La Porta Santa di Aleppo, un segno di speranza contro la violenza

bibliotecaria di AleppoCittadella di AleppoAntonietta Bahar, 39 anni, nata in Venezuela da genitori siriani, vive e lavora ad Aleppo come bibliotecaria, da oltre 30 anni. Ogni giorno rischia la vita per andare al lavoro ma ci racconta che dalla sua città non se ne vuole proprio andare

 

É un segno di speranza nella città martire. Il 13 dicembre, pochi giorni dopo l’inizio del Giubileo della Misericordia voluto dal Papa, tra le macerie di Aleppo verrà aperta una Porta Santa e altre due verranno aperte a Damasco e a Latakia. Accadrà nella chiesa che porta il nome del Pontefice, la chiesa di San Francesco, che alla fine di ottobre era stata colpita dai miliziani dell’Isis. Una bomba squarciò il tetto dell’edificio dove era in corso la Messa. Per miracolo non ci fu nessun morto, solo qualche ferito ma ad Aleppo continua la battaglia decisiva per le sorti del conflitto, tra l’esercito regolare e i gruppi jihadisti della galassia anti-Assad, in particolare Isis e Al Nusra. Gli aleppini continuano a fuggire e da 4 milioni di abitanti la popolazione è calata a meno di due milioni mentre i cristiani sono scesi da 200.000 a 90.000 che in gran parte vivono nei quartieri controllati dall’esercito governativo. Antonietta Bahar, 39 anni, nata in Venezuela da genitori siriani, vive e lavora ad Aleppo da oltre 30 anni. Ogni giorno rischia la vita per andare al lavoro ma ci racconta che dalla sua città non se ne vuole proprio andare.

 

Lavoro nella Biblioteca Spirituale, l’unica rimasta aperta al pubblico ad Aleppo, solo parte time, perché prima della guerra lavoravo in una scuola, ma ora non più, é stata chiusa essendo fuori città, in una zona pericolosa. Non nego che sono paurosa, da quando esco di casa fino al ritorno dal lavoro, non riesco a superare la paura e abituarmi ai rumori delle bombe e dei razzi, ma la volontà di sfidare la morte é più forte, sfido la morte con il mio lavoro. Nonostante la paura ci accompagni ormai quotidianamente, in una città colpita dal terrorismo, questo terrorismo non ha impedito alla città di continuare a vivere in modo incredibile: passiamo le giornate ascoltando i rumori della guerra, un razzo lanciato dai gruppi armati potrebbe cadere vicino a noi, allora partono le telefonate, e dopo che ognuno si accerta che stanno tutti bene, il lavoro riprende, fino a risentire un altro razzo, e si cerca di scoprire dove potrebbe essere caduto. Insomma, siamo diventati esperti di razzi e colpi di mortaio. Alcuni sono potenti e fanno danni e vittime, altri rumori ci assicurano che l’aviazione dell’esercito siriano sta bombardando le basi dei terroristi. Vivo in centro che spesso è l’obbiettivo dei razzi dei terroristi che causano subito morti e feriti, poi ne arriva un altro con il suo carico di morte e dopo i soccorsi, la gente tenta, ripulendo le strade, di superare questo orrore e continuare la propria vita. Tutto riprende in modo normale e nella stessa via colpita dai terroristi, vedi la gente affollata, mercati e negozi aperti, traffico e macchine come prima. La sera, la città riprende a vivere, i locali e i bar sono affollati di gente che ama la vita e sfida la guerra e il terrore, una tazza di caffè con un amico per dimenticare la fatica della giornata, ragazzi e ragazze insieme per non vedere i loro sogni cancellati dalla guerra, famiglie che provano a passare un pò di tempo con i propri bambini, per mantenerli allegri, mentre il fine settimana celebriamo, come avveniva prima del conflitto, i matrimoni. É strano ma c’è ancora qualcuno che si sposa in questi tempi, è un quadro surreale, é la sfida alla morte degli abitanti di Aleppo, la vita deve continuare e l’amore é più forte della guerra.

 

 Com’è Aleppo dopo 5 anni di guerra civile? Alcuni quartieri sono ancora in piedi? La storica Cittadella esiste ancora?

Aleppo è la città più antica al mondo, dopo cinque anni ha perso tanto, molte vittime e tanta distruzione, ha sofferto tanto, ma resiste ancora confermando che é una città che ama la vita, nonostante manchino i requisiti basilari di una vita umana dignitosa, come accade in tutto il mondo: l’acqua, la corrente elettrica, il gas, la benzina, il cibo. I gruppi armati tentano in tutti i modi di piegarla con il loro terrorismo senza riuscirci, uccidono con i loro razzi tutti i giorni nel nome dell’Islam, ci privano dell’acqua potabile e del cibo, distruggono la storia e il patrimonio della città, e malgrado tutto ciò, gli aleppini possiedono forza, resistenza e fede senza paragone, che li aiuta a superare l’orrore di questa maledetta guerra, certi che dopo tanta sofferenza e resistenza arriveranno giorni migliori. Alcuni quartieri sono completamente distrutti, altri invece sono in piedi, ma in ogni caso, il terrorismo minaccia ancora la città, e non c’è più zona sicura, finchè l’esercito siriano non riprende il totale controllo di Aleppo. La Cittadella é ancora intatta, nonostante i gruppi armati abbiano tentato diverse volte di colpirla, scavando tunnel e lanciando razzi, tentano di colpirci distruggendo il simbolo della città, ma la Cittadella di Aleppo resiste come i suoi cittadini.

 

 In città c’è bisogno di tutto. É un’emergenza umanitaria di grandi proporzioni e arriva anche il freddo…

Viviamo un’emergenza umanitaria continua. Povertà, bisogni, insicurezza, fame. Le condizioni di vita della gente sono molto precarie, tanti hanno abbandonato tutto, altri hanno perso tutto. Ognuno di noi ha perso qualcosa in questa guerra. Tanti hanno perso il lavoro, rimasti senza reddito, mentre la maggior parte della gente vive con i sussidi delle organizzazioni umanitarie e con gli aiuti del governo, che malgrado le sanzioni e l’embargo, continua a pagare gli stipendi e a sostenere le famiglie bisognose. Diverse famiglie hanno perso le proprie case e sono sfollati in altre città siriane o immigrate in altri Paesi. Tanti di noi hanno perso parenti, famigliari e cari, militari caduti nei combattimenti contro i terroristi, vittime civili di razzi e colpi di mortaio e di attentati terroristici. 

 

 Si avvicina Natale, sarà un altro Natale di guerra. Rimarrà ad Aleppo?

Resterò ad Aleppo, dove passerò il Natale, con la mia città, gli aleppini celebreranno le festività con la speranza che domani sarà migliore.  Io personalmente sto partecipando ad un mostra di lavori artistici e artigianali che si terra nella nostra biblioteca, alla quale partecipano con i loro lavori una trentina di donne. Un messaggio di speranza dalle donne siriane, creative e coraggiose malgrado tutte le difficoltà. Sono certa che alla fine il male sarà sconfitto e la speranza trionferà, anche se non subito, cosi ritornerà a risplendere la Siria, e Aleppo, la mia amata città, sarà di nuovo sana e salva e ancora più bella di prima.

 

Filippo Re

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