Personalità carismatiche, antiche storie e mistero: sono queste le tre coordinate che hanno reso il principale capoluogo del Piemonte celebre a livello mondiale. Questa fama però spesso fa passare in secondo piano altre nozioni altrettanto interessanti che fanno parte del patrimonio storico e culturale della città. Fra queste figurano le leggende fondative di Torino, che spiegano le origini del suo nome e il collegamento con l’animale-simbolo presente nel suo stemma. Infatti nonostante l’etimologia derivi probabilmente dalla radice celtico-ligure “-thor”, che rimanda semanticamente ai monti e alle alture, si possono trovare diverse storie che vedono come protagonista un toro.
Le leggende di Torino
Nella versione più antica del mito la popolazione viveva nel terrore costante, a causa di un drago che viveva nelle foreste vicine. Per scongiurare il pericolo, gli abitanti della città fecero ubriacare un toro e lo mandarono a combattere contro il nemico. Il coraggioso animale riuscì nell’impresa, ma perse la vita. Per onorare il suo gesto coraggioso, i cittadini decisero di inserire un toro rosso nelle effigi della città. Lo stemma infatti inizialmente presentava questo colore, ma dal XVII secolo in poi divenne dorato e assunse la posizione rampante che si può osservare ancora oggi nell’iconografia cittadina.
Questo racconto di origine celtica venne però poi soppiantato da una narrazione aristocratica. Infatti nel 1563 i Savoia decisero di trasferire la capitale del Ducato da Chambéry a Torino. In quel periodo incaricarono lo storico Filiberto Pingone di approfondire la loro genealogia. Lo studioso dunque mise ordine all’interno delle fonti storiografiche e aggiunse anche una parte mitologica per nobilitare la stirpe.
Egitto e Torino:
In questa operazione è possibile trovare il primo collegamento fra la casata e l’Egitto: infatti secondo questa narrazione i Savoia discenderebbero dal figlio del faraone. Pa Rahotep lasciò la sua terra natia per dei dissidi con la casta sacerdotale e partì con l’intento di creare un nuovo regno. Sbarcò prima in Liguria e poi continuò il suo viaggio fino in Piemonte: attendeva infatti un segno divino. Quando vide un toro abbeverarsi lungo le sponde del Po, decise di fermarsi. Riconobbe in questa apparizione il benestare del dio Api e quindi ribattezzò il luogo Eridania.
Questa storia divenne poi centrale nella politica culturale dei Savoia, che incominciarono ad acquistare reperti archeologici egizi. Fra falsi storici e pezzi di pregio andò a costruirsi così la collezione che attualmente è custodita presso il Museo Egizio.
Da allora fino ad oggi
Ma la potenza delle leggende fondative di Torino non ha solo portato alla creazione di una tradizione egittologica, ma anche ad un immaginario popolare condiviso. Ancora adesso infatti è diffusa la credenza che alcuni monumenti siano stati costruiti su vestigia di antichi templi. Costituisce un esempio la Gran Madre, edificata -secondo le dicerie- sui resti di un antico santuario dedicato alla dea Iside.
In un processo di sincretismo la divinità sarebbe poi stata traslata nella Madonna, con cui effettivamente sono presenti delle somiglianze. Entrambe condividono i tratti della vergine e della madre e rappresentano l’incarnazione di un amore puro e filiale. Su questo terreno confuso e affascinante si è poi andata ad innestare anche la leggenda del sacro Graal. Infatti si dice che la chiave per trovarlo sia conservata in una delle due statue presenti all’esterno della chiesa. Ai lati della scalinata sono infatti presenti le personificazioni di Fede e Religione, rappresentate rispettivamente con un calice e una croce. Secondo gli amanti dell’esoterismo la prima sarebbe la chiave per rintracciare il Santo Graal. Basterebbe infatti seguire il suo sguardo per trovare la reliquia più ricercata di tutti i tempi.
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Francesca Pozzo