Agosto 2018- Pagina 4

“La lumaca e il tamburo”, un viaggio lento tra Trieste e i Balcani

trieste-tamburo-3Trieste, molo Audace. Quello che al tempo dell’Impero si chiamava “San Carlo” e che prese il nome della prima nave italiana che attraccò lì, nel porto della città dalla “scontrosa grazia”, il 3 novembre del 1918. Da lì parte  ( e lì finisce) un viaggio a piedi di una donna incinta e di un uomo malato ( “confini estremi della vita”) che arriverà in Bosnia, passando per Slovenia e Croazia, varcando confini ufficiali e non, attraversando terre cattoliche, ortodosse e “meticce”, fino a quelle dell’islam europeo, laico e aperto, e in  quanto tale  ignorato e offeso. “La lumaca e il tamburo”  racconta l’ultimo viaggio di Paolo Vittone, giornalista della redazione esteri di Radio Popolare, morto di cancro a 46 anni, il 23 agosto 2009. Un itinerario, in auto e a piedi, da Trieste al “ventre” della Bosnia, in quei Balcani che conosceva come le sue tasche. Un libro postumo, prezioso, realizzato come una delle più testarde sfide alla morte che stava per strapparlo agli affetti e alle amicizie. Paolo Vittone amava profondamente le terre sulle sponde orientali dell’Adriatico e , dopo averci lavorato come inviatodurante la guerra nell’ex-Jugoslavia, decise di riattraversarle in tempo di pace, lentamente, con un passo da lumaca, accompagnato da Elisa Iussig, che – con  i suoi disegni –  ha arricchito il libro. trieste-tamburo-4Lei era incinta, lui malato terminale, sofferente:  quasi per un incredibile disegno della sorte, s’incrociarono le strade di una vita che iniziava e di una che andava verso la fine. Il sottotitolo del libro ( “favola di un viaggio alla riconquista del tempo”) descrive bene l’andare con lentezza di Paolo Vittone alla riconquista del tempo. Una straordinaria lezione che ci dice come non sia mai troppo tardi incamminarsi nella ricerca delle proprie emozioni, dei luoghi e delle storie che si sono amate come quelle della “terra degli slavi del sud”, etnicamente purificate o ancora meticcie, lungo il crinale che separa la cultura del mare e quella della terra. Gli ultimi mesi di vita, Paolo li trascorse a Trieste. Una scelta che motivò così, in una lettera all’amico Paolo Rumiz, giornalista come lui: “Sai bene che vengo a Trieste a vivere, ma con ogni probabilità a morire… Vengo a Trieste perché è al confine delle terre della mia e nostra anima ed essere più vicino mi fa pensare che tornerò almeno una volta a sentire la Neretva, ad ascoltare il muezzin dalla moschea del Beg e annusare i cevapi e la pita in Baščaršija, che forse vedrò persino ancora una volta il vecchio amico Hilmo. Vengo a Trieste perché per le sue strade i vocaboli si mescolano, perché solo a Trieste le scintille si chiamano falischee i gabbiani imperiali cocài”.

trieste-tamburo

E Rumiz, nell’introduzione a “La lumaca e il tamburo”, scrive: ”Avevamo condiviso il mito della Bosnia, della sua resistenza antinazista, dei suoi boschi, delle sue donne e dei suoi briganti, della leggenda nera che la pervadeva, di un islam capace di coesistere con cattolici, serbo-ortodossi ed ebrei. In Bosnia era stato per lui fatale tornare. Era bastata una mappa al 100.000 del territorio fra Trieste e Bihać perché tutto gli apparisse chiaro. Era su quel percorso che doveva partire la sua riconquista del tempo. La volle e la realizzò, travolgendo gli ostacoli come sempre. Dopo il viaggio conquistò calma e persuasione di sé… Sapeva di avere la Signora alle calcagna e non voleva trieste-tamburo2sfuggirle, ma semplicemente farsi trovare al posto giusto”. Ad ogni tappa del viaggio raccontato ne “La lumaca e il tamburo” s’incontrano persone, volti segnati dalla fatica e cotti dal sole, scoppi di gioia e incredibili malinconie, boschi, montagne e fiumi, delicati tramonti balcanici e musiche d’ottoni, suoni di campane e canti dei  muezzin nell’ora della  preghiera. Paolo Vittone appuntava tutto su un block notes ma non si limitava a questo: da buon giornalista radiofonico, portava sempre con sé il registratore. Imprimeva sul nastro le voci, i suoni e il fiato profondo delle terre che dal Carso e dall’Istria scendono fino alla foce della Neretva. Per non dimenticare nulla, portando tutto dentro di se e lasciando a noi un testamento prezioso, denso di emozioni e significati.

 

Marco Travaglini

Case-albergo, anche a Torino il nuovo investimento immobiliare

Un po’ casa, un po’ albergo: ci sono novità nel business immobiliare, che per esempio una città in espansione turistica come Torino può cogliere al volo. Da quest’anno è in vigore il nuovo regolamento che disciplina il “condhotel”: “Un’opportunità di investimento immobiliare, ma anche un nuovo modo di fare impresa nel campo dell’accoglienza turistica”, dichiara Aurelio Amerio, presidente di Fiaip Torino, la Federazione degli agenti immobiliari professionali (da non confondersi con gli immobiliaristi). “La nostra associazione – aggiunge – è pronta per svolgere attività di consulenza in questo campo nei confronti di tutti i cittadini che abbiano intenzione di acquistare immobili per questa finalità o trasformare quelli già di proprietà al fine di perseguire tale interessante business”. Come spiega Paola Aglietta, dottore commercialista e revisore dei conti torinese, “i condhotel sono strutture miste: esercizi alberghieri che affiancano alla proposta delle camere anche unità abitative. Sono gestiti da un unico soggetto che mette a disposizione sia camere di albergo, sia appartamenti in locazione, con la condivisione di servizi comuni”. Il condhotel può nascere sia dalla trasformazione in appartamenti di una porzione di un albergo esistente (non più del 40% della superficie), sia dall’aggregazione di un certo numero di appartamenti ubicati nelle immediate vicinanze (200 metri lineari). Nel primo caso, le unità abitative risultanti dalla conversione da albergo a condhotel possono essere anche vendute ai privati: questa è una opportunità molto interessante per i privati che vogliano investire in immobili destinati ad attività ricettive (si pensi all’attuale grande interesse per le locazioni brevi e per le locazioni turistiche). Gli agenti immobiliari di Fiaip possono seguire i clienti passo passo, dall’acquisto dell’immobile alla trasformazione effettiva in condhotel. “Il regolamento che lo disciplina è arrivato a inizio 2018 – chiarisce Aglietta – le Regioni dovranno poi emanare la specifica disciplina locale. Elemento caratterizzante – aggiunge – è la compresenza di un contratto di trasferimento della proprietà verso un privato, da una parte, con un mandato di gestione dal privato all’impresa alberghiera, dall’altro, la quale conserva il diritto di affittare l’unità residenziale nei periodi di inutilizzo da parte del proprietario. Il contratto stabilisce le modalità di ripartizione degli oneri nonché dei ricavi”. “Per il privato – spiega Amerio – l’operazione rappresenta un investimento immobiliare su unità abitative che vengono “messe a reddito” nel settore ricettivo, con la gestione interamente delegata al condhotel. Una formula nuova e molto interessante. Dal lato dell’operatore alberghiero, sono previste semplificazioni per la rimozione del vincolo di destinazione alberghiera e trasformazione in unità abitative. Inoltre – conclude il presidente di Fiaip Torino – le spese per l’intervento di conversione possono dare diritto al “bonus alberghi” del 65%”.

Antico “bonet” alle nocciole

E’ un dessert conosciuto soprattutto nella variante al cacao

bonet ciboTipico dolce al cucchiaio della pasticceria piemontese, il “bonet” e’ un dessert conosciuto soprattutto nella variante al cacao, ricoperto di caramello goloso, delicato, particolarmente energetico. La versione piu’ antica dell’alta Langa, prevede l’utilizzo delle nocciole .Questa e’ la mia proposta. Delizioso !

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Ingredienti:

 

½ litro di latte fresco intero

100 gr. di nocciole tostate

180 gr. di zucchero

1 cucchiaio di caffe’ ristretto

2 cucchiai di rum

50gr. di amaretti

4 uova e 2 tuorli

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In uno stampo in alluminio caramellare 100gr. di zucchero con ½ bicchiere di acqua. Ridurre a farina le nocciole con lo zucchero rimanente. Ridurre in polvere gli amaretti, bollire il latte. Nel frullatore sbattere le uova e i tuorli, aggiungere  il caffe’, il rum, le nocciole, gli amaretti, versare il latte caldo a filo. Trasferire il composto nello stampo, cuocere a bagnomaria sul gas a fuoco bassissimo (l’acqua non deve mai bollire) per circa 1 ora. In alternative cuocere in forno a 180 gradi per 50 minuti circa. Lasciar raffreddare e conservare in frigo sino al momento di servire.

 

Paperita Patty

SERVIZIO CIVILE? FALLO CON ENAIP

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO

Hai tra i 18 e i 28 anni e vuoi fare un’esperienza di SERVIZIO CIVILE? Vieni da noi. Ci sono 23 posti in 14 sedi EnAIP in tutto il Piemonte.

Puoi scegliere tra due progetti:  con il progetto GIOIA, che coinvolgerà le sedi EnAIP di Acqui Terme, Alessandria, Arona, Biella, Borgomanero, Borgosesia, Domodossola, Grugliasco, Nichelino, Novara, Rivoli, Settimo e Torino, potrai partecipare a laboratori creativi di sport, teatro, social media, arte ed educazione, rivolti ad adolescenti in obbligo formativo, italiani e stranieri, e giovani con disabilità intellettiva. Con il progetto 2 MANI,  attivo nelle sedi di Arona, Borgomanero, Domodossola, Torino (via del Ridotto 5), Novara, e nella sede regionale di EnAIP Piemonte (Piazza Statuto 12, Torino), potrai collaborare con i servizi finalizzati all’integrazione degli stranieri, attraverso laboratori informativi, educativi e di animazione culturale. La durata del servizio è di 12 mesi e ai volontari/e spetta un assegno mensile di 433,80 euro. A eccezione degli appartenenti ai corpi militari e alle forze di polizia, possono partecipare alla selezione i giovani, senza distinzione di sesso, che alla data di presentazione della domanda abbiano compiuto il diciottesimo e non superato il ventottesimo anno di età, in possesso di uno dei seguenti requisiti:

essere cittadini italiani;

essere cittadini degli altri Paesi dell’Unione europea;

essere cittadini non comunitari regolarmente soggiornanti in Italia;

non aver riportato condanna anche non definitiva alla pena della reclusione superiore ad un anno per delitto non colposo ovvero ad una pena della reclusione anche di entità inferiore per un delitto contro la persona o concernente detenzione, uso, porto, trasporto, importazione o esportazione illecita di armi o materie esplodenti, ovvero per delitti riguardanti l’appartenenza o il favoreggiamento a gruppi eversivi, terroristici o di criminalità organizzata.

titolo di studio minimo richiesto: Attestato di Qualifica Professionale e conoscenza degli applicativi di base a livello informatico.

Per conoscere le modalità di presentazione della domanda, per scaricare il Bando e i documenti allegati e per approfondimenti sui progetti, è sufficiente collegarsi a www.enaip.piemonte.it.

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Per maggiori informazioni:

ENAIP PIEMONTE – SERVIZIO CIVILE

Piazza Statuto 12, 10122 Torino

E-mail: serviziocivile@enaip.piemonte.it

Tel. 011 2179850-9854

TOdays Festival, l’edizione dei sold out

Tre giorni, tutti sold out, trentamila volti. E di ogni singolo istante, ricorderemo soprattutto quando, all’improvviso, mani e cuori sotto palco hanno iniziato a battere tutti insieme

Da venerdì 24 a domenica 26 agosto oltre 30 mila persone, provenienti da tutta Italia e dall’Europa, hanno attraversato la  periferia di Torino per assistere alla quarta edizione di TOdays Festival, che sarà ricordata come l’edizione dei continui “sold out” ovunque, capace di trasformare Barriera di Milano per l’intero week end in un centro nevralgico di arte, innovazione, workshop unici e grandi concerti, nella certezza di non avere mai un live sotto un livello giudicato da ottimo a eccellente. Da sempre, capace di mescolare leggende internazionali e il meglio della nuova musica italiana, Todays si conferma per il quarto anno uno dei festival più ambiziosi della stagione estiva, appuntamento di richiamo internazionale con una line up ricercata e location per nulla ordinarie.

 

TODAYS FESTIVAL

 

Voluto dalla Città di Torino e segnalato da tante testate nazionali come il miglior festival d’ItaliaTOdays ha trasformato Torino in un palcoscenico urbano di spazi rigenerati, luoghi di condivisione e aggregazione culturale e sociale lungo l’asse nord della città: sPAZIO211, l’ex fabbrica INCET, la galleria d’arte Gagliardi e Domke, i Docks Dora, il futuro centro del design Plartwo e il Parco urbano Aurelio Peccei sono stati l’epicentro valorizzato e valorizzante di una modalità di fruizione partecipata e trasversale. TOdays è una fotografia schietta, sincera, viva e dinamica, di chi anziché rincorrere quello che è stato o anticipare ciò che verrà, vive semplicemente il presente, confermandosi uno degli appuntamenti estivi in Italia di richiamo davvero internazionale da non perdere, in una città, Torino, che da sempre dimostra una grande capacità di rinnovamento, volta verso la musica del futuro. E’ ulteriormente aumentata la percentuale di pubblico preveniente da fuori città e regione (44,6%) e pubblico proveniente dall’estero (Inghilterra, Belgio, Germania, Stati Uniti…) che ha segnalato l’alto gradimento degli spettacoli e dell’organizzazione definita dagli addetti ai lavori all’altezza dei festival europei consolidati.

(cs)

Chiamparino: “La Tav si farà. W la France”

Per il presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino la Tav Torino-Lione è un’opera che si sta già realizzando. “Ha solo bisogno che nessuno metta il bastone fra le ruote. Se visitando il cantiere francese il ministro se ne convincerà W la France”, dice il governatore e “se non se ne convincerà, lo convinceremo noi”. Il presidente interviene in relazione all’annuncio dato dal comitato Transalpine secondo il quale il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli visiterà il cantiere francese della Tav. “I piemontesi – aggiunge Chiamparino -aspettano risposte anche sulle altre infrastrutture: il completamento della Asti-Cuneo, che è poi oggetto della mia lettera a Toninelli . Se il ministro non vuole incontrare il presidente della Regione è libero di farlo, ma i piemontesi hanno diritto di sapere se la soluzione raggiunta dal precedente governo – che può consentire di far partire subito i lavori sulla tratta mancante – va bene, oppure, in caso contrario, quale è la soluzione proposta dal governo“.

“Tu, tu non mi basti mai”

Correva l’anno1996, e un tale, Lucio Dalla, genio indiscusso pubblica un album di grande successo, ed all’interno una tra le piu’ belle dediche d’amore di tutti i tempi. Ambrogio Borsani, in un suo libro che lessi qualche anno fa, riportava la frase “ciò che non si ha non basta mai”. Come è vero. E quando lo si ha non lo si apprezza abbastanza, aggiungerei io. Certe cose oggi, con il mio trascorso, mi sembrano piu’ importanti di brani che hanno avuto più successo, per questo voglio parlarvi di una raccolta del grande Lucio, “Questo è amore”, una raccolta che ha il sapore di un completamento (passatemi il termine) della antecedente “12000 lune” che già si presentava zeppa di amore cantato, narrato, respirato, ma che, a parer mio, mancava di brani cosi pesantemente leggeri come “tu non mi basti mai”. Progetto, questo, realizzato con Marco Alemanno dopo due album in studio non particolarmente fortunati. All’interno parecchi remakes e brani non conosciutissimi perché da lui non presentati ai suoi concerti, che a molti di voi risulteranno sconosciuti come “malinconia d’ottobre” o “questo amore”. L’unica canzone del tutto nuova è “Anche se il tempo passa (amore)”. “Noi la vita la annusiamo in tutti i posti, ma lei passa senza neanche un ciao/ oppure vola come i ladri sopra i tetti, se ci provi non la puoi fermare”, è l’attacco su una base che assorbe senza sforzo le più attuali tendenze del pop anglosassone dai Coldplay in poi, con un leggero tocco di Sigur Ros – band che lo affascinava molto, e che Lucio ha conosciuto grazie al giovane Alemanno. Spiazza invece la nuova versione di “Meri Luis” in coppia con Marco Mengoni – non tanto per lo stile e le doti vocali di quest’ultimo, che possono essere o meno “la nostra tazza di the”, ma per il fatto che Dalla non ha ricantato il pezzo del 1980 e che la voce del giovane collega emerso da X-Factor è dunque sovrapposta all’incisione originale. Una scelta che potrebbe tradire pigrizia, o una decisione dell’ultimo momento. E qui, in “Questo è amore” di nuovo dura come la roccia “tu non mi basti mai” Ognuno di noi ha il disco che è rimasto più nel cuore, o il proprio brano preferito di Lucio Dalla cui si sente più legato, e qualcosa potrebbe anche non essere né qui né su “12000 Lune”. Io invece, la ripropongo per la terza volta, perchè a me questo brano è particolarmente caro, e non voglio scordarlo mai, almeno fino al 2047. Vi invito all’ascolto di una carezza tra le più incantevoli. “Non mi basta tutto, voglio anche il resto.” Paolo Dune, Al di qua dell’aldilà, 1998-2016

https://www.youtube.com/watch?v=ez75GMRD4bQ&pbjreload=10

Chiara De Carlo

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Chiara vi segnala i prossimi eventi … mancare sarebbe un sacrilegio!

GIOVEDI 07 SETTEMBRE 2018

Ultima audizione Torino Music Contest.  Presso GV pane & caffè Via Tiepolo 8/d – Torino

Scrivete a musictales@libero.it se volete segnalare eventi o notizie musicali!

 

Alice Franco terza in Macedonia e seconda in classifica generale

Si è colorata di azzurro la terza e ultima tappa della FINA UltraMarathon Swim Series 2018, disputata nello scorso week end a Lake Ohrid (Macedonia). Cinque medaglie su sei sono andate ad atleti italiani e sul podio è salita anche Alice Franco, 29enne nuotatrice piemontese tesserata per Esercito e Asti Nuoto, terza all’arrivo. Nella 25 kilometri femminile Barbara Pozzobon si è imposta in 5h22’59″30 davanti all’ungherese Anna Olasz (5h23’03″18) e ad Alice Franco (5h23’56″46). “A metà gara avevamo già fatto molta selezione e tra le donne eravamo rimaste in tre a lottare per le medaglie” ha spiegato Alice tramite un comunicato dell’Asti Nuoto, “i molti cambi di ritmo per staccare le avversarie non mi hanno permesso di essere competitiva nei 500 metri finali, ma sono comunque contenta della mia prestazione”.Nella prova maschile ha invece vinto Francesco Ghettini (5h13’59″62), davanti a Edoardo Stochino (5h14’10″72) e Andrea Biachi (5h14’11″69). Barbara Pozzobon e Edoardo Stochino si sono piazzati al primo posto anche nella classifica generale del circuito. Seconda nella graduatoria generale si è piazzata proprio Alice Franco, grazie al bronzo della terza tappa ma anche grazie al terzo posto della prima prova – la Coronda-Santa Fè in Argentina – e alla quarta posizione della seconda tappa, in Canada sul lago St. Jean. Per la “maratoneta dell’acqua” piemontese si tratta della terza stagione consecutiva conclusa al secondo posto della FINA UltraMarathon Swim Series (ex FINA Open Water Grand Prix).

https://www.federnuoto.piemonte.it/finpiemonte/home_new/appro_new.asp?id_info=20180828122601&area=5&menu=agonismo&read=fondo

GIOVANNI RAMELLA, UNICO ED IRRIPETIBILE

di Pier Franco Quaglieni

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Si sono svolti stamattina i funerali del prof. Giovanni Ramella alla Chiesa della  Crocetta gremitissima di persone. Al termine del rito l’ho ricordato con la sobrietà dovuta alla circostanza, ma molto altro andrebbe detto sull’illustre e compianto  defunto.
Sono stato amico di Giovanni Ramella per oltre cinquant’anni ed ho anche intensamente collaborato con lui al Centro “Pannunzio” dove lo volli mio Vicepresidente Vicario a partire dal 2003.E’ stato un professore di raro fascino intellettuale, un preside capace di governare una scuola difficile come il Liceo d’Azeglio, un raffinato studioso di letteratura italiana, latina, francese e tedesca, aperto ai più vasti interessi culturali. Ha al suo attivo saggi importanti tra cui uno dedicato a Riccardo Bacchelli che il Centro “Pannunzio” pubblicò in collaborazione con il Ministero dei Beni culturali. Al lucido e penetrante articolo di Letizia Tortello-sua ex allieva – sulle pagine de “La Stampa” si sono aggiunte le più disparate testimonianze. Sulla mia pagina  Facebook sono centinaia le attestazioni di stima e di affetto nei suoi confronti che ex allievi, soci del Centro “Pannunzio” , semplici sconosciuti  hanno voluto manifestare nei modi più diversi. Spiace dover rilevare che chi ha scritto il necrologio sul “Corriere  Torino” non si sia documentato con chi avrebbe potuto dargli informazioni utili a scrivere del prof. Ramella. Il fatto di aver ricordato due episodi non significativi di un quindicennio della sua presidenza al liceo di via Parini  mi ha addolorato. Ramella va accostato al suo predecessore Aurelio Verra che pure non seppe o non volle  affrontare il ’68 nel modo adeguato.  Erano anni turbolenti ,con gruppi di genitori e allievi faziosi che volevano dettar legge, professori narcisi, polemici all’eccesso e molto arroganti che, pur essendo minoranza tra il corpo docente, offrivano l’opportunità a Maria Valabrega di scrivere molti articoli non sereni sul “d’Azeglio”. Non bisognava andare a raccattare i pezzi della Valabrega per scrivere di Ramella, ma semmai bisognava informarsi della sua attività intellettuale di primissimo piano. Tra l’altro, molti hanno scritto “D’Azeglio” con la d maiuscola, dimenticando il predicato nobiliare di Massimo d’Azeglio. Era un cattolico di profonde convinzioni, ma il suo modo di sentire lo portava ad aprirsi a tutti, tanti anni prima di Papa Francesco.

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Il Papa che ammirò di più -me lo disse una volta- fu Paolo VI, il pontefice intellettuale e mite che completò ,in tempi drammatici per la Chiesa, l’opera  appena iniziata da Giovanni XXIII.Il Concilio Vaticano II rinnovò la Chiesa ,ma ebbe anche l’effetto di lacerarla. Il dialogo era la scelta di fondo di Giovanni , sempre ben consapevole che per dialogare bisogna sapersi mettere in discussione con umiltà .Era un cattolico che non era mai stato democristiano, era un cattolico liberale alla maniera di De Gasperi che Giovanni ammirava molto. Ebbe anche dei momenti diversi, un po’ condizionato da alcune amicizie illiberali, ma nella sostanza,nel corso della sua lunga vita ,Giovanni  rimase l’ex allievo di Don Bosco e la sua scuola ideale fu quella salesiana, pur avendo fatto il preside imparziale del più laico dei licei torinesi, non foss’altro per la sua storia passata. Per lui la laicità era soprattutto tolleranza e in certi anni in quel liceo la tolleranza non fu affatto di casa. A tutelarla ci fu il cattolico Giovanni Ramella. Ebbe anche due successori che non seppero assumere sulle proprie spalle l’eredità lasciata come preside. Uno passò alla storia del liceo per aver imposto la bollatrice ai docenti, l’altro per una vicenda sulla quale, almeno  in questa occasione, è bene tacere.  Giovanni fu amareggiato per non aver visto proseguito in modo adeguato il suo lavoro fatto di cultura, di pazienza, di equilibrio, di onestà e soprattutto di intelligenza e grande umanità. Nella scuola, salvo un caso, non poté mai contare su collaboratori validi che dessero un sostegno operativo al suo lavoro di Capo d’Istituto. Era un grande appassionato di musica e quando morì Massimo Mila organizzammo insieme al liceo d’Azeglio un suo ricordo com’era doveroso. Ma una volta Giovanni mi disse che la statura di Mila musicologo andava realisticamente  ridimensionata. Fu una delle  rarissime volte in cui si lasciò andare ad un giudizio non positivo. Lui cercava sempre in tutti  gli aspetti migliori.

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Presidente dell’associazione ex allievi dell’Istituto  San Giovanni Evangelista, amava ricordare con me i suoi e miei professori, in particolare Don Dante Bettega uomo di raffinata cultura mitteleuropea simile a quella di Giovanni, anche se assai meno approfondita.  Una volta avemmo anche una piccola discussione su Michele Pellegrino che era stato il suo professore all’Università  e che poi divenne cardinale arcivescovo di Torino. Io criticai la politica  verso il Pci di Padre Pellegrino, come l’interessato voleva farsi chiamare, Giovanni lo difese, ricordandolo soprattutto  come suo docente e uomo di straordinaria cultura. Ma con Giovanni era impossibile discutere animatamente perché la sua mitezza impediva a priori di alzare il tono della discussione. Solo qualche triviale professore del “d’Azeglio” osò attaccarlo in modo inqualificabile. C’è chi ha detto che fu nominato dal presidente Ciampi Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica  per meriti scolastici. Questa affermazione non corrisponde al vero perché l’amministrazione scolastica non propose nessun riconoscimento all’atto del pensionamento di Ramella. Fu chi scrive a proporlo al Presidente  e al compianto segretario generale Gaetano Gifuni che subito colsero la statura dell’uomo che andava ben oltre ai suoi meriti scolastici. Ciampi avrebbe voluto conoscerlo di persona, poi disguidi vari impedirono l’udienza e fui io a consegnargli le insegne di commendatore a Palazzo Cisterna alla presenza della sorella e delle nipoti. Amava le vacanze a Courmayeur, ma passava ogni anno anche una settimana di raccoglimento spirituale a Camaldoli. Veniva a volte in Liguria a tenere qualche conferenza al Centro “Pannunzio” del Ponente , ma non amava il mare. La cultura italiana perde con la sua morte un protagonista importante che, vivendo quasi come un monaco del sapere, non ha purtroppo acquisito la notorietà che meritava. Mi auguro essa gli giunga almeno postuma, benché l’ambiente letterario sia invidioso anche con i morti. Torino perde uno dei suoi punti di riferimento di eccellenza. Ramella è stato unico ed irripetibile e non lascia eredi. Nessuno cerchi di ergersi ad erede né tanto meno a continuatore.  Nessuno saprebbe ,anche solo lontanamente, imitare il suo impegno e la sua persona, il suo stile e la sua dignità.

 

 

scrivere a quaglieni@gmail.com

Brucia 3mila metri quadrati di campi per l’erba alta che lo infastidiva. Arrestato

Ha appiccato un rogo ad Alpignano, lungo la strada della variante della provinciale 24, perché l’erba alta gli dava fastidio. I carabinieri di Rivoli lo hanno arrestato e messo ai domiciliari. Lui,  un italiano di 56 anni, conosciuto alle forze dell’ordine, è stato fermato mentre cercava di scappare in bici dopo aver acceso le fiamme in cinque punti. I vigili del fuoco sono intervenuti per spegnere l’incendio che ha bruciato  circa 3mila mq di area campestre.

 

(foto archivio)