Chiamparino dopo il vertice Pd: "Pronto a dimettermi ma anche a ripresentarmi"

chiampa scrivania

Mentre viene depositata in Procura a Torino la consulenza tecnica voluta  dai pm Caputo e Demontis nell’inchiesta sulla regolarità delle firme presunte “tarocche” per la lista di Sergio Chiamparino alle ultime elezioni  regionali, il presidente della Regione Piemonte parla di nuovo. E afferma che se i magistrati non spazzeranno qualsiasi ombra sulla legittimità della sua elezione è pronto sì a lasciare, ma al tempo stesso a ripresentarsi. “Visto che sono qui a fare il presidente – l’Ansa riporta così le sue parole, dopo l’incontro con i vertici del Pd torinese e regionale  –  è chiaro che la disponibilità c’è. Non siamo però a una corsa, dove se c’è una falsa partenza si torna ai blocchi di partenza come nulla fosse”. Nel frattemo la perizia sulle firme resterà secretata e non sarà trasmessa al Tar, che il prossimo 9 luglio si riunirà per dibattere il ricorso elettorale presentato dalla leghista Borgarello. I magistrati dovranno decidere il da farsi nell’inchiesta penale che vede coinvolti anche esponenti democratici, tenendo in considerazione le risultanze della consulenza tecnica.

 

“Non credo che i nostri elettori, e nemmeno in generale tutti i piemontesi, siano d’accordo nel vedermi ripetere quanto ha fatto Roberto Cota, che ha anteposto l’attaccamento alla poltrona alla legalità e alla certezza dell’azione di governo.” 

 

 28 luglio 2015

 

Nelle triste storia delle presunte firme taroccate per l’elezione del presidente Sergio Chiamparino, alle Regionali del 2014, si era inserito anche il vice segretario nazionale del Partito Democratico, Lorenzo Guerini. Il vice-Renzi aveva esortato il governatore ad andare avanti alla guida del Piemonte. Oggi la risposta arriva direttamente da Chiamparino, attraverso una nota: “Ringrazio l’amico Lorenzo Guerini per le parole di stima e di sostegno, – afferma il presidente – e lo rassicuro che continuerò il mio lavoro con ancora più impegno e determinazione” . Ma il succo del comunicato sta nelle righe conclusive: “se non emergerà ombra alcuna sulla legittimità della mia candidatura e quindi della mia elezione. In caso contrario non credo che i nostri elettori, e nemmeno in generale tutti i piemontesi, siano d’accordo nel vedermi ripetere quanto ha fatto Roberto Cota, che ha anteposto l’attaccamento alla poltrona alla legalità e alla certezza dell’azione di governo.”  E Cota risponde via Twitter: “Ipocrisia e doppia morale della sinistra sono vergogna e peggiore degli inganni”.

 

Staffilata al suo predecessore a parte, è chiaro che Chiamparino conferma l’intenzione di sciogliere la Regione se si dovessero presentare ombre legate alla raccolta delle firme. A dire il vero di ombre sembra ce ne siano già parecchie, a giudicare da quanto sta emergendo dall’esame dei moduli per la raccolta: i giornali parlano da settimane di grafie differenti nelle firme di uno stesso soggetto responsabile dell’autenticazione, di timbri mancanti, di date incongruenti e altre stranezze. C’è già chi parla di Fassino al posto di Chiamparino se si dovesse votare in primavera o di un Chiamparino-bis. A patto che i candidati siano scelti dal presidente in prima persona che farebbe un repulisti all’interno del Pd.

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