“Morale della triste favola: sull’altare dello spettacolo ad ogni costo si sono sacrificati gli aspetti identitari, per certi versi romantici di quell’Egittologia nata a Torino e ora ridotta a mera macchina scenica”
Ho studiato egittologia negli anni dal 1974 al 1979 col prof. Curto e a quegli stessi anni risale la mia iscrizione all’Associazione degli Amici del Museo Egizio ora sciolta per volere della Direzione della Fondazione. Mi tocca probabilmente essere una voce fuori dal coro. La nuova sistemazione del Museo obbedisce a criteri di museografia spettacolarizzata che poco hanno a che fare con l’ambiente visitato e studiato per la prima volta da Jean François Champollion. Quale coraggio realizzare quella scala mobile, modello ipermercato, che squarcia l’impianto del palazzo guariniano e quale colpevole leggerezza cancellare le “tracce storiche” del percorso museale! Vedasi a titolo d’esempio, oltre alla discussa “rivisitazione” dell’ex Statuario condotta dall’estro luministico e ipnotico, sicuramente un po’ fuori luogo, di Dante Ferretti, l’inopinata soppressione dell’ala Schiaparelli, di cui non so quanti se ne siano accorti, vale a dire la sezione sotterranea che raccoglieva i reperti degli scavi di Assiut, Qau-el-Kebir e Gebelein e lungo la quale per tutta la sua estensione correvano i resti, ora nascosti al pubblico, della cinta muraria romana, quale affascinante dialogo tra la bimillenaria Augusta Taurinorum e l’Egitto protodinastico dell’inizio del III millennio a. C.. Morale della triste favola: sull’altare dello spettacolo ad ogni costo si sono sacrificati gli aspetti identitari, per certi versi romantici di quell’Egittologia nata a Torino e ora ridotta a mera macchina scenica.
Libero Pierpaolo Manetti
Torino
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