Come sempre lo sport accoglie le persone che hanno una forza di volontà positiva, e, di solito, questa qualità tali individui la trasferiscono anche nella vita quotidiana.
Enrico Panattoni, coordinatore dell’Università Popolare di Torino ha questa qualità tangibile e sensibile fin dal primo istante in cui ti parla: energia allo stato puro. La voglia di fare e di costruire qualcosa nasce dai suoi occhi, passa dalla sua mente e, a seconda dei casi, si trasforma o in azioni strategiche per la conduzione dell’Università oppure in gesti motori se si tratta di sport.E’ un triatleta volitivo capace di competere ad alto livello sulle due ruote ciclistiche, così come con la corsa di cui è appassionato, e capace di “azzannare” l’acqua come uno squalo pur di non perdere contatto con gli avversari. E’ una qualità che trasferisce nel suo lavoro e che lo spinge a non rinunciare mai ad un’opportunità perché sa che con il lavoro e\o con l’allenamento i risultati si possono ottenere. Enrico Panattoni è laureato in Economia e Commercio e inizia il suo lavoro in ambito aziendale in vari ambienti fino a diventare Amministratore Delegato di una importante industria che lavora in ambito “auto e dintorni”. Lascia tutto e si getta a capofitto nell’avventura Unipop Torino (abbreviazione della fondazione Università Popolare di Torino). Ma non inizia come “capo del mondo”, ma come tutte le persone di qualità, dal basso, da “volantinatore” poi a co-coordinatore, da curare gli ingressi tutte le sere fino a guadagnarsi la fiducia al punto che ora, di tale istituzione è divenuto coordinatore didattico, responsabile marketing e pubblicità e responsabile delle segreterie organizzative.
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Gli aneddoti degli anni passati tra le mura dell’Unipop Torino sarebbero inenarrabili in questa sede (ma speriamo voglia avere del tempo per poterne scrivere alcuni in un libretto di memorie…) ma durante tale percorso gli studenti di tale istituzione sono passati da circa 1000 a quasi 5000 del momento attuale. Allora viene spontaneo chiedergli il percorso verso la crescita da cosa sia
costituito e la sua risposta è condensata in tanta attenzione rivolta a chi potrà occuparsi della docenza, vero motore dell’università popolare. Riceve decine di curriculum ogni anno, e per ognuno crea almeno due o tre appuntamenti per valutare attentamente la persona. La fase successiva prevede la valutazione di impatto della materia che dovrà essere presentata al pubblico dei futuri studenti e comprendere in anticipo se avrà o meno successo. Questo lavoro, nascosto, oscuro ai più e molte volte sottovalutato è un’arma segreta che merita di essere messa in evidenza.Questo adoperarsi in maniera garbata e senza riflettori addosso ma efficace è un po’ quello che realizza nello sport, dove i suoi orari di allenamento sono molto più che mattinieri, a volte anche prima dell’alba, e i suoi allenamenti rubati…al tempo libero: i risultati sembrano apparire dal nulla, ma sono frutto di tanta fatica.Lo sport non è quindi solo divertimento ma è una vera scuola di vita e la disciplina conduce ad un’attitudine che è propria delle persone di livello. Solo pochi comprendono quanto lo sport, quando non produce denaro, crea in ogni caso persone di alto profilo morale. Difficile che chi sa sacrificare (con tutta la benevolenza che vorrete dare a questo termine) parte di sé sudando sotto il sole o la mattina presto o rinunciando ad alimentarsi “male”, non sappia poi gestire al meglio la propria quotidianità. Il senso del dover fare bene lo trasporti in ogni cosa che fai. E allora sembra tutto facile adesso, ma negli anni, in collaborazione con tutto lo staff Unipop, e in particolare con il presidente Dottor Eugenio Boccardo (tra le altre note… medico sportivo del Torino Calcio quando vinse lo scudetto del 1976… ) la crescita da 35 a 118 corsi, la realizzazione di collaborazioni in varie sedi per quel che riguarda lo svolgimento dei corsi, importante e preziosa tra le altre quella raggiunta in questi anni con il Collegio San Giuseppe di Torino, il conseguimento di numeri tra i più rilevanti in Italia, il recente riconoscimento come polo formativo del Ministero Istruzione italiano, e tante altre cose (concerti, proiezione di film, teatro…ecc) sono frutto di un “allenamento” costante e quotidiano paragonabile a quello sportivo.
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Nulla nasce dal caso, ma dal lavoro delle persone. Ma Enrico Panattoni ci tiene a dire una cosa che vedo uscirgli dal “cuore degli occhi”. Mi dice infatti: “Il mio pensiero è sempre rivolto ai docenti, alcuni dei quali addirittura forniscono la loro opera gratuitamente tanto è forte il rapporto quasi di missione con l’Unipop. Sono loro il vero motore pulito dell’Università Popolare. Io posso anche essere il direttore d’orchestra, ma senza i musicisti l’opera non può realizzarsi. Ed è a loro che va tutto il mio ringraziamento per quello che in questi anni in tutte le sere hanno fatto e faranno”. Enrico nuota, pedala e corre (anche se bisognerebbe aggiungere che è maestro di sci, che pratica ed è trainer di body building, e altre cose che di solito non dice), è appassionato di archeologia, studia percorsi storici in montagna … ma non è questa la cosa importante. In realtà è una persona che ha coraggio, che non improvvisa, che prepara ogni evento con cura e meticolosità così come affronta una gara studiando percorsi, distanze, abbigliamento e particolari in abbondanza. L’effetto sembra sempre apparire dal nulla, ma come la maschera di chi recita non consente di vedere il vero volto della fatica nascosta sotto, così Enrico non vi dirà mai come l’ha fatto, ma non per presunzione, ma per indole timida, e non racconterebbe mai per vantarsi che è stato bravo perché ha fatto così…così e così. E’ abituato a sorridere nel suo ufficio dei risultati ottenuti insieme ai suoi oggetti di antiquariato che lo guardano, riservato e a volte un po’ orgoglioso di quanto fatto semplicemente per aver svolto il proprio dovere. Sembra facile, ma non lo è, e non è comune vederlo ai nostri giorni di esternazioni folli e inutili di “social estremi”. Atleti si nasce nello spirito, sul campo si prova la fatica, ma corretti e di stampo nobile lo si è nella semplicità di tutti i giorni. Enrico Panattoni, coordinatore dell’Università Popolare di Torino è tutto questo.
Paolo Michieletto








realizzare poco, e anche se fosse quello di aver vinto una gara o un torneo allenandosi da soli…senza coloro che organizzano gare e tornei anche il campione non saprebbe né dove né con chi né quando gareggiare, e quindi… .Lo sport è una comunione di intenti talvolta opposti che sinergicamente si combinano spingendo vettorialmente in una sola direzione. Quando le direzioni sono più di una l’evento si complica e di solito fallisce. Chi vuole vincere, chi vuole guadagnare, chi vuole avere visibilità, chi vuole vedere uno spettacolo, …, sono vari aspetti apparentemente slegati, ma la mente “superiore” che coordinerà qualsiasi momento sportivo dovrà tenerne conto in simultanea, affinché tutto accada nel modo giusto per tutti o, almeno, quasi tutti… .
guardiamo i giocatori impegnati in una partita di calcio o basket, quando osserviamo una gara ciclistica o di canottaggio, un gruppo di gente che nuota-pedala-corre… e tanti e tanti altri ancora, date un sorriso a loro, ci mancherebbe altro, ma rivolgete anche un pensiero a tutti coloro che, da dietro le quinte oscure e nell’ombra talvolta totale, permettono a tutti gli atleti di svolgere attività sportiva.E, a dirla tutta, questo consiglio è diretto anche a tutti gli atleti che è proprio solo grazie alle tante persone “oscure” che hanno più o meno coscientemente incrociato nella loro carriera che possono sperare di raggiungere se non proprio “fama e gloria”, almeno le proprie soddisfazioni personali e perché no, qualche volta anche economiche. L’arte di riconoscere le abilità altrui richiede uno sforzo di una qualità ormai quasi dimenticata: l’umiltà. Ma anche dove non arrivasse tale qualità, proprio dallo sport dovrebbe rinascere quella cosa chiamata “educazione sportiva” che tanto serviva e serve nella competizione quanto, come scuola di vita, servirebbe nella quotidianità di tutti i giorni.
E’ tipico di questi ultimi tempi trovare nella libertà di espressione la contraddizione stessa di negare con la propria l’altrui libertà. Il nuovo mondo ormai ben configurato dei social è un nuovo potere anche all’interno dello sport
commissari tecnici e allenatori mancati solo per “sfortuna”, di critici sportivi che non possono professare solo perché sventurati e poi, tutti, chi più chi meno, da giovani ha fatto sport ad alto livello, … anche se nessuno se ne ricorda più. Il fornire quindi una notizia su giornali e siti telematici che consentano a tutti di esprimere la propria opinione è una fortuna per tutti questi novelli Manzoni della penna sportiva, che pur sapendone poco o addirittura niente, sono in grado di pontificare su tutto!
Infatti, la libertà di espressione ha un solo verso per gli opinionisti di bassa lega del Web: la loro. Contraddirli è quasi un reato, dire che sbagliano è un’offesa, causare loro qualche dubbio crea disagio e quindi la loro opinione è da rispettare e venerare, mentre la risposta d’altri è un insulto alla loro libertà di espressione. Lo sport è anche in balia di questo nuovo potere: dei commentatori social che urlano di più scrivendo migliaia di “post” forse sperando da parte loro di essere assunti un giorno come critici ufficiali… . E intanto lo sport, quello vero, fatto da imprenditori che comunque la si voglia vedere, legalmente o oltre i limiti, si impegnano a tempo pieno in quello che fanno rischiando a tutti gli effetti la loro tranquillità nella vita, oppure realizzato dagli atleti che non possono più pensare di vivere la loro quotidianità senza ingerenze, è sottoposto a super vigilanza da “grande fratello” proprio da coloro che se glielo chiedeste, direbbero che la loro privacy è prima di
tutto!
Il mondo dello sport è in continua evoluzione, anche se sembra però che a questa evidenza molti non sappiano farsene una ragione. Parlo dell’acquisizione sul campo dei diritti per svolgere un campionato di qualsiasi categoria vincendo un campionato di categoria inferiore oppure del suo contrario, perdere la categoria e discendere negli abissi della retrocessione.
umane…) che si troveranno in difficoltà. Un’impresa sportiva, intesa come azienda, non ha solo gli atleti, anzi! Ha gli impianti da gestire con personale adeguato, ha le segreterie da mettere in funzione, uffici stampa, addetti agli atleti, magazzinieri, staff medici e persone addette alle biglietterie, addetti allo stadio o ai palazzetti e molteplici altre figure in funzione dell’ambiente e del livello raggiunto.
sofferenza, entusiasmo e agonismo, ma deve essere anche spettacolo, altrimenti il pubblico non si muoverà per vederlo. E se è solo tecnica piacerà a pochi. Quando uno sport non ha pubblico, il perché c’è sempre, che lo si voglia o meno. Ma se è la paura di perdere a non permettere lo spettacolo o l’ingresso di volti nuovi magari dal mondo dei vivai sportivi, è evidente come non sarà lungi il tempo in cui a tale “non-spettacolo” si recheranno solo gli appassionati tifosi, che in ogni tempo e luogo sono sempre un sottoinsieme degli appassionati dello sport in sé.
mettono “in campo” la loro opera quotidiana e di cui nessuno mai parla, il vero progetto è: per tutti lo sport, ma per quello professionistico, in quanto tale, solo ai professionisti. Il mondo dello sport non può fare a meno di una piazza sportiva come quella della nostra città. Si possono dire tante cose su altre città con passati più “storici”, ma nel panorama delle diverse discipline sportive, con più vittorie ad alto livello in ogni ambito sportivo Torino non invidia nessuno. Gli spazi per praticare “la qualità” sportiva sono addirittura in surplus rispetto alla necessità. L’antidiluviana concezione dello sport come diritto sportivo è ormai in pieno contrasto con le necessità economiche e fiscali con le quali il mondo dello sport odierno deve fare i conti! Un progetto sano dovrebbe prevedere aziende in grado di garantire posti di lavoro “agli oscuri” per più tempo. Altrimenti la precarietà di cui tutti lamentano nella quotidianità del lavoro “normale” dovrebbe (e in realtà è!) diventare la condizione unica non di chi gioca sul prato verde o sul parquet ma di tutti coloro che vendono anche le bibite allo stadio (se ci sarà la partita) o i parcheggi intorno allo stadio (se si giocherà una partita) o anche solo delle magliette souvenir (se ci sarà ancora quella squadra…).
E’ un mondo impressionante, che turba le coscienze e che a volte ci fa preferire immaginare che non sia vero, che sia tutto una invenzione dei nemici del nostro o di quell’altro sport, che, invidiosi del successo ottenuto, come un bambino livido dalla rabbia e dal fastidio, raccontano che chi vince è un baro…


PROPOSTA AEROBICA-MUSICALE: IL TOP PER DIMAGRIRE

più importanti del semplice campo sportivo di nostra competenza, ma anche negli ambienti sportivi si è sottoposti a stress climatici non da poco.
che vivono realtà lontane migliaia di chilometri da casa in balia di un tiro che entra o non entra in partita. Tirare bene o essere bravi non è sufficiente: sono già tutti fisicamente e tecnicamente stratosferici: ma bisogna essere sempre al top in allenamento come in partita. Immaginate le ore di allenamento per tirare a canestro. E poi in partita quelli che tirano di più a canestro, tirano al massimo 10 15 volte, e in base a quanti ne segnano talvolta si decide il loro destino.