SPETTACOLI- Pagina 84

Only pleasure swing’n’roll in quartetto Un travolgente repertorio di canzoni famose

Osteria Rabezzana, via San Francesco d’Assisi 23/c, Torino

Mercoledì 1 febbraio, ore 21.30

Only pleasure swing’n’roll in quartetto

Un travolgente repertorio di canzoni famose in chiave swing’n’roll

Gli “Only pleasure swing’n’roll” presentano mercoledì 1 febbraio in Osteria Rabezzana un travolgente repertorio di canzoni famose stravolte in chiave swing’n’roll. Il gruppo, composto sta Mariagrazia Vergnano, Alberto Comune, Marco Segreto, Giulio Arfinengo, suona insieme dal 2016 ed unisce lo swing al country-blues, spaziando dal rockabilly al soul in un crossover fra generi e stili, canzoni moderne e del passato.

Formazione

Mariagrazia Vergnano, voce

Alberto Comune, chitarra e dobro

Marco Segreto, basso e contrabbasso

Giulio Arfinengo, batteria e percussioni

Ora di inizio: 21,30

Ingresso:

15 euro (con calice di vino e dolce) – 10 euro (prezzo riservato a chi cena)

Possibilità di cenare prima del concerto con il menù alla carta

Info e prenotazioni

Web: www.osteriarabezzana.it

Tel: 011.543070 – E-mail: info@osteriarabezzana.it

“Perché è più dolce di una torta di mele…”

Music Tales, la rubrica musicale 

Chiamo il mio ragazzo Lecca Lecca

Vi dico perché

Perché è più dolce di una torta di mele

E quando lui fa quel ballo tutto scosse

Allora non perdo l’occasione

Io lo chiamo lecca lecca”

Ci sono artisti o band che hanno carriere incredibili ed esaltanti. E poi, c’è chi, invece, riesce solo a trovare la formula giusta per un’unica canzone e a non ripeterla più. Milioni di copie vendute, tantissimo successo e poco altro: una carriera mediocre, peggio ancora, l’oblio. E se la carriera continua, nel migliore dei casi rimane lontana dal grande risultato ottenuto. Vere e proprie one-hit wonder, che diventano con gli anni un peso incredibile e un ricordo lontano. Ma per fortuna ci sono le royalties, almeno quelle servono ad assicurare la pensione.

Il pubblico, allora, si ricorderà solo di quel brano e basta. Succede, succede spesso: è successo parecchio negli anni’80 e ’90, soprattutto nel 1997 e nel 1998, forse per la potenza all’epoca dei video musicali e della visibilità che davano. Insomma, nella storia della musica non è raro. Grandi aspettative per un secondo singolo oppure un secondo album, che si infrangono miseramente. O i successi tardivi, magari grazie a una cover che nessuno era riuscito a far funzionare a dovere fino a quel momento. Ancora: il pezzo che diventa la sigla di una serie tv o s’infila nella colonna sonora di un film e ti svolta a tempo determinato la carriera. Non esiste la ricetta perfetta per il successo e, nei miei articoli prossimi, a partire da questo, vorrei dedicare qualche riga ad alcuni di questi brani eccezionali, ma “soli”, in modo che possano darvi uno spunto per andare ad ascoltare anche melodie meno fortunate

degli artisti che li hanno prodotti.

Oggi si parla di “Lollipop” (1958)

Probabilmente uno dei brani più gettonati in tv tra pubblicità e servizi vari.

Il duo pop americano Ronald & Ruby l’aveva composto molto facilmente ed è sopravvissuto al tempo devo dire.

Del resto è immediato, sta bene su tutto… il pezzo “salvavita” di ogni montatore.

In italiano “lecca – lecca”. Brano leggero dunque.

I membri del duo erano il nero Ronald Gumm (o Gumps) e il bianco Beverly “Ruby” Ross ; i gruppi pop interrazziali erano insoliti all’epoca e il gruppo non appariva in pubblico o nei principali organi di stampa e televisivi.

In precedenza avevano lavorato insieme come cantautori ; tra i loro crediti ci sono “Young and Hungry for Love”, “Frankenstein Rock”, “Fat Pat”, “Soul Mates”, “Don’t Come to My Party” e “The Ghost of Love”.

Nel 1958 pubblicarono insieme un singolo intitolato ” Lollipop “. È diventato un successo negli Stati Uniti, raggiungendo il n. 20 nella Billboard Hot 100 .

La canzone ha ottenuto un maggiore successo nelle classifiche sia interpretata da

The Chordettes” che da “The Mudlarks”.

Hanno pubblicato molti altri singoli, incluso “Love Birds”, nessuno dei quali ha avuto alcun successo.

Ross ha continuato come cantautore, registrando quasi 200 canzoni con BMI , tra cui

” Candy Man ” (per Roy Orbison ) e ” Judy’s Turn to Cry ” (per Lesley Gore ).

““Il successo non è mai definitivo, il fallimento non è mai fatale; è il coraggio di continuare che conta.””

Buon ascolto

Chiara De Carlo

https://www.youtube.com/watch?v=dkn17PLnBfk&ab_channel=BettoRollerman

 
 

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Ecco a voi gli eventi da non perdere!

Da ora potete iscrivervi gratuitamente tramite il link:
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Partecipate numerosi e condividete.

INSIEME, SI PUÒ.
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Iniziativa patrocinata dai comuni di Porte e Villar Perosa.

Rock Jazz e dintorni a Torino: Jim Jarmusch e Elio

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GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA 

Martedì. Al teatro Sociale di Pinerolo Elio interpreta Jannacci. Al cinema Massimo il regista Jim Jarmusch in veste di musicista in duo con Carter Logan, sonorizza 4 cortometraggi di Man Ray dal titolo Squrl. Al Jazz Club suona il pianista Ilardo Massimo Danilo.

Mercoledì. All’Osteria Rabezzana si esibiscono gli Only Pleasure Swing’n’Roll.

Giovedì. Al Jazz Club è di scena la cantante Yelewna Babu affiancata dai Dipinti di Blues. All’Hiroshima Mon Amour arriva il rapper Rancore. Al Cafè Neruda suona il trio di Luigi Tessarollo con il sassofonista Gianni Denitto. Al Blah Blah si esibisce Monica P. Allo Spazio 211 suona l’Orchestre Tout Puissant Marcel Duchamp. Al Magazzino sul Po canta Blindur.

Venerdì. Al Jazz Club si esibiscono gli Swing Folks. Al Blah Blah suonano Kadabra e Warlung. Allo Ziggy sono di scena i Rasemiliani & The Marsili Explosion. Al Magazzino di Gilgamesh suona la Blues All Stars Band. All’Off Topic si esibisce il quintetto Foja. Allo Spazio 211 è di scena Erio. Al Magazzino sul Po si esibisce Baobab!. All’Hiroshima hip hop con Mondo Marcio.

Sabato. Al Peocio di Trofarello suona il chitarrista Luca Colombo. Al Folk Club suonano i Birkin Tree con Murty Ryan. Al Blah Blah si esibisce il quartetto Magazzino San Salvario. Al Magazzino sul Po suonano i Nabat. Allo Spazio 211 sono di scena I Fasti con Narratore Urbano.

Pier Luigi Fuggetta

La torinese Elisa Liistro a Tali e Quali

Quarto appuntamento con Tali e Quali, lo show del sabato sera di Rai 1 condotto da Carlo Conti.

In questa puntata la giuria composta da Loretta Goggi, Giorgio Panariello e Cristiano Malgioglio, ha avuto il compito, con la presenza speciale del “tale e quale” Renzo Arbore interpretato da Claudio Lauretta, di giudicare tanti bravi partecipanti.

Con gli ospiti fissi, Francesco Paolantoni e Gabriele Cirilli si è esibita l’attrice ed Influencer Torinese Elisa Liistro, alla sua prima esperienza come cantante, dove nella clip di presentazione ha esaltato la sua Torino con delle bellissime riprese.

Elisa, già Miss Piemonte e Valle d’Aosta, vanta tantissimi follower che l’hanno seguita nella puntata del 28 gennaio su Rai 1 e a breve la vedremo anche su Mediaset in una famosa fiction.

Giorgio Lupano maturo protagonista della “favola” di Scott Fitzgerald

Sino a oggi le repliche all’Erba di “La vita al contrario – Il curioso caso di Benjamin Button”

La prima traccia, certo la più celebre dopo che ebbe glorie cinematografiche con il film di David Fincher (2008), interpreti Brad Pitt e Cate Blanchett, tre meritatissimi premi Oscar, è quella seguita da Francis Scott Fitzgerald con il racconto “The Curious Case of Benjamin Button”, edito nel 1922 nella rivista “Collier’s” e poi inserito nei “Racconti dell’età del jazz”. Ma non la sola. Non soltanto gli appunti dell’inglese Samuel Butler, ma soprattutto i legami con il torinese Giulio Gianelli, poeta crepuscolare, che undici anni prima del “curious case” scrisse ”Storia di Pipino nato vecchio e morto bambino”: il tutto sotto l’intelligente arguzia di Mark Twain, se Fitzgerald ebbe un giorno a confermare: “Questo racconto fu ispirato da un’osservazione di Mark Twain: cioè, che era un peccato che la parte migliore della nostra vita venisse all’inizio e la peggiore alla fine. Io ho tentato di dimostrare la sua tesi, facendo un esperimento con un uomo inserito in un ambiente perfettamente normale.”

Nulla vieta che una storia dai contorni così dilatabili prenda la strada di casa nostra, intravedendo vicende ed epoca a noi più vicine. Della stessa storia, con un tour de force affatto trascurabile, si deve essere innamorato Giorgio Lupano, classe 1969, borgo natìo quel di Trofarello alle porte del capoluogo piemontese, alle spalle la scuola dello Stabile torinese diretta da Ronconi e un passato teatral/cinematografico e soprattutto televisivo capace di renderlo uno degli attori più apprezzati. Nell’elaborazione teatrale dovuta allo spirito dinamicissimo di Pino Tierno, capace di costruire i circa 90’ dell’ampio monologo (visto l’altra sera sul palcoscenico dell’Erba, ultima replica domenica 29 alle ore 16) come una sorta di fuochi d’artificio che invadono l’intera vicenda (dall’Unità sino alla metà dello scorso secolo), in un discontinuo imperativo spazio/temporale e in un continuo susseguirsi di piccoli drammi e di leggero divertimento, ogni cosa immersa in un liquido grottesco estremamente ristoratore, Lupano rende totalmente suo il personaggio. Nulla importa che in luogo di Button ci ritroviamo le peripezie di Nino Cotone, sin dalla culla virgulto italianissimo e umanamente tragicomico.

Sotto il continuo ticchettìo del tempo, nello sgranarsi di canzonette d’epoca e numeri di danza (eseguiti con grazia da Greta Arditi), a fianco la vecchia valigia da cui estrarre il bastone d’appoggio e i diversi abiti e infantili campanellini come le pagine del diario che va scrivendo, pagine che a poco a poco invadono la scena in una cascata di ricordi, Nino inizia con il guardare la propria culla, la pelle grinzosa della vecchiaia, affronta sin dai primi attimi e snocciola il significato della vita: “Capita a tutti di sentirsi diversi in un modo o nell’altro, ma andiamo tutti nello stesso posto, solo che per arrivarci prendiamo strade diverse”. Un lungo percorso ad attraversare una vita intera, Nino che affronta l’infanzia come se fosse un anziano e la vecchiaia come se fosse un bambino, “la vita al contrario” con i genitori sbigottiti a nascondere al mondo la creatura, la giovinezza e le amicizie, la diversità durante il servizio militare sotto l’occhio dei superiori, il matrimonio con Elisabetta e la nascita del figlio, il rapporto con quest’ultimo che è un diverso gioco delle parti.

Con la attenta regia di Ferdinando Ceriani, in una interpretazione dove esprimere tutta la propria bravura e una invidiabile quanto autentica maturità, Lupano si divide, oltre che nella lucidità del suo protagonista, nel fregolismo dei tanti personaggi, maschili e femminili, di più o meno lunga come di fulminea ampiezza, ben articolati nelle differenti movenze e nel gioco delle voci, acute e profonde, dialettali, rotonde e difettose, sussurrate e imponenti, in un eccellente panorama di caratterizzazioni. Una serata di vero successo, colma la sala dell’Erba di un pubblico che certo non ha lesinato gli applausi. Una trasposizione che poteva portarsi appresso ogni rischio ma che al contrario dimostra tutta la sua riuscita.

Elio Rabbione

Al Teatro Astra di Torino “Storia di un’amicizia”, dalla tetralogia “L’amica geniale” di Elena Ferrante

In scena dal 27 al 29 gennaio

 

In scena dal 27 al 29 gennaio prossimi al Teatro Astra di Torino,“L’amica geniale”, firmata da Fanny & Alexander. Si tratta della tetralogia di Elena Ferrante, che è diventata un Best Seller mondiale. La regia è di Chiara Lagani, il progetto sonoro è curato da Luigi De Angelis insieme a Chiara Lagani e Fiorenza Menni.

Lo spettacolo, diviso in tre capitoli, si basa sulla storia dell’amicizia tra due donne, seguendo, passo passo, la loro crescita individuale, il modo di influenzarsi reciprocamente, i sentimenti, le condizioni di prossimità e di distanza che, nel corso dei decenni, nutrono il loro reciproco rapporto.

Sullo sfondo si pone la coralità di una città/mondo, Napoli, popolata di personaggi archetipici e indimenticabili, dilaniata dalle contraddizioni del passato, del presente e del futuro, i cui feroci confini faticano ancora a delinearsi con nettezza. La biografiadelle due donne e la storia particolare della loro amicizia si intreccia con la Storia di un paese travagliato dalle sue metamorfosi, una sorta di agone narrativo, che procede per epifanie improvvise.

Nel romanzo in quattro parti della Ferrante, “Un’amicizia”, era il titolo del libro che, a posteriori, raccontava le vicende del rapporto tra le due donne; qui “Storia di un’amicizia” diventa il titolo di un racconto in forma di spettacolo che Elena Greco (Chiara Lagani) compone a partire dalle vicende di una vita che la legano a Lina Cerullo (Fiorenza Menni), la sua amica geniale. Nel primo tempo, tutto dedicato all’infanzia, le due amiche bambine gettano per reciproca sfida le loro bambole nella profondità di un nero scantinato e, quando vanno a ricercarle, non le trovano più. Sono convinte che Don Achille, l’orco della loro infanzia, le abbia rubate e, un giorno, trovano il coraggio di andarle a reclamare. Le due attrici si fanno fisicamente attraversare dal testo della Ferrante e narrano la storia attraverso i loro corpi. Essa lascerà su di loro un’impronta indelebile, fino a trasformarle in una strana, doppia e ibrida identità, che porta su di sé l’impronta della bambina, della donna e, al contempo, della bambola. Il secondo tempo risulta diviso in due parti e vede una delle due protagoniste, Lina, sposarsi, acquistare un nuovo cognome che la separa da un’intera fase della sua vita.

La terza parte è dedicata alla maternità . Anche la seconda protagonista, Elena, nel frattempo, si è sposata e ha avuto due figlie con un brillante compagno di università e si è allontanata dal rione per studiare e scrivere. Questo fatto l’ha portata lontano anche da Lila, reduce dalla fine del suo matrimonio.

MARA MARTELLOTTA

 

Biglietti e abbonamenti su fondazionetpe.it

Biglietteria Teatro Astra: Via Rosolino Pilo, 6

Telefono: 0115634352

Orari: martedi – sabato dalle 16:00 alle 19:00

Venerdì  27 gennaio ore 21

Sabato 28 gennaio ore 19.30

Domenica 29 gennaio ore 17.

Musica e immagini: Seeyousound nona edizione

Torna dal 24 febbraio al 2 marzo al cinema Massimo Seeyousound. Il festival in cui si fondono musica e immagini, giunge alla nona edizione.

https://www.seeyousound.org/

I numeri prevedono 79 film con cinque sezioni in concorso,  tra documentari, lungometraggi, videoclip e corti. Due sezioni fuori concorso( Into the Groove e Rising Sound). Il film che inaugurerà la rassegna venerdì 24 febbraio sarà “Tchaikovsky’Wife” del dissidente russo Kirill Serebrennikov sulla moglie del compositore russo. Da segnalare sabato 25 “Cesària Evora” di Ana Sofia Fonseca sulla grande cantante portoghese. Lunedì 27 “Il mondo è troppo per me” di Vania Cauzillo. Domenica 25 “Miucha, The voice of Bossa Nova” regina della bossa nova brasiliana.

 

Giovedì 2 marzo “In The Court Of The Crimson King: King Crimson at 50” sulla mitica band progressive. Vi sarà anche parecchia musica dal vivo con Gnu Quartet, The Wends, Rodrigo D’Erasmo e Roberto Angelini. Festa finale allo Spazio Musa giovedì 2 marzo.

Pier Luigi Fuggetta

Per il Giorno della Memoria “8 passi tra il fumo dei campi“

Venerdì 27 gennaio alle ore 21:00 va in scena al Teatro Le Serre di Grugliasco lo spettacolo 8 passi tra il fumo dei campi, il lavoro teatrale tratto dal delicato e intenso testo di Alfonso Cipolla, realizzato per la Giornata della Memoria e che unisce sullo stesso palco le maestranze di Viartisti 2.0 Camaleonte, Associazione Musica Insieme, Compagnia Mixit e Istituto per i beni marionettistici e il teatro popolare. L’evento è a ingresso gratuito.

Un affresco delirante, una tragedia per molti il passaggio dal muto al cinema sonoro

Sugli schermi “Babylon” di Damien Chazelle

PIANETA CINEMA a cura di Elio Rabbione

O lo si ama o lo si detesta. O lo accettiamo o lo rigettiamo pressoché in blocco. O lo vogliamo considerare un affresco dove le luci e le zone d’ombra possono coabitare o non ci rimane altro che un assordante quanto disordinato intrico di colori. A chi scrive queste note, note di certo non buttate giù non appena digeriti i lunghi titoli di coda ma a giudizio lasciato depositare con tranquillità, “Babylon” è sembrato un film più di pancia che di cervello, uno spettacolo eccessivamente ambizioso e pronto ad annusare l’aria dell’arroganza, straripante e bulimico, dedito all’eccitazione e alla sfrenatezza delle immagini, delirante oltre ogni ragionevolezza, dove ci piacerebbe salvare almeno quell’atmosfera di disperata sopravvivenza che vi circola per gli interi 188’: non riuscendo a comprendere tuttavia in concreto se proprio quell’atmosfera sia il frutto del lavoro – guardato in filigrana – di Damien Chazelle o se ci arrivi da una visione tutta nostra della fabbrica hollywoodiana dei sogni, della Mecca del cinema che, in un tempo lontano come in questo nostro quotidiano, tutto promette e pochissimo concede.


Chazelle crede nelle sfide, ne è il cantore, tutto il suo cinema è lo specchio dell’essere umano che si batte per afferrare la vittoria, nei campi più diversi, è tutto un’aspirazione al successo, da “Whiplash” (il sogno di Andrew di diventare il migliore batterista jazz) a “La La Land” (grazie al quale vinse l’Oscar come miglior regista, il più giovane nella storia del cinema) a “First Man – Il primo uomo”, narratore dell’avventura di Neil Armstrong, primo uomo sulla luna con l’Apollo 11. Qui sembra ripetere ho tante cose da dire e le devo dire tutte, e dirle furiosamente (quant’era più lucido narrativamente e psicologicamente John Schlesinger nel “Giorno della locusta”, è il primo titolo che mi viene in mente, su quegli anni, su quel mondo, su quella disperazione), quasi con rabbia, una rabbia cinematografica, espressa nelle continue spigolosità del racconto, nel nervosismo del montaggio (non certo un capolavoro) di Tom Cross, nella colonna sonora (questa sì eccezionale, s’è già portata via un Golden Globe) dell’abituale collaboratore Justin Hurwitz, devo mostrare senza mezzi termini quel che è stata Hollywood, i successi del muto e il passaggio al sonoro, al di là dell’esplosione del “Cantante di jazz” nel ’27, la tragedia di molti: per gli idoli maschili che avevano costruito la propria fortuna a suon di bei visi e gagliardi portamenti, per quelli femminili, che oltre a sfoderare un bel faccino dovettero metterci una voce che con le nuove tecniche risultarono inudibili.

Qui tutto inizia con quell’elefante spinto, quasi issato su per le strade polverose dei deserti del sud della California, capace di riversare nel bel mezzo di quel pandemonio quanto di più schifoso ha sinora trattenuto in pancia, destinato ad una festa che nelle sembianze crude dell’orgia allinea amplessi in bella vista, un nano a cavalcare un membro alto quanto lui, montagnole candide di cocaina offerte nei vassoi, nudi in ogni angolo, una ragazza che ha abusato una volta per tutte delle droghe circolanti e che adesso è necessario far sparire su due piedi. Una festa, definiamola così, in cui s’aggira Jack Conrad (Brad Pitt), immaginate una sorta di John Gilbert, droga e alcol e donne, divo osannato ma non certo pronto a reggere negli anni il peso dei nuovi cambiamenti per cui preferirà mettere fine ad una carriera e ad una vita sempre più in discesa; si aggira Nellie LaRoy (Margot Robbie, brava se la si accetta nella visione del regista), già una diva, ne è convinta lei mentre cerca di convincere il gran mondo, ma ancora a corto di una grande occasione, ambiziosa e pronta a ogni esperienza, sfrenata, decisa a tutto pur di scalare i gradini della Mecca; si aggira il povero e sprovveduto Manuel Torres (Diego Calva, forse il più credibile), uomo tuttofare degli studios nascenti, ma anche baciato da un colpo di fortuna per imboccare la strada del produttore esecutivo.

Tre destini che s’incontrano e s’incrociano, che più o meno violentemente scivolano verso i gradini più bassi. Nei grandi ingranaggi, nel meccanismo che stritola senza guardare in faccia nessuno, ci sono le ubriacature e la mancanza di credibilità di Jack, tenta di vivere Nellie costretta a difendersi dalle critiche sempre più negative, dando infelicemente spettacolo di sé mentre nel deserto, davanti a quelli che contano nello showbiz, combatte con un serpente o, all’ennesimo ricevimento, non riesce a far altro che vomitare vistosamente sulla faccia del padrone di casa; c’è Manuel che si aggira davanti all’ingresso degli studios, un mondo che altre troppo fantasiose giravolte del destino l’hanno costretto a lasciare, riducendosi ad un malinconico ingresso in un cinema a bearsi di Gene Kelly in “Cantando sotto la pioggia”, in un estremo finale che pare tanto un nuovo “cinema paradiso”.

Non ci si riesce a innamorarsi delle avventure dei tre protagonisti, di tanto in tanto qualche spruzzo di verità e di autentica passione (la cattura dell’ultimo sole per poter girare una scena, la sceneggiatrice che pone Jack davanti alla cruda realtà della sua esistenza). Purtroppo prevale nella scrittura di Chazelle, piena all’orlo di quei fuochi d’artificio più scalcagnati che sorprendenti, quella volontà di infarcire d’episodi, alcuni a rasentare il ridicolo – quello del serpente ne è una prova, un altro a ripararsi dalle grinfie di un coccodrillo fa il paio in stupidità. “Babylon” finisce con l’essere uno scivolone non da poco nella filmografia di questo autore trentottenne ed è di certo un rammarico per chi aveva considerato “La La Land” uno dei più perfetti film dei primi decenni di questo nuovo millennio.

Album e concerto per ricordare Barbadoro

 

Il gruppo LabGraal presenta il nuovo album dedicato al fondatore della band

Il LabGraal, uno dei gruppi italiani di musica celtica che si è conquistato, a pieno diritto, un posto di rilievo nella scena musicale internazionale, torna in concerto Giovedi 26 gennaio 2023 a Hiroshima Mon Amour alle ore 21.30 per presentare il nuovo album “The Last Shaman”.

Il gruppo ha subìto una grave perdita quando nel 2019 è mancato Giancarlo Barbadoro, fondatore del gruppo insieme a Rosalba Nattero. Tuttavia nonostante il periodo difficile che è seguito alla scomparsa di un componente fondamentale, il LabGraal continuerà a vivere secondo il percorso tracciato dai fondatori e secondo una visione che è stata sempre una vera e propria missione. Proprio a Giancarlo è dedicato l’ultimo album, in vinile e CD, “The Last Shaman” che contiene brani inediti di Barbadoro.

L’attuale formazione è composta da Rosalba Nattero (voce); Luca Colarelli (bagpipe e chitarra); Andrea Lesmo (bouzouki e tastiere) e Gianluca Roggero (tamburi). Al concerto del 26 gennaio saranno presenti la violinista Chiara Cesano e il violista armeno Maurizio Redegoso Kharitian, musicisti che hanno suonato in “The Last Shaman” insieme al pianista Marco Varvello. Al concerto parteciperà Guido Barosio con letture di poesie di Giancarlo Barbadoro.

Un album che va nella direzione più sciamanica della musica del LabGraal, la prosecuzione di un altro grande lavoro come “Native”. Brani come Herr Manneling, cantato in antica lingua norrena, o Kan ar Kann, in lingua bretone, o Moju Dushu, brano che si ispira ad antiche ballate siberiane, sono rappresentativi di questo lavoro.

Il ricavato dell’album verrà devoluto agli animali in difficoltà assistiti da SOS Gaia, causa che Giancarlo Barbadoro sentiva al di sopra di ogni altra.

Giovedì 26 Gennaio 2023, ore 21.30

Hiroshima Mon Amour, Via Bossoli 83, Torino

LabGraal in concerto: “The Last Shaman”

Ingresso gratuito

www.labgraal.orginfo@labgraal.org – Piazza Statuto, 15 Torino Tel: 011 530 846