Agosto 2018- Pagina 37

GATTO PANCERI, ECCO IL VIDEO DI BOMBAY

Il cantautore lombardo lo ha girato interamente da solo, affidandosi alla tecnologia della ‘Apple’

 

Gatto Panceri continua a stupire. Dopo aver pubblicato un intenso album di ben 19 inediti, dal titolo ‘Pelle d’oca e lividi’ per l’etichetta ‘Hit Rainbow’ (distribuzione ‘Artist First’) di Roby Facchinetti dei Pooh e del produttore ed editore Athos Poma, arriva ora il video di ‘Bombay’, secondo singolo estratto dall’album per l’estate. Pubblicato da pochi giorni su YouTube (qui il link: https://www.youtube.com/watch?v=5vzWGqZOBVY), l’originalissimo videoclip è destinato a non passare inosservato. Prodotto, girato e montato dallo stesso Gatto Panceri con il meglio della tecnologia Apple in circolazione – con cui il noto artista lombardo si è ‘spontaneamente gemellato’ per quest’occasione – a partire dal telefonino sino alle ultime App per filmaker, il filmato proprio per questo è stato battezzato ‘Official App Video’. Un risultato clamorosamente colorato, ritmato, divertente. Dice Panceri: “Vorrei con questo videoclip far sorridere, magari anche ridere ma con sentimento e gioia, inscenando una realtà aumentata tra sapori di avanguardia e cinema muto“. Le comparse nel video sono, per così dire, ‘attori’ spontanei: amici veri, fan che hanno spedito a Gatto i loro filmati amatoriali e persone prese al volo in bar e supermercati. Continua Gatto: “La gente ha bisogno di realtà. Nel mio videoclip la mamma che allatta il suon neonato lo sta facendo veramente, e il panettiere che balla e canta con il pane in mano è davvero il mio panettiere abituale!”. Ciò che colpisce – a primo occhio, è proprio il caso di dirlo – è la maestria del montaggio, la perfetta sincronia tra immagini e musica, la varietà dei personaggi che interpreta Gatto Panceri: e, soprattutto, il fatto che ha fatto tutto, ma tutto da solo col suo telefonino e relative App della ‘Apple’.

Ragazzo ucciso a colpi di pistola nella piazza piena di gente

DALLA PUGLIA – E’ stato assassinato  in un agguato in piazza Abbazia, a Corato, in provincia di Bari, un albanese di 23 anni.  Era sera e la piazza era affollata. Dalle prime ricostruzioni sembra che due persone  su uno scooter, abbiano affiancato il giovane sparandogli  alle spalle e colpendolo alla testa e ad un polmone. Sul movente stanno indagando i carabinieri.

Evade, accoltella il cognato e scappa

E’ fuggito il detenuto albanese di 45 anni, che si trovava in regime di semilibertà, e  non è rientrato in carcere. Ha accoltellato il cognato egiziano e ha fatto perdere le proprie tracce.Il detenuto era stato  ammesso al lavoro esterno in una azienda di Moncalieri, ma martedì sera non è rientrato in cella e si è recato a casa del cognato alla periferia Sud di Torino. Nel corso di una lite lo ha ferito con due coltellate. L’uomo è ricoverato alle Molinette.

Quaglieni presenta “Grand’Italia” a Bardonecchia

Il libro dedica un capitolo a Benedetto Croce che soggiorno’ in vacanza in Val di Susa

 

Sabato 4 agosto alle ore 16 alla biblioteca di Bardonecchia, via Bramafam 17, Giuseppe Piccoli, Emilio Papa, Gianna Passaggio presenteranno “Grand’Italia”di Pier Franco Quaglieni , ed.Golem, che raccoglie i ritratti di 31 donne e uomini importanti della storia italiana del ‘900 .Interverrà l’autore storico e giornalista , direttore del Centro Pannunzio. Il libro dedica un capitolo a Benedetto Croce che soggiorno’ in vacanza in Val di Susa a Bardonecchia e a Meana e un capitolo ad Aldo Garosci, storico e politico nativo di Meana .

Quartiere Aurora: “Cara Sindaca, intervenga contro il degrado”

Egregia Sindaca Appendino,
Le scrivo da Aurora un quartiere problematico, come Lei saprà
certamente, per parlarle dei soliti problemi che affliggono questo nostro
bellissimo quartiere. In Aurora c’è la droga, tanta droga, del resto la droga
è un problema difficile da affrontare; lo spaccio di droga è molto diffuso in
quartieri come Aurora, Barriera di Milano, e probabilmente in tutta la città.
Ma allora perché mi prendo la libertà di farle perdere questi cinque minuti
preziosi? Vorrei parlarle del primo isolato di corso Brescia, perché credo sia
emblematico di cosa succede quando il disinteresse dell’amministrazione
diventa così estremo da causare danni quasi irreversibili. Nel primo isolato
di corso Brescia c’è la scuola Parini, una scuola storica per Torino; la prima
volta che sono entrato nella scuola Parini mi ha colpito molto un bronzo
appeso al secondo piano, nemmeno in bella vista nell’ingresso, del
Cavaliere Pungiglione, il quale lascia in perpetuo lire diecimila per premi
agli alunni delle scuole comunali.

Certo la scuola è molto importante, sopratutto in un contesto come quello
di Aurora: con la concentrazione più alta di stranieri in Torino. Mi
piacerebbe tanto stringere la mano al cavalier Pungiglione, di solito in
punto di morte la gente tende a lasciare i soldi alla chiesa, non si sa mai
quando si arriva lassù.
Ebbene la scuola Parini copre gran parte del primo isolato di corso
Brescia, per questo il primo isolato di corso Brescia può essere
denominato, tranquillamente, isolato Parini. Bene, cosa succede
nell’isolato Parini? Niente, è una piazza di spaccio. La piazza di spaccio
Parini. Si, si spaccia droga sotto i muri di una scuola elementare e lo si fa
giorno e notte, sabato e domenica, festivi compresi. Non solo, una piazza
di spaccio vuol dire una struttura: sentinelle, spacciatori, supervisori, si
crea un clima intimidatorio nel quale non sei libero di affacciarti alla
finestra, se abiti in un palazzo “normale”, se invece abiti in un palazzo
controllato dagli spacciatori allora le cose cambiano: non sei libero di
lamentarti di nulla, non sei libero di chiamare la polizia, sei oppresso dagli
spacciatori che hanno il controllo della piazza di spaccio; non vivi con
serenità la permanenza nella città della Mole. Parlo di permanenza nella
città della Mole dato che gran parte degli abitanti dei palazzi non
“normali” non sono italiani, ma stranieri, per loro forse  è un po’ come respirare
aria di casa: oppressione, prevaricazione, insomma la legge del più forte.
Ah, dimenticavo, la scuola Parini è frequentata al 100% da stranieri, i quali,
gran parte di loro, non vorrebbero iscrivere i loro figli in quella scuola: ho
avuto la testimonianza di persone che nei loro paesi hanno avuto una
istruzione superiore e che, se avessero saputo prima la situazione della
Parini, non avrebbero iscritto i loro figli in quella scuola!
Ma io mi sono posto qualche domanda: come mai questa situazione così
pesante incombe proprio qui? Perché nell’isolato in cui c’è una scuola
elementare? Ebbene, mi sono dato una risposta: nell’isolato Parini c’è un’
area molto grande che appartiene alla città metropolitana, in sfascio
completo, semi abbandonata dove, mi dicono, c’è un ritrovo per barboni e
anche prostituzione, non solo, al civico 5 di corso Brescia c’è un palazzo in
stato di “abbandono”, intendiamoci non è abbandonato, anzi, è abitato ma
è come fosse terra di nessuno: è in uno stato di degrado totale. Questo
palazzo è la causa principale per la piazza di spaccio perché consente un
appoggio logistico, un luogo dove occultare la droga con la complicità
dei residenti, i quali probabilmente farebbero volentieri a meno di dare la
loro complicità agli spacciatori solo che c’è un piccolo problema: non ne
hanno la forza. – non tutti si intende, qualcuno di loro spaccia è ovvio!-
Carissima Sindaca, io mi permetto questa confidenza, ma sa, ero sotto il
comune quando è stata eletta, e ho visto i suoi occhi azzurri elettrizzati
quella sera incredibile: ho stretto la mano a Nogarin, c’era anche Airola, è
stato bello!


Sindaca, mi chiedo, è possibile dedicare qualche risorsa per ostacolare,
debellare, piazze di spaccio? È possibile dedicare risorse in aree con
problematiche complesse come l’isolato Parini? Non mi dia una risposta
insignificante come ha fatto il sig. Versaci, il quale mi disse che se c’è
spaccio: è un problema della Polizia! No, non mi dia questa risposta
perché non è un problema della Polizia, o meglio, non solo della Polizia.
Nell’isolato Parini le cose sono così complesse che c’è bisogno di un
intervento incisivo dell’amministrazione in concerto con la Polizia, ma è
ovvio che non si può scaricare tutto sulla Polizia!
Sindaca, Aurora e i cittadini di Aurora hanno pagato caro il prezzo
dell’integrazione, e lo sappiamo tutti che in Aurora non ci abita la crema di
Torino: sono gli ultimi a farsi carico del costo dell’integrazione in un paese
dove non esiste una politica dell’integrazione.
Sindaca, se in un bel momento i cittadini “normali” decidessero di
abbandonare il quartiere perché non ci sono più le condizioni minime per
viverci, sappiamo benissimo cosa succederà ad Aurora: non ci entrerà più
nessuno! Diventerà terra di nessuno!
Io mi auguro che questa lettera possa smuovere qualcosa perché la
situazione è disperata.

 

Cordiali saluti
A.M. Comitato Insieme per Aurora

Il trend positivo di Iren

Risultati operativi e investimenti in forte crescita

 

Prosegue anche nei primi 6 mesi dell’anno la crescita di Iren nel solco dei positivi risultati conseguiti dalla società nel 2017 e, più in generale, negli ultimi 3 anni.

Il Consiglio di amministrazione della multiutility ha infatti approvato i risultati consolidati al 30 giugno 2018 con ricavi pari a 1,94 miliardi di euro in crescita del 6,8%, Ebitda a 505,8 milioni di euro (+14,4%) e Utile netto a 187,2 milioni di euro (+29,2%), “indicatori tutti positivi, secondo il Presidente Paolo Peveraro, grazie alla solidità del nostro modello multi-business e alla capacità di coniugare le leve di crescita interna e lo sviluppo per linee esterne. Sviluppo che continuerà con la previsione di completare entro l’anno alcune importanti operazioni. Nel primo semestre una parte importante della crescita è attribuibile proprio alle operazioni di consolidamento chiuse negli ultimi 12 mesi, tra le quali spicca l’aggregazione con ACAM La Spezia, perfezionata ad aprile di quest’anno. Quest’ultima, insieme al costante aumento degli investimenti tecnici, enfatizza il ruolo di motore di sviluppo che il Gruppo riveste per i propri territori di riferimento e la sua accresciuta capacità attrattiva”.

PAOLO PEVERARO PRESIDENTE GRUPPO IREN – FOTO SIMONE VITTONETTO

In uno scenario energetico non favorevole e in assenza di fattori positivi non ricorrenti registrati nel 2017, la crescita del Margine Operativo Lordo (Ebitda) è legata sia al riconoscimento di titoli di efficienza energetica per anni pregressi dovuti agli investimenti che il Gruppo ha effettuato nel teleriscaldamento, settore in cui è leader in Italia con oltre 87 milioni di metri cubi di volumetrie teleriscaldate sia all’ottenimento di circa 10 milioni di euro di sinergie, oltre al già citato contributo dell’aggregazione con ACAM La Spezia. Hanno inoltre contribuito positivamente i business a rete e il settore Ambiente.

 

La positiva dinamica registrata dal Gruppo si è riflessa nella robusta generazione di cassa, che ha permesso di coprire sia gli investimenti tecnici, in significativo incremento del 59%, sia la maggior parte dell’indebitamento derivante dall’aggregazione di ACAM La Spezia. “Escludendo le importanti operazioni di consolidamento effettuate nell’ultimo anno, il debito registrerebbe un ulteriore decremento pari a circa 106 milioni di euro, ha affermato l’Amministratore Delegato Massimiliano Bianco che ha annunciato per il prossimo settembre l’aggiornamento del Piano Industriale del Gruppo “con l’obiettivo di rendere Iren sempre più vicina al Cliente, fulcro centrale della nostra strategia”.

 

 

APPROVATA LA LEGGE SUL RICONOSCIMENTO DEGLI ECOMUSEI DEL PIEMONTE

“Il Piemonte ha una nuova legge che riconosce e sostiene gli Ecomusei, un patrimonio importante per la nostra regione, la cui “missione” è quella di valorizzare il territorio con l’elaborazione di una visione per il suo futuro, favorendo la partecipazione e il coinvolgimento degli abitanti, sviluppando attività di ricerca, traducendo le ricerche in strumenti di divulgazione e approfondimento, recuperando gli ambienti di vita e di lavoro ereditati, valorizzando i caratteri del patrimonio antropico, industriale e linguistico piemontese” ha spiegato laConsigliera regionale del Partito Democratico Valentina Caputo, firmataria della legge, approvato il 31 luglio dal Consiglio regionale.“Questa legge – ha proseguito la Consigliera Caputo – è il risultato di un lungo e proficuo lavoro, portato avanti, coinvolgendo e collaborando con la Rete degli ecomusei piemontesi, partendo dalle esperienze che hanno maturato in questi anni di attività ecomuseale.  Gli ecomusei sono realtà virtuali che hanno generato anche delle microeconomie. La nuova normativa prevede che il riconoscimento di queste importanti realtà avvenga attraverso l’esperienza locale e documentabile degli enti locali, delle associazioni, delle fondazioni e di altri organismi di natura pubblica o privata, formalmente costituiti e senza scopo di lucro, che operano nell’ambito territoriale dell’ecomuseo. Sarà la Giunta regionale che, con un proprio regolamento, adottato entro 180 giorni dall’approvazione di questa legge, stabilirà criteri e requisiti minimi per il riconoscimento degli ecomusei”.“Il Piemonte è stata la prima regione italiana a dotarsi nel 1995 di una legge sugli Ecomusei – ha conclusoValentina Caputo – Oggi, ancora una volta, siamo i primi ad approvare una nuova legge che riconosce e sostiene questo importante patrimonio culturale. Agli Ecomusei riconosciuti verranno concessi contributi per sostenere le loro attività di gestione, di sviluppo e di valorizzazione. La norma finanziaria stanzia quasi 1,3 milioni di euro”.

Faggeto Lario, l’estate del 1976 sull’altro “ramo” del lago di Como

IL RACCONTO / di Marco Travaglini

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Faggeto Lario dista poco più di 15 chilometri da Como. In auto, una mezz’ora di strada. Avete presente «Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi..» descritto dal Manzoni ne “I promessi sposi”? Bene: il nostro “ramo” è quell’altro. E’ lì che, con il pullman dell’Azienda Comasca Trasporti in servizio sulla tratta Como-Bellagio, passando da Blèvio e Torno, sono arrivato un pomeriggio d’agosto del 1976. Avevo diciott’anni e la mia destinazione era l’Istituto di studi comunisti “Eugenio Curiel”. Un tempo, dopo la Liberazione, la “scuola quadri” del PCI nel comasco portava il nome di “Anita Garibaldi” ed era  riservata alle donne. All’epoca, il PCI di Berlinguer teneva molto allo sviluppo di una politica culturale rivolta alla nuova generazione di militanti, funzionari e quadri intermedi che entravano a ingrossare le file del partito. Una grande importanza avevano le scuole di partito, la cui attività formativa si svolgeva attraverso l’organizzazione di corsi di base, presso le sezioni o le federazioni provinciali, oppure presso le strutture permanenti, tra le quali la più nota era l’Istituto di studi comunisti delle Frattocchie (dal 1973 intitolato a Palmiro Togliatti), in una frazione di Marino, località dei Colli Albani una ventina di chilometri a sud di Roma. Lì si formavano i quadri dirigenti, si insegnava l’arte della politica. Non si imparava solo la “linea”. Chi frequentava i corsi studiava storia, economia e altre materie ma, soprattutto, ci si formava sull’idea che far politica era una professione al servizio degli altri, di un ideale, di una causa. Insomma, una cosa seria. I corsi erano impegnativi e di lunga durata. I periodi di permanenza variavano da un anno a sei mesi fino a poche settimane. Il mio era un “corso estivo per giovani operai”, della durata di tre settimane che, praticamente, corrispondevano alle mie ferie. Le giornate venivano scandite secondo un programma preciso: ore 7, sveglia e riordino delle stanze; ore 7.55, inizio dei corsi; ore 12, pranzo e riposo; ore 15, discussione e studio; ore 19, cena e libera uscita (quando non capitava qualche riunione serale); ore 22, rientro. Su questo non si sgarrava. Una sera che, in tre, con l’auto di un compagno di Genova (una vecchia Simca 1000) andammo alla Festa de L’Unità di Bellagio, essendo tornati verso le 23 trovammo il cancello chiuso e dormimmo sotto i salici in riva al lago perché nel parco della scuola, dopo le 22, venivano sguinzagliati per la notte due cani piuttosto “mordenti” e non era il caso di mettere alla prova le nostre gambe e  le loro mandibole. Il direttore era l’ex senatore Giovanni Brambilla (Conti). Operaio, confinato, partigiano, in passato vicesegretario della Federazione milanese del Pci e segretario generale della Fiom provinciale milanese. Un uomo tutto d’un pezzo, gentile ma ferreo nell’applicare la disciplina. I docenti erano di grande livello. Stava per essere pubblicato dagli Editori riuniti “Economia politica marxista e crisi attuale”  dell’economista  Sergio Zangirolami, e si studiava con lui  sulle sue dispense. Il giornalista e scrittore Luciano Antonetti, amico e biografo di Alexander Dubcek, protagonista della Primavera di Praga e leader di quel “socialismo dal volto umano” soffocato dai carri armati sovietici nella notte tra il 20 e il 21 agosto del 1968, ci parlava di politica internazionale. Luciano Gruppi, intellettuale comunista di rango, vicedirettore della rivista “Critica marxista”, anticipò i contenuti di due volumi che sarebbero usciti di lì a poco: “Il compromesso storico” e “Il concetto di egemonia in Gramsci”. Insomma, per farla breve, era un corso impegnativo e, nello stesso tempo, intrigante. Imparavamo a mettere in ordine secondo una certa logica le intuizioni che avevamo colto nel muovere i primi passi in politica e questo ci dava una bella carica. Ma eravamo anche dei ragazzi, tra i diciotto e i ventiquattro anni, e amavamo anche divertici. Non racconterò gli scherzi che si possono immaginare, come – tanto per fare un paio d’esempi – lo zucchero infilato sotto le lenzuola di Mauro Z., operaio metalmeccanico di Carpi, che andava sempre a letto senza pigiama perché soffriva il caldo, o il sale nella minestra di Roberto P., studente di Lodi, che la sputò schifato in faccia a Luigi F., anch’esso studente ma di Verona, che gli sedeva di fronte nel refettorio. Il sabato o la domenica, a seconda delle condizioni del tempo, si andava in gita sul monte Palanzone, con una bella sgambata di qualche ora. Tra canti partigiani e pranzi al sacco, quelle gite rafforzavano il nostro cameratismo. Le nuotate nel lago erano una consuetudine dopo pranzo, prima che entrasse in azione la digestione del pasto che, a dire il vero, era alquanto frugale.  Ho sempre avuto una fifa blu nello spingermi dove non si toccava, quindi mi limitavo a quattro bracciate in orizzontale, poco distante dalla riva. Ma la cosa più straordinaria, e per certi versi tragica, capito’ a Bepi. Il cognome l’ho dimenticato, ma mi ricordo che svolgeva le mansioni di magazziniere in una distilleria di Bassano del Grappa. Quando arrivai in istituto a Faggeto Lario, Bepi era già lì da quindici giorni ed era molto nervoso. Non ci mettemmo molto a comprenderne le ragioni. A ridosso della scuola, appena oltre il muro, c’era una chiesa che un tempo era appartenuta alla stessa proprietà ma che il partito, dopo averla acquisita, con gesto generoso, aveva donato alla curia comasca. Del resto, che cosa ce ne facevamo di una chiesa? Chi aveva fede poteva tranquillamente frequentare le funzioni e queste erano di competenza della diocesi e non certo del PCI. Comunque il problema non era tanto la chiesa ma l’orologio del campanile che, grazie ad un meccanismo ad ingranaggi collegato ad una campana, segnava non solo le ore ma pure le mezze. E se, per il Manzoni, verso sera “si sentivano i tocchi misurati e sonori della campana, cha annunziava il fine del giorno. …” per il povero Bepi s’annunciava il calvario di un’altra notte in bianco perché quel suono gli impediva di riposare. Così, un bel giorno, mi pare di venerdì, calate le ombre della sera, ormai esasperato, armatosi di un possente martello e di due cunei di ferro, lunghi e spessi, si arrampicò come un gatto sul campanile. Giunto all’altezza delle lancette dell’orologio, fissò con forza i cunei nel muro, bloccando il meccanismo che – in tensione per l’impedimento – si ruppe, bloccando il meccanismo che attivava la campana con un forte “crack”. Così, dopo il blitz di Bepi, la notte trascorse in un silenzio irreale e così anche il giorno dopo fino a quando, avvertito del danno che aveva guastato l’orologio, il parroco diede in escandescenze, accusando “quei senza Dio di comunisti” di “aver tagliato le corde vocali alla cristallina voce della Chiesa”. Ma, non avendo prove, dopo un po’ di baillamme, la polemica si stemperò nel nulla. Cosa diversa fu invece l’inchiesta interna condotta dal direttore Brambilla che, superando il nostro muro del silenzio, ottenne da Bepi una piena confessione dopo che lo stesso aveva manifestato un repentino cambio d’umore, canticchiando una poco edificante canzoncina il cui ritornello prometteva di mandare a fuoco le chiese per poi, sulle macerie, costruire delle sale da ballo. Reo confesso, Bepi lasciò la scuola e tornò a Bassano mentre noi, per altri dieci giorni, continuammo il nostro corso di studi per poi tornare a casa. Così passai le ferie del 1976, tra amici e compagni, studiando e frequentando – quando si poteva, mettendo insieme i pochi spiccioli di cui disponevamo – l’Osteria dei Manigoldi, dove si poteva gustare la  petamura. Non saprei come definirla: sembrava  un dolce, una specie di budino, ma era anche un pasto completo , composto da farina, latte, zucchero e vino. Era molto consistente e nutriente, nonostante fosse un piatto povero. Sarà stata la fame, saranno i ricordi un po’ sbiaditi della gioventù, ma quel piatto tradizionale di Faggeto dal colore violaceo era proprio una bontà.

IN CAMPANIA, BASILICATA E LOMBARDIA È BOOM DI CASE VACANZA

Un’analisi di Solo Affitti, rete immobiliare specializzata nella locazione con 300 agenzie 

 

La Campania è la regione italiana dove le case vacanza[1] sono cresciute di più negli ultimi dieci anni (+790%), da 819 a 7291, seguita dalla Basilicata, dove sotto l’effetto Matera il numero di queste strutture è aumentato di oltre sette volte (+645%, da 74 a 551), e dalla Lombardia, dove gli appartamenti per le locazioni turistiche sono incrementati del 482% (5626 strutture). È quanto emerge da un’analisi[2] di Solo Affitti Brevi, progetto lanciato dall’omonima rete immobiliare specializzata nella locazione, con 300 agenzie in Italia.

“L’offerta di case vacanza per gli affitti brevi – spiega Alessandro Leder, responsabile e coordinatore del progetto Solo Affitti Brevi – è accelerata in modo significativo negli ultimi tre anni. Se nel 2015 la loro disponibilità risultava pressoché carente, oggi ci sono zone dove la domanda trova ampie scelte e il prezzo ne risente al ribasso. In città come Bologna, Firenze e Trieste sono molti i proprietari di casa che ogni settimana rinunciano alle locazioni ‘classiche’ per intraprendere, a volte autonomamente, l’attività di ‘affitto breve’. La mancanza di esperienza – aggiunge Leder – mette a rischio questi soggetti di incappare in sanzioni amministrative o di affittare a prezzi non congrui. In questo contesto è quanto mai necessario affidarsi intermediari professionisti, in grado di interpretare e soddisfare pienamente le nuove esigenze di mercato”.

In Italia, dove le case vacanza rappresentano oltre la metà (52%) dell’offerta ricettiva turistica totale, tra 2008 e 2017 il numero di case e appartamenti per le locazioni brevi è cresciuto del 58%, da 68129 a 107366. Secondo quanto rilevato da Solo Affitti Brevi queste strutture sono aumentate in modo significativo anche in altre regioni dalla forte vocazione turistica. In Emilia-Romagna (+378%) sono quasi quintuplicate, passando da 1700 a 8124, mentre nel Lazio (+238%, da 1551 a 5235 ) e in Puglia (+212%, da 498 a 1554) sono più che triplicate. Le case e gli appartamenti destinati alle locazioni  brevi sono più che raddoppiati in Calabria (+157%, da 143 a 368), Sardegna (+152%, da 310 a 780) e Sicilia (+109%, da 754 a 1574).

Il progetto Solo Affitti Brevi  – spiega ancora Alessandro Leder– è stato studiato per  offrire grandi opportunità di guadagno non solo per i soggetti privati ma anche per i nostri affiliati. Un mercato che potrebbe generare un giro d’affari da 27 milioni di euro per le 300 agenzie Solo Affitti. Abbiamo ipotizzato che gestendo fino a 5 immobili (micro business), i nostri agenti possano ottenere un giro d’affari di 80 mila euro, cifra che sale a 420 mila euro se gli immobili in gestione sono 25 (medium business). Le opportunità di business e guadagno si fanno molto più interessanti quando il patrimonio immobiliare gestito supera le 25 unità (maxi business)”.

Secondo quanto rilevato da Solo Affitti Brevi le uniche regioni in cui il numero di case vacanza si è ridotto sono il Friuli Venezia Giulia (-35%, da 8169 a 5299), dove comunque queste strutture rappresentano il 74% dell’offerta ricettiva turistica totale, e il Trentino Alto Adige (-3%, da 3683 a 3570). Chi ama trascorrere le vacanze in appartamento può contare su un’offerta molto ampia in Veneto, dove quasi 9 strutture ricettive su 10 (89%) è rappresentata da case per gli affitti brevi (cresciute del 34% tra 2008 e 2017, da 41585 a 55851). Tra le regioni con la più alta incidenza di case per gli affitti brevi ci sono anche Campania (57%), Emilia Romagna (52%) e  Lombardia (46%).

Tra 2008 e 2017 il numero dei posti letto in case vacanza è cresciuto in Italia del 22% (da 728650 a 890172), con punte del +335% in Campania (da 8736 a 37982), +197% in Basilicata (da 1750 a 5189) e +156% in Lombardia (da 25119 a 64274). Solo Affitti Brevi ha rilevato che i posti letto sono raddoppiati nel Lazio (+113% da 26641 a 56638) e cresciuti in modo significativo in Calabria (+81%, da 3494 a 6329). e Abruzzo (+79%, da 4348 a 7782)

Tra le province dove gli appartamenti destinati agli affitti brevi (ufficialmente rilevati) sono cresciuti di più spiccano Ferrara (+3092%, da 109 a 3479), Bergamo (+2048%, da 42 a 902), Matera (+1489%, da 27 a 429), Salerno (1383%, da 406 a 6021) e Taranto (+876%, da 17 a 166).

 

1
Alloggi in affitto gestiti in forma imprenditoriale+ case per ferie”
2
Base dati: Istat 2008 e 2017

Foreign Fighters in Ucraina, Radicali Italiani: fare luce sulle connivenze in Italia

Appurare se la Russia è il datore di lavoro dei
mercenari italiani sul fronte del Donbass


Silvja Manzi (tesoriera di Radicali Italiani) e Giulio Manfredi (Associazione radicale Adelaide Aglietta):

L’inchiesta aperta dalla Procura di Genova è uno squarcio di luce sul mondo oscuro del neofascismo italiano e sui suoi rapporti con l’Internazionale nera, i secessionisti del Donbass e la Russia. Un
anno fa segnalammo alle Procure di Lucca e di Torino il contenuto della trasmissione televisiva “Nemo” (RAI2) dell’8 giugno 2017,  in
cui appariva il lucchese Andrea Palmeri (ricercato dagli inquirenti
italiani) che si intratteneva a cena, nella città ucraina di Lugansk,
illegalmente occupata dalle forze separatiste, con vari esponenti
politici europei, fra cui Maurizio Marrone, allora capogruppo di
Fratelli d’Italia nel Consiglio Regionale del Piemonte.

Deve essere fatta piena luce sulle complicità e le connivenze italiane
che hanno permesso a decine di mercenari italiani di andare a
combattere al fianco dei separatisti filorussi.
Deve essere fatta piena luce su chi paga i mercenari. Esistono
numerosi riscontri sul web del “pendolarismo” di tali soggetti fra il
Donbass e la Russia, ma se venisse dimostrato in un’aula di tribunale
che il loro datore di lavoro è il regime di Putin si farebbe
finalmente giustizia delle falsità della propaganda russa, che ha
sempre negato un coinvolgimento diretto del Cremlino nella guerra di
secessione ucraina.

Segnalazione dei radicali torinesi alle Procure di Lucca e di Torino
(14 giugno 2017)