di Carmen Bonsignore
La cronaca ci riporta, sempre più spesso, anche a Torino (l’ultimo caso è di qualche giorno fa ai danni di un giovane 23enne), episodi criminosi perpetrati per ragioni di discriminazione e di odio fondate sulla razza, la religione, l’orientamento o l’identità sessuale.
Si tratta di reati comuni o base, già previsti dalla legislazione penale, il cui movente è strettamente collegato a particolari caratteristiche e qualità personali della vittima (appunto la razza, la religione, l’orientamento sessuale, l’identità di genere), che per tale motivo meritano una maggiore attenzione, sia dal punto di vista sociologico che giuridico.
Il fondamento di questi comportamenti è l’odio, che nasce dal pregiudizio nei riguardi del non omologato alla maggioranza della società. A sua volta conseguenza della paura, alimentata e rinforzata da ciò che non si conosce. Tant’è che si definiscono genericamente “crimini d’odio”.
Una categoria criminologica, invero, priva di definizione giuridica, perché, certamente, la problematica è prima sociale, dopo giuridica. E così andrebbe affrontata, preventivamente, per il tramite di politiche attive, strutturali e sistemiche di carattere educativo e culturale. La società si evolve e dei mutamenti sociali si deve prendere coscienza, prima culturalmente e poi legislativamente.
La premessa è che solo una mente educata e consapevole può capire un pensiero diverso dal suo, senza necessità di accettarlo, ma con la capacità di comprenderlo, tollerarlo ed includerlo.
Purtroppo, come molto spesso accade, i cambiamenti si realizzano lentamente ed a colmare il vuoto più semplicisticamente si fa intervenire il diritto penale, con la sua forza punitiva, generando quella commistione tra morale e giustizia, che, invece, si dovrebbe rifuggire.
L’essere umano, però, con i suoi diritti ed i suoi doveri, deve essere posto al centro ed allora anche interventi come il disegno di legge Zan possono essere d’aiuto.
E’ una proposta di legge invero non innovativa, già altre in precedenza erano rimaste inascoltate. Nella sostanza estende l’applicazione del reato di propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa a quelli fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere o sulla disabilità (modifica art. 604 bis c.p.). L’estensione vale anche per l’aggravante già prevista dal codice penale (art. 604 ter), ora applicabile ai reati commessi per finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso, che, pertanto, se il disegno di legge verrà approvato in via definitiva al Senato, potrà anche essere contestata per quei crimini commessi per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere o sulla disabilità.
Nessuna incidenza sulla libertà di manifestazione del pensiero, dei convincimenti e delle opinioni personali, che rimane garantita dalla previsione di una espressa clausola di salvaguardia (art. 4 del ddl).
Sconforta la supplenza del diritto penale e del potere sanzionatorio dello Stato quale strumento preventivo di comportamenti che dovrebbero essere esautorati da una società civile, in virtù di principi fondamentali, uguaglianza e pari dignità sociale, riconosciuti anche dalla nostra Carta Costituzionale e di regole di civile convivenza. Ma, nell’attesa che ciò avvenga naturalmente e con spontaneità, qualcosa si dovrà pur fare.
Funzionale alla necessità di azioni fattive ed incisive anche la istituzione della Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia, e la transfobia (il 17 maggio), di cui all’art. 7 del disegno di legge, che non pare voler promuovere l’omosessualità, ma solo la cultura del rispetto e dell’inclusione. Il fine: il contrasto dei pregiudizi, delle discriminazioni e delle violenze giustificate dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere, in attuazione dei princìpi richiamati.
Molti passi avanti sono stati fatti da quel 17 maggio 1990, in cui si decise di rimuovere l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali nella classificazione internazionale delle malattie pubblicata dall’Organizzazione mondiale della sanità.
La strada per traguardare pienamente obiettivi di uguaglianza e di pari opportunità, di rispetto della diversità quale fonte di arricchimento, di libertà delle scelte e del pensiero, di tolleranza ed inclusione è, però, ancora lunga.
In questo percorso, forse, guardare al disegno di legge Zan come strumento di responsabilizzazione e sensibilizzazione su temi delicati, forieri di diversità di vedute, ma che non possono più rimanere invisibili, potrebbe essere una delle prime tappe.