Italiani in vasca corta del 2017, in questa stessa vasca. “Volevo vincere” ha sottolineato nel commento per la FIN, “ho gestito bene la gara seppur il tempo non mi soddisfi appieno. Comunque in questo momento della stagione era importante tornare al titolo”. Nei 100 rana si è confermato su ottimi livelli Alessandro Fusco (Swimming Club Alessandria), ieri secondo nella doppia distanza e oggi rimasto ai piedi del podio per soli nove centesimi, ma soprattutto capace di abbassare il record personale a 58″86, tempo che vale la top 20 italiana di tutti i tempi. Il precedente personale risaliva ai Criteria Nazionali della scorsa primavera, nei quali Alessandro aveva nuotato in 59″42. Come detto ha terminato a un soffio dalla medaglia di bronzo, andata a Zaccaria Casna (CN UISP Bologna, 58″77), a sua volta preceduto dagli azzurri Fabio Scozzoli (Esercito/Imolanuoto, 57″17) e Nicolò Martinenghi (Fiamme Oro/NC Brebbia, 57″73). A completamento della mattinata della seconda e ultima giornata degli Assoluti Invernali, da segnalare buoni piazzamenti dei nuotatori piemontesi: il quinto posto di Matteo Senor (Centro Nuoto Torino) nei 200 stile libero in 1’45″53, dopo il bronzo colto ieri nei 400; la settima piazza di Helena Biasibetti (Dynamic Sport) nei 50 farfalla, con il personale di 27″05; la decima posizione di Emanuel Fava (Centro Nuoto Torino) nei 50 dorso, in 24″74; nona e decima nei 400 misti, infine, Ginevra Molino (Rari Nantes Torino) e Cecilia Chini Balla (Centro Nuoto Torino), con i tempi di 4’48″22 e 4’49″92 rispettivamente.

Il resoconto dell’ultimo turno di gare degli Assoluti sul sito www.federnuoto.piemonte.it

Il futuro con PoliTo4Impact

Sarà dedicata ai temi cardine del nuovo Piano Strategico “PoliTo4Impact” l’Inaugurazione dell’Anno Accademico 2018-2019

 

Da Università “fabbrica” di solidi professionisti “standardizzati”, dobbiamo diventare una Università “piattaforma”, per essere pienamente funzionali a un contesto territoriale e imprenditoriale molto diverso dal passato: dobbiamo saperci aprire a contributi didattici complementari dal mondo delle professioni e dell’industria; avere un ruolo diretto nei processi di innovazione e di formazione continua; essere forza propulsiva dello sviluppo sostenibile della società”. Il Rettore Guido Saracco riassume così il tema chiave del nuovo Piano Strategico 2018-2022 di cui si è dotato il Politecnico di Torino. Il Piano PoliTo4Impact si pone come obiettivo strategico il conseguimento di un impatto determinante sulla società, orientando ad esso, in ambito locale, nazionale e internazionale, l’azione dell’Ateneo nelle sue principali missioni: formazione, ricerca, trasferimento tecnologico e condivisione della conoscenza.Il Piano sarà presentato nel corso della prossima Inaugurazione dell’Anno Accademico del Politecnico, che si terrà lunedì 3 dicembre (ore 10.30, Aula Magna); a seguire, la Lectio “Università e Ricerca. Leve di sviluppo e crescita delle imprese e della società” del Presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, gli interventi di Chiara Appendino, Sindaca della Città di Torino, Sergio Chiamparino, Presidente della Regione Piemonte e, a chiudere, Giuseppe Valditara, Capo Dipartimento per la Formazione Superiore e per la Ricerca, Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.

 

Lo studente al centro: verso un Ateneo da 40.000 studenti “smart”

Primo aspetto su cui si è concentrato il Rettore nel corso della presentazione ai giornalisti dei temi dell’Inaugurazione è stata la didattica, con la possibilità di incrementare il numero di studenti immatricolati, a fronte di un crescente aumento delle domande di iscrizione: “Incrementeremo i nostri studenti da 34.000 fino a circa 40.000 per contribuire a colmare il ritardo del nostro Paese in termini di laureati rispetto alla media europea. Sempre in questa direzione avvieremo un nuovo percorso di laurea professionalizzante in ingegneria della manifattura, del tipo di quelli di grande successo in altri Paesi europei, in stretta collaborazione con gli Istituti Tecnici Superiori del territorio e le associazioni imprenditoriali”. “Oggi servono più flessibilità, più senso critico, più capacità di collaborare e progettare con portatori di altre competenze rispetto alla propria, più attitudine a costruire e gestire progetti concreti”, prosegue Saracco: “Metteremo di conseguenza gli studenti al centro del loro percorso di apprendimento con più laboratori didattici, più lavori progettuali e in team, più soft skill, più scienze dell’uomo e della società per aiutarli comprendere meglio il mondo in cui interverranno”.

 

Una ricerca di impatto con i dottorandi al centro

Il Piano Strategico ribadisce il ruolo fondamentale della ricerca disciplinare come strumento di crescita scientifica e culturale dei docenti e come fucina di scoperte davvero radicali, ma mira anche a investire in modo sempre più consistente in quella interdisciplinare per creare innovazione, dando piena attuazione a centri di ricerca applicata tematici.

Nel quadro della ricerca, un ruolo che l’Ateneo intende valorizzare è quello del dottore di ricerca, aumentando almeno del 50% il numero di dottorandi attivi al Politecnico (attualmente sono circa 700).

 

Un trasferimento tecnologico a filiera tematica per la città e il territorio

“Instilleremo nei nostri studenti, nei nostri dottorandi e anche nei nostri ricercatori e docenti la passione per l’innovazione, fornendo loro strumenti e fondi mirati”, propone il Rettore.

L’intento è quello di stabilire filiere credibili che raccorderanno in aree spazialmente contigue formazione, ricerca, innovazione, servizi finanziari e di valorizzazione della proprietà intellettuale per creare poli di sviluppo imprenditoriale, che attrarranno hub di grandi industrie, piccole e medie imprese, start-up e radicheranno nel nostro territorio i nostri laureati. Il Piano mira a costituire poli multifunzionali su svariate aree tematiche: industria 4.0, energia, transizione digitale, mobilità sostenibile, economia circolare, space economy.

 

Le persone al Centro: un Ateneo bello, sostenibile, funzionale alle sue missioni e animato dal punto di vista culturale

Per migliorare formazione e ricerca sono necessari investimenti in capitale umano e nuove competenze:“Supereremo i 1000 docenti strutturati a partire dagli attuali 850. Daremo a tutti, incluso il nostro personale tecnico e amministrativo, opportunità di crescita professionale e di carriera”.

Il nostro sarà un campus attento alla qualità della vita, effervescente sotto il profilo culturale, sede di attività ricreative e sportive, sostenibile e dotato di spazi moderni e funzionali alla piena realizzazione delle nostre missioni, per mettere chi lavora e studia al Politecnico in condizione di dare il meglio di sé con motivazione e senso di appartenenza”, conclude il Rettore Saracco.

 

Eternit: fuori Torino processo eterno

In settimana si è scritta una nuova pagina nella ormai lunga Odissea giudiziaria dell’Eternit. Il troncone dell’ex Eternit bis davanti al Tribunale di Torino, che riguarda i casi di due decessi di lavoratori dell’ex Saca di Cavagnolo è arrivato ad un primo punto fermo. Il pubblico ministero Gianfranco Colace, nell’udienza di giovedì 29 novembre, ha chiesto la condanna di Stephan Schmidheiny a sette anni di reclusione per il reato di omicidio colposo al termine della sua requisitoria, portata avanti per circa tre ore con toni pacati ma al tempo stesso appassionati. Non c’è stato, da parte della pubblica accusa il riconoscimento delle attenuanti generiche anche se sarà poi il Tribunale a dover giudicare. Il prossimo appuntamento del calendario processuale è previsto per il 15 gennaio prossimo, alle ore 9.30, quando parleranno i legali delle parti civili costituite e l’avvocato Astolfo Di Amato, che difende il multimilionario svizzero. Tra le parti civili ci saranno i familiari di Giulio Testore di Cavagnolo, assistiti dall’avvocato Ezio Bonanni e l’Osservatorio nazionale amianto-Ona, assistito dall’avvocato Andrea Ferrero Merlino. E l’Ona in una nota evidenzia che mentre a Torino il procedimento è proseguito e sta arrivando ad punto di svolta nelle altre sedi il processo langue, in Sicilia, come a Modena e Reggio Emialia e, soprattutto a Vercelli dove c’è il maggior numero di casi vista la competenza territoriale per Casale Monferrato, mentre a Napoli è ‘scontro’ frontale con le agguerrite difese di Schmidheiny. “L’Ona continua il suo impegno al fianco delle vittime dei cinque stabilimenti Eternit per rendere giustizia alle vittime – dichiara l’avvocato Bonanni – e il 15 gennaio ci assoceremo alle richieste del pubblico ministero nel chiedere la condanna di Stephan Schmidheiny”.

Massimo Iaretti

 

 

“Stop alle auto diesel nel Nord Italia e in particolare a Torino, Alba e Venaria: parte la class-action”

Le ordinanze emesse che limitano la circolazione all’interno delle città sono però illegittime. Il legali Leccisi, Leone e Fell: “Manovra fortemente discriminatoria” 
  
Pronta una  class-action per bloccare le ordinanze che obbligano i cittadini delle città piemontesi Torino, Alba e Venaria ad abbandonare definitivamente le proprie auto diesel.  La Regione  Piemonte, così come  Emilia Romagna,  Lombardia e  Veneto, ha dato carta bianca ai Comuni per dotarsi di misure che se da un lato hanno l’apparente obiettivo di  ridurre l’inquinamento, limitando al minimo l’uso di vetture private per combattere l’emergenza smog, dall’altro comportano una serie di  violazioni e illegittimità irragionevoli e ingiuste poiché di fatto obbligano i cittadini all’acquisto di auto nuove e contemporaneamente introducono tutta una serie di deroghe ingiustificate.  “ È una manovra fortemente discriminatoria – spiegano gli avvocati Giorgio Leccisi, Francesco Leone e Simona Fell – in quanto colpisce soprattutto le categorie più deboli, costringendo i cittadini a rottamare le proprie vetture e ad acquistare nuovi mezzi, senza incentivi o alternative.  La tutela dell’ambiente è una priorità e pertanto non può essere affrontata con singoli provvedimenti comunali. Servono interventi strutturali, sul piano delle infrastrutture dei pubblici trasporti e, per evitare ricadute sui cittadini, incentivi per convertire l’auto con dispositivi antinquinamento di ultima generazione. Per tali ragioni abbiamo deciso di lanciare un’azione legale e  richiedere il ritiro delle ordinanze”.  Le limitazioni alla circolazione previste dalle ordinanze comportano di fatto una vera e propria inibizione del  diritto di circolare con mezzi propri all’interno dei comuni interessati, un ostacolo ingiustificato al  diritto al lavoro, allo studio, al  normale svolgimento delle attività familiari, solo per citarne alcuni, nonché una sostanziale  privazione della proprietà, con il conseguente annullamento del valore delle auto.   In pratica, i sindaci dei singoli comuni piemontesi, romagnoli, lombardi e veneti hanno già emesso o emetteranno a breve ordinanze sindacali che vietano l’uso del mezzo privato diesel, da Euro 0 a Euro 3 (divieto che sarà esteso alle Euro 4 nel 2019 e alle Euro 5 nel 2020), per tutto il giorno e tutti i giorni. Sostanzialmente, queste auto non potranno più circolare in tutto il Bacino Padano.  In Italia, le auto Euro 3 sono attualmente oltre 5milioni. E le percentuali più altre le ritroviamo proprio nelle regioni colpite dalle ordinanze (Piemonte 10%, Emilia 9,7% e Lombardia 9,5%). Il dato peggiora se consideriamo le auto di categorie inferiori: solo in Lombardia sono 587.515.

Rete Bianca: “Immigrazione e sicurezza, ora basta con il buonismo”

Anche se va condannata ogni forma di razzismo. Sotto questo aspetto è perfettamente inutile lanciare strali contro il recente decreto sulla sicurezza approvato dalle Camere

Rete Bianca: Immigrazione e sicurezza, ora basta con il buonismo. Serve una vera iniziativa dell’area cattolico popolare. “L’immigrazione non la si può più affrontare con la categoria del buonismo. Anche se va condannata ogni forma di razzismo. Sotto questo aspetto è perfettamente inutile lanciare strali contro il recente decreto sulla sicurezza approvato dalle Camere. Certo, si può e si deve migliorare ma è francamente un boomerang proporre un referendum, come ha fatto il Pd, per cancellare una legge che affronta un tema che la pubblica opinione continua a ritenere fondamentale e decisivo per garantire una tranquilla e civile convivenza. E proprio il tema della sicurezza, dell’immigrazione e del rispetto della legalità richiede adesso, anche da parte dell’area cattolico popolare, una rinnovata iniziativa che ponga al centro dell’attenzione la responsabilità e una vera cultura di governo. Basta con il buonismo e con una gestione irresponsabile che ha caratterizzato per troppo tempo il comportamento politico della sinistra che, come ovvio e persin scontato, lo ha pagato politicamente ed elettoralmente. Certo, le leggi vanno applicate seriamente uscendo dagli slogan e dalla propaganda e premiando gli esempi virtuosi che emergono dalle politiche di integrazione. Ma, soprattutto, è arrivato il momento di saper intercettare e rappresentare le istanze che emergono dai ceti popolari e da quelli più disagiati. A partire dalle tanto declamate periferie. Se la stragrande maggioranza di quest’area sociale, sul tema della sicurezza e della gestione concreta dell’immigrazione, si è rivolta alla Lega e ai 5 stelle ci sarà pur una motivazione politica. Respingendo la gestione aristocratica e astratta di larghi settori della sinistra. Rete Bianca, con altri soggetti politici e culturali, vuole affrontare laicamente questi temi senza pregiudizi e senza veti politici. Pena appaltare alla Lega, forse definitivamente, il compito di affrontare e di risolvere tutti i problemi riconducibili alla sicurezza e alla gestione della immigrazione nella società contemporanea”.

Rete Bianca Piemonte:  Giorgio Merlo, Mauro Carmagnola, Giampiero Leo