STORIA- Pagina 108

Il senatore che vuole chiudere il museo Lombroso

 Il senatore Saverio De Bonis vuole chiudere il museo Lombroso. Che personaggio! Persino i pentastellati non lo vogliono più nelle proprie file.

Espulso, e non per questioni politiche, bensì per una restituzione di soldi alla regione Basilicata perché li avrebbe ottenuti dichiarando il falso. A casa mia, se così è successo,  sa di truffa. Eletto a Potenza con un mare di preferenze, accusa il museo che manco conosce di razzismo scientifico.
Purtroppo non è il primo, e quasi sicuramente non sarà l’ultimo. L’ignoranza al potere. Cesare Lombroso  fondatore della crimilogia moderna e della medicina legale nel nostro paese. Avrà certamente detto delle cose non fondate, ma ci è invidiato da molti paesi , in particolare quelli di cultura anglosassone. E poi al sottoscritto è sempre stato simpatico. Giusto al liceo scientifico Albert Einstein. Giusto quasi 50 anni fa.
Chiaramente ero,  già allora fuori linea.
Unico orizzonte possibile il Marxismo leninismo. Eppure il positivismo di Cesare lombroso mi piaceva. Questo tentativo di dare uno sbocco filosofico alle scienze. Intellettuale a tutto tondo. Dall’essere medico agli studi giuridici , per essere tra i primi antropologi. Oggi, più che mai, l’antropologia è essenziale per capire il perché siamo arrivati a questo punto. Decisamente non a caso a Cesare lombroso è stato dedicato un intero museo, in particolare sugli studi empirici da lui effettuati. L’accusa di razzismo è patetica e senza alcun fondamento. Si inserisce,  difatto, su un certo revanscismo neo Borbonico. Per loro, in estrema sintesi, i Savoia sono solo imperialisti che hanno , solo con la forza , cacciato i Borboni napoletani amatissimi dal proprio popolo. Ovviamente stupidaggini e balle colossali. Come, ad esempio, la vicenda del Forte di Fenestrelle. Prima considerato un lager dove migliaia di Soldati borboni hanno orrendamente perso la vita.
Poi , lo storico Alessandro Barbero, e il mio carissimo amico Juri Bossuto, per decenni presidente dell’ente Forte di Fenestrelle, con due diverse pubblicazioni, hanno dimostrato, dati alla mano,  esattamente l’opposto. Ma Barbero e Bossuto hanno una grave colpa: prima di dire studiano. Viceversa Il senatore De Bonis è orgogliosissimo della sua Ignoranza storica, vantandosene in giro.
Ultima domanda: il ministro ha l’obbligo della risposta? Ho paura di sì. In tal caso spero solo che si aggiunga del ridicolo ad una vicenda ridicola come il quella sollevata dal Senatore Saverio De Bonis.

Patrizio Tosetto

Nella foto Cesare Lombroso

Nasce una Capitale

Organizzato dai Musei Reali di Torino, in collaborazione con l’Alliance Française e il Centro Studi Piemontesi, l’incontro su Emanuele Filiberto e Carlo Emanuele I di Savoia e il loro ruolo nello sviluppo di Torino come Capitale del Ducato di Savoia

lunedì 17 maggio alle ore 17.00

Intervengono

Patrizia Petitti

Assistente curatore delle Collezioni archeologiche dei Musei Reali

Cyrille Rogeau

Console Generale di Francia a Milano

 

Gustavo Mola di Nomaglio

Vice Presidente Centro Studi Piemontesi

L’incontro si svolge sulla piattaforma CiscoWebex, per partecipare

è necessario iscriversi alla mail mr-to.edu@beniculturali.it

Tutta la verità sul “Piano Solo”. A tu per tu con Mariotto Segni

L’INTERVISTA / MARIOTTO SEGNI 

Di Massimo Iaretti

 Il “Piano Solo, del quale le generazioni più giovani hanno quasi perso memoria, negli anni Sessanta fu un argomento di grande e delicata attualità.

Si trattava di un piano di emergenza speciale a tutela dell’ordine pubblico,
fatto predisporre nel 1964 da Giovanni de Lorenzo, durante il suo incarico
di comandante generale dell’Arma dei Carabinieri. Nel 1967 L’Espresso
uscì con un titolo ad effetto: 1964 Segni e de Lorenzo tentarono il colpo di
stato’. I giornalisti Lino Jannuzzi ed Eugenio Scalfari sostennero che
Antonio Segni, all’epoca dei fatti presidente della Repubblica e de Lorenzo
fecero pressione sul Partito Socialista che rinunciò alle riforme ed accettò
di formare un secondo governo Moro perché preoccupato dall’attuazione di
tale piano. Poche settimane fa si è tornato a parlare nuovamente di quanto
accadde 57 anni fa con un libro di Mariotto Segni, edito per i tipi della
Rubbettino, che legge quanto accadde allora da tutt’altra angolazione ed il
titolo è eloquente: “Il colpo di stato del 1964 – La madre di tutte le fake
news”. L’autore è figlio di Antonio Segni, parlamentare nella Democrazia
Cristiana, poi fondatore del Patto Segni dopo un breve transito in Alleanza
Democratica, e propugnatore di diverse battaglie referendarie, tra cui quella
che portò all’abolizione della preferenza multipla. Dal 2004 non ha più
incarichi parlamentari (l’ultimo è stato a Strasburgo) e l’ultima campagna
referendaria con Parisi e Di Pietro fu quella stoppata dalla Corte
Costituzionale. E’ stato anche docente della cattedra di diritto civile
all’Università di Sassari. Nel libro, che è molto documentato e si legge
agevolmente, sottolinea che lo scoop dell’Espresso, che diede il via ad una
vera e propria campagna di stampa che dipinse la Democrazia Cristiana
come un partito golpista, fu in realtà una gigantesca fake news, la prima
della storia repubblicana e forse la più imponente. Abbiamo chiesto a
Mariotto Segni quale sia stata la genesi del libro e le motivazioni che
l’hanno spinto a scriverlo a distanza di tanti anni.
“Questo libro è nato in modo singolare e mi si potrebbe chiedere perché
non l’ho scritto prima. Tre anni fa, nel 2018, ricorrevano i 40 anni del
sequestro e dell’uccisione di Aldo Moro. Nel rileggere i giornali che
ripercorrevano la sua vita e la sua vicenda mi capitò di leggere anche alcuni
articoli che rievocavano in modo arbitrario le vicende del 1964. Ho
effettuato una rilettura attenta degli stessi e mi sono accorto che la
narrazione era rimasta sostanzialmente inalterata in 50 anni. Ho lavorato
per quasi tre anni e avanzando nella ricerca del materiale mi sono reso
conto che era stato raccontato un pezzo di storia italiana con una
costruzione falsa. Come documenti mi sono basato sull’archivio Antonio
Segni e, per una strana circostanza, a casa ho trovato una cassetta con molte
lettere e documenti che poi ho richiamato nel libro e prodotto come
allegati. Ma nel rileggere il tutto la scoperta più grande, più significativa e
più singolare è stato il costatare come documenti conosciuti erano stati
raccontati in modo diverso se non opposto”.
 All’epoca fece scalpore la proposta di Cesare Merzagora che si propose per
guidare un governo di tecnici svincolato da partiti. Certo che i tempi sono
davvero cambiati se pensiamo ai governi di Lamberto Dini, su incarico del
presidente Scalfaro, o di Monti, nominato dal presidente Napolitano …..
“In realtà quella di Merzagora era una autocandidatura, in realtà è mia
convinzione che mio padre non fosse d’accordo su un Governo Merzagora
ma pensasse piuttosto ad un monocolore DC”.
Per l’ipotesi di colpo di stato che sarebbe maturato nel 1964 e che indica
come una gigantesca fake news ante litteram quale sarebbe stata la ragione
alla base ?
“Non saprei dirlo, credo che sia stato il desiderio di un grande scoop.
Eugenio Scalfari su ciò ha costruito la sua carriera di giornalista. In ogni
caso questo ha influenzato fortemente tutto il corso degli anni Sessanta. Da
lì è iniziato il racconto della Democrazia Cristiana golpista. Il risultato di
questa predicazione è stata una campagna che dipingeva l’Italia come ad un
passo dal colpo di Stato e la Dc come partito pronto a fare il golpe pur di
sbarrare la strada al Pci. La narrazione successiva ha poi rafforzato la tesi
scalfariana che ha fatto partire tutto dal luglio 1964, con l’azione golpista
nella quale sarebbero stati coinvolti il Presidente della Repubblica e l’Arma
di Carabinieri.
Antonio Segni era contro il centrosinistra ?
“Mio padre non aveva una preclusione politica di principio, riteneva che si
dovesse fare più avanti nel tempo e che l’esperienza dei due anni del
Governo Fanfani (che aveva l’appoggio esterno del Psi) costituisse un
pericolo enorme per il Paese. E non dimentichiamo la preoccupazione
angosciata di Guido Carli, l’allora Governatore della Banca d’Italia, cui si
aggiungevano quelle della stampa e della Cee”.
Che rapporto ha sviluppato con Scalfari ?
Lui e Repubblica appoggiarono fortemente la prima parte della campagna
referendaria, come Montanelli. Con Scalfari c’è stato un buon rapporto ma
nella vicenda in questione le sue responsabilità sono evidenti. La campagna
sul presunto golpe del 1964 ha fatto molto male all’Italia. Paolo Mieli negli
anni Novanta, in polemica con Scalfari disse “Avete dato la spinta
psicologica al terrorismo rosso, se dite ai giovani che c’è uno Stato violento
si fornisce ai giovani il motivo per rispondere con la violenza”.
Che reazioni ha avuto l’uscita del libro ?
“E’ da poche settimane in libreria. Ho sentito parecchi amici che mi hanno
detto che riapre il discorso non solo sulla crisi del 1964, ma anche di ciò
​che è seguito. Mi auguro che sia l’inizio di una revisione storica, di un
cammino più lungo”.
Il suo libro si chiude con una interessante appendice di documenti. E tutto o
c’è ancora qualcosa da aggiungere ?
“In questa pubblicazione ho utilizzato tutto quanto era possibile utilizzare.
C’è un punto, però, che ancora non è accertabile ed è quello dell’ipotesi del
coinvolgimento del Kgb in questa vicenda. Non è chiaro perché gran parte
del materiale che proviene dall’archivio del Kgb e dal Cremlino è ancora
ampiamente secretato in quanto è stato consegnato così dal Governo
Inglese. Ho chiesto all’archivio storico del Senato ma il Governo italiano è
tenuto a seguire le indicazioni di quello britannico”.
Qual è il suo ricordo di Antonio Segni ?
“Con un padre che per tutta la mia giovinezza è stato al centro politico
italiano si può essere o contestatori o tifosi e io sono stato un suo tifoso.
Era un uomo dal carattere difficile, certamente, ma di grande sentimento e
di grande spessore.”
Massimo Iaretti

Le responsabilità morali della lotta armata

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni

Lo storico  Gianni Oliva, uno dei più lucidi studiosi che abbia oggi l’Italia , ci ha richiamato ad un aspetto del tutto sottovalutato nella riflessione sugli anni piombo: le responsabilità morali della lotta armata, evidenziando le complicità e gli ammiccamenti  verso il terrorismo che si manifestarono in Italia negli Anni 70.Oliva parla di una “verità etica“ che va oltre a quella giudiziaria e a quella storica.

Con grande onestà intellettuale  ricorda la sua  personale partecipazione ai cortei in cui si  urlava la violenza  e arriva a scrivere che nessuno di quei giovani può dirsi completamente innocente, anche se non ha mai sparato, non ha mai scagliato le molotov o i cubetti di porfido.  E’ vero che hanno  una qualche responsabilità morale e anche politica perchè – contrariamente a quanto è stato autorevolmente detto- non è affatto vero che non ci siano stati dei nessi tra ‘68, autunno caldo e la stagione successiva della violenza terroristica. L’ultrasinistra è nata nelle università in fiamme e nelle fabbriche in cui il sabotaggio era considerato più che legittimo legittimo.  C’è  stato un rapporto evidente tra la iniziale  violenza verbale e il ricorso progressivo alla teorizzazione e alla pratica della violenza più o meno rivoluzionaria . Fino ad un certo punto lo stesso Pci che fu un prediletto  bersaglio di certa contestazione , non ha avuto  almenoper un certo tempo  le idee chiare su cosa stava accadendo.  Alcuni suoi iscritti finirono nelle Br. Sarebbe persino fastidioso ricordare i “compagni che sbagliano“ e le “sedicenti  Br”, ma anche quelle frasi appartengono a quella storia.   Mi ha stupito apprendere una vulgata ufficiale  sul ‘68 che non credo  corrisponda al vero. Certo non va criminalizzata la contestazione  in quanto tale, ma la sua esaltazione acritica suscita qualche lecito dubbio. Non è possibile scindere il ‘68 rispetto a quanto accadde dopo perché per una parte di contestatori la militanza, ad  esempio, in Lotta Continua fu una scelta naturale e scontata.  Oliva ,parlando di verità etica, mette in evidenza che anche chi non ha commesso reati, ha una qualche responsabilità, una responsabilità che non si può giustificare con il giovanilismo degli anni formidabili. Aver indossato o non indossato l’eskimo fa una qualche differenza.
Ma certo non si tratta solo di responsabilità giovanili. Un libro coraggioso come “L’eskimo in redazione “ di Michele Brambilla rappresenta una testimonianza che ha un  indiscusso valore storico perché la più grossa responsabilità morale la ebbero i cosiddetti intellettuali a partire dai firmatari del manifesto contro Calabresi per giungere a quelli che pazzamente teorizzarono “Ne’ con lo Stato ne’ con le Br”.  I Carlo Casalegno e  i Walter Tobagi  che denunciarono la violenza che stava montando e pagarono  con la vita furono pochi . Anche certa borghesia radical – chic simpatizzò  con il terrorismo e l’esempio non solo di Gian Giacomo Feltrinelli lo sta a dimostrare . Il teorizzare che la violenza del sistema imponeva  il ricorso alla violenza fu più frequente di quanto si creda. E venne  incredibilmente dimenticato da molti che la violenza eversiva  in un regime democratico è sempre ingiustificabile e che il richiamo ad una nuova Resistenza in nome di un presunto tradimento di quella vera, fu un errore in cui caddero anche studiosi come Guido Quazza per citare il più noto e autorevole. C’è un libro che non ha avuto la dovuta diffusione ed e ‘ stato boicottato perché documentava verità scomode: “La zona grigia “ di Massimiliano Griner che ebbi  il piacere di presentare in una sala molto affollata,  in assenza del volume che la casa editrice non aveva incredibilmente  fatto arrivare. In quel libro con rigore storico si documentano le responsabilità etiche e non soltanto etiche di intellettuali, professori, cantanti, giornalisti, avvocati, magistrati, sindacalisti. In una parola ci furono cattivi maestri e cattivi allievi  che furono protagonisti di una stagione nella quale il sonno della ragione genero ‘  mostri che misero in pericolo le libere istituzioni. Ma anche molto tempo dopo la fine del terrorismo, ad esempio Roberto Saviano, nel 2004 aderì ad un manifesto a favore di Cesare Battisti da cui si dissociò successivamente. Erri De Luca ha collezionato dichiarazioni allucinanti non solo su Battisti che il magistrato Armando Spataro definì  un”assassino  puro”.
Ci sono pagine recenti che fanno davvero  rabbrividire. La mia scelta liberal-democratica che data dal 1967 mi preservo ‘ dalle seduzioni della violenza. Forse ha giocato in primis la formazione che ho avuto nella mia famiglia, ma giunto all’Università ,mi legai subito ad Aldo Garosci , mitico  combattente antifascista , ma altrettanto fermissimo anticomunista  Fu lui a preservarmi dal virus dell’estremismo. Poi arrivo ‘ il Centro Pannunzio nel 1968  e la mia vita prese una piega che mi condannò ad una certa serietà fin dall’adolescenza. Non ebbi nessun merito particolare a non fare certe scelte . Pagai qualche prezzo a non seguire la corrente , ma non mi lamento . Sento, senza vantarmi di nulla, sia chiaro, di aver fatto ciò  che era più  coerente con la mia famiglia liberale . Ho commesso anch’io molti errori che non ripeterei più, ma ho anche  un qualche piccolo  orgoglio nel dire che ho sempre cercato di servire le  libere istituzioni. Il giuramento solenne  che ho pronunciato quando sono diventato professore ordinario di fronte al Tricolore, non fu per me una mera formalità come per tanti colleghi che obiettavano su quel giuramento, ma fu un impegno che ho cercato di mantenere negli anni.
scrivere a quaglieni@gmail.com

Ecco tutti gli appuntamenti a Palazzo Madama, alla Gam e al Mao

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AGENDA FONDAZIONE TORINO MUSEI  14 – 20 maggio 2021

 

VENERDI 14 MAGGIO 

 

Venerdì 14 maggio 

LA MADONNA DELLE PARTORIENTI DALLE GROTTE VATICANE 

14 maggio – 20 luglio 2021 

Palazzo Madama – apertura al pubblico nuova esposizione 

La Fondazione Torino Museicon il patrocinio della Fabbrica di San Pietro in Vaticano e dell’Arcidiocesi di Torino, presenta, nella Corte Medievale di Palazzo Madama, il dipinto La Madonna delle Partorienti di Antoniazzo Romano (ultimo decennio del XV sec.).

L’opera viene esposta in anteprima assoluta al pubblico dopo un lungo e complesso restauro, promosso dalla Fabbrica di San Pietro con il sostegno di Fideuram – Intesa Sanpaolo Private Banking. La mostra, occasione unica e irripetibile per ammirare il prezioso dipinto, prima di fare rientro definitivo nelle Sacre Grotte della Basilica vaticana, è realizzata con il sostegno di Reale Mutua.

Grazie al recente intervento conservativo, condotto dai restauratori Giorgio Capriotti e Lorenza M. G. d’Alessandro, è oggi possibile ammirare il venerato affresco nella sua ritrovata integrità, in un suggestivo allestimento, che ne racconta la secolare storia e il restauro, curato dall’architetto Roberto Pulitani.

Info: www.palazzomadamatorino.it

 

 

Venerdì 14 maggio ore 21 (percorso in digitale) 

Sabato 15 maggio ore 16 (percorso in museo) 

Sabato 15 maggio ore 18.30 (percorso in digitale) 

BLACK AND WHITE. Pennellate di nero 

MAO – visite guidate in collaborazione con OFT Orchestra Filarmonica Torino 

 Anche quest’anno, per il terzo anno consecutivo, Fondazione Torino MuseiOFT – Orchestra Filarmonica di Torino e Abbonamento Musei propongono il progetto di collaborazione che avvicina il pubblico dell’arte a quello della musica e viceversa.

Ogni venerdì e ogni sabato precedente i concerti del martedì, i musei organizzano una visita guidata che si ispira alla tematica – COLORS – proposta dall’Orchestra Filarmonica, in un curioso e stimolante intreccio di linguaggi artistici e suggestioni provenienti da ambiti culturali differenti. Proprio il concetto di colore è il fil rouge che unisce i nove concerti della stagione 2021 della prestigiosa Orchestra Filarmonica di Torino e il ciclo di visite a essi ispirato proposto a rotazione dai tre musei cittadiniGAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, MAO Museo d’Arte Orientale e Palazzo Madama – Museo Civico d’Arte Antica.

I percorsi guidati saranno offerti in duplice forma: solo in digitale se il museo è chiuso oppure in digitale e in presenza se il museo è aperto. In questo modo saranno disponibili tre appuntamenti per ogni concerto. L’iniziativa è a cura dei Dipartimenti Educazione della Fondazione Torino Musei e di Abbonamento Musei. Le visite sono condotte da Theatrum Sabaudiae.

Il percorso di visita nella galleria dedicata al Giappone si sofferma in particolare sui kakemono, rotoli verticali che incorniciano eleganti dipinti e calligrafie su carta o su seta e sulla pittura a inchiostro nero.

Costi: percorso in digitale 8€ intero; 7€ ridotto (abbonati OFT e possessori di Abbonamento Musei); 

percorso in presenza 5€ tariffa unica + biglietto di ingresso al museo secondo regolamento (ingresso libero per possessori di Abbonamento Musei e Torino Card) 

Info e prenotazioni: tel. 011 5211788, oppure scrivendo a info@arteintorino.com  

A seguito della prenotazione saranno inviati dettagli ed estremi bancari per effettuare il pagamento con bonifico, oppure sarà possibile effettuare l’acquisto on-line: https://www.arteintorino.com/2-visite-guidate-torino/162-connessioni-d-arte.html. Le visite saranno attivate a raggiungimento di un numero minimo di partecipanti.

 

 

SABATO 15 MAGGIO 

 

Sabato 15 maggio ore 17 

IN CINA TRA DAME, CAMMELLI E SUONATORI A CAVALLO  

MAO – attività famiglie su ZOOM 

A cura dei Servizi Educativi del MAO Museo d’Arte Orientale nell’ambito di Kid Pass Days, maratona culturale per famiglie in tutta Italia

Nella collezione cinese del MAO, una folla in miniatura di persone, cavalli, cammelli e creature dall’apparenza mostruosa realizzati in terracotta ci racconta la vita all’epoca della dinastia Tang, un periodo di particolare splendore nella storia della Cina. L’attività conduce alla scoperta di alcune opere della collezione del museo e guida alla realizzazione di sagome in carta con cui dare vita al proprio mondo in miniatura.

Prenotazione obbligatoria. Costo: € 5

Prenotazione e acquisto entro venerdì 14 maggio alle ore 13.

Info e prenotazioni tel. 0114436927/8 oppure maodidattica@fondazionetorinomusei.it

Gli iscritti riceveranno via email l’elenco dei materiali necessari e il link per partecipare.

ACQUISTA IL LABORATORIO 

 

 

DOMENICA 16 MAGGIO 

 

Domenica 16 maggio ore 11 

IL GIARDINO TRA LE MANI 

Palazzo Madama – attività famiglie in museo 

Cerchiamo tra le opere in museo i colori e le forme vegetali: come per magia scopriremo un giardino fatto di fiori, foglie, semi e bacche che i bambini ricreeranno su lastrine di argilla in laboratorio.  Un’esperienza sensoriale per scoprire la natura attraverso una raccolta di elementi vegetali che i bambini potranno classificare, stropicciare, annusare e far suonare.

Costo: €4 a bambino in occasione dell’edizione KID PASS DAYS 2021; biglietto ridotto per gli adulti accompagnatori (gratuito con Abbonamento Musei)

Info e prenotazioni: 011 4429629 – madamadidattica@fondazionetorinomusei.it

Prenotazione obbligatoria entro venerdì 14 maggio

 

Domenica 16 maggio ore 15 

SEMPLICEMENTE CARTA 

GAM – attività famiglie in museo 

Il Dipartimento Educazione GAM anche nel 2021 aderisce alla giornata promossa da Kid Pass.

Dopo la presentazione dell’attività per famiglie on line, dedicata all’artista torinese Luigi Nervo, si desidera far scoprire, questa volta dal vivo, ai piccoli e ai grandi, la magia della sua opera con un percorso che parte dalla mostra allestita nell’Education Area della GAM.

Negli spazi del Dipartimento Educazione e in quelli della Circoscrizione 5 sono state inaugurate una mostra-racconto intitolata alla figura di Luigi Nervo, uno dei protagonisti di Luci d’Artista. L’esposizione Luigi Nervo, ancora Luce è, inoltre, inserita nell’ambito del public program del progetto Luci d’Artista.

L’artista torinese e insegnante dell’Accademia di Belle Arti, è stata una figura poliedrica, impegnata nella scultura, in particolare quella lignea, nella pittura con acquerelli, incisioni, e nella creazione di opere in carta; soprattutto è stato attivo nella didattica dell’arte rivolgendosi ai giovani, cercando di stimolare in loro la manualità, finalizzata “allo scambio tra pensiero e azione delle mani” e la conoscenza dei materiali con percorsi originali. Il gusto per il magico, la fiaba e il sorprendente sarà lo spunto per l’attività intitolata Semplicemente carta; in laboratorio si useranno materiali come carta, cartoncini, colori e fermacampioni per costruire ingegnosi marchingegni semi-mobili che ricordano gli automi o le macchine-gioco che Luigi Nervo costruiva per i suoi racconti teatrali e per i bambini delle scuole, portando ovunque gioia e divertimento.

Costo attività: 7 Euro. Prenotazione obbligatoria

Per informazioni e prenotazioni tel. 011 5211788

info@arteintorino.com

la prenotazione deve avvenire entro venerdì 14 maggio

www.arteintorino.com

 

Domenica 16 maggio ore 18 

RICONOSCERE I SANTI 

Palazzo Madama – visita online nell’ambito del progetto Connessioni d’arte 

Un percorso guidato in live streaming affascinante e curioso, per riscoprire gli attributi e gli atteggiamenti che la Chiesa, mediante l’opera degli artisti, ha voluto conferire a santi e sante della liturgia dell’anno.

Attraverso una selezione delle opere del museo di diversa epoca e differenti materiali, prende avvio il percorso di “decifrazione”: dalle storie di santa Maria Maddalena, realizzate intorno al 1200 su legno scolpito dipinto e dorato, alle raffigurazioni su tavola e tela dei santi Giovanni Battista e Francesco di Gandolfino da Roreto, al sant’Ivo di Defendente Ferrari, databili tra Quattro e Cinquecento. Infine il san Gerolamo di Orazio Gentileschi e la santa Caterina di Giovanni Ricca evidenzieranno il naturalismo e i cambiamenti apportati nella devozione e nell’arte dallo spirito della Controriforma.

Per rendere ancora più attuale l’incontro, la scelta dei soggetti illustrati terrà anche conto delle figure dei santi che saranno celebrati nel calendario dei prossimi mesi.

Info e prenotazioni: visita guidata online 8€ intero; ridotto 7€ (possessori di Abbonamento Musei).

Prenotazioni al numero 011 5211788 oppure scrivendo a info@arteintorino.com ; a seguito della prenotazione saranno inviati dettagli ed estremi bancari per effettuare il pagamento con bonifico oppure sarà possibile effettuare l’acquisto online.

 

 

MARTEDI 18 MAGGIO 

 

Martedì 18 maggio ore 18 

MATERIE INSOLITE. LO STRANO CASO DEGLI EREMITI DI SAREZZANO 

Palazzo Madama – conferenza on line con Fulvio Cervini, Università degli Studi di Firenze, dipartimento di Storia, Archeologia, Geografia, Arte e Spettacolo – SAGAS e Angelo Agostino, Università degli Studi di Torino, dipartimento di Chimica

Palazzo Madama propone la quarta conferenza del ciclo dedicato alla mostra Ritratti d’oro e d’argento, in corso fino al 12 luglio 2021, che intende offrire, grazie a un taglio interdisciplinare, uno sguardo sia sul contesto in cui si è sviluppata la produzione orafa in Piemonte e Valle d’Aosta tra Tardo Gotico e Rinascimento, sia sulle azioni di ricerca, tutela e valorizzazione, che musei, diocesi, soprintendenze e università stanno portando avanti con un importante lavoro di sinergia.

Fulvio Cervini e Angelo Agostino presenteranno i risultati delle ricerche condotte sui busti dei santi Ruffino e Venanzio provenienti dalla chiesa vecchia al Castello di Sarezzano, nei pressi di Tortona: un processo di conoscenza basato su analisi storico-artistica e indagine diagnostica in un necessario dialogo interdisciplinare finalizzato a spostare sempre in avanti il fronte della ricerca.

 

Prossimi appuntamenti 

25 maggio 2021, ore 18.00  

Gli ori del principe. Manufatti preziosi per gli Acaia 

con Marco Fratini, storico dell’arte

8 giugno 2021, ore 18.00  

La collegiata di San Secondo nel Quattrocento. Committenti e opere d’arte ad Asti  

con Simone Baiocco, conservatore di Palazzo Madama – Museo Civico d’Arte Antica, Torino

22 giugno 2021, ore 18.00 

Policromia su argento: i reliquiari di san Giovanni Battista e di san Grato dalla cattedrale di Aosta  

con Viviana M. Vallet e Alessandra Vallet, Soprintendenza per i beni e le attività culturali Regione Autonoma Valle d’Aosta

Info: le conferenze si svolgeranno sulla piattaforma Zoom. Tutti i dettagli sul sito di Palazzo Madama www.palazzomadamatorino.it  

Prenotazione obbligatoria: t. 0114429629; madamadidattica@fondazionetorinomusei.it

Costo: 4€ per conferenza

Acquista subito:

https://www.arteintorino.com/acquisti-online/product/4482-sette-lezioni-di-approfondimento.html

 

 

MERCOLEDI 19 MAGGIO 

 

Mercoledì 19 maggio ore 21 

IL PRIMATO DELL’OPERA. VIAGGIO NELL’ARTE DEL NOVECENTO 

GAM – visita online nell’ambito del progetto Connessioni d’arte 

La GAM propone un nuovo allestimento della collezione del Novecento storico che permette di restituire centralità all’opera d’arte. Il percorso guidato consente al visitatore di soffermarsi nei diversi ambienti del museo, cogliendo l’aspetto d’insieme delle sale e delle opere, per proseguire con la descrizione di dipinti, sculture e installazioni attraverso video e fotografie esclusive.

L’appuntamento con la guida è un’occasione per ripercorrere la storia dell’arte del Novecento dalle Avanguardie storiche all’Informale, dal New Dada e Pop Art all’Arte Povera attraverso il tesoro della Città di Torino.

Info e prenotazioni: visita guidata on-line 8€ intero; ridotto 7€ (possessori di Abbonamento Musei).

Prenotazioni al numero 011 5211788 oppure scrivendo a info@arteintorino.com; a seguito della prenotazione saranno inviati dettagli ed estremi bancari per effettuare il pagamento con bonifico oppure sarà possibile effettuare l’acquisto on-line.

 

 

GIOVEDI 20 MAGGIO 

 

Giovedì 20 maggio ore 17 

IL GIARDINO TRA LE MANI 

Palazzo Madama – attività famiglie in museo 

Cerchiamo tra le opere in museo i colori e le forme vegetali: come per magia scopriremo un giardino fatto di fiori, foglie, semi e bacche che i bambini ricreeranno su lastrine di argilla in laboratorio.  Un’esperienza sensoriale per scoprire la natura attraverso una raccolta di elementi vegetali che i bambini potranno classificare, stropicciare, annusare e far suonare.

Costo: €4 a bambino in occasione dell’edizione KID PASS DAYS 2021; biglietto ridotto per gli adulti accompagnatori (gratuito con Abbonamento Musei)

Info e prenotazioni: 011 4429629 – madamadidattica@fondazionetorinomusei.it

Prenotazione obbligatoria

Tessere il futuro con le trame del passato

A Chieri si ufficializza l’inaugurazione del nuovo, suggestivo allestimento del Museo del Tessile

Sabato 15 e domenica 16 maggio, dalle 11 alle 18

Chieri (Torino)

Nato nel 1997, nell’edificio che un tempo ospitava il convento quattrocentesco di Santa Chiara  e trasformato agli inizi dell’Ottocento in opificio dall’imprenditore David Levi, il “Museo del Tessile” di Chieri apre al pubblico – fra telai, orditori, passamanerie, campionari di tessuti e figurini fino ad arrivare alla moderna “Fiber Art” – il suo nuovo percorso espositivo, oggetto di un significativo riallestimento, che racconta la vocazione tessile del chierese (basti pensare che fino al Settecento Chieri fu l’unico centro manifatturiero in Piemonte per la lavorazione dei cotoni e dei filati) dal Quattrocento ad oggi. In contemporanea, la sala della “Porta del Tessile”, in via Santa Chiara 5, ospita la mostra personale di Lisa Fontana, Premio “Navetta di rame 2021”, che con i suoi lavori d’arte tessile ha saputo reinterpretare disegni di tradizione in chiave contemporanea utilizzando vari materiali -dal lino al rame, dal bambù alla seta -e tessendo ai telai storici dello stesso Museo.

L’appuntamento si articola in due giornate: sabato 15 e domenica 16 maggio, dalle 11 alle 18. In particolare sabato 15, alle 11, in via Santa Chiara 11/A, si terrà l’inaugurazione ufficiale del nuovo percorso espositivo e della mostra temporanea, con presentazione di Melanie Zefferino, presidente della “Fondazione Chierese per il Tessile” e del “Museo del Tessile”, e la partecipazione di Alessandro Sicchiero e  Antonella Giordano, rispettivamente sindaco ed assessore alla Cultura della Città di Chieri, nonché dei consiglieri di amministrazione Filiberto Martinetto, Laura Vaschetti, Renato Vasino e Giuseppe Vergnano. “Con questo riallestimento, accompagnato da un intervento di conservazione esteso, valorizziamo la collezione storica e diverse donazioni ricevute di recente, fra cui alcune ‘bambole Lenci’ del primo e secondo Novecento, ma anche cartamodelli, incisioni e strumenti di misurazione”, dichiara la presidente Melanie Zefferino. Che aggiunge: “L’esposizione permanente include alcuni esemplari ‘ricamo Bandera’ di tradizione prettamente chierese; da quest’anno, è pure presente una sezione di ‘Fiber Art’ con opere della collezione civica. Non a caso: il motto del Museo è ‘tessere il futuro con le trame del passato’, dunque preservare la tradizione tessile di ieri, valorizzare le produzioni delle manifatture tuttora attive sul territorio e dare voce anche alle declinazioni artistiche contemporanee”. Su questo filo conduttore, il nuovo riallestimento propone anche uno strumento per il “tissage en bande” di tradizione

medievale, accanto ad un “telaio ad arco” come quelli usati per secoli dalle popolazioni sub-artiche (un esemplare analogo si trova al British Museum), un “Marudai” per il “Kumihimo” del Giappone, ma anche un telaio verticale semplice come quelli usati dai nativi americani . Altri oggetti e materiali d’interesse particolare sono disposti su due livelli di altezza (come al “V&A Children’s Museum” di Bethnal Green) per coinvolgere anche i più piccoli con le loro famiglie e i loro insegnanti. “In generale – conclude la presidente – si è costruito un percorso più intuitivo e accattivante, seppure filologico, anche grazie a soluzioni di illuminotecnica che esaltano il colore o suggeriscono il movimento di oggetti storici mediante effetti di luce che conferiscono loro un’aura suggestiva. È stato dato maggiore spazio e risalto ai materiali naturali (lana, seta, canapa, cotone, lino, bambù e ginestra) ma anche alla viscosa o rayon, ampiamente usata a Chieri nel Novecento”. La narrazione è infine adiuvata da pannelli illustrativi con “QR Code” che rimandano a brevi filmati realizzati da Pietro Robusto (proiettati anche in “loop” su uno schermo), che illustrano la storia o la funzione di vari oggetti esposti, mentre una cornice digitale offre scorci sui disegni e documenti d’Archivio, alcuni dei quali esposti nelle vetrine storiche restaurate. E, mentre presto sarà anche attivata una sezione tattile per visitatori con disabilità visiva, altra importante novità è il bookshop, in cui trovare pubblicazioni tematiche e manufatti realizzati al Museo, come segnalibri o fiori-spilla in feltro. E tant’altro ancora.

  1. m.

Per info: “Fondazione Chierese per il Tessile” e “Museo del Tessile”, via Santa Chiara 11/A, Chieri (To); tel. 329/4780542, per visite è necessaria la prenotazione a info@fmtessilchieri.org

 

I pranzi da zia Teresina e i film all’Eliseo tanti anni fa a Borgo San Paolo

COSA SUCCEDEVA IN CITTÀ

Non si vive di sola Barriera di Milano. Borgo San Paolo e’ l’altro quartiere dove ho lasciato pezzi della mia memoria e del mio cuore.

Prima tappa è stata via Timavo. Piccola via tra la Materferro e via Di Nanni verso la chiesa San Bernardino. Per più di trent’anni ci hanno abitato gli zii paterni. Zia Teresina,  segretamente innamorata del più vecchio fratello. Tutti lo chiamavano Nandino che per essere alto 1, 82 per oltre 100 kg , era decisamente un nomignolo azzeccato. Nei primi anni 50 si era sposata con Roberto Sereno, nella guerra sommergibilista.  Arruolato volontario,  mica perché fascista,  del resto si sa che la marina militare italiana è sempre stata monarchica. Pure a Torino non mancavano i monarchici. Del resto i Savoia da qui hanno mosso i loro primi passi verso Roma. I bene informati raccontano che il Principe Umberto ci tornava molte volte.  Appassionato della città e soprattutto delle sue sartine. In verità,  in borgo San Paolo ci ho abitato poco più di due anni.  Ma ogni domenica era un classico andare a pranzo dalla Zia Teresina. Roberto lavorava come commesso da Viecca. Un negozio di vestiti in piazza Sabotino dove l’eleganza era quella classica. Zio Roberto sempre i fiacca e cravatta. Sorridendo diceva di non essere capace di fare i nodi alle cravatte. Fatto una volta non lo disfaceva  mai più. Poi le figurine che mi compravano. Riuscivo sempre quasi a  completare , l’ album delle figurine Panini. Dai, giochiamo a figu? Le doppie si potevano anche scambiare. Le più rare valevano anche 100,  se non di più.
Poi la domenica pomeriggio il cinema all’Eliseo. L’indelebile ricordo del Giorno più lungo. Sullo sbarco in Normandia del 44. Mi ci portava lo zio. Viveva il complesso di colpa d essere stato 4 anni prigioniero in Inghilterra. Difatto non l’aveva fatta la guerra.  Silurato al primo combattimento. Sottolineava la grande correttezza degli inglesi. E dopo il cine quella goccia di vermut nella gazzosa che mi faceva sentire più grande. Gentile concessione di mio zio. Aperitivo di allora con le immancabili noccioline e uova sode. La memoria è come la pista cifrata della Settimana Enigmistica.
All’inzio numeri sparsi sul foglio. Poi basta unirli con una linea ed appare il significato dell’insieme.  A borgo San Paolo ci tornavo sempre e ben volentieri.  Mi sono sempre sentito a casa mia. Dalle manifestazioni in memoria di Dante di Nanni, medaglia d’oro. Da piazza Adriano, per tutta via Di Nanni fino in via San Bernardino dove fu ammazzato.
Il ricordo della pagine di soldati  senza uniforme. Di Giovanni Pesce leggendario capo gappista , prima a Torino poi a Milano.
Fino al gennaio del 1978 per comprare il primo vestito della mia vita. Da li’ a un mese mi sarei sposato. Marus di via Di Nanni. Manco 21 anni e già sposato. Pazzie della vita. Ma belle pazzie,  nell’84 nasceva Alice.  Pazzia per cui ne è valsa la pena. O il tram 5. Lo prendevo in via Vanchiglia fino al capolinea in piazza Robilant. E poi il Tram numero 15.
Ci ho passato una vita sopra. Dal 20 Agosto fino al 15 settembre festa dell Unità al parco Ruffini.  Il palasport sede dei concerti è tutto intorno  stand delle zone e sezioni del PCI torinese.  Ogni anno alle 9 30 lo prendevo al capolinea davanti all’ospedale Martini.
Ogni anno leggevo un volume della titanica storia del PCI di Paolo Spriano. Nel 1976 , alla festa conobbi Antonella,  mi voltai, la vidi e fu subito amore. Beata gioventù. Abitava in borgata Lesna. La via successiva era Grugliasco. Ed il 15 faceva capolinea proprio lì. Per un anno e mezzo quasi tutte le sere,  pioggia, neve vento,  uno dei due prendeva il tram per raggiungere l’altra parte della città. Da Capolinea a capolinea. Ultima corsa all’una. Tempo stimato 35 minuti.
Forse,  anche per questo,  esausti ci siamo sposati a 21 anni. Beata gioventù,  ne è valsa la pena: stupenda figlia di nome Alice. Non si vive di sola Barriera.  Tant’è che , soprattutto per questioni  di cuore sono sempre emigrato dalla Barriera. Persino oltre la città di Torino in giro per il Piemonte. Dopo Alice , Sara e la gioia è diventatata perfezione. Mi viene quasi voglia di dire: confesso che ho vissuto. Però,  sia ben chiaro,  qualcosa vorrei ancora dire.
Ricordando ma pensando al futuro.

Patrizio Tosetto

L’Unità, il giornale voluto da Gramsci

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Il 12 febbraio di quest’anno L’Unità avrebbe compiuto centotreanni. Il condizionale è d’obbligo poiché il 3 giugno del 2017, dopo tre crisi editoriali, cessò definitivamente le pubblicazioni.

Per chi ha avuto l’opportunità – e l’onore – di scrivere su quel giornale fondato da Antonio Gramsci ( com’è capitato per diversi anni a chi scrive) sono entrambi fatti di straordinario rilievo. Positivo, il primo. Drammatico, da far venire il groppo in gola, il secondo. Gli anniversari combinano sempre storia e memoria. Nel calendario privato di ciascuno di noi a prevalere è la seconda. Nel calendario civile – quello che accompagna la vita di una nazione– prevale quasi sempre la prima.

Poi capitano eventi e date che queste due cose – storia e memoria – si mescolano in un modo inestricabile. Per chi l’ha confezionata, diffusa, letta, commentata, persino ostentata come un simbolo, una bandiera, è qualcosa d’importante, di prezioso. Non è stato “solo” un giornale: è stata L’Unità. Che le feste del più grande partito progressista e di sinistra siano tornate da qualche anno a organizzarsi in quel nome, l’ho considerarlo come un evento positivo e non come un’amara beffa del destino. Il 12 febbraio del 1924 , quando Antonio Gramsci fondò quel quotidiano pensava ad un giornale della sinistra. E quel titolo – che lui definì “puro e semplice” – doveva parlare a operai e contadini, ma avere anche un significato più generale. Quel giorno di poco più di un secolo fa, Antonio Gramsci scrisse: “Io propongo come titolo L’Unità, puro e semplice, che avrà un significato per gli operai e avrà un significato generale… Dovrà essere un giornale di sinistra, della sinistra operaia rimasta fedele al programma e alla tattica della lotta di classe, che pubblicherà gli atti, le discussioni del nostro partito, come farà possibilmente anche per gli atti e le discussioni degli anarchici, dei repubblicani, dei sindacalisti e dirà il suo giudizio con un tono disinteressato, come se avesse una posizione alla lotta e si ponesse da un punto di vista ‘scientifico”. Un anno tremendo, orribile quel 1924. Il 10 giugno il fascismo sequestrò e uccise Giacomo Matteotti.

Gramsci era stato appena eletto deputato e il fascismo stava imponendosi con la repressione e la violenza. Qualche mese dopo, il 16 maggio del 1925, Gramsci, nell’unico suo discorso parlamentare, denunciò la natura dispotica del regime guidato da Benito Mussolini. Da quelle vicende ci separa un lungo periodo, poco meno di un secolo. L’Unità questo tempo lunghissimo lo ha vissuto raccontando l’Italia, l’Europa, il mondo. Lo hanno fatto giornalisti, scrittori, intellettuali, dirigenti politici. Lo hanno fatto nella clandestinità e poi lungo l’intera parabola della Repubblica. Pasolini, Quasimodo, Calvino, Pavese, Garcia Lorca o Hemingway: sono solo alcune delle firme che all’Unità hanno consegnato parole e testimonianze del loro tempo. Direttori, redattori, inviati e tutti gli altri giornalisti come quelli che incontrai nella redazione torinese di via Chiesa della Salute ai tempi di Andrea Liberatori come capo redattore e Antonio Monticelli, capo cronista; tipografi ,linotipisti, dattilografe; i diffusori che (tutte) le domeniche portavano nelle case il giornale e gli ispettori che, come uno dei miei maestri – il vercellese di nascita e verbanese d’adozione Bruno Salvai – , visitavano incessantemente le edicole per garantirne la miglior diffusione. E’ un patrimonio di storie e vicende umane che sarebbe un eresia disperdere. La storia di un giornale – di ogni giornale – è come una tessera del mosaico nella storia di un Paese. A quella tessera che porta il nome ( “puro e semplice”) de L’Unità i democratici, i progressisti e la  sinistra italiana sono legati da un affetto e una passione civile profondi. Se è vero, parafrasando quella canzone del capolavoro disneyano “Cenerentola”, “che i sogni son desideri”, per quanto difficilmente realizzabile mi piacerebbe trovare ancora tra i giornali in edicola ancora L’Unità, il  “mio” giornale.

Marco Travaglini

La storia della Resistenza in Val Vigezzo 

LIBRI /  RILETTI PER VOI    Tra i tanti testi dedicati alla lotta di Liberazione merita di essere citato un libro poco conosciuto ma importante. S’intitola “Val Vigezzo- La Resistenza”, edito qualche anno fa dall’Anpi con il patrocinio del comune di Malesco, curato da Paolo Bologna e Albino Barazzetti.

Il volume,corredato da foto d’epoca e riproduzioni di documenti,raccoglie testimonianze, racconti, frammenti di vita, episodi che – nell’insieme – offrono un interessante quadro di ciò che furono gli anni della Resistenza antifascista in questa valle al confine con la Svizzera. Dal tremendo rastrellamento della Val Grande nel giugno del 1944 ( trecento partigiani caduti in combattimento, precipitati dai dirupi o fucilati come i 15 di Finero o i 9 di Beura, tra i quali Teresa Binda, medaglia d’oro al merito civile, montanari e contadini passati per le armi, baite distrutte, alpeggi bruciati, bestiame razziato) al 12 ottobre dello stesso anno quando, durante una ricognizione al Sasso di Finero,sul crinale con la Valle Cannobina, persero la vita il comandante della Divisione Valtoce, Alfredo Di Dio e il colonnello Attilio Moneta. Nelle pagine di “Val Vigezzo-La Resistenza” trovano spazio vicende come la battaglia dei Bagni di Craveggia o l’esodo verso la confinante Svizzera ( il “paese del pane bianco”, come lo definì lo stesso Bologna), le vicende collettive dei vigezzini e le storie individuali di spalloni che diventarono uomini di collegamento e “passatori” di ebrei, militari e perseguitati politici, di religiosi caparbi come Don Cabalà e Don Martinoli, di donne e uomini semplici che seppero scegliersi la parte in quegli anni tremendi. Difficile citarli tutti perché Bologna e Barazzetti, con un lavoro certosino,raccolsero tante testimonianze e documenti che rendono l’idea di cos’ è stato il movimento partigiano e il suo forte legame con la popolazione vigezzina. Storie terribili e dolorose, come quella del piccolo Romano Sotta, bambino maleschese di dieci anni trucidato dall’Alpe Basso insieme a due partigiani, o piene di speranza come si legge nelle testimonianze di coloro che trovarono la salvezza oltre confine. In 160 pagine, Bologna e Barazzetti riordinarono e proposero una lettura della storia di Vigezzo a metà del secolo scorso. I due autori sono scomparsi ma resta la speranza che questo lavoro possa servire affinché non se ne disperda il prezioso patrimonio di memoria storica e civile.

Marco Travaglini

La Rocca di Arignano torna a vivere dopo 700 anni

A giugno La Rocca aprirà le porte al pubblico, dopo un restauro durato 6 anni. Al suo interno un ristorante guidato dall’executive chef Fabio Sgrò, con la consulenza dello chef 1 Stella Michelin Ugo Alciati, una Scuola di Cucina, uno spazio eventi, sei intime camere, con un’area benessere dedicata, un percorso sensoriale e un’opera d’arte dell’illustre scultore Arnaldo Pomodoro

“Vogliamo che la Rocca torni a splendere, che diventi una destinazione e che si riappropri di quella vita che le è stata rubata secoli fa”. Esordiscono così Luca Veronelli ed Elsa Panini, i proprietari della Rocca di Arignano – lui erede di una famiglia imprenditoriale e consulente aziendale, lei biologa con la passione per la cucina – che da giugno riaprirà le porte, a 20 km da Torino, dopo un importante lavoro di restauro.

All’interno vi saranno uno spazio ristorativo, La Locanda della Rocca, con la consulenza dello chef 1 Stella Michelin Ugo Alciati e la presenza dell’executive chef Fabio Sgrò, la Scuola di Cucina guidata dalla direttrice creativa Elsa Panini, un piano dedicato agli eventi, di lavoro e di piacere, e un ultimo riservato a sei esclusive camere, i cui ospiti avranno la possibilità di accedere a un’area benessere riservata. A fare da anteprima all’esperienza che attenderà loro ci saranno il percorso sensoriale, un cammino da vivere con tutti i propri sensi, e, collocata all’ingresso, una scultura di Arnaldo Pomodoro: un parallelepipedo di bronzo e fibra di vetro, emblema dello stile inimitabile e originale dell’artista che tutto il mondo ci invidia.

IL PROGETTO
Alla base di tutto, prima ancora del progetto, c’è il sogno di una famiglia, quella di Luca Veronelli e di Elsa Panini, che da sempre condividono un desiderio comune: vivere e lavorare a contatto con la natura, in un contesto che abbia quel gusto del vissuto che dona a tutto un sapore diverso. Luca Veronelli, classe 1966, proveniente da una famiglia di imprenditori, consulente aziendale, appassionato di giornalismo e di teatro. “Enogastronomia, antichità e desiderio di benessere, in attesa che un giorno, ad apprezzare questo progetto di vita – e non di puro investimento – ci saranno i nostri eredi”. Elsa Panini, anch’essa proveniente da una famiglia di imprenditori, biologa per formazione e cuoca per passione, con un passato nel controllo qualità, è a capo della Scuola di Cucina, a cui è affidato il compito di portare il concetto della sana alimentazione al di là delle mura, grazie ai corsi aperti a tutti, che animeranno il palinsesto durante l’anno. “Il nostro è un vero e proprio progetto di vita, più che di lavoro, che mi ha permesso di apprezzare ancora di più il valore della bellezza e delle cose fatte bene e con amore. È un sogno che si realizza, fatto di amore e mattoni vecchi di mille anni, benessere e cibo”.

L’ARCHITETTO CHE HA CURATO IL RESTAURO
Il progetto di restauro è stato curato dall’Architetto Massimo Raschiatore, con la supervisione della Soprintendenza Archeologica, data la natura storica dell’opera. “Fin da subito era evidente che la sfida non sarebbe stata delle più semplici. Per capirlo bisogna guardare le foto dell’avanzato stato di abbandono in cui si trovava la Rocca. Per questo sono felice che la proprietà abbia deciso di dedicare un’ala della struttura alla memoria storica dei lavori fatti”. L’edificio è composto da tre livelli di edificazione, uno del 1000, uno del 1200 e uno del 1300, epoca in cui è stato eretto il corpo di fabbrica centrale, interno rispetto ai bastioni, quello dove attualmente si trovano tutti gli ambienti abitati, che all’epoca però non fu mai ultimato. Ci sono molti indizi che raccontano di una storia interrotta. Come gli inviti delle due torri angolari, ben visibili dalla passeggiata sui bastioni, che sembrano una rimanenza a seguito di un abbattimento, ma che in realtà sono la testimonianza di un’interruzione. “A differenza di tutti gli altri edifici medievali che troviamo in Piemonte la Rocca è rimasta dormiente dal 1400. In questo è uno dei più rari esempi di architettura medievale incontaminata dal passaggio dei secoli”.  I nuovi volumi sono stati studiati in modo tale da integrarsi nell’impianto architettonico, seguendo un filo conduttore comune dell’originalità e del recupero.

L’OPERA DI POMODORO
Prima di poter ammirare il Monferrato dai piani alti della Rocca, prima di poter accedere agli spazi interni che la caratterizzano – dalla Scuola di Cucina alle Camere, passando lo spazio dedicato agli Eventi – gli ospiti rimarranno ammaliati dalla vista di un’opera dal valore impareggiabile. Si tratta di “Soglia: a Eduardo Chillida”, una scultura realizzata dal riconosciuto artista classe 1926 Arnaldo Pomodoro in passato donata al MASI da Credit Suisse in occasione della celebrazione dei 150 anni della banca e, successivamente, collocata nell’Agorà di LAC Lugano Arte e Cultura. È un grande parallepipedo in bronzo e fibra di vetro che cattura subito l’attenzione all’ingresso, superato il Giardino dei Semplici sulla destra, negli spazi antistanti l’accoglienza. I neofiti sapranno apprezzare l’unicità dell’elemento, gli intenditori la coerenza con gli altri capolavori di uno dei più grandi scultori contemporanei italiani, molto noto anche all’estero. Non si può rimanere indifferenti di fronte al suo stile, unico. Le sue opere, infatti, si rompono e si frammentano davanti agli occhi che, nelle geometriche forme, non apprezzano la perfezione dell’estetica esterna ma bensì il cuore della struttura. Un insieme di linee ed elementi grafici che riconducono a ingranaggi o alle note di una composizione musicale.

LE CAMERE
Sei saranno le stanze dove gli ospiti potranno accomodarsi e vivere l’esperienza della Rocca di Arignano. Riposare in questi ambienti, che non hanno avuto abitanti per secoli, guardare da quelle finestre, che per 700 anni sono rimaste serrate, sembra impossibile. In ogni camera l’equilibrio dei materiali è affidato ai mattoni che rivestono le generose altezze, ai materiali di recupero, alle vecchie ceramiche, al legno, ai velluti, ai portoni borchiati che sanno di storia, al ferro grezzo, alla lana cotta e al lino dei tessuti. Il linguaggio è lontano e contemporaneo allo stesso tempo. Fiori all’occhiello della struttura sono la suite della Camera della Guardia con accesso privato, che prende il nome proprio dalla sentinella che qui riposava al termine della ronda, e la Camera della Trinità, la suite a doppia altezza con vasca idromassaggio, che culmina con il terrazzo privato che si trova a 30 metri di altezza. Da qui si può godere di un panorama che lascia senza fiato, fatto di dolci colline, di borghi e di natura. E che presto si potrà ammirare da altre nove stanze.

LA LOCANDA DELLA ROCCA
A firmare la carta del Ristorante La Locanda della Rocca, lo chef 1 Stella Michelin di Guido Ristorante, Ugo Alciati. Chiamato a coordinare il progetto ristorativo, ha scelto come executive chef Fabio Sgrò, dopo aver instaurato con lui un rapporto umano prima ancora che lavorativo. “Pur non avendo mai lavorato fianco a fianco con Fabio, sono certo che si rivelerà la persona giusta per questo progetto, è un condensato di esperienze di spessore in ristoranti di livello, anche a livello internazionale”. La filosofia di cucina è stata costruita a 4 mani, grazie a studi che arrivano fino all’epoca medievale, portati a termine attraverso libri e ricettari. Il risultato è una proposta culinaria singolare: da un lato in grado di richiamare gli usi di un tempo e dall’altro la contemporaneità. Locale, stagionale ed etica sono le tre caratteristiche imprescindibili per la selezione delle materie prime, al fine di creare una linea di continuità con il territorio e in sintonia con il panorama naturale. La presenza dello chef Alciati alla Rocca sarà contingentata a lezioni di cucina, nella Scuola, orchestrata dalla Direttrice Creativa Elsa Panini, a eventi eno-gastronomici e a occasioni speciali.

L’EXECUTIVE CHEF FABIO SGRÒ
A guidare la cucina del ristorante La Locanda della Rocca ci sarà l’executive chef Fabio Sgrò. Classe 1985, originario di Montà d’Alba (CN), dopo la Scuola Alberghiera a Barolo, inizia il suo percorso tra i più importanti alfieri della ristorazione locale: Massimo Camia, 1 Stella Michelin; Davide Palluda al Ristorante L’Enoteca di Canale; la Locanda del Pilone di Alba; il ristorante Marcelin di Montà dove a 20 anni è già Sous Chef. È il 2005-06 quando raggiunge L’Albereta di Erbusco (BS) per uno stage, quando vi è ancora – seppur non come Executive Chef – Gualtiero Marchesi. Nel 2011 ritorna al Marcelin di Montà in qualità di Executive Chef e tre anni dopo si imbarca per Hong Kong alla chiamata di Umberto Bombana per prendere in mano la brigata del ristorante italiano La Piola. Sempre in terra asiatica, in qualità di Corporate Executive Chef del ristorante fusion di stampo italo-giapponese Lai Sun, riesce a far entrare il suo locale nella lista dei 100 migliori ristoranti asiatici per il South Morning China Post a soli 6 mesi dall’apertura. Dopo tre anni lontani dall’Italia, a fine 2017 decide di fare ritorno. A fine 2020 riceve la proposta da parte di Ugo Alciati che oggi lo incorona executive chef de La Locanda della Rocca. “È un onore immenso essere stato scelto per guidare la brigata di un progetto così eccezionale nella sua unicità. Lavorare fianco a fianco con Alciati è per me motivo di arricchimento personale”.

 

LA SCUOLA DI CUCINA
Nello stesso piano della cucina e della sala del ristorante si troverà la Scuola di Cucina, dove la direttrice creativa Elsa Panini illustrerà la sua filosofia di alimentazione sana e genuina con le proprie lezioni. L’anima della scuola è il grande tavolo centrale, che non solo ospiterà i suoi corsi, ma sarà anche il palcoscenico su cui si muoveranno le mani esperte di cuochi e professionisti. Qui prenderanno vita i lievitati, le paste e le creazioni pasticcere che si potranno degustare alla tavola del ristorante. Le parole chiave sono stagionalità, tradizione, territorio, ritorno alla terra, circolarità, genuinità, salute e benessere. Parole che restano solo teoria, se non sono seguite da una pratica coerente. Ed è esattamente quello che succede all’interno della scuola, al centro di uno degli ambienti più evocativi del castello, dove un calendario fitto di lezioni animerà il palinsesto durante tutto l’anno.
Tra le docenze confermate quella di Petunia Ollister, la creatrice dei #bookbreakfast; di Frollemente, il progetto nato tre anni fa dall’amore per la fotografia e la cucina di Lucia e dalla creatività e passione per la tecnologia di Claudio; dello chef * Stella Michelin, Ugo Alciati e di Carol Choi e Francesco Scarrone, anime del Rantan, l’agriturismo in Val Chiusella immerso nella natura ma dal respiro internazionale, dove scoprire il vero sapore delle materie prime.

L’ORTOLANO
L’orto della Rocca sarà affidato al classe 1987 Paolo Gilardi. Fin dall’avvio della sua attività, coltiva nella collina di Pino Torinese tutto ciò che gli altri contadini hanno scelto di non produrre: zucchine gialle, pomodori provenienti da tutte le fasce climatiche del mondo, rabarbaro e rafano bavaresi solo per fare qualche esempio illustre. Lo fa da sei anni, con la sua azienda agricola Badola dove mette in pratica le tante nozioni apprese nelle esperienze olandese e tedesca, importando dall’Inghilterra, e non solo, i semi di ‘verdure alternative’ ed elaborando, sul terreno che un tempo era appartenuto al nonno, le teorie del visionario Pascal Poot. “Lo stress idrico fa bene alle piante, perché permette al seme di sviluppare una resistenza alla siccità dalla generazione successiva”. La sua ricerca ha colpito la proprietà della Rocca di Arignano, che ha individuato in lui la persona giusta a cui affidare gli orti privati, naturale motore de La Locanda della Rocca e della Scuola di Cucina stessa, sia come produzione che come didattica. “Questo incarico alla Rocca mi permette di chiudere in qualche modo il cerchio, dando delle coordinate precise del mio metodo di lavoro, del mio approccio, della mia offerta e del racconto che ne verrà fatto. Il tutto sarà assolutamente in linea con l’ecosistema della Rocca di Arignano, da rispettare e valorizzare”.

IL PERCORSO SENSORIALE
Si tratta di un cammino che prende origine alla base del pendio su cui si erge il Castello. Un percorso fatto di suoni, di colori e di profumi che culmina in cima alla terrazza panoramica. Durante la passeggiata, la Rocca si presenta in punta di piedi tra le fronde degli alberi. Ed è solo quando si raggiunge il Giardino dei Semplici che si percepisce l’esatta grandezza della struttura. Un giardino medievale, dove ogni specie botanica è stata messa a dimora sia con scopi didattici che gastronomici (sono molte le piante edibili), e dove svetta l’imponente Cedro del Libano che da trecento anni si contende il primato in altezza con il torrione principale. Il percorso prosegue poi all’interno, dove lo scalone che collega tutti i livelli, conduce fino alla passeggiata dei bastioni, per concludersi poi con l’estasi finale della grande terrazza panoramica, dove tutto sembra inchinarsi alla maestosità della Rocca stessa. Da qui il punto di vista sul paesaggio è unico, e incanta per l’abbraccio che la natura riserva agli ospiti.

L’AREA BENESSERE
Quando Elsa Panini e Luca Veronelli hanno scoperto la stanza attualmente adibita allo spazio benessere durante il restauro, non hanno avuto dubbi su cosa sarebbe dovuta diventare. La sua posizione strategica, di raccordo fra le camere e il piano sottostante, e la speciale atmosfera che hanno respirato sin dal primo momento, non ha fatto percepire loro alcune alternative e così è stato. Negli spazi attualmente dedicati al wellness gli ospiti delle camere potranno prenotare alcune ore di relax, di decompressione dal mondo esterno e dalla quotidiana routine della settimana, per dedicarsi a sé stessi. Fra massaggi e trattamenti, realizzati con soli prodotti naturali per la cura del corpo – oli ed essenze, tessuti naturali, legni e pietra – in base alle richieste della clientela, rigenerarsi sarà immediato. Per chi vorrà vivere un’esperienza di benessere a 360° vi sarà anche la possibilità, su prenotazione, di partecipare agli yoga retreats che si terranno nella terrazza panoramica con le indicazioni dell’insegnante Clara Vigasio.

LO SPAZIO EVENTI
Anniversari, cerimonie, meetings aziendali, seminari, team buildings o avvenimenti privati, tutti gli spazi interni ed esterni saranno versatili e adattabili alle esigenze delle persone che intenderanno vivere la Rocca. Sarà possibile riservare un solo livello, un solo ambiente, come la sala del Dongione o la terrazza panoramica che domina la Rocca, oppure tutta la struttura. Mentre lo spazio ideale per le presentazioni sarà la sala meeting al primo piano, dotata di impianto audio e video, chi vorrà organizzare un light lunch o un aperitivo dovrà preferire la terrazza principale al quarto piano. A disposizione per una festa privata vi saranno anche tutti gli ambienti esterni, dalla passeggiata dei bastioni, al giardino dei semplici, fino all’orto; cornici perfette per una festa privata. A disposizione anche le cucine della Locanda della Rocca, che realizzeranno un menu su misura, oppure diventeranno il palcoscenico per un team building a sfondo culinario.

IL CONTESTO E I DINTORNI
La Rocca è posizionata nella parte più alta di Arignano, là dove si sviluppa il nucleo medievale, nel cui centro la Piazza della Parrocchia dell’Assunzione di Maria Vergine è il punto d’unione tra l’architettura barocca della chiesa di settecentesca memoria, e la Rocca stessa. Nelle giornate limpide lo sguardo dalle terrazze panoramiche si perde tra le colline del Monferrato. Sullo sfondo la Basilica di Superga suggerisce che al di là della collina torinese, si sviluppa la città. Tutto intorno la cornice è quella delle Alpi, testimoni silenziose della vita che scorre su queste dolci alture. Completano lo splendido paesaggio di contorno al castello medievale il lago di Arignano – esemplare testimonianza di natura incontaminata – l’Abbazia di Vezzolano – una fra le realtà, situata nel comune dell’astigiano Albugnano, di stile romanico e gotico più importanti dell’intera regione – e la città di Chieri, conosciuta come la città delle cento torri della nobiltà, che ancora oggi conserva il suo impianto medievale e i suoi edifici trecenteschi e quattrocenteschi: l’Arco di Trionfo, il Duomo e le chiese Barocche.