Di Pier Franco Quaglieni / Cent’anni fa iniziava l’esperienza dell’ultimo governo Giolitti, il quinto. Sembrava la rinascita dell’età giolittiana che si era chiusa con l’entrata in guerra dell’Italia il 24 maggio 1915
Giolitti era contrario all’intervento perché riteneva che si potesse ottenere “parecchio“ dall’Austria attraverso le trattative diplomatiche. Forse era inevitabile quell’intervento in guerra, al di là del compimento del Risorgimento con la quarta guerra di indipendenza. Ma certamente l’Italia, pur vittoriosa nel 1918, uscì sconvolta da quella guerra. La crescita di benessere realizzata durante i governi giolittiani si era fermata. Divampava nel Paese un forte disagio sociale. La guerra aveva toccato quasi tutte le famiglie e la spagnola aveva mietuto le stesse vittime delle trincee.
Nello stesso luglio era previsto il Congresso nazionale del Movimento Sociale a Genova , congresso considerato a priori un’offesa alla Resistenza e ad una città medaglia d’oro. L’appoggio del MSI al governo e il congresso di Genova fece esplodere incandescenti polemiche. La sinistra scese in piazza massicciamente e ci furono gravi incidenti con delle vittime in Emilia. La polizia venne accusata di aver ucciso dei manifestanti. Togliatti adottò la figlia di uno dei manifestanti comunisti caduti. Anche Guareschi accennò a quei fatti. In realtà Tambroni non era certo una minaccia alla democrazia, se non per i soliti Parri e Antonicelli, accecati dalla faziosità, sempre pronti a scendere in piazza.
In una intervista ha dichiarato di essere andata a vedere i cadaveri di Mussolini e della Petacci a piazzale Loreto a Milano nell’aprile 1945, esposti al ludibrio della folla inferocita ed ha aggiunto che non sentì pena, in quanto ebrea che aveva sofferto.


“Madonna del Divino Amore, 1523-1538”,
pubblica.
DALLA VIGILIA ALL’ARMISTIZIO, L’ITALIA NEL SECONDO CONFLITTO MONDIALE