STORIA- Pagina 30

Gaza e la Crociata della pace

Quando la diplomazia vinse nel Vicino Oriente dove oggi si combatte duramente. Accadde tanto tempo fa ma è passata alla storia come una “Crociata pacifica ” svoltasi in Terra Santa nella prima metà del Duecento, durante la VI Crociata, senza spargimento di sangue e comandata da un sovrano che amava l’Italia. Parlare di pace in Medio Oriente e soprattutto tra Israele e i palestinesi è quasi impossibile. La Terra Santa di ebrei, cristiani e musulmani è senza pace da duemila anni. Le Crociate hanno diffuso odio tra i popoli e anche gli ultimi secoli hanno visto conflitti alternati a brevi periodi di armonia e convivenza.
Una nuova guerra, senz’altro non l’ultima, insanguina oggi il Levante mediterraneo e viene spontaneo guardare al passato per cercare in quelle terre insanguinate e tormentate periodi di pace. È impresa ardua individuare fasi storiche di non violenza, eppure un momento c’è stato anche se molto lontano. La guerra tra Israele e Gaza in Palestina può farci ricordare un personaggio molto potente del passato che riprese la Terra Santa con le armi della diplomazia, senza combattere. Federico II di Svevia (1194-1250), imperatore svevo-normanno, nato e morto in Italia, guidò tra il 1228 e il 1229 una crociata straordinaria, unica ed insolita per diversi aspetti. Un lungo e dettagliato racconto di quella temeraria avventura in terra d’Oriente lo troviamo nel libro “Federico II e la crociata della pace” (Carocci editore) di Fulvio Delle Donne, scrittore e docente di letteratura latina medievale e umanistica all’Università della Basilicata. Non ci fu nessun combattimento, nessuna vittima o ferito, ma un accordo diplomatico tra l’imperatore e il sultano d’Egitto, al Malik al Kamil. Un’intesa geniale con gli infedeli. Incredibile a dirsi ma fu proprio così: per dieci anni Gerusalemme e la Terra Santa tornarono ai cristiani che poterono così entrare a pregare nel Santo Sepolcro. Ai musulmani, che avevano conquistato Gerusalemme 42 anni prima, e agli ebrei fu consentito di svolgere liberamente i loro culti. Fu un grande successo per l’imperatore nonostante fosse stato scomunicato dal Papa perché non aveva intrapreso la spedizione militare nelle terre d’Oltremare già promessa al Pontefice. Federico II, lo Stupor Mundi, sostenne che quanto era accaduto in Terra Santa era il risultato di un miracolo e che c’era una sua investitura diretta da parte di Dio. In realtà, spiega Fulvio Delle Donne, né l’imperatore né il sultano nel Duecento erano pacifisti o tolleranti ma erano diversi decenni che un sovrano europeo non si recava nella Città Santa. Fu una “Crociata di pace”, eccezionale e affascinante come il personaggio che l’ha compiuta. Fu un viaggio molto lungo, da Brindisi ad Acri, passando per Creta, Rodi e Cipro: ci vollero almeno due mesi per arrivare sulle coste mediterranee, soste comprese, alcune delle quali durarono diversi giorni. Salparono per la Palestina decine di galee da guerra, quaranta o forse settanta, con 3000 fanti e 300 cavalieri ma non ci furono né battaglie né morti, contrariamente a quanto era avvenuto pochi anni prima, a Damietta in Egitto nel 1221, dove i crociati avevano deciso di sbarcare per poi risalire verso Gerusalemme e che si concluse con una disfatta e il ritiro dell’esercito cristiano con gravi perdite. Nel 1239, appena finita la tregua, i crociati europei ripartirono per la Terra Santa ma furono sconfitti. Nel 1244 Gerusalemme tornò sotto il dominio dei musulmani. Il libro di Delle Donne ha il merito non solo di narrare questa singolare crociata ma anche di guardare alle tante guerre che si potrebbero evitare se l’arte della diplomazia avesse la meglio sull’uso delle armi. Nel capitolo conclusivo del libro lo storico del Medioevo fa riferimento alle guerre e alle tensioni internazionali che hanno cambiato il mondo nella prima parte del XXI secolo, dall’attacco alle Torri Gemelle l’11 settembre 2001 al terrorismo islamico dell’Isis, dall’Afghanistan alla Siria, dall’Iraq alla Libia “per ricondurre quella crociata pacifica di 800 anni fa alla memoria della nostra contemporaneità carica di tensioni e di scontri tra religioni e civiltà. Un modo per contribuire a comprendere il presente attraverso lo studio del passato e viceversa”.
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Filippo Re
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nelle foto:
Federico II e la Crociata della pace”, Fulvio Delle Donne, Carocci editore
Federico II incontra il sultano d’Egitto Malik al Kamil alle porte di Gerusalemme

Garibaldi nel basso e medio Monferrato

Il ruolo di due donne importanti di fine ‘800: Francesca Armosino in Garibaldi e Giuseppina Sannazzaro in De Maistre

Armano Luigi Gozzano ripercorre il passaggio casalese del generale all’inizio della II° guerra d’indipendenza e nel luogo d’origine astigiano della terza moglie. La via centrale di Casale che da piazza castello conduce alla chiesa di S. Ilario fu intitolata a Garibaldi e a ricordo fu installata una lapide marmorea sul palazzo al numero 45 che in passato era proprietà dei Billioni, signori di Viarigi e Terranova. Il loro casato é raffigurato dagli stemmi applicati a pastiglia sui pannelli del portone d’ingresso.
Il palazzo passò in comproprietà al conte Placido De Maistre (1751-1814) infeudato nel 1780 di Castelgrana di Mirabello, capitano del corpo reale degli ingegneri di Torino, fratellastro di Barnaba (1744-1812) procuratore generale di Torino nel 1779. Originari di Nizza in Provenza, i De Maistre (Meystre) discendevano da una famiglia di magistrati. Il loro padre Giovanni Francesco
(1698-1760) conte di Caraz in Savoia era presidente della regia camera dei conti di Torino nel 1756, procuratore generale negli anni 1730-1760 di Carlo Emanuele III° e giurista ed economista del ministero G.B.L. Bogino durante il regno sardo-piemontese.  Favorì molto l’assunzione del cugino di 1° grado Francois – Xavier De Maistre (1705- 1789) come avvocato fiscale a Nizza, in seguito senatore e presidente del senato nel 1764 a Chambéry, padre del famoso Xavier (1763-1852) generale, pittore e scrittore diplomato all’accademia Albertina, autore del famoso “viaggio attorno alla mia camera” pubblicato a Torino nel 1794. Anne Constance, figlia del filosofo Giuseppe governatore di Sardegna e ambasciatore per i Savoia presso lo zar a S. Pietroburgo, ereditò dal marito duca Laval la villa del ‘700 a Borgo Cornalese di Villastellone. Lo stemma di questo comune reca le calendule dorate simbolo dei De Maistre, famiglia sussistente della nobiltà sabauda.
All’arrivo di Garibaldi a Casale, il palazzo  apparteneva a Giovanni De Maistre (1813-1876) componente della guardia d’onore reale, figlio del conte Luigi (1781-1852) riformatore delle scuole nel 1822, decurione e direttore dell’ospedale S. Spirito di Casale e di Giuseppina Gozzani di Luigi Gaetano marchese di Treville e Odalengo. Giovanni era sposato con Giuseppina Sannazzaro (*1812 Casale +1886 Torino in S. Francesco) figlia di Giovanni Battista conte di Giarole e di Giulia Callori contessa di Vignale. In vista dell’imminente pericolo austriaco, il re Vittorio Emanuele II° sistemato con il comando di stato maggiore a S. Salvatore, invitò Garibaldi di portarsi in città, lasciando una compagnia a protezione del porto di Pontestura, proprietà dal 1850 al 1861 di Felice Carlo Gozzani marchese di San Giorgio. In seguito il Gozzani ospitò il re Vittorio nel proprio palazzo S.Giorgio Gozzani, ora municipio di Casale, per meglio controllare la situazione. I De Maistre ospitarono il generale nella loro dimora casalese il giorno 3-5-1859, si pensa per la loro origine nizzarda.
Nonostante fosse costretto a letto per un forte dolore alla schiena, consigliato dal dott. Agostino Bertani chirurgo del corpo dei volontari, Garibaldi ripartì alle 4 del mattino del giorno 6-5-1859 verso Terranova con i  Cacciatori delle Alpi per presidiare la testa di ponte sul fiume Sesia. Malgrado la differenza di idee politiche, il generale rimase molto colpito dalla cortesia e ospitalità dei coniugi e con una lettera esposta nel 2009 nell’archivio di stato di Torino ringraziò la contessa. I De Maistre abitarono a Torino al n. 21 di via Po. Nel 1836 la contessa fu ammessa a corte. In seguito abitarono a  Cereseto nella grande villa barocca del ‘700 acquistata dal cugino Giuseppe Ricci 4° marchese di Cereseto, marito di Teresa Visconti di Luigi Emanuele conte di Ozzano e Giuseppina Gozzani di Giovanni Battista marchese di San Giorgio. La villa fu venduta da Giovanni De Maistre insieme al castello di Motta dei Conti e all’intero patrimonio, poi riscattati dalla moglie Giuseppina che passò la vita a pagare i debiti del marito. Ultimo discendente della nobile casata di Giarole é il conte Giuseppe Sannazzaro (*1962 Genova)
figlio di Ranieri e Maria Luisa dell’armatore genovese Alberto Ravano.
Le palazzine e il terreno circostante al castello di Giarole erano proprietà di Giuseppina Gozzani marchesa di Treville, suocera della contessa Sannazzaro. La dimora di Casale venne ereditata dalla figlia Giulia De Maistre (1835-1901) moglie del  cav. Giuseppe Lovera dei marchesi di Marie nella contea di Nizza (Alpi marittime), futuro vice ammiraglio. Alle ore 11.40 del giorno
23-10-1880 l’eroe dei due mondi giunse in treno alla stazione di S. Damiano D’Asti e alle ore 14 alla borgata Saracchi di Antignano per conoscere i familiari della terza moglie Francesca Armosino. Erano  accompagnati dai loro figli Clelia e Manlio unitamente a Teresita, figlia di Anita, con Stefano Canzio e il loro figlioletto. Il generale, ormai malato, era adagiato sul solito lettino e venne portato su una grande carrozza trainata da due cavalli. Al seguito altre carrozze con diverse autorità si diressero verso S. Martino al Tanaro attraversando il nuovo ponte sul torrente Borbore, inaugurato  dal passaggio dell’illustre ospite, in seguito detto ponte Garibaldi. Alla borgata Saracchi Garibaldi fu accolto da festeggiamenti con  musiche, archi trionfali, applausi, spari di mortaretti e bandiere. Pranzò nella villa Armosino da lui stesso fatta costruire ai cognati, poi detta palazzo Garibaldi, dove soggiornò fino al 1° novembre 1880. Grazie alla volontà del generale, la borgata fu staccata dal comune di Antignano e annessa al comune di S. Martino al Tanaro, ora Alfieri,
con decreto del re Umberto.
Francesca Armosino (*1848 Perosini di Antignano +1923 Caprera) discendeva da una nobile famiglia armena emigrata in Italia per sfuggire alle persecuzioni dei turchi contro i cristiani. Si trasferì a Caprera nel 1865 per diventare la balia di Teresita, primogenita di Garibaldi. Nonostante la differenza di età (58 lui e 17 lei) ebbero tre figli: Clelia, Rosa e Manlio tutti nati a Caprera prima del loro matrimonio avvenuto nello stesso anno 1880. Francesca fu sepolta accanto al marito e ai figli Rosa e Manlio. Antonella Armosino (*1960) discendente dai parenti di Francesca é creatrice di originali presepi natalizi. Utilizza fiammiferi, iuta, cera d’api e bottiglie di vetro ricoperte di creta. Unica rappresentante del Piemonte ad esporre il presepio in Vaticano per il S.S. Natale 2019, espone costantemente dal 2010 nella basilica Maria Ausiliatrice di Torino, santuario voluto da Don Bosco. Per il S.S. Natale 2021, su richiesta dell’antropologo astigiano Piercarlo Grimaldi, ha presentato a Cocconato il nuovo lavoro sul 4° re magio, ispirato dalle ricerche del drammaturgo astigiano Luciano Nattino. Il prozio paterno di Antonella fu chiamato Manlio, figlioccio della antenata Francesca, la quale trovò occupazione ai propri familiari come giardinieri e nelle scuderie di Caprera. Un componente monferrino dei mille garibaldini fu Giuseppe Moscheni (1836-1904) antenato dei proprietari della tenuta Gambarello di Mombello.
Giuliana Romano Bussola

Il Museo della Montagna di Torino fa 150 … e guarda al “nuovo futuro”

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Innovazione, inclusione, ecologia e trasformazione digitale: i buoni propositi per il 2024

Riavvolgiamo ben bene il nastro del tempo. Era il 9 agosto del 1874, una domenica, quando sul Monte dei Cappuccini di Torino si inaugurava, in accordo e su proposta della locale Sezione del “CAI”, la “Vedetta Alpina”, una piccola “edicola” dotata di cannocchiale attraverso cui osservare 450 chilometri dell’arco alpino. Era l’inizio di una lunga, gloriosa storia, durante la quale, negli anni, la piccola “Vedetta” si arricchì via via di sempre nuove collezioni dando vita al primo nucleo museale, progressivamente ampliatosi nel tempo. Fino ad arrivare all’attuale “Museo Nazionale della Montagna”, titolato dal “CAI” al suo presidente onorario Luigi Amedeo di Savoia – Aosta (il “Duca degli Abruzzi”, terzogenito di Amedeo d’Aosta e nipote di Vittorio Emanuele II, internazionalmente considerato fra i più grandi protagonisti dell’alpinismo europeo e fra i precursori delle sfide estreme alle vette extraeuropee) e oggi “polo culturale” di altissimo prestigio a livello internazionale dedicato alla montagna e articolato in tre strutture separate ma complementari, rivolte alle esposizioni temporanee e permanenti, alla documentazione e agli incontri. Da quel lontano agosto del 1874, con quella solitaria “Vedetta Alpina” sui “Cappuccini”, tant’acqua è passata sotto i ponti. In termini di anni, ben 150! Nel 2024 il “MuseoMontagna” festeggia, infatti, il suo Centocinquantenario con un ricco palinsesto multidisciplinare incentrato sul tema del “cammino”. Del guardare in avanti, al passo coi tempi. Fra i primi obiettivi in calendario, la “trasformazione digitale”, con la realizzazione, grazie al contributo della “Fondazione Compagnia di San Paolo” dei nuovi contenuti multimediali per la visita della Collezione permanente. Parallelamente sarà condotta una nuova “campagna di digitalizzazione e schedatura” della “Fototeca” del “Centro Documentazione del Museo”, affiancata, nel prossimo mese di marzo, all’inaugurazione di una “nuova sezione permanente” dedicata al K2, in occasione del 70° anniversario della spedizione italiana che per prima ne raggiunse la vetta nel 1954, patrocinata dal “Club Alpino Italiano” e dal “Ministero della Difesa”, e i cui archivi sono conservati dal “Centro Documentazione” del Museo. Fondamentale resterà il tema della“sostenibilità ambientale” , in coerenza con l’“Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile dell’ONU” e con il “Programma Sostenibilità” avviato nel 2018 dal Museo subalpino, in particolare attraverso il progetto Stay with Me” e la mostra “A Walking Mountain”, che inaugurerà durante la “Torino Art Week 2024”.

Su questa linea, il “MuseoMontagna”intende affermarsi sempre più come punto di riferimento nello scenario globale legato alla cultura delle “terre alte”, ospitando lunedì 6 maggio anche  le assemblee annuali delle due “associazioni di settore” che qui hanno sede e coordinamento: l’“IAMF – International Alliance for Mountain Film”” e l’“IMMA – International Mountain Museums Alliance”.

“Sarà un anno speciale per il Museo Nazionale della Montagna di Torino – affermano il presidente Mario Montalcini e la direttrice Daniela BertaSiamo fieri di presentare un calendario ricco di novità e iniziative per rendere la nostra istituzione in grado di affrontare i grandi temi dell’attualità attraverso linguaggi contemporanei ed eredità storiche inestimabili.

Di grande interesse, anche il programma delle mostre in calendario.

Il via, con “Le ossa della terra. Primo Levi e la montagna” (dal 26 gennaio al 13 ottobre), presentata in occasione del “Giorno della Memoria 2024” e incentrata sulla figura del grande “cantore della Shoah” e sul suo intenso rapporto con la montagna.

A seguire “Stay with Me. A Whole Growing Exhibition” (fino al 31 marzo), rassegna in divenire che vedrà il coinvolgimento di figure creative, anche a livello internazionale, ed istituzioni storiche come l’“Accademia Albertina di Belle Arti”.

A partire sempre dal mese di marzo “K2. Nuova esposizione permanente nel 70° anniversario della spedizione italiana”, mentre da aprile a ottobre sarà la volta di “Alberto di Fabio. Montagne primordiali”, con una selezione di opere pittoriche e su carta dell’ artista abruzzese, alcune delle quali mai esposte.

In chiusura, un progetto artistico inedito del Collettivo “Mali Weil”, piattaforma artistica operante (fra Italia e Germania) su progetti di “estetica temporary” a tema “sostenibilità ambientale” e, dal 29 ottobre al 30 aprile 2025, la mostra di chiusura “A Walking Mountain”, che vedrà dialogare fra loro i lavori di artisti contemporanei e le Collezioni storiche del Museo sulla pratica del “cammino in montagna” e della “Walking Art”.

E non mancheranno installazioni temporanee open air sulla “Terrazza panoramica”, una ricca offerta di attività educational, collaborazioni e scambi con altri enti del territorio e internazionali, rassegne letterarie in collaborazione con la “Biblioteca Nazionale CAI” e almeno due mostre ideate e prodotte dal Museo e presentate in altre sedi: “Rock The Mountain! La montagna nell’iconografia della musica pop” presso la “Casa Alpina” di Ceresole Reale e “The Mountain Touch” al “MUSE- Museo delle Scienze di Trento”.

Per ulteriori info: “Museo Nazionale della Montagna Duca degli Abruzzi”, P.le Monte  dei Cappuccini 7, Torino; tel. 0116604104 o www.museomontagna.org

g.m.

Dal Monferrato alla Valstrona e alla Real Casa torinese

Facino, figlio di Emanuele Cane proconsole di Casale Monferrato nel 1387 proveniente dalla Val Polcevera genovese, era al servizio dei duchi di Milano Giovanni Maria e Gian Galeazzo Visconti.

Signore di Cuccaro, Ottiglio, Gavi, Borgo San Martino, Biandrate e Novara sposò in prime nozze Beatrice Lascaris nel 1398. Duchessa di Milano, contessa di Tenda, signora di Casale Monferrato, di Abbiategrasso e Binasco, Beatrice in realtà era figlia del condottiero casalese Roggero al servizio del cugino Facino il quale, dopo le famose imprese nell’Italia settentrionale, fu costretto a ritirarsi nel castello di Pavia dove morì nel 1412. Lasciò l’immenso patrimonio di 400000 ducati e il forte esercito alla moglie con clausola di risposarsi con Filippo Maria, figlio di Gian Galeazzo e Caterina Visconti, favorendone la successione al ducato di Milano. Per il troppo potere acquisito o per sottrarle i beni, Beatrice fu accusata ingiustamente di adulterio e decapitata nel castello di Binasco con il presunto amante nel 1418, ricordata sulla lapide posta all’ingresso del maniero. La tragedia lirica dell’eroina romantica, donna, sposa e vittima sacrificale musicata da Vincenzo Bellini su libretto del genovese Felice Romani che aveva debuttato nel 1833 con scarso successo alla Fenice di Venezia, fu utilizzata nel 1840 per l’inaugurazione del teatro dei nobili di Casale, società dei 16 cavalieri che aveva ricostruito il teatro cittadino su disegno dell’abate spoletino Vitoli, inaugurato nel 1791 con l’opera buffa “la moglie capricciosa”, mediocre rappresentazione del napoletano Vincenzo Fabrizi. Della società facevano parte il conte Alberico Pico Gonzaga, marchese Giuseppe Della Valle, conte Ottavio Magnocavallo e i marchesi Gozzani Giovanni Battista di San Giorgio e Luigi Gaetano di Treville. Per i 600 anni dalla morte di Beatrice, l’opera in forma di concerto fu rappresentata nel 2019 a Milano, Abbiategrasso, Binasco, Tenda e  Casale con la partecipazione della compagnia del Passo Antico di Binasco e del Casale Coro.
Giovanni Cane, discendente di Facino, acquistò il feudo della Torre di Monromeo di Serralunga di Crea da Giovanni Battista Forni e ne fu investito nel 1553. Il Forni ne era stato investito dalla marchesa Anna d’Alencon nel 1538. Alla morte di Giovanni Battista, figlio di Giovanni, il feudo fu ereditato da Fabio Cane conte palatino, investito per procura nel 1575. Dalla moglie Ginevra Sannazzaro dei conti di Giarole ebbe una figlia, Anna Vittoria Cane che portò in dote la contea di Monromeo al matrimonio con il medico Curzio Magnocavallo dei conti di Cuccaro e Varengo. Curzio fu vittima del tremendo fatto d’armi del 1662 avvenuto davanti al palazzo del governo a causa delle soventi liti tra antica e nuova nobiltà, con i sostenitori dei Mossi di Morano e Magnocavallo da una parte e degli Ardizzone e Scarampi dall’altra. Alessandro e Giacomo Sannazzaro, sostenitori degli Ardizzone, ferirono a morte Curzio. Messi al bando, furono mandati in esilio dal duca Carlo II° Gonzaga-Nevers.
Ne fu coinvolto anche il 10° conte di Camino Geronimo Scarampi, poi perdonato dalla vedova Anna Vittoria, il quale cedette nel 1691 il feudo di Pontestura ai marchesi Gozzani di Treville Carlo Antonio vescovo di Acqui, Giacomo Bartolomeo vice presidente del senato monferrino, Giovanni Battista vicario generale di Casale e  Antonino di San Giorgio. Nel 1684 il feudo di Monromeo era stato acquistato con un prestito di 4200 fiorini depositato alla comunità di Serralunga di Crea tramite il tenente Cerrano al servizio dei Gonzaga, rogato dal notaio Giacomo Porta suocero del ricco cugino Francesco Gozzano di Cereseto. La proprietà passò a Francesco Bernardino Gozzano, genero di Francesco Perracino procuratore di Giacomo Bartolomeo. Bernardino, figlio del notaio casalese Antonio, fu l’ultimo della famiglia che si trasferì in Monferrato cedendo la casa padronale al comune di Luzzogno come da atto rogato dal notaio Albergante di Omegna nel 1709. La pronipote contessa Teresa Gozzani, figlia di Giovanni Battista e della contessa Petronilla Callori di Vignale, fu l’ultima residente della famiglia a Monromeo.
Cugini dei più famosi marchesi, utilizzarono il loro stemma ancora oggi visibile sul banco di preghiera nel duomo di Casale e infeudati di Ponzano dai Savoia per meriti militari. Molti anni dopo altri discendenti dei Gozzani  tramandarono le antiche storie di famiglia tramite i matrimoni con Isabella di Giulio Cesare Lascaris presidente del senato monferrino e conte di Castellar di Ventimiglia, con Giacinto Magnocavallo dei conti di Varengo e con Giuseppina Sannazzaro dei conti di Giarole.
Una linea monferrina dei Cane fu costretta nel 1358 a lasciare la loro terra perché vessati dalle angherie del marchese del Monferrato e si rifugiarono nella Valle Anzasca, dove intrapresero l’attività di cercatori d’oro. Ormai ricchissimi, furono scacciati perché considerati stranieri, sfruttatori e prepotenti. Discesi dal monte Massone, giunsero nel 1425 a Chesio nel comune di Strona come Luzzogno, luogo di origine dei conti Gozzano. Durante la nuova attività pastorizia scoprirono un filone di materiale ferroso in località Frera sull’Alpe Loccia e si associarono alla ricca famiglia Gianoli di Chesio proprietari dell’Alpe per l’estrazione del ferro, delimitando l’ambito minerario con le loro iniziali scolpite sulla roccia. Esaurita la miniera, la società Cane-Gianoli si trasferì in Valchiusella di Ivrea a fine 1600 dove attivarono una fonderia di ferro, alimentando così il grande negozio di ferramenta a Torino e diventando fornitori del principe Amedeo di Savoia con brevetto del 1715.
Una ipotetica immagine di Facino Cane si trova nel castello di Masino nel Canavese, olio su tela di pittore anonimo del XVII° secolo. Una antica fusione in bronzo, custodita da molte generazioni nella propria casa di Luzzogno da Pietro Cane (*1939) discendente dai cercatori d’oro emigrati dal Monferrato, rappresenta una significativa e inedita immagine di Facino Cane.
Armano Luigi Gozzano 

Bottero, il “papà” della Gazzetta del Popolo

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Alla scoperta dei monumenti di Torino / Oggi parleremo del monumento dedicato al giornalista e politico italiano Giovanni Battista Bottero, situato in Largo IV Marzo meglio conosciuta come piazzetta IV Marzo. (Essepiesse)

Su un ampio basamento in pietra al lato del giardino, verso il Duomo, si erge la figura in bronzo di Giovanni Battista Bottero. L’uomo è rappresentato in piedi con una redingote abbottonata (abbigliamento che il giornalista usava abitualmente nelle sue giornate di lavoro), mentre nella mano destra tiene una copia del giornale “La Gazzetta del Popolo” 

La statua poggia su un imponente basamento realizzato in prezioso marmo Botticino e sul cui fronte è posizionata una lastra con sopra delle epigrafi dedicatorie che, essendo posta alle spalle del monumento, funge da elemento architettonico di sfondo. In quest’opera è particolarmente ricercato l’effetto di contrasto tra la patina scura del bronzo e il bianco avorio del marmo del basamento.

Giovanni Battista Bottero nacque a Nizza il 16 dicembre del 1822. Dopo aver conseguito nel 1847 la laurea in medicina, decise di dedicarsi alla carriera giornalistica (sua passione fin da quando era ragazzo) e così il 16 giugno 1848 fondò a Torino, insieme allo scrittore Felice Goevan e al medico Alessandro Bottella, il quotidiano “La Gazzetta del Popolo”.Per Bottero gli anni che seguirono furono impregnati di grande passione politica: essendo il quotidiano più diffuso durante gli anni del Risorgimento, egli riuscì tramite il suo giornale a compiere azioni incredibili, come ad esempio far firmare (il 10 settembre 1849) il proclama agli elettori di Bobbio per la nomina a deputato di Giuseppe Garibaldi, oppure lanciare una sottoscrizione (il 14 gennaio 1850) per consegnare una spada d’onore sempre a Garibaldi che all’epoca si trovava in esilio.

Nel 1855, dopo diverse battaglie “mediatiche” portate a termine dal suo quotidiano, Bottero decise di entrare in politica e si presentò nel collegio elettorale di Nizza, dove vinse con 411 voti su 625 votanti; il 27 giugno 1855 entrò nel Parlamento subalpino. Nonostante si affermò come figura politica, nel 1870 decise di abbandonare la sua carriera all’interno del Parlamento per dedicarsi completamente al suo giornale.Prese la direzione del quotidiano nel maggio del 1861 (quando prese il posto di Govean) e mantenne tale posizione fino al 1897. In quegli anni “La Gazzetta del Popolo” fu un punto di incontro per personaggi di grande rilievo: in campo politico seguì un orientamento liberale, anticlericale e monarchico, appoggiando la politica di Cavour e il programma risorgimentale di unificazione italiana. Il quotidiano svolse inoltre una importante funzione sociale propulsiva e di coordinamento nei confronti dell’intero movimento delle società di mutuo soccorso dello Stato sardo.Giovanni Battista Bottero morì il 16 novembre del 1897 all’età di 75 anni.

A pochi giorni dalla sua morte un Comitato di cittadini presieduto da Tomaso Villa, si attivò per la realizzazione di un monumento alla sua memoria e grazie ad una sottoscrizione pubblica nazionale, vennero raccolti i fondi necessari e fu incaricato lo scultore Odoardo Tabacchi, che lavorò all’opera tra il 1898 e il 1899. Il monumento venne concluso nel settembre del 1899 e si decise di collocarlo proprio in Largo IV Marzo, dove vi era la sede della “Gazzetta del Popolo”; su consiglio di Odoardo Tabacchi e del Sovrintendente dei Giardini municipali, venne posizionato nella parte orientale dell’aiuola IV Marzo, proprio di fronte alla sede del quotidiano.Venne inaugurato e ceduto alla città, il 12 novembre del 1899 con una solenne cerimonia a cui parteciparono centinaia di persone.

Anche per oggi la nostra passeggiata “con il naso all’insù” termina qui. Vi aspetto per il prossimo appuntamento con Torino e le sue meravigliose opere da scoprire.

 (Foto: www.museotorino.it)

Simona Pili Stella

Gli appuntamenti della Fondazione Torino Musei

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12 – 18 gennaio 2024

VENERDI 12 GENNAIO

 

Venerdì 12 gennaio ore 20:30

Trekking urbano tra le LUCI D’ARTISTA. LA DORA, IL PO E LE LUCI D’ARTISTA – 6,7 km: durata 2,5 ore c.ca

Fondazione Torino Musei – Luci d’Artista

Grazie alla collaborazione tra MetroTrail e Fondazione Torino Musei, per la prima volta quest’anno sono stati proposti 4 itinerari di trekking urbano che abbinano Natura e Luci d’Artista 2023, per un Public Program sempre più ecologico e sostenibile. Una guida escursionistica ambientale accompagna i visitatori a scoprire ambienti ecologicamente rilevanti a Torino – come fiumi, parchi, giardini e semplici aiuole – percorrendo impensabili sentieri urbani verdi, punteggiati dalle installazioni di Luci d’Artista. La silente fauna notturna dei fiumi fa da contrasto con le Luci stesse e la vita della città. Alberi monumentali e giardini segreti segnano la riscossa della Natura sulla metropoli.  Le camminate sono lunghe indicativamente dai 6 ai 7 chilometri e durano circa 2 ore e mezza.

Partenza e arrivo da Largo Regio Parco- Lungo Dora Firenze – Lungo Po (Parco Michelotti) – Via Po – Piazza Castello – Piazza della Repubblica – Borgo Dora

Questo trekking urbano ha il pregio di unire le bellezze fluviali dei due maggiori corsi d’acqua di Torino, il Po e la Dora, con le bellezze urbane del Centro e di Vanchiglia. Quante storie portano le acque dei fiumi di Torino, quanti segreti ormai dimenticati e quanta bellezza nel loro scorrere, che nel tempo ha significato anche alimentare l’operosa crescita della città. Tra parchi, ponti, corsi e piazzette nascoste, ci attendono, per lasciarci a bocca aperta, le installazioni di Luci d’Artista.

Oliviero RINALDI – Flammarion – Largo Regio Parco, Italgas (luce ospite)

Luca PANNOLI – L’amore non fa rumore – Biblioteca Geisser, Parco Michelotti

Joseph KOSUTH – Doppio passaggio – Ponte Vittorio Emanuele I

Luigi STOISA – Noi – Via Po

Mario MERZ – Il volo dei numeri – Mole Antonelliana

Luigi NERVO – Vento Solare – Piazzetta Mollino

Marco GASTINI – L’energia che unisce si espande nel blu, Galleria Umberto I

Grazia TODERI – …?… – Piazza della Repubblica

Michelangelo PISTOLETTO – Amare le differenze – Antica tettoia dell’Orologio

Vanessa SAFAVI – Ice Cream Light – Via Borgo Dora

Durata e tariffe: max 2,5 ore Tariffa intero: € 16,00 / Tariffa ridotto (5-15 anni): € 8,00 / Bambini under 5: Free. Minimo 4 persone

Info e prenotazioni:

www.metrotrail.it/luci-dartista

info@metrotrail.it

Tel: +39 342 7530853 (anche WhatsApp)

 

 

SABATO 13 GENNAIO

 

Sabato 13 gennaio ore 11

IL CONCERTO DEL SABATO

Palazzo Madama – con l’orchestra del Liceo Classico Musicale C. Cavour

Nell’ambito della mostra Liberty. Torino Capitale i Servizi Educativi di Palazzo Madama presentano tre concerti a cura delle classi della sezione musicale del Liceo C. Cavour di Torino: i concerti sono a ingresso gratuito e immergeranno il pubblico nelle musiche prodotte a cavallo di Otto e Novecento, con una riscoperta della musica da camera.

Il programma (in allegato) presenterà ascolti tratti dalla musica europea, in un excursus che va dal Barocco all’Ottocento.

Prossimi appuntamenti

Sabato 13 aprile ore 11

Sabato 11 maggio ore 11

Ingresso gratuito fino a esaurimento posti disponibili

 

 

DOMENICA 14 GENNAIO

 

Domenica 14 gennaio ore 16

IL SOLE, IL SESAMO E GLI AQUILONI. La festa indiana di Makar Sankranti

MAO – attività per famiglie

Passeggiando tra le statue provenienti dall’India e dal Sud-est asiatico, tra rappresentazioni di figure e miti dell’Induismo, scopriremo come si festeggia in diverse parti dell’India – e non solo – la prima festa dell’anno, quando il sole entra nel segno zodiacale del Capricorno e la primavera si avvicina. Nell’attività di laboratorio si potrà sperimentare come costruire un aquilone.

Da 6 anni in su

Prenotazione obbligatorio al 0114436927-8 oppure maodidattica@fondazionetorinomusei.it

Costo: bambini € 7 per l’attività, adulti ingresso ridotto in museo

 

 

MERCOLEDI 17 GENNAIO

 

Mercoledì 17 gennaio ore 18

Il patrimonio culturale himalayano fra antico e contemporaneo

TSHERIN SHERPA in dialogo con Davide Quadrio

MAO – talk in museo

Il MAO è felice di ospitare la talk dell’artista nepalese Tsherin Sherpa (Kathmandu, Nepal, 1968) in dialogo con Davide Quadrio, direttore del museo, per una riflessione sulla relazione fra il ricco patrimonio culturale della regione himalayana e una sua rilettura e reinterpretazione in chiave contemporanea.

L’evento, parte del programma #MAOtempopresente, che utilizza l’arte contemporanea come medium e motore di interpretazione e valorizzazione del patrimonio museale, sarà anche l’occasione per presentare al pubblico il riallestimento della sezione dedicata alle prestigiose thang-ka tibetane appartenenti alle collezioni permanenti del museo, esposte dopo un delicato lavoro di restauro e consolidamento a cura del Centro di Conservazione e Restauro di Venaria.

Il restauro delle opere è stato reso possibile grazie al generoso contributo di UBI Unione Buddhista Italiana, con cui il museo collabora da alcuni mesi.

Ingresso libero fino a esaurimento posti disponibili

Saluzzo, un borgo romantico

Stradine, piccole piazze, chiese, balconi fioriti, una fortezza arroccata in cima, una atmosfera poetica decorata da storia e arte, questa è Saluzzo; molto di più di quello che ci si aspetta leggendola sulla guida, perché, pur essendo una miniatura, i contenuti sono considerevoli, la posizione suggestiva, grazie al Monviso che la domina, la ricchezza culturale sostanziosa

 Un perfetto set cinematografico, uno scenario dove ambientare film storici, ma anche storie d’amore dal sapore antico o dallo stile contemporaneo.

Una destinazione amata dai piemontesi, a cui generalmente dedicano una gita giornaliera, una meta irrinunciabile per i turisti che visitano il Piemonte.

Il Marchesato di Saluzzo risalente al XII secolo fu rigoglioso e fortunato, Manfredo, figlio di Bonifacio del Vasto diede vita ad una dinastia che durò per 14 regnanti. Il massimo splendore arrivòin seguito nel XV secolo durante il quale l’arte prosperava e si diffondeva floridamente.

Oggi Salusse, in lingua Piemontese,  è un comune di 17.200 abitanti della provincia di Cuneo, uno dei borghi medievali meglio conservati del Piemonte con bellezze urbane e artistiche di altre epoche come la settecentesca e  sofisticata Corso Italia che ci accoglie subito all’arrivo.

In entrata al curato ed elegante centro storico troviamo la Cattedrale di Santa Maria Assunta, terminata nel 1501 e attuale sede vescovile, semplice nella facciata, abbellita dalle statue di San Pietro e Paolo. E’ all’interno che esprime invece tutta la sua importanza grazie soprattutto ai diversi e magnifici dipinti e una struttura maestosa. Andando avanti verso Piazzetta dei Mondagli troviamo Casa Pellico, dove nacque e visse l’autore de Le mie prigioni. All’interno del museo molti sono i ricordi e i manoscritti appartenuti  famoso letterato e intellettuale dell’800.

Proseguendo in salita per le antiche e deliziose stradine e seguendo le indicazioni che portano  al castello, troviamo il Palazzo Comunale e all’interno la Pinacoteca Matteo Olivero.

Dopo poco finalmente ecco La Castiglia, in posizione dominante, nel punto più alto della città.  Simbolo di Saluzzo e teatro di molteplici vicende storiche, fu il vanto residenziale del Marchesato ma vide anche periodi di degrado e abbandono quando dopo il XV secolo diventò prima caserma e poi prigionefino alla fine del secolo scorso. Oggi ospita tre percorsi museali: quello della Memoria Carceraria, la Civiltà Cavalleresca e l’esposizione permanente delll’IGAV.

Riprendendo il sentiero, suggestivo e di antica bellezza, sono diverse le chiese di storico e artistico interesse che si incontrano,meritano indubbiamente una visita San Giovanni e San Bernardo.

Di singolare fascino ed eloquente per rivivere la ricchezza della vita nobiliare del Marchesato in epoca rinascimentale, è Casa Cavassa, antica residenza di Galeazzo Cavassa oggi Museo Civico.

A completare e deliziare la visita di questo luogo incantato sono le pasticcerie che espongono in vetrina attraenti creazioni e  diversi ristoranti dove gustare le specialità del posto.

A fine primavera e all’inizio dell’estate diverse sono le manifestazioni che animano questo centro artistico e romantico: a maggio la Fiera dedicata all’antiquariato, arte e artigianato, a giugno la festa della birra con C’è Fermento e a luglio il Marchesato Opera Festival, rassegna di concerti ed eventi culturali.

Maria La Barbera

La Venaria Reale: quasi 34.000 visitatori dal 26 dicembre al 7 gennaio

Dopo i 450.000 turisti del 2023. Le principali mostre del 2024

Dopo i grandi numeri dell’anno appena passato (445.598 visitatori in
295 giorni di apertura, più 30% circa rispetto al 2022) e il successo di
presenze nel periodo natalizio con 33.875 turisti paganti (con le
aperture continuative dal 26 dicembre al 7 gennaio anche in orario serale delle
Sere di Natale alla Reggia e i vari eventi collaterali: un incremento di 4.000
rispetto al 2022), La Venaria Reale si appresta a vivere il 2024 all’insegna
di grandi mostre secondo un programma che già si preannuncia
imperdibile.

Tra gli eventi espositivi principali si può
annunciare per fine marzo la grande mostra
alle Sale delle Arti Napoli a Torino. La
Venaria Reale invita il Museo di
Capodimonte (titolo provvisorio) sui capolavori
delle collezioni artistiche di Capodimonte.
Oltre sessanta meravigliose opere e
stupefacenti dipinti provenienti dalle maestose
collezioni Farnese e Borbone che
annoverano autentici Maestri come
Caravaggio, Tiziano, Masaccio e
Parmigianino per citarne alcuni.

La mostra è resa possibile grazie all’intervento del Ministero della Cultura in
collaborazione con il Museo e Real Bosco di Capodimonte in virtù di un
rapporto eccezionale ed esclusivo tra prestigiosi enti culturali di valenza
internazionale.

A seguire, per fine aprile si terrà Glassstress: grandi artisti e
designer contemporanei italiani ed internazionali in dialogo con i
maestri vetrai di Murano lungo il percorso di visita della Reggia, in
collaborazione con la Fondazione Berengo nell’ambito della Biennale Arte di
Venezia.

Nei Giardini della Reggia a maggio è previsto il Festival Green Art. Le
forme della natura nelle forme di un giardino con opere di dieci artisti
internazionali capaci di far apprezzare e risaltare il rapporto tra arte
contemporanea e magnificenza del giardino.

A fine ottobre è in programma alle Sale delle Arti la mostra su William
Blake, in collaborazione con la Tate di Londra, che chiuderà degnamente la
trilogia dedicata alla celebre produzione artistica romantica inglese iniziata
con le esposizioni su Constable e Turner.

Infine il Consorzio sta attuando i dovuti passi per prevedere per il prossimo
autunno la mostra Tolkien. Uomo, Professore, Autore.
Oltre al consueto palinsesto culturale della Reggia, fra gli eventi
istituzionali più eclatanti che saranno ospitati nel corso dell’anno si
devono senz’altro menzionare ancora il summit del G7 dedicato ai temi della
Natura e dell’Ambiente, previsto ad aprile, e la spettacolare partenza del
Giro d’Italia che avverrà dalla Reggia il 4 maggio.

La Venaria Reale resterà aperta anche il mese di febbraio
presentando una divertente novità: gli eventi di Scherzo previsti dal 10 al
13 febbraio in coproduzione con la Fondazione Teatro Ragazzi e Giovani di
Torino.

Per informazioni: lavenaria.it – residenzerealisabaude.com

Musei Reali, bilancio di un anno e nuovi progetti

All’alba del nuovo anno, i Musei Reali di Torino guardano al 2023 attraverso i numeri.

Il bilancio che ne deriva conferma la posizione di prestigio dell’istituzione torinese, che risulta tra le più apprezzate e visitate a livello nazionale.

Sono infatti 626.359 le persone che, nel 2023, hanno ammirato le collezioni e le proposte espositive dei Musei Reali, superando di 168.422 (+ 36%) il dato del 2022.

Particolarmente premiata dal pubblico (25.000 visitatori) è stata la mostra A tu per tu con Leonardo. Il genio e il suo tempoche, dal 7 aprile al 9 luglio, ha raccontato la vita e il tempo di Leonardo attraverso il prezioso nucleo della Biblioteca Reale, tredici disegni autografi e il Codice sul volo degli uccelli, affiancati da una preziosa selezione di opere dalle collezioni dei Musei Reali.

Molto gradita è stata anche l’Estate Reale, il programma connesso ai percorsi museali e alle mostre temporaneeattraverso il filo conduttore della musica che ha visto alternarsi, ai Giardini Reali e al Teatro Romano, concerti e performance.

Il successo dei Musei Reali è proseguito anche durante le feste natalizie con 40.908 visitatori tra sabato 23 dicembre e domenica 7 gennaio 2024, che conferma la crescita rispetto a quanto totalizzato nello stesso periodo dello scorso anno. L’esposizione temporanea nelle Sale Chiablese, Africa. Le collezioni dimenticate, è stata ammirata da 2.870 persone e sarà aperta fino al 25 febbraio.

Il 2024 si apre con la prosecuzione della mostra dossier Giulia & Tancredi Falletti di Barolo collezionisti, in occasione del bicentenario della nascita del Distretto Sociale Barolo. Fino al 7 aprile, la rassegna curata dai Musei Reali in collaborazione con l’Opera Barolo, celebra i marchesi Giulia e Carlo Tancredi Falletti di Barolo, personalità di spicco della società piemontese del XIX secolo, illustrandone il gusto collezionistico, le committenze e gli interessi culturali, ricostruendo il nucleo originario della loro raccolta attraverso una selezione tra le 45 opere d’arte anticadonate nel 1864 con lascito testamentario alla Regia Pinacoteca, oggi Galleria Sabauda, esposte in dialogo con dipinti e sculture un tempo parte della stessa collezione.

La primavera ai Musei Reali propone un ricco programma d’iniziative.

 

Dal 23 marzo al 28 luglio, nelle Sale Chiablese si tiene una mostra dedicata al pittore Giovanni Francesco Barbieri, detto il Guercino, protagonista della scena artistica italiana nella prima metà del Seicento. Perno del percorso espositivo è il nucleo di opere appartenenti alle collezioni della Galleria Sabauda e della Biblioteca Reale, accostate a dipinti, disegni, incisioni in prestito da musei e collezioni italiane e internazionali. In particolare, la mostra sviluppa il tema del mestiere del pittore, nelle sue relazioni con la committenza, con il mercato e con il pubblico, inserendo il percorso creativo e stilistico dell’artista nel quadro più ampio e intrecciato delle dinamiche economiche e sociali del suo tempo. 

Dal 28 marzo al 30 giugno, l’appuntamento con Leonardo da Vinci in Biblioteca Reale è dedicato quest’anno all’Autoritratto, il percorso espositivo, che si giova anche di prestiti prestigiosi, ne delinea la storia dalla sua genesi, quale testamento umano e spirituale, alla sua diffusione a partire dal Cinquecento, quale rappresentazione universale che Leonardo ha scelto di lasciare di sé alle generazioni future, fino a divenire, nell’età contemporanea, icona globale del genio da Vinci.

Per i 300 anni dalla nascita del Museo di Antichità, dal 23 aprile al 10 novembre 2024, lo Spazio Scoperte della Galleria Sabauda ospita l’esposizione La scandalosa e la magnifica. 300 anni di ricerche in Piemonte su Industria e sul culto di Iside, un viaggio attraverso la città romana di Industria, la città “mercato sul Po”, le cui sorti archeologiche hanno accompagnato la storia e le vicende del museo torinese e del casato sabaudo, tra le più antiche attestazioni in Italia del culto di Iside, dea orientale definita “La scandalosa e la magnifica” nell’Inno del III-IV secolo a. C. rinvenuto a Nag Hammadi, in Egitto. Dalla Iside Cabalistica, opera seicentesca presente nelle collezioni del duca Carlo Emanuele I, si approda a Industria-Bodincomagus, città romana alpina dalle forti connotazioni cosmopolite che lega culti locali, orientali, rapporti economici e culturali con l’Egeo orientale.