SPETTACOLI- Pagina 6

Lunathica presenta la prima edizione di Fili Sottili

È stato presentato il nuovo progetto di Lunathica, la prima edizione di Fili Sottili, festival di arte, salute e inclusione che avrà luogo dall’8 al 10 maggio 2025 nei comuni di Cirié e Lanzo Torinese. Il festival offrirà spettacoli, convegni e dibattiti, workshop teatrali e laboratori creativi, tutti a ingresso libero. Si tratta di un progetto innovativo volto a raccontare e condividere le esperienze artistiche e teatrali in ambito sociale, ma anche un’occasione per riflettere e confrontarsi sui temi della malattia psichiatrica e della disabilità, e su quali attività e azioni possono rendere la nostra società più inclusiva. Si tratta di temi a cui Lunathica, che coordina i diversi appuntamenti che compongono il ricco cartellone di eventi, ha sempre prestato attenzione all’interno della sua programmazione.

“Questo festival rappresenta un naturale sviluppo di ciò che negli anni abbiamo creato a Lunathica con dedizione e entusiasmo – afferma Cristiano Falcomer, coordinatore del festival – Lunathica è sempre stata anche comunità e partecipazione, un’opportunità per costruire insieme qualcosa che abbia un valore e una rilevanza per la collettività. Ci fa piacere che questo senso di comunità (testimoniato non solo dalla grande partecipazione di pubblico, ma anche dal coinvolgimento spontaneo di un gruppo spontaneo di volontari), si è esteso anche al di fuori del festival e si manifesta anche al di fuori di questa nuova iniziativa, e questo senso di inclusione, questa capacità è volontà di stare davvero insieme che segna tutte le iniziative proposte da Lunathica e dona loro un significato”.

“per il Dipartimento di Salute Mentale ASL TO 4, il festival Fili Sottili rappresenta un’occasione per promuovere il benessere psichico, abbattere lo stigma e favorire l’integrazione sociale – sottolinea Silvana Lerda, direttrice di Dipartimento – attraverso workshop, conferenze e performance, il festival sarà un momento di riflessione e sensibilizzazione, volto alla depatologizzazione delle diversità. Una comunità inclusiva e solidale che valorizzare la disabilità è la base per generare salute mentale e favorire crescita e arricchimento per tutti”.

“la ragione per il quale il CIS di Cirié ha contribuito alla realizzazione di Fili Sottili – spiega Lorenzo Gregori, che ne è il direttore – scaturisce dal fatto che fin dalla loro nascita i centri diurni per persone con disabilità hanno avuto e hanno l’ambizione di essere una risorsa e un centro di attivazione di risorse, finalizzato a individuare contesti e luoghi per migliorare il benessere, il livello di autonomia e favorire l’inclusione sociale delle persone che lo frequentano. Da questo punto di vista, Fili Sottili rappresenta l’esempio concreto di un’iniziativa messa a disposizione dal territorio, generata anche dai luoghi, i centri diurni che, oltre ad attingere da quanto già presente sul territorio, si propongono come risorsa utile alla comunità”.

Con il patrocinio della Città di Cirié, della Città di Lanzo Torinese e della Città Metropolitana di Torino, con il sostegno di Iveco – Orecchia Spa, in collaborazione con il presidio ospedaliero Fatebenefratelli, la cooperativa sociale Ippogrifo, Associazione Volare alto e società cooperativa sociale La forma dell’acqua.

Il programma si può consultare sul sito www.lunathica.it

Tutti gli appuntamenti sono a ingresso libero.

Mara Martellotta

Inviato dall’app Tiscali Mail.

Rock Jazz e dintorni. Il Torino Jazz Festival entra nel vivo

 

Martedì. Ultima anteprima del TJF al Circolo dei Lettori alle 18 con “Talkin To Jazz” voci dal TJF con il sassofonista Simone Garino.

Mercoledì. Inaugurazione del Torino Jazz Festival al teatro Juvarra alle 18 con Domenico Brancale & Roberto Dani. Alle 21 al teatro Colosseo suona il quintetto di Enrico Rava con il nuovo progetto “Fearless Five”. Al Blah Blah si esibiscono gli Acidmammoth. Al Jazz Club sono di scena i FunFunk. Al Vinile si esibiscono i Godfather of Soul &Funny Machine. Allo Ziggy suonano i The Devils.

Giovedì. Il TJF presenta alle 21 al teatro Colosseo i Calibro 35 con il loro progetto “JazzPloitation” mentre al Bunker alle 23 suona il settetto di Don Karate.

Venerdì. Il TJF al teatro Vittoria alle 11 presenta Zoe Pia con un quintetto di percussionisti. Alle 17 al Conservatorio suona il pianista Vijay Iyer. Giornata della festa della liberazione per il TJF  con  la GP Big Band e la JCT Big Band al Mauto alle 18 e in replica alle 21. Per il TJF All’Hiroshima Mon Amour alle 22 si esibisce Jan Bang Sextet.

Sabato.  Al teatro Vittoria alle 11 il TJF presenta la pianista Margaux Oswald. Alla Casa teatro Ragazzi e Giovani alle 18 il settetto di Tiziano Tononi / Daniele Cavallanti .  Al Conservatorio alle 21 Enrico Pieranunzi Trio  & Orchestra Filarmonica Italiana con il progetto “Blues And Bach”. Alla Divina Commedia suona la Pyramid Band. Al Jazz Club si esibiscono i The Boomers. Al Blah Blah suonano i Downtown’s Bad Company.

Domenica. Il Tjf alle 11 al teatro Vittoria presenta il quartetto Korale. Alle 18 al Conservatorio si esibisce Amaro Freitas al pianoforte e percussioni. Alle 21 al teatro Monterosa suona l’ottetto di Furio Di Castri. Alla Divina Commedia  è di scena Toni Scanta Group. Al Jazz Club si esibisce Lisa De Stefano & Fast Frank. 

Pier Luigi Fuggetta

“Le sette ultime parole di Cristo” di Haydn: all’Auditorium Rai di Torino, il concerto di Pasqua

In prima serata con Ottavio Dantone e la voce di Mario Campa per “Le sette ultime parole di Cristo” di Haydn.

Si ispira a quelle che per la tradizione cristiana sono state le ultime parole di Gesù Cristo  morente, il brano di Haydn, che l’OSN Rai propone per il suo tradizionale concerto di Pasqua in data unica e fuori abbonamento. La serata, in programma all’Auditorium Rai, verrà trasmessa in diretta su Radio 3 e in prima serata alle 21.15 su RAI 5. Sul podio sale Ottavio Dantone, uno dei più apprezzati interpreti di musica antica e non solo. Nato come clavicembalista, è poi salito sui podi più prestigiosi del mondo, dalla Scala al Festival di Salisburgo, passando per il Proms di Londra, è uno dei direttori dell’Orchestra RAI, che lo ospita regolarmente.

La straordinaria partitura, considerata dallo stesso Hayd uno dei suoi lavori migliori, fu commissionata dal canonico della Cattedrale di Cadice e fu eseguita per la prima volta in occasione del Venerdì Santo del 1786. Si compone di 9 brani: un’introduzione maestosa, 7 sonate che si ispirano alle ultime frasi pronunciate da Cristo sulla Croce e che avrebbero dovuto alternarsi alle parole del celebrante durante la liturgia, e Il terremoto conclusivo, che segna simbolicamente la fine del calvario di Gesù, il momento che accompagna la sua morte, secondo le parole del Vangelo di Matteo. Alla versione orchestrale originale, eseguita dalla compagine Rai e da Dantone, Haydn ne fece seguire poi altre tre: una per quartetto d’archi, una per tastiera sola e una in forma di oratorio per soli, coro e orchestra. Nell’esecuzione del Concerto di Pasqua della Rai trova spazio anche la voce fuori campo di Mario Acampa che, prima delle varie sezioni di lavoro di Haydn, declama le sette frasi ritenute dai Vangeli le ultime sette parole di Gesù Cristo dette e pronunciate da Gesù Cristo prima di spirare sulla Croce.

Già protagonista del Concerto di Natale, ha iniziato la sua carriera come primo attore al Teatro Stabile Privato di Torino. Dopo numerosi ruoli in film e serie televisive internazionali, ha continuato la sua formazione e tra l’Italia e Lo Angeles. Nel 2015 ha debuttato alla regia lirica al Carignano di Torino con “Il Piccolo Principe”, e ha scritto e diretto concerti in tutta Italia, dal Teatro Regio di Torino al Massimo di Palermo. Tra questi “il processo a Nureyev”, “La vestale di Elicona”, “Donne alla guerra di Troia” presso il Teatro Antico di Taormina. Dal 2021 ha iniziato la collaborazione con il Teatro alla Scala,,dove recentemente ha curato la regia del “Cappello di Paglia di Firenze” di Nino Rota.

Biglietti per il Concerto di Pasqua: presso la biglietteria dell’Auditorium Toscanini e sul sito dell’OSN Rai

Info: 011 8104653

Mara Martellotta

“Franciscus” guarda alla sua epoca per parlare al mondo di oggi

Simone Cristicchi sul palcoscenico del Gioiello, soltanto sino a domani

 

Vabbè, uno dice è un grande, un grandissimo cantante, un’isola a sé, uno fuori di ogni schema, solitario come una perla rara sul palcoscenico più canoro dello Stivale e ben altrove, ne ascolti la voce e lo ammiri: ennò, non soltanto quella, Simone Cristicchi è un cultore della parola, non solo nella bella dizione che si porta appresso e che ti godi, esclusa da un certo variopinto farfugliamento che ti ritrovi a volte sui palcoscenici, uno di quelli che la parola la sanno comporre e ricomporre, amalgamare, incrociare e dispiegare, rafforzata dall’Idea che avvince e coinvolge il pubblico. Andate al Gioiello a gustarvi il suo “Franciscus. Il folle che parlava agli uccelli”, scritto con Simona Orlando (al Gioiello sino a domani giovedì 10 aprile), e preparatevi a essere avvolti dentro questo testo – e abbiate il coraggio tutto umano di commuovervi – che non è solo la rappresentazione di una figura umana che ha messo la sua profonda impronta su un’epoca ma dell’epoca stessa, che è fuori da ogni “santino” che vi possa essere capitato tra le mani, la figura di un santo che ha preso alla lettera le parole del Vangelo, che è il frutto di studi portati avanti con profondità, con saggezza, attingendo a quanti hanno guardato nell’intimo del santo d’Assisi, da Bonaventura da Bagnoregio per arrivare all’Ottocento del francese Paul Sabatier, con una divulgata miscela di riflessioni e di divertimento, un inno alla povertà e una sferzata inconfutabile al superfluo, circa 100 minuti monologali di meditazione più vicini alla Cavani che non a Zeffirelli, dove scorgi la “letitia” e l’inno alla natura – ma vivaddio non a quell’ecologismo di attuale facciata dietro cui molti oggi sbavano e si nascondono con grande comodità -: e l’autore/attore, al termine, a salutare con commozione e a ringraziare la sala stracolma, il pubblico in piedi e sotto il palcoscenico, tra applausi senza condizione, non come l’interprete che ha vinto la sua battaglia, ma come l’uomo pieno di dignità e di timidezza che ha ancora ben presente quanta strada ci sia da fare a completare la strada.
“Franciscus” non è che la tappa, attuale, di un cammino di un uomo completo di spettacolo che non ha ancora saltato la barriera dei cinquanta, che è stato obiettore di coscienza e volontario in un centro di igiene mentale, che s’è all’inizio dato ai tormentoni tipo “Vorrei cantare come Biagio” e che ci ha regalato poi capolavori come “Ti regalerò una rosa” e “Abbi cura di me”, “Studentessa universitaria” e “Quando sarai piccola”, che è passato attraverso le scritture di “Mio nonno è morto in guerra” e “Magazzino 18”, intorno al dramma delle genti istriane, giuliane e dalmate del dopoguerra, e “Manuale di volo per l’uomo”. Prove che l’hanno sempre più fatto immergere nel teatro – anche d’organizzazione, per tre anni è stato direttore dello Stabile d’Abruzzo -, alla piena consapevolezza della ricerca di un teatro “di civiltà” o civile, un cammino – lo ascoltavo dalla platea in certi a parte, in certe parole in cui più veniva messo a fuoco il pensiero di Cristicchi autore, con delucidazioni, con ampi pensieri, con ragionamenti, con commiserazione della attualità, che abbracciavano anche miserevoli percentuali del nostro vivere quotidiano – che lo sta felicemente portando a vivere quelle stesse aree già frequentate da Giorgio Gaber (è da manuale il brano del centro commerciale, con la fame che tutti conosciamo di gettare oggetti dentro il carrello della spesa; e come non avvicinare i due autori, di epoche diverse, in quel tema della finzione, “fingendo di essere liberi” l’uno, “far finta di essere sani” l’altro?) in quegli stessi anni in cui Cristicchi è nato. E lui, ben saldo sul palcoscenico, potrebbe essere il signor C. degli anni futuri.
Franciscus il rivoluzionario e l’estremista, l’innamorato della vita e capace di vivere un sogno, forte e momentaneo se già certi suoi seguaci preferirono rinnegare nella maggiore comodità il suo insegnamento, il folle che parlava agli uccelli, che riusciva a vedere la bellezza del Creato nell’acqua come nella morte. L’uomo che compone negli ultimi anni della sua vita il “Cantico delle creature”, che s’è rifugiato tra i lebbrosi e ha ucciso uomini nella guerra tra Perugia e Assisi, che è “così pazzo da cambiare il mondo”, che “è tutto e il contrario di tutto”, che è un alternarsi di “studi silenzi isolamenti”, che con i mattoni e le pietre ha costruito chiese e con la propria esistenza ha per un attimo rimesso in sesto una Chiesa traballante, che s’è spogliato davanti al tempio di Minerva, come c’insegna Giotto, in una scelta radicale di povertà, rinnegando gli averi di ser Bernardone – magari messo a confronto (parola grossa!) con gli spogliarelli di oggi che vanno tanto per la maggiore, che viveva di religiosità e di dubbi, che viveva di utopie, che ha perso la partecipazione alla Crociata ma riesce a stabilire egualmente, a Damietta, sulle rive del Nilo, un legame con il futuro sultano al-Malik al-Kamil. “Ci fu un tempo in cui c’era ancora tempo” recita Cristicchi e in quel tempo pone la santità del suo uomo: ponendogli a filtro Cencio, stracciaiolo girovagante con il proprio carretto su cui raccoglie quei brani di stoffa, seta e quant’altro, che poi porterà alla cartiera perché divengano preziosa carta a cui ridaranno vita infaticabili amanuensi, uomo rude e imbronciato, caustico e certo non grande ammiratore del poverello, inventore di una lingua sua che Cristicchi con bell’approccio diversifica e offre al pubblico con simpatia. E con la bravura di sempre ripone all’interno dello spettacolo, che ha la bella struttura scenografica lignea di Giacomo Andrico, otto canzoni, scritti con Amara, che con l’aiuto della chitarra sono parte non secondaria della serata. Uno spettacolo da non perdere, una faccia non troppo rivisitata di quel Teatro con la lettera maiuscola che ci spinge, che ci aiuta a crescere. Una rabbia, una laicità, un affetto anche che fanno grande un momento teatrale. Che ha il potere, autentico, di chiamarci a testimone e di coinvolgere.

Elio Rabbione

Le immagini dello spettacolo sono di Edoardo Scremin.

Torino Fringe Festival. La Vita è un Varietà

C’è stato un tempo in cui il teatro era sogno, trasformismo, eccesso. Nel cuore della Belle Époque, il varietà era il regno dell’immaginazione, un turbinio di luci e colori, di canzoni e battute fulminanti, di eleganza e irriverenza. La XIII edizione del Torino Fringe Festival 2025 ne raccoglie lo spirito trasformando la città in un palcoscenico diffuso dove il passato incontra il presente in un’esplosione di creatività: “La Vita è un Varietà” è un omaggio alla grande tradizione italiana del varietà e del teatro di rivista, dei cabaret, dei cafè chantant e degli anni del proibizionismo.

Dal 13 maggio all’1 giugno, più di 40 spettacoli, tra prosa, danza, musica e performance, più di 15 eventi speciali, 6 prime assolute, nazionali e anteprime, più di 170 repliche, rendono omaggio all’arte del varietà mescolandola con le nuove frontiere della drammaturgia contemporanea. Dai protagonisti della scena teatrale italiana indipendente alle compagnie emergenti under 35, il Torino Fringe Festival sarà un viaggio tra il teatro civile, la comicità tagliente della stand-up comedy, il teatro fisico, le drammaturgie originali e le sperimentazioni più audaci. Tra i nomi: Arturo Brachetti, il grande Maestro del trasformismo internazionale e Matthias MartelliDomiziano Pontone, autore di spettacoli sul cinema; Francesca Cola, l’artista che esplora i confini tra danza, performance e arti visive; Simone Sims Longo, l’artista sonoro che opera tra musica elettronica, sound design e installazioni. La Conventicola degli ULTRAMODERNI, il cabaret italiano per eccellenza; Alessandro Ciacci, Premio Alberto Sordi 2022, vincitore di LOL Talent Show 2 e nel cast di LOL5; Igor Sibaldi, lo scrittore, studioso di teologia e storia delle religioni; Giorgia Mazzucato, attrice, autrice e regista, miglior artista internazionale al San Diego Fringe Festival; Caroline Baglioni e Michelangelo BellaniWalter Leonardi, attore, giullare e comico, volto storico de Il Terzo Segreto di Satira. Lucia Raffaella Mariani, Premio Hystrio alla Vocazione Ugo Ronfani 2018; Mauro Piombo e Gilda Rinaldi Bertanza; lo scrittore Alessandro Ferraro; Flavio AlbaneseMassimiliano Loizzi; la compagnia Enchiridion che porta in scena testi inediti di autori stranieri mai rappresentati; Teatro Strappato, la compagnia nomade di attori-artigiani che disegna e crea le sorprendenti maschere; Garu e Isaac, il Duo Padella, artisti di strada, giocolieri, equilibristi, clown.

Palcoscenico del festival di teatro off e delle arti performative tra i più originali d’Italia, l’intero capoluogo piemontese, dai luoghi considerati più canonici a quelli off, anticonvenzionali e quasi sconosciuti, come The Heat Garden, impianto di accumulo e riserva calore del Gruppo Iren completamente immerso nel verde; Le Roi, tempio storico dello spettacolo torinese firmato da Carlo Mollino; il Polo del ‘900.

 

«Siamo felici di celebrare il 13° anniversario del Torino Fringe Festival con un’edizione che omaggia il mondo del Varietà, intitolata “La Vita è un Varietà” – spiega Cecilia Bozzolini, direttrice del Torino Fringe Festival -. Per tre settimane, Torino si anima di teatro e arti performative e la creatività prende forma nei luoghi più inattesi della città. Con questo tema, abbiamo voluto abbracciare la vitalità e la molteplicità dei linguaggi artistici per offrire una riflessione profonda sulla complessità del nostro presente. Il Varietà, con la sua capacità di mescolare leggerezza, ironia e visione, è il punto di partenza per attraversare il contemporaneo con occhi nuovi, valorizzando la contaminazione tra generi, formati e sensibilità. Ogni spettacolo è un tassello di un mosaico che racconta la vita, in tutta la sua varietà, tra contraddizioni, poesia ed eccentricità. In un’epoca di cambiamento profondo per il mondo dello spettacolo dal vivo, il Fringe ribadisce la sua natura inclusiva e aperta alla sperimentazione. È un festival che parla a tutte e tutti, che cerca di portare il teatro fuori dai teatri e la cultura dentro la quotidianità. Ringraziamo il pubblico, nuovo e affezionato, che ogni anno sceglie di attraversare con noi questo viaggio artistico, e le istituzioni che, da tredici anni, credono e investono in questa visione».

Per l’Assessorato alla Cultura della Città di Torino, questa edizione del Torino Fringe Festival lancia un prezioso messaggio di diversità e contaminazione artistica, coinvolgendo tutta la città con tanti luoghi in zone diverse, portando la cultura nella quotidianità, vicino alle persone e rendendo l’arte accessibile e viva per tutti. E questo è di particolare rilevanza, oltre al fatto che la manifestazione si espande e costruisce nuove reti come la collaborazione con Napoli Fringe Festival in occasione delle celebrazioni di Napoli 2500. Il Torino Fringe Festival dimostra, grazie alla collaborazione di enti, istituzioni e partner che hanno deciso di sostenere il progetto, che solo lavorando insieme si può offrire ai cittadini un’importante offerta culturale.

 

IL GRAND OPENING

Il sipario si alza martedì 13 maggio alle 20.30 con un evento speciale a Le Roi Music Hall: un omaggio al teatro di varietà come arte della trasformazione e dello stupore. La Conventicola degli ULTRAMODERNI, il cabaret italiano per eccellenza diventato un luogo cult della Città Eterna, per il Grand Opening del Torino Fringe Festival XIII, porta in scena ULTRAvarietà! Dal trapassato prossimo al futuro anteriore, l’intera kermesse romana con 14 artisti pronti a far rivivere i fasti del varietà tra numeri di burlesque, canzoni d’epoca, sketch comici e coreografie spettacolari. Una serata dal fascino retrò, realizzata in collaborazione con Salone OFF 2025 e Club Silencio, per un tuffo nel passato tra sciantose e maliarde, fini dicitori e macchiettisti, musicisti e ballerine, tra numeri di burlesque, canzoni d’altri tempi e sketch irresistibili.

TorinoFilmLab raddoppia a Cannes

TorinoFilmLab per la prima volta è presente nella Competizione Ufficiale del Festival di Cannes con DUE FILM.

Ricchissima la presenza di opere sostenute dal laboratorio del Museo Nazionale del Cinema di Torino alla prossima edizione del festival.

 

In Concorso Renoir di Chie Hayakawa, già nota per Plan 75 – premiato con la Camer d’Or Speciale a Cannes 2022, e Romería di Carla Simón, che al TFL ha sviluppato anche il suo lavoro precedente, Alcarràs, vincitore dell’Orso d’Oro alla Berlinale 2022, a cui si aggiungono i nuovi titoli degli alumni Julia Ducournau e Oliver Laxe.

Inoltre, sono tre i film targati TFL selezionati nella sezione Un Certain Regard.

Gazzè, Silvestri, Fabi: una storia di amicizia, musica e silenziosa rivoluzione raccontata in “Un passo alla volta”

In una primavera torinese che comincia a vibrare di vita e attese, il Cinema Eliseo di Torino ha ospitato una serata densa di emozioni e memoria: la proiezione di Un passo alla volta, il documentario diretto da Francesco Cordio che racconta, con delicatezza e intensità, l’anima condivisa di tre protagonisti della canzone d’autore italiana: Max Gazzè, Daniele Silvestri e Niccolò Fabi.
Il film ruota attorno alla costruzione del concerto-evento del 6 luglio 2024 al Circo Massimo, una celebrazione collettiva di oltre 50.000 persone per i trent’anni di carriera del trio. Ma ciò che emerge con forza non è solo la musica: è il legame umano, il rispetto artistico, il piacere autentico dello stare insieme su un palco. Un’intesa rara, silenziosa e potente, che si fa musica, gesto, armonia.
Suonare il pezzo dell’altro durante il concerto– raccontano – non era una pausa, ma la forma più pura di condivisione. Non siamo ‘cantanti’ in senso stretto, siamo autori, siamo amanti della musica. In un’epoca dominata dall’egocentrismo, abbiamo scelto di raccontare una storia tra amici.”
Il documentario torna anche alle origini: agli anni ’90, a Il Locale di Roma, fucina di talenti e di incontri irripetibili. “Non ci sentivamo in competizione,” dice Fabi, “ma parte di un flusso continuo di contaminazione e crescita.” Gazzè aggiunge: “Passiamo ore a discutere su dettagli del suono che nessuno nota. È questo che ci rende musicisti.”
 
Silvestri, con lucidità, riflette: “Negli anni ’90 c’era una combinazione irripetibile. Oggi, con la facilità della produzione digitale, si è perso il senso della condivisione. La musica è diventata spesso solitaria. Noi volevamo mostrare che un’altra via è possibile.”
Un altro tema forte è il dialogo tra generazioni. “C’è un’intera scena di giovani artisti – osserva Gazzè – che rischiano di rimanere per sempre emergenti. È drammatico. Bisogna creare spazi reali, veri, non solo vetrine.” Fabi ricorda le tre cantautrici -Anna Castiglia, Daniela Pes ed Emma Nolde- che hanno aperto il concerto: “Non erano lì per caso. Esistono famiglie emotive che attraversano le generazioni. Noi non ci sentiamo maestri, ma parte di una linea verticale, che continua.”
Anche la tecnologia entra in scena, ma senza nostalgie: “Oggi registro con un iPad, ma nulla può sostituire la presenza, lo stare insieme,” dice Gazzè. “La macchina deve essere al servizio della creatività, non il contrario.”
E sul futuro? Fabi è onesto: “Abbiamo fatto questo documentario anche per guardarci dentro. Ora, prima di fare un altro passo, vogliamo che abbia significato. Se abbiamo avuto credibilità agli occhi del pubblico è perché abbiamo sempre voluto dare un senso al nostro unione.”
 
Un passo alla volta è, alla fine, questo: la testimonianza sincera di tre uomini che hanno scelto la musica come strumento di relazione, di ascolto reciproco e di bellezza condivisa. Non un monumento a se stessi, ma un invito gentile a credere che, insieme, qualcosa di più grande si può ancora fare.
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 Valeria Rombolá 

Rock Jazz e dintorni a Torino: Lucio Corsi e i Negrita

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GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA 

Martedì. Alle OGR suona il trio del sassofonista Jerry Weldon. Al teatro Concordia si esibisce Lucio Corsi.

Anteprima del Torino Jazz Festival con 4 appuntamenti: alla Bocciofila Rami Secchi suona il quartetto di Paolo Agrati, al Comala Pietro Paris quartet, al circolo Mossetto il trio Bellavia- Chiappetta-Deidda, allo Spazio 211 il trio High Fade. Al Capodoglio è di scena Dario Sansone.

Mercoledì. Al Fame Club si esibisce Caterina Cropelli. Al Vinile sono di scena i The Club. Al Capolinea 8 suona Feu Marinho & Federico Zaltron. Al teatro Concordia si esibiscono i Negrita. Per l’anteprima del TJF alla bocciofila Rami Secchi suona il quintetto di Claudio Bonadè. Al Comala la jam session mista Marmellata Jam (musicisti, poeti, disegnatori).

Giovedì. Al teatro Concordia si esibisce Eugenio in Via Di Gioia. Al Vinile sono di scena Tony Degruttola & Giulia Piccarelli. All’Hiroshima Mon Amour si esibisce Cristiano Godano. Allo Ziggy suona il trio Sommacal-Ardizzoni-Cignoli. Per l’anteprima del TJF al Magazzino sul Po è di scena il The New Maurizio Brunod Ensemble, al Folk Club suona Attilio Zanchi Quintet, al Blah Blah si esibisce Aleloi & The Toxic Jazz Factory. All’Off Topic è di scena Il Mago del Gelato.

Venerdì. Al Circolino suona Max Gallo con Pino Daniele Jazz. Al Peocio di Trofarello si esibisce la Neil Zaza Band. Al Capolinea 8 suonano gli Edna. Al Magazzino sul PO è di scena Stefano Pilia. Al Blah Blah si esibiscono i The Trip.

Sabato. Allo Ziggy suona la Disharmonic Orchestra + Miscreance. Alla Divina Commedia sono di scena i Number 9.

Domenica. Per l’anteprima del TJF suona il quartetto della sassofonista Melissa Aldana all’Double Tree by Hilton. Alla Divina Commedia si esibisce La Bbbanda.

Pier Luigi Fuggetta

La nuova comunicativa musicale dell’Ensemble Tamuz con l’Unione Musicale

Lunedì 14 aprile, al teatro Vittoria, alle ore 20, giunge al traguardo per questa edizione la serie “L’altro suono” che l’Unione Musicale celebra con l’Ensemble Tamuz proponendo due magnifici quartetti d’archi di Boccherini e di Schubert.

L’Ensemble Tamuz, nato nel 2017 a Berlino, riunisce musicisti di diverse nazionalità, con la comune passione per il repertorio musicale meno esplorato dell’età classica e romantica, da riproporre in esecuzioni storicamente informate. Nell’intervista rilasciata in esclusiva per l’Unione Musicale, i musicisti raccontano: “Il fatto di prevenire da Paesi, tradizioni e culture diverse è un grande arricchimento umano, di conseguenza musicale. La nostra ricerca interpretativa, volta al lato comunicativo ed emozionale si riflette e trova corrispondenza nello scambio musicale e umano tra noi, cinque amici dai background così diversi”.

La loro ricerca storica e filologica, oltre agli aspetti interpretativi, include anche quelli relativi alla ricezione. Le musiche a cui gli artisti dell’Ensemble si dedicano erano originariamente destinate ai privati, dove erano suonate fra famigliari e amici: una situazione completamente diversa da quella molto formale dei concerti attuali. Per questo i musicisti hanno messo in campo una serie di strategie per riportare in vita quell’approccio conviviale in chiave moderna.

“Come musicisti freelance – spiegano i musicisti – ognuno di noi ha fatto esperienza della crisi che sta attraversando la musica classica nel rapporto con il pubblico. Mettere in discussione la struttura tradizionale del concerto è stato un punto di partenza per la nostra riflessione su questo tema. Pensiamo che la distanza con il pubblico vada ridotta tornando a una dimensione più umana nel fare musica, che si basi sulla comunicazione  e l’interscambio, un maggiore focus sulla natura espressiva ed emozionale e, pertanto, più imperfetta nell’interpretazione, ponendo maggiore attenzione all’evento unico del concerto come evento aperto al dialogo e all’estemporaneità. Spesso suoniamo in cerchio con il pubblico intorno a noi, abbattendo la distanza tra palco e platea, luce e buio, entrata del pubblico e ingresso artisti. Con il nostro pubblico ci piace chiacchierare, intrattenerci, prendere un bicchiere di vino, scambiare commenti e critiche , e questo influisce sul nostro fare musica, perché stiamo raccontando una storia a qualcuno, comunicando con tanti individui e non con una massa indistinta e impersonale”.

I due Quintetti in programma a Torino presentano un’impronta intimista importante, che favorisce la complicità tra pubblico e artisti. Boccherini ha scritto i suoi quintetti quando risiedeva a Madrid presso la corte spagnola, dove impartita lezioni e faceva musica con il quartetto costituito dai membri della famiglia reale, aggiungendosi ai due violini, viola e violoncello. Il Quintetto di Schubert, per quanto sia musica di straordinaria profondità e dal colore quasi lunare, fu concepito in un ambiente cameristico, per un’esecuzione intima tra amici e dilettanti, ed è a questa dimensione che aspira l’Ensemble Tamuz con la sua lettura.

Biglietti: online sul sito www.unionemusicale.it oppure presso la biglietteria dell’Unione Musicale in piazza San Carlo 206

Orari: martedi-venerdi dalle 10.30 alle 14.30 – mercoledì dalle 13 alle 17. Il giorno del concerto dalle ore 19.30 presso il botteghino del teatro Vittoria, in via Gramsci 4.

Mara Martellotta