SANITÀ. IL CENTROSINISTRA PIEMONTESE A SOSTEGNO DEL MANIFESTO PER LA TUTELA DELLA NON AUTOSUFFICIENZA

Andrea Appiano (Pd): “Occorre investire nella domiciliarità, a partire dal ripristino degli assegni di cura”

Nel corso della seduta del Consiglio regionale di martedì 25 settembre è stato depositato un atto di indirizzo a prima firma Andrea Appiano (Pd), sottoscritto da tutti i Gruppi consiliari della maggioranza di centrosinistra con cui si impegna la Giunta regionale ad adottare il Manifesto per “Prendersi cura delle persone non autosufficienti” quale linea guida regionale in materia di organizzazione, governo ed erogazione dei servizi per la non autosufficienza. Il documento, già presentato agli Assessori regionali alla Sanità e alle Politiche Sociali nel corso di un convegno, tenutosi a Palazzo Lascaris il 21 settembre scorso, è il frutto della collaborazione di diverse realtà associative: le Acli di Torino e del Piemonte, La Bottega del Possibile, la Fondazione Promozione Sociale Onlus, il Forum Terzo Settore del Piemonte.  “Il Manifesto è oggi l’elaborazione politica e culturale più avanzata in tema di non autosufficienza – dichiara Appiano – un documento che analizza, in modo estremamente chiaro, le lacune dell’attuale modello dei servizi e, contestualmente, elabora concrete proposte per garantire prese in carico più efficaci ed efficienti. La principale criticità con cui oggi abbiamo a che fare è la rigida distinzione tra i due ambiti – sanitario e assistenziale – a cui vengono ricondotte le prestazioni rivolte alla non autosufficienza e alla cronicità. Si tratta, da un lato, di un approccio che induce inevitabilmente a privilegiare soluzioni di cura, spesso inappropriate, di carattere istituzionale (attraverso, ad esempio, ricoveri in strutture residenziali), a scapito dell’investimento nella domiciliarità e alimentando liste d’attesa già sature; dall’altro, anche quando la soluzione domiciliare è possibile, tale approccio crea incertezza e oneri a carico dei cittadini: nel nostro ordinamento, infatti, solo le prestazioni di carattere sanitario hanno natura universalistica e ottengono piena copertura attraverso la fiscalità generale, mentre le prestazioni assistenziali, quali sono per lo più quelle erogate oggi in regime di domiciliarità, non hanno carattere universale e necessitano di compartecipazione alla spesa da parte delle famiglie e/o dei comuni attraverso gli enti gestori delle funzioni socio assistenziali”. Proprio in ragione di questa rigidità, da ormai diversi anni, in Piemonte sono stati sospesi i cosiddetti assegni di cura, misura adottata in via sperimentale, e con notevole successo, in alcune Asl sul finire dello scorso decennio, attraverso la quale veniva riconosciuto alle famiglie un contributo economico per l’assistenza domiciliare dei congiunti non autosufficienti. Le motivazioni alla base della loro sospensione, richiesta, peraltro, dal piano di rientro dal debito sanitario che, per un lungo periodo di tempo, ha vincolato l’amministrazione regionale piemontese, insistevano proprio sulla non pertinenza sanitaria dell’assistenza domiciliare, che pertanto non poteva essere erogata con i fondi del Servizio Sanitario Regionale.“È evidente come il modello attuale sia fonte di scarsa efficienza e di disagi per numerosi cittadini – prosegue Appiano – A fronte di questa tendenza, lo sforzo compiuto dal nuovo Manifesto è quello di ribaltare il paradigma vigente, mettendo al centro dell’organizzazione dei servizi non la distinzione tra ambito sanitario e assistenziale, ma i reali bisogni di salute delle persone. La presa in carico della non autosufficienza, in questo quadro, non può che configurarsi come integrazione di prestazioni di natura diversa e deve poter essere adattabile alle esigenze dei singoli pazienti. Non un modello unico per tutti, quindi, ma un approccio che sa tenere conto delle specificità delle diverse situazioni e contesti di vita”. Quello proposto dal Manifesto è un concetto più ampio e avanzato di cura capace di comprendere non solo le azioni terapeutiche tradizionalmente considerate di pertinenza sanitaria, ma anche l’assistenza prestata, ad esempio, da badanti e familiari al fine di migliorare la qualità di vita del paziente. Da qui la sollecitazione, rivolta ai decisori politici, di assicurare l’impegno anche del Servizio Sanitario nel finanziare diverse possibili forme di assistenza domiciliare, superando le rigidità attuali e dando risposta alle difficoltà di numerose famiglie che, oggi, non dispongono delle risorse per far fronte ai bisogni dei loro congiunti non autosufficienti.

“Questo cambio di paradigma, che deve potersi concretizzare, tra l’altro, nel ripristino degli assegni di cura, è la condizione essenziale per un investimento concreto nella domiciliarità – conclude Appiano – e comporterebbe vantaggi per numerosi pazienti che non verrebbero allontanati dal loro ambiente domestico, mentre nel medio-lungo periodo garantirebbe l’abbattimento delle liste d’attesa per i ricoveri in struttura e, dal punto di vista dei conti pubblici, l’efficientamento della spesa dovuto ai costi decisamente contenuti delle soluzioni domiciliari rispetto a quelle 

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