Molti nuclei, oggi disabitati, offrono ancora esempi notevoli di quell’ architettura alpina riconoscibile nei tetti in paglia di segale. Roaschia è stata a lungo la patria di generazioni di famosi pastori transumanti, costretti a spostarsi continuamente dal monte al piano

Marco Aime, antropologo e scrittore, con “Rubare l’erba” – piccolo, prezioso saggio – ha reso omaggio alle sue radici, a quella civiltà contadina cuneese che ha sempre saputo ascoltare il respiro della terra e delle stagioni. La sua famiglia, infatti, è di Roaschia, piccolo paese situato nel fondovalle dell’omonimo vallone laterale alla destra del torrente Gesso, a 820 metri sul livello del mare, in mezzo a montagne costellate di frazioni (i roaschini si distribuivano nel passato in ben 52 frazioni intorno al paese). Un paese, con le sue viuzze strette e i cortili aperti , eccezionale per il fresco d’estate ma temibile per il freddo d’inverno. La popolazione, per tradizione, si era sempre divisa in due tra pastori (gratta) e stanziali (üvernenc). In una valle povera , stretta, scarsamente illuminata dal
sole, terra di pastori e contadini, Roaschia aveva nel 1911 duemila abitanti mentre oggi ne conta si e no centocinquanta, la maggior parte di essi ha superato i settant’anni. Molti nuclei, oggi disabitati, offrono ancora esempi notevoli di quell’ architettura alpina riconoscibile nei tetti in paglia di segale. Roaschia è stata a lungo la patria di generazioni di famosi pastori transumanti, costretti a spostarsi continuamente dal monte al piano in cerca di quei pascoli che in paese non bastavano mai, dove l’agricoltura si poteva praticare soltanto a livelli di sussistenza e da dove – per sopravvivere – bisognava necessariamente imboccare le strade e le vie del mondo. E così c’erano i “cavié” (commercianti di capelli)e gli “anciuè” (i venditori di acciughe), i quali entrambi a piedi o con un carrettino se ne andavano in giro, spingendosi verso la pianura o a volte sino al mare, comprando e rivendendo. Ma soprattutto c’erano i pastori di pecore e transumanti, ed è a loro che Marco Aime, che ha trascorso in questo paese a venti chilometri da Cuneo lunghi periodi della sua infanzia e della sua adolescenza, dedica questo libro. Il paese, i suoi abitanti e gli alpeggi sono parte della sua storia. Quindi, non solo perché di mestiere fa l’antropologo, in questo libro racconta con una partecipazione diretta, intensa e dal sapore antico di questa terra e della sua gente, dei pastori e della transumanza, un rito ormai del tutto scomparso, gente migrante, a volte costretta a “rubare l’erba” per dar da mangiare alle pecore, che si sposava, lavorava, partoriva e moriva in viaggio, senza un tetto sopra la testa. “Partivano. La gente di queste parti è sempre partita“. Così, i ricordi di Toni e Margherita, un anziano pastore e sua moglie, fanno rivivere la loro storia nel contesto del Piemonte rurale di oltre mezzo secolo fa. Pastori, acciugai, venditori di capelli, uomini perennemente in viaggio: Marco Aime si chiede se abbia senso parlare di “radici“, quando esistono “terre dove vivere è un lusso che non ci si può concedere sempre“, quando si è costretti a fuggire dal proprio villaggio per scampare alla povertà, per sopravvivere. Eppure, dice “ continuiamo a pensare che il nomade, il randagio, il bastardo, siano
l’eccezione, e che il sedentario sia la norma”. La vita del pastore, segnata dall’universale diffidenza che i sedentari covano per i migranti di ogni tempo e luogo, diventa l’emblema – e la guida – di tutte le nostre peregrinazioni: “È quello il suo sapere, uno dei saperi del pastore, che tu non sai: conoscere la strada, trovarla sempre“. Un libro che rivendica quasi il bisogno di essere letto, per conoscere una vita difficile fatta di silenzi e di solitudine, ma anche piena di scoperte e di conquiste. Quando Aime ci accompagna a Roaschia ( “il paese dai cinque cognomi e dai due mestieri: contadino e pastore”) lo fa per esercitare un diritto di conoscenza e un dovere di memoria. D’inverno, i contadini, restavano in paese mentre i pastori dovevano partire, caricando su un carro i pochi beni e mettendosi in strada, con tutta la famiglia. Poche cose, ad accompagnarli, sul carro: un baule, con gli abiti più belli, quelli “della festa” – perché sia per un matrimonio o in occasione di un funerale bisogna vestirsi con decoro -; il sacco con i vestiti di tutti i giorni, quello con le patate per nutrirsi, i materassi e un po’ di spazio per gli agnelli nati da poco e ancora incapaci di camminare. È così ogni anno, quando l’inverno si avvicinava, in viaggio verso le nebbie della pianura , sempre attenti ai proprietari che difendevano i beni attraversati dal gregge. “La vita era faticosa, se ci penso non mi sembra nemmeno vero che ho fatto quelle cose. Comunque l’abbiamo attraversata” afferma Toni, grattandosi la testa. “Attraversata, perché per Toni e Margherita e per tutti i pastori come loro – scrive l’antropologo Aime – la vita è come una terra, non ci si siede a guardarla, ad attendere che dia qualcosa. La si attraversa”.
Marco Travaglini

Al Salone del Libro di Torino, che aprirà il 12 maggio, saranno ospiti due premi Nobel e il presidente emerito della Repubblica, Giorgio Napolitano. Sono le anticipazioni della presidente della Fondazione per il Libro, la Musica e la Cultura, Giovanna Milella. Dati e e contenuti della prossima edizione sono stati
illustrati alla commissione Cultura di Palazzo Civico. Il Salone, ha detto Milella, ” è un gioiello per Torino e l’Italia” e ha ricordato il lavoro svolto dalla nuova gestione per mettere in sicurezza i conti, risparmiando 900 mila euro, oltre al recente ingresso nella Fondazione del Mibact e del Miur con 300 mila euro l’anno per tre anni da ciascun ministero. Visto il clima internazionale, il salone sarà – seppur con la massima discrezione – “blindato” contro possibili attentati terroristici. Grazie all’impegno delle forze dell’ordine, sarà preso come modello il sistema già adottato in occasione della visita di papa Francesco e dei concerti della star Madonna.
“E l’uomo incontrò il cane” è la celebre opera dell’etologo Konrad Lorenz. Lo studioso, per primo, analizzò nel profondo il rapporto tra gli esseri umani e gli amici a quattro zampe. L’amore del cane (Duky Dog) per il proprio padrone (Enrico) è un amore ricambiato, come traspare da questa bella fotografia inviata al “Torinese”.

era impegnato all’estero. In un clima sostanzialmente tranquillo – come pure
giovedì, a partire dalle ore 14.30, in Comune a Casale c’è il tavolo istituzionale con i diversi attori istituzionali, a partire dai sindaci dei comuni interessati (l’occupazione riguarda anche alcuni centri della Provincia di Vercelli) a partire da Casale e Villanova, la Regione Piemonte, i parlamentari Cristina Bargero e Fabio Lavagno. E questa volta ci sarà anche la Provincia di Alessadria che, nel precedente incontro, non era stata invitata al tavolo. In una nota l’ente Provincia ha fatto conoscere che “sta verificando se esistano ancora reali possibilità di intesa con istituti bancari per l’anticipazione delle provvidenze a sostegno dei reddito, così come è avvenuto nel passato per alcune grandi crisi industriali e per garantire un reale aiuto alle famiglie in difficoltà”. Ma il tavolo istituzionale – finalizzato appunto a vedere se possano essere approntate soluzioni che consentano la prosecuzione dell’attività nello stabilimento, la cui chiusura sarebbe un ulteriore passo verso la desertificazione dell’industria nel Casalese – potrebbe avere una coda. “Stiamo valutando la possibilità – dice Marco Malpassi della Flai Cgil, che sta seguendo in prima persona l’evoluzione della vicenda ex Bistefani – di avere un incontro nella stessa giornata di giovedì, successivamente a quello del tavolo istituzionale, vista la presenza dell’amministratore delegato Zancan (in Confindustria ad Alessandria l’impresa era rappresentata dal responsabile delle Risorse umane) per poter entrare nel merito delle questioni”. Il sindacato ha già avuto una assemblea serale con i lavoratori – e non è stata la prima volta – venerdì, nel corso della quale è stato illustrato lo stato dell’arte della trattativa. Intanto Fabio Lavagno, che ha presentato sulla vicenda un’interrogazione al Governo, torna ad insistere per l’apertura di un tavolo nazionale che esplori la possibilità di evitare la chiusura dello stabilimento
Verranno quindi definiti percorso e mezzi per arrivare a fornire, attraverso le tecnologie digitali, servizi di livello europeo anche nelle zone più decentrate del territorio metropolitano attraverso piattaforme condivise
Appuntamento venerdì 8 aprile, ore 21.00, presso la Libreria Belgravia di Torino, con la scrittrice Maura Maffei, che presenterà il suo romanzo “La fragilità della farfalla”. L’evento sarà moderato dalla professoressa e scrittrice Silvia Scaranari Introvigne
professare la religione cattolica e perfino di guadagnare dal proprio lavoro, un gruppo di esuli, vissuti a lungo in Austria, fa ritorno in patria. All’apparenza si tratta di falegnami che lavorano in una segheria sperduta tra i boschi; in realtà, sono sacerdoti e soldati, determinati a eludere i rigidi dettami inglesi e professare liberamente il cattolicesimo. I piani del gruppo, però, rischiano di andare in frantumi quando il capitano Bran si innamora della bella Labhaoise, la figlia del suo più acerrimo nemico. La trilogia “Dietro la tenda”, caratterizzata da un’attenta ricostruzione filologica della lingua irlandese dell’epoca, nasce dall’intenso lavoro di studio e ricerche, durato cinque anni, dei due autori: Maura Maffei, erborista, soprano lirico e presidente diocesano di Azione Cattolica Italiana, e Rónán Ú. Ó Lorcáin, linguista, traduttore e musicista irlandese, vissuto per tanti anni in Italia.
Un patrimonio di storia, cultura e natura che anche grazie alla nuova investitura saremo in grado di valorizzare ancora più efficacemente