SPETTACOLI- Pagina 6

“Cantando sotto la pioggia”, tra ieri e oggi, un successo autentico di musiche e canzoni, di danze e recitazione. Da non perdere

All’Alfieri, repliche sino a domenica 18 maggio

Uno spettacolo a teatro come un vecchio film, compresi righe e filamenti volanti sulla pellicola, il carattere un po’ démodé delle scritte: con tanto di titoli di testa a elencare cast, costumi e scenografie, musiche, regia e produzione, quanti fecero l’impresa e quant’altro ancora. Come ai vecchi tempi, tutto a scorrere oggi sulla quarta parete del palcoscenico dell’Alfieri, per la prima nazionale – una delle tante promesse, quella dei debutti importanti, che Fabrizio di Fiore sta mantenendo nel corso delle sue nuove stagioni teatrali torinesi – di “Cantando sotto la pioggia” (repliche sino al 18), in un mese di maggio che vede quasi il termine del calendario. Un omaggio dovuto, “un sogno che si avvera nei confronti di un testo a cui ho pensato da sempre, da quando ho iniziato a fare il mestiere che faccio”, ricordava ieri sera Luciano Cannito, regista, al termine dello spettacolo con applausi davvero trionfali da parte di un pubblico certo di aver incrociato una brillante serata; e poi la eccellente ricostruzione di un clima, che continua a vivere in un’epoca ben precisa ma che allo stesso tempo ha tutti i mezzi per irrobustirsi di vita propria – con tanto di citazioni, dall’orologio di Harold Lloyd di “Preferisco l’ascensore” alle gambe più belle (e costose) del mondo, quelle di una smagliante Cyd Charisse proprio in coppia con Kelly -, di musiche e canzoni, di coreografie catturate da quelle immagini, di pericolante recitazione e di torte in faccia, di dispetti e rivalse tra primedonne, di un divertimento insomma che riempie appieno le tre ore circa dello spettacolo. Se il titolo è una pietra miliare del teatro musicale, e lo è certamente con un ristretto gruppo di non ti stanchi mai, diceva ancora Cannito in un’intervista a La Stampa, ecco che il regista si fa apprezzare per quella rinuncia alle forzature, per quegli ammodernamenti evitati, per il “rispetto” di quel “sacro che c’è dentro” anche se niente vieta di togliere “un po’ di polvere che si è depositata nel tempo”, pronta a lasciare spazio a una più calcata e pungente ironia.

Con un bel ritmo, che potrà ancora crescere con l’avanzare delle repliche, lo spettacolo guarda gioiosamente al film del ’52 diretto da Stanley Donen e Gene Kelly, quest’ultimo come ognuno sa nel ruolo anche del protagonista Don Lockwood, l’epoca della vicenda è il tramonto del cinema muto, quando immagini in bianco e nero rendevano attori anche approssimativi costretti a costruire facce di circostanza, a strabuzzare occhi fuor di misura, ad atteggiarsi in movenze a dir poco ridicole. Il teatro, quello era l’autentico mondo della recitazione, ma non era pane per tutti. Non per quelle attricette di poco conto che non avrebbero mai potuto prestare la loro voce stridula alle tavole di un palcoscenico, le riprese erano lì a salvarle senza che il pubblico, già allora ai bordi del red carpet, si ponesse tante domande. È quanto succede alla acclamata quanto vanesia, vanitosissima, Lina Lamont, che fa coppia con Don in mediocri film di cappa e spada: senonché quel mondo di non più sopportabile cartapesta, dopo disastrosi tentativi di adattamento, pare scoppiare quando il 6ottobre 1927 “Il cantante di jazz” con Al Jolson appare sugli schermi a inaugurare il cinema sonoro – una rivoluzione, come quella che a Hollywood fu dodici anni dopo con la risata della Garbo per “Ninotchka” – e quelle voci sgraziate avrebbero avuto vita breve. All’orizzonte di “Cantando” appare Kathy Selden, viso notato dal produttore che vede lontano, bella presenza e voce da sogno, semplicità e pochi grilli per la testa, che con l’aiuto di Don, nuovo compagno di lavoro e di vita, e dell’impareggiabile funambolico Cosmo penserà a smascherarla e a metterla in ridicolo, con buona pace di una improbabile carriera.

Legatissimo e mai un attimo che accusi sghembature o rallentamenti che siano lì a intaccarne il ritmo, smagliante, divertente, il vecchio libretto di Betty Comden e Adolph Green rispolverato a dovere secondo la promessa registica, le canzoni di Nacho Herb Brown e Arthur Freed (dal “Mago di Oz” giù giù sino a “Gigi” una delle più belle firme di Hollywood), qui con la traduzione di Cannito e di Laura Caligani, a tornare sempre piacevolmente in mente, le scene di Italo Grassi e soprattutto i costumi di Silvia Califano (un cognome che è una garanzia), che spazia con le sue invenzioni da “Sherazade” a Shakespeare per il festival veronese, dall’Aterballetto al “Lago dei cigni” per il Roma City Ballet Company, non ultimo il disegno luci curato da ValerioTiberi, ogni apporto rende “Cantando” un’occasione da non perdere. Metteteci ancora un corpo di ballo di quindici elementi, di quelli che si cercano e si trovano da chi ha parecchio fiuto alle spalle, che all’occorrenza canta e recita, metteteci degli attori in gran forma e avrete la sembianza esatta del successo o del successone. Senza se e senza ma. Lorenzo Grilli, cresciuto nel teatro di Proietti e nel cinema di Roberta Torre, è un valido Don che sfugge con padronanza alle incertezze del debutto e si irrobustisce, passo dopo passo, mattatore assoluto, davvero efficace, nel momento “in the rain” sotto scrosci non indifferenti d’acqua con voce e salti e zompi invidiabili sui lampioni di scena. Martina Stella e Flora Canto, su due diversissimi versanti, sono due belle attrici, che convincono, un ritrattino tutto sale e pepe di ocaggine agguerrita nel non voler cedere lo spazio che s’è guadagnato la prima, anche capace di mettere in secondo piano, con lodevole convinzione, una vera bellezza; grintosa “my fair lady” del palcoscenico la seconda, pienamente disponibile ad un percorso di tutto rispetto. Folletto della serata, autentico artista, versatile, pronto a mettere in scena per quanti non lo conoscono, autentica scoperta, e a ribadire per i molti altri una insolita bravura che ha preso forma negli anni, e nelle tante tappe, nella danza (tap, modern e acrobatica), nel musical e nelle arti circensi, Vittorio Schiavone, che passa attraverso il Teatro alla Scala e guarda a Michael Jackson: il suo Cosmo, per certi tratti, in coppia con il protagonista o negli assolo, ha tutta la magia dell’inafferrabile, del campione che non hai ancora incrociato, dell’uomo di palcoscenico abituato a sgusciare, a lanciare piccoli e grandi guizzi e a colpire a segno, del nome che per il futuro non potrà di certo sfuggirti e che dovrai essere tu a dover tenere d’occhio.

Elio Rabbione

Le immagini di “Cantando sotto la pioggia, regia di Luciano Cannito, sono di Valerio Polverari.

Tanti gli ospiti attesi al Festival della TV di Dogliani

 Tra questi Carlo Conti, Gad Lerner, Aldo Cazzullo e Stefano De Martino

Il cuore culturale per eccellenza delle Langhe, Dogliani, tornerà ad animarsi dal 23 al 25 maggio prossimo con un evento che, per il quattordicesimo anno, porterà il gotha del panorama artistico e televisivo internazionale in questa località in occasione del Festival della TV.
Il cartellone del Festival è ormai completo, Carlo Conti e Gad Lerner chiuderanno la lista degli oltre 130 ospiti che contraddistingueranno i tre giorni ricchi di talk e spettacoli previsti nella cittadina langarola. Tra il 23 e il 25 maggio oltre 50 eventi comporranno il palinsesto ideale sotto la direzione artistica di Federica Mariani. Alle 19.30 del primo giorno, Carlo Conti, intervistato dalla giornalista Alessandra Comazzi, rivelerà i retroscena dell’ultima edizione del Festival di Sanremo di cui è stato direttore. La serata d’esordio sarà dedicata al confronto tra Gad Lerner e la cantante israeliana Noa su temi quali la musica, l’arte e il linguaggio, ma anche il conflitto israelo- palestinese. Nel Festival della TV verranno affrontati anche argomenti seri con profondità, ricercando il dialogo. Secondo la direttrice artistica è importante, infatti, a proposito della situazione della Palestina, ascoltare più voci.
Il Festival vede inoltre la partecipazione in prima fila di grandi volti della televisione italiana, dai veterani alle nuove promesse, da Mara Venier, che ripercorrerà la sua lunga carriera nel piccolo schermo, a Stefano De Martino, passando per Enrico Mentana. Apriranno le porta al mondo del web e della carta stampata, il 23 maggio, l’editore di Rcs Mediagroup Urbano Cairo e il direttore di Chora Media Mario Calabresi, che parleranno del futuro del giornalismo. Il tema dell’informazione sarà anche affrontato in relazione a una tematica altrettanto delicata come quella della democrazia, in un confronto tra Corrado Formigli, conduttore di Piazza Pulita, Francesco Cancellato, direttore di Fanpage, Antonio Padellaro, giornalista de Il Fatto Quotidiano e Mia Ceran, conduttrice Rai e autrice di Will Media. Alle 16.30 di sabato 24 maggio si terrà un talk sul futuro dell’informazione incentrato sul ciclone Trump, in cui prenderanno la parola Michele Brambilla del Secolo XIX, Emiliano Fittipaldi di Domani, Giuseppe De Bellis di Sky Tg24, Luciano Fontana del Corriere della Sera, Andrea Malaguti del La Stampa e Mario Sechi di Libero.
Tra gli ospiti presenti al Festival spicca il noto giornalista Aldo Cazzullo, che intervisterà il pianista Ludovico Einaudi e presenterà anche un reading sulla Bibbia e un talk di economia con Annalisa Bruchi. Il Festival della TV di Dogliani si aprirà venerdì 23 maggio alle 10.30 in piazza Umberto I e le altre location principali della manifestazione sono piazza Carlo Alberto e piazza Belvedere. Venerdì 23 maggio, alle 10.30 si terrà l’anteprima della nuova stagione de “Le ricette di Arturo e Kiwi 5”, produzione di Rai Kids, un appuntamento riservato alle scuole di Dogliani, mentre il pomeriggio sarà caratterizzato dalla presenza di Ornella Muti, Carlo Conti e Noa. La novità di quest’anno sarà la prima Dogliani TV Run, una gara podistica non competitiva di 10 km e una corsa camminata di 6 in programma sabato 24 maggio. Il Festival assegnerà tre premi alla sostenibilità e leggerezza, che sarà conferito a Francesca Fialdini, all’innovazione del linguaggio, che sarà conferito ad Aldo Cazzullo e all’ambiente, che andrà a Donatella Bianchi.

MARA MARTELLOTTA

“Murmur – Mormorio” di Irene Dionisio

L’ultimo progetto della filmmaker e artista visiva torinese sarà presentato al “Bellaria Film Festival” di Igea Marina

Sabato 10 maggio, ore 21

Bellaria – Igea Marina (Rimini)

“Un omaggio a una visione libera e artigiana dell’arte”, di cui il “Bellaria Film Festival”, storico Festival di “cinema indipendente” – fondato nel 1983 da Enrico Ghezzi e ora diretto da Daniela Persico – è, da sempre, custode. Questo, soprattutto, vuole essere “Murmur”, l’ultimo progetto filmico della regista torinese Irene Dionisio (nomina ai “David di Donatello” e “Nastro d’Argento per la Migliore Sceneggiatura” nel 2017 con “Le ultime cose”, oltre che dal 2017 al 2019 direttore del “Festival LGBTQI – Lovers” sotto il “Museo Nazionale del Cinema”) che verrà presentato, sabato 10 maggio, alle 21, presso il “Cinema Astra – Sala Hera”, proprio all’interno della 43^ edizione del “Bellaria”, in occasione del talk con l’attrice e regista palermitana, Isabella Ragonese, voce di “Murmur”, che, insieme alla Dionisio (e moderata da Daniela Persico) ripercorrerà per l’occasione il suo prolifico percorso cinematografico (ultima prova in ordine di tempo, nel 2022, il ruolo della fotografa Letizia Battaglia nella miniserie “Solo per passione – Letizia Battaglia fotografa”) a partire da spunti e riflessioni desunti da Anton Čechov.

Corto inedito d’archivio, il film di Irene Dionisio (prodotto da “Fondazione Home Movies” con “I Cammelli”, in collaborazione con “8emezzo – Archivio di Livorno”) segue “il volo reale e metaforico di un gabbiano, attraverso lo sguardo di una figura femminile – sospesa in un tempo indefinito-  che ne indaga le meccaniche fisiche e divine”. Ed è proprio Isabella Ragonese a dare voce agli interrogativi che animano il corto, a partire dalla libera rielaborazione del celebre monologo di Nina de “Il gabbiano” di Anton Čechov:

Dove sei? Leggero, buffo ed epico. Se gli orizzonti non fossero così vicini che folate seguiresti? E’ un desiderio quello che ti solleva, un dolore che ti sospinge, una follia quella che ti porta a fondo. Dove vai ora? Il vento come note a margine, sussurri e applausi. Questo soffio è un sospiro all’unisono.

Frasi smorzate. Di forte impatto emotivo. E visivo. Squarci profondi dell’anima, interpretati da un “altro” che può regalare il volo alle tue parole, ai tuoi sogni, alle tue speranze. E non fa nulla “chi sia” o “perché lui?” o “perché?”. L’importante è il suo “esserci”. Il suo “guidarci”. Solo questo … e nulla più.

Sottolinea la curatrice del progetto, Giulia Simi“Irene Dionisio ci apre a uno sguardo dell’attenzione, del respiro, della cura. Dai corpi minuti ai vasti paesaggi, ‘Murmur’ è un’elegia per la libertà del cinema e dell’arte che può – e forse deve – ripartire dalle immagini della memoria, dai ritrovamenti d’archivio, dalla capacità del passato di farsi presenza. Dispiegare le ali come i gabbiani per ritrovare l’incanto dell’immagine e della vita”.

E la stessa Irene Dionisio (che di recente ha scritto anche il volume “Lo sguardo del regista – Gli innovatori del cinema italiano”), sul senso del progetto filmico, spiega: “Da sempre il ‘Bellaria’ è stato custode di un cinema artigiano, di ricerca e di cesura. Un cinema che preserva la biodiversità degli sguardi registici e l’intelligenza di quella degli spettatori. E’ stato naturale e spontaneo arrivare alla creazione di questo piccolo omaggio”.

Omaggio che bene torna a sottolineare e a ricordarci le “antiche” parole di Enrico Ghezzi sul “Che cos’è il cinema indipendente?”. Diceva, anni fa (ma il tempo, in questo caso, non pare passato) il celebre critico cinematografico, bergamasco di Lovere: “Il cinema indipendente è quello fatto di opere capaci di farci dimenticare come, dove e perché sono nate, e poi capaci di farci interrogare”. Lezione ben appresa e custodita, con lodevole passione, dalla nostra Dionisio.

Gianni Milani

Nelle foto: “Still Frames_Murmur”, Irene Dionisio, Isabella Ragonese (Ph. Nicola De Rosa)  

Queen Rhapsody, rivive la favola di Freddie Mercury

Sabato 10 maggio, ore 21

Teatro Concordia, corso Puccini, Venaria Reale (TO)

La favola di Freddie e dei Queen fatta rivivere dalla penna di Francesco Freyrie

 

 

Queen Rhapsody è uno spettacolo nello spettacolo dove video, musica e favola si intrecciano in un crescendo di emozioni, dagli esordi ad A Night at the Opera, dal Live Aid a Wembley. Il testo è di Francesco Freyrie, la regia di Daniele Sala e la voce di Beppe Maggioni finalista di The Voice of Italy.

 

“Is this the real life? Is this just fantasy? È vita reale o è fantasia?” Comincia così la canzone manifesto dei Queen, l’azzardo più incredibile della storia della musica rock. C’è dentro di tutto, schegge di hard-rock, pop, glam, l’opera lirica, il Settecento, la teatralità, le ansie esistenziali dell’uomo, i reietti, gli dei e gli inferi. Eppure, dopo 43 anni dalla sua pubblicazione, nessuno è ancora riuscito a svelare il segreto del suo significato e a comprenderne appieno i meccanismi del suo successo. Più che una canzone è un mostro, una specie di Frankenstein creato e cantato da un brutto anatroccolo che si era trasformato in un dio e suonata con una chitarra eccezionale, scolpita nella trave di un caminetto, proprio come era successo a Pinocchio.

Forse il segreto dei Queen è proprio questo: aver giocato a tenere i piedi in due staffe, uno sulla terra e l’altro nel mondo delle favole. Non ci sono messaggi sociali nelle loro canzoni, eppure ancora oggi sono potenti, affascinanti, credibili, per nulla superati dalla realtà. La loro arte è sempre stata la messa in scena di una favola romantica, malinconica, ironica, straziante, gioiosa, sensuale e trasgressiva. Per comprenderli non serve la ragione, bisogna solo arrendersi alla loro straordinaria capacità di affabulare: dai dischi, ai live, alle loro vite, in particolare quella di Freddie.
Un nuovo spettacolo in cui musica, fascinazione visive e narrazione (sotto la regia di Daniele Sala) convivono in una formula più teatrale, una vera rapsodia pop abitata da gatti, brutti anatroccoli, chitarre fatate, regine viziate e uno scrigno di canzoni che spaccano il cuore ad ogni nota, regalandoci l’illusione di poter “vivere per sempre”.

Info

Teatro della Concordia, corso Puccini, Venaria Reale (TO)

Sabato 10 maggio, ore 21 

Queen Rhapsody

Testi Francesco Freyrie

Regia Daniele Sala

Regia luci Davide Tagliaferri

Alla voce Beppe Maggioni

Biglietti: intero 20 euro, ridotto 18 euro

www.teatrodellaconcordia.it

011 4241124 – info@teatrodellaconcordia.it

 

Una proiezione sulla Mole anticipa il “Santa Maradona Day”

 

Una proiezione sulla guglia della Mole Antonelliana ha dato inizio ai festeggiamenti del “Santa Maradona Day”, che si celebrerà il 9 maggio per omaggiare la pellicola di culto ambientata a Torino, rimasta nel cuore di tanti spettatori anche grazie alla straordinaria interpretazione del compianto Libero de Rienzo.

Venerdì 9 maggio il regista Marco Ponti, l’attore Stefano Accorsi e le attrici e gli attori del cast, insieme a tutti coloro che hanno collaborato alla realizzazione del film, saranno a Torino per una giornata speciale di solidarietà, ricordi e divertimento.

Per l’occasione verrà presentata un’edizione speciale della sceneggiatura originale del film, realizzata per la ricerca oncologica a favore della Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro: un’edizione a tiratura limitata di soli 500 esemplari con numerosi contenuti inediti, dagli appunti di regia, a fotografie esclusive, moodboard, bozzetti di costumi e altri dettagli sulla lavorazione del film. Sarà un’occasione imperdibile per i fan del film e non solo, e per tutti coloro che vogliono sostenere la ricerca scientifica. Parte dei proventi derivanti dalla vendita del libro, infatti, sarà destinato alla Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro e alle attività di cura e ricerca dell’Istituto di Candiolo – IRCCS.

L’evento inizierà alle ore 18 alla Libreria Luxemburg, con la presentazione del volume e una sessione di autografi (ingresso libero fino a esaurimento posti). Alle ore 20 al Cinema Massimo, sala Cabiria, ci sarà la proiezione del film, nella versione restaurata dal Museo del Cinema nel 2023 (biglietti acquistabili on line o alla cassa del cinema). La proiezione sarà preceduta dall’asta (anche on-line) di alcuni oggetti del film, a cura di Sant’Agostino Aste, il cui ricavato sosterrà le attività di cura e ricerca sul cancro dell’Istituto di Candiolo – IRCCS.

Ci sarà spazio anche per un omaggio gastronomico, con un gusto speciale di gelato – un mix di latte, cioccolato, caramello e panna montata servito nella “coppetta Santa Maradona” – che sarà in vendita per tutta l’estate nelle gelaterie Marchetti: il 50% dell’incasso sarà devoluto alla Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro.

TORINO CLICK

Orchestra Sinfonica Giovanile del Piemonte chiude la stagione

Gran finale  a Ivrea con il concerto che chiude la stagione dell’Orchestra Sinfonica giovanile martedì 13 maggio prossimo alle ore 21, all’Auditorium Mozart

Si terrà martedì13 maggio prossimo, alle ore 21, all’Auditorium Mozart di Ivrea, l’ottavo e ultimo concerto della XXXI stagione musicale dell’Orchestra Sinfonica Giovanile del Piemonte.

In ossequio alla vocazione dell’associazione, che fin dalla sua costituzione nel 1994 ha voluto  promuovere l’attività concertistica dei giovani talenti, il concerto vede impegnata una formazione musicale costituita, appunto, da giovani musicisti piemontesi: Armonie d’Acaja – Orchestra da camera del Pinerolese, nell’occasione diretta da Mario R. Cappellin, musicista ben noto al pubblico eporediese.

Completano il cast: Coro Mozart di Ivrea (Martina Cizniarova, maestro del coro), Coro femminile Ensemble Vocale Arcadia di Pinerolo, Corale Santa Rita di Torino (Omar Caputi, maestro del coro), Francesca Sicilia (soprano), Ilariandrea Tomasoni (contralto), Davide Micheletti (tenore), Giuseppe Gloria (basso).

In programma musiche di Mozart.

PROGRAMMA

Wolfgang Amadeus Mozart (1756 – 1791)

Sinfonia n. 30 in re maggiore, K 202
Molto allegro
Andantino con moto
Menuetto. Trio
Presto

Sonata da chiesa n. 12 in do maggiore, KV 278 “Pro festis Palii”
Allegro

Sonata da chiesa n. 14 in do maggiore, KV 329

Allegro

Messa dell’Incoronazione per soli, coro, organo e orchestra
in do maggiore, K 317

Kyrie – Andante maestoso
Gloria – Allegro con spirito
Credo – Allegro molto
Sanctus – Andante maestoso
Benedictus – Allegretto
Agnus Dei – Andante sostenuto

Al seguente link è disponibile materiale di approfondimento, biografie e foto:

https://www.dropbox.com/scl/fo/d3vgmus2g7jfrudtloxdx/ACQjQHghgiyUNQlvXF0IOc4?rlkey=w5qx8v4cchmaun5dtdts92xmb&dl=0

BIGLIETTI SINGOLI

Posto unico numerato: euro 20.

Riduzione per iscritti all’UNI3 Ivrea: euro 15,00.
I biglietti singoli sono posti in vendita dal lunedì precedente lo spettacolo. Gli eventuali biglietti an­cora disponibili saranno in vendita lo stesso giorno del concerto direttamente presso il botteghino dell’Auditorium Mozart, a partire dalle ore 20,30.

Sede del concerto: Auditorium Mozart: corso Massimo d’Azeglio, 69
10015 Ivrea (TO)

ORARIO DI SEGRETERIA

Orchestra Sinfonica Giovanile del Piemonte

corso Massimo d’Azeglio n. 69, 10015 Ivrea (TO), 0125.425123

segreteria@orchestragiovanile.it

La segreteria è aperta nei giorni di lunedì, mercoledì, giovedì e venerdì, dalle 14,30 alle 18,30.

Mara Martellotta

Il rosso sarà il fil rouge della prossima stagione del Regio: si inaugurerà con la “Francesca da Rimini”

Il rosso sarà il fil rouge della prossima stagione del Teatro Regio, che si inaugurerà il 10 ottobre con la “Francesca da Rimini” di Riccardo Zandonai e grande fermento per il ritorno di Riccardo Muti e per “Caravaggio” di Roberto Bolle

La stagione del Teatro Regio 2025/2026 si ispira al colore rosso presente nel titolo, sinonimo di passione ed energia, e si inaugurerà il 10 ottobre prossimo con la “Francesca da Rimini” di Riccardo Zandonai. Il suo cartellone sarà composto da 74 repliche ed è in programma il ritorno di Roberto Bolle e di Riccardo Muti sul podio.

“Rosso fa riferimento al sangue – afferma il Sovrintendente del Regio Mathieu Jouvin – c’è passione ed energia nel sangue, oltre al lato negativo, perché quando la passione perde il controllo conduce alla violenza. Il sangue è allo stesso tempo il bene e il male”.

Il rosso è il colore simbolo del cartellone dell’anno a venire del Regio, che contempla 10 titoli, di cui 4 nuove produzioni. È rosso il sangue che sgorga dall’amore proibito tra Paolo e Francesca, nella “Francesca da Rimini”.

Riccardo Zandonai, compositore italiano vissuto tra l’Ottocento e il Novecento, scomparso nel 1924, la sua “Francesca da Rimini” è un’opera tratta dal libretto di Tito II Ricordi, dall’omonima tragedia di Gabriele D’Annunzio, la cui prima esecuzione avvenne proprio al Teatro Regio di Torino il 19 febbraio 1914.

Come Francesca è stata scelta l’uzbeka Barno Ismatullaeva, che al Regio è stata già interprete in “Butterfly”; come Paolo il Bello è stato scelto Roberto Alagna, lo spettacolo verrà presentato nel nuovo allestimento di Andrea Bernard. Sempre alla bacchetta del neodirettore musicale del Regio Andrea Battistoni è affidato il titolo di chiusura della stagione, la “Tosca” di Puccini, presentata in un nuovo spettacolare allestimento firmato dal regista Stefano Poda, che sarà in scena dal 12 al 21 giugno prossimi. A interpretare Floria Tosca sarà Chiara Isotton, che l’ha appena cantata con grande successo alla Scala di Milano.

“Questi due titoli, la ‘Francesca da Rimini’ e la ‘Tosca’ – dichiara Jouvin – illustrano la nostra linea artistica, che coincide con l’alternanza di titoli di grande fama ad altri più rari”.

I due attesissimi ospiti della prossima stagione saranno Roberto Bolle e Riccardo Muti, rispettivamente al Teatro Regio dal 27 al 29 novembre e dal 27 febbraio al 7 marzo prossimi. Bolle anticiperà la sua presenza al Regio rispetto alle sue precedenti esibizioni torinesi, che lo vedevano protagonista nelle festività di fine anno, e porterà sul palco del teatro torinese una creazione coreografica di Mauro Bigonzetti, dedicata a Caravaggio. Per la quarta volta in 5 anni, a dimostrazione di un rapporto consolidato, torna al Regio Riccardo Muti, dirigendo il “Macbeth” di Verdi nel nuovo allestimento della figlia Chiara Muti. A rappresentare i tradizionali balletti natalizi, nel mese di dicembre saranno chiamati il Balletto del Teatro Nazionale di Praga, che porterà in scena “Romeo e Giulietta” di Prokofev, e il Balletto del Teatro Nazionale di Riga, con “Il lago dei cigni”. Il mese di novembre accoglierà l’opera di Mozart “Il ratto del serraglio”, spettacolo allestito da Michel Fau, importato da Versailles, dove ci si trova di fronte a un palco decisamente più piccolo rispetto a quello del Regio. Dal 31 marzo al 12 aprile andrà in scena “Dialogues des Carmélites” di Francis Poulenc, mai rappresentato prima a Torino. Il cartellone sarà completato dall’opera ultima di Bellini, “I puritani”, in scena a maggio con la star internazionale John Osborn. Sono 75le replica in programma per la prossima stagione, che vedranno impegnati l’Orchestra e il Coro del Regio, quest’ultimo istruito da Ulisse Trabacchin, a cui si aggiunge il Coro delle Voci Bianche diretto da Claudio Fenoglio. Il Regio si conferma ancora per la prossima stagione un teatro aperto a tutti, sempre più accessibile grazie alle promozioni, che non consisteranno solo nell’Anteprima Giovani under 30 con il biglietto a 10 euro, ma ora, con l’istituzione della Regio Card under16, dà diritto all’acquisto di un biglietto a 10 euro e lo sconto del 10% per l’eventuale accompagnatore.

Mara Martellotta

Orchestra Nazionale della Rai: i balletti russi di Diaghilev, con la direzione di Orozco-Estrada

L’8 e il 9 maggio prossimi a Torino, il 10 maggio a Ferrara, il concerto dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai di Torino sarà interamente dedicato ai capolavori nati per i Ballets russes, la celebre compagnia di Danza creata nel 1907  da Sergei Diaghilev. Direttore principale Andrés  Orozco-Estrada.  La serata sarà trasmessa in diretta su Radio 3 RAI e replicata venerdì 9 maggio alle 20 e in live streaming  sul portale  di Rai Cultura, che la proporrà  anche giovedì 10 luglio in prima serata. Una ulteriore replica è prevista sabato 10 maggio al Teatro Comunale di Ferrara per il cartellone “Ferrara musica”. Dirige l’orchestra il maestro Andrès Orozco-Estrada.

In cartellone tre capolavori resi noti proprio dai danzatori di Diaghilev: “ Il Prelude à L’apres midi d’un faune” di Claude Debussy, “La boutique fantasque” di Ottorino Respighi e “Le sacre du printemps” di Igor Stravinskij.

“Questa musica prolunga l’emozione dei miei versi e ne fissa lo scenario con più passione ed efficacia di quanto non riuscirebbe a fare la pittura”. Con queste parole il famoso poeta francese Stéphane Mallarmé descrisse il capolavoro  di Claude Debussy “ Prelude à L’apres-midi d’un faune”, tratto dal suo omonimo poema, che apre il concerto.

La breve pagina Sinfonica, divenuta una pietra miliare dell’impressionismo musicale, fu eseguita per la prima volta il 22 dicembre del 1894 alla Société Nationale di Parigi sotto la direzione di Gustave Doret. Nel 1912 il grande danzatore Vaslav Nijinskij, insieme  ai Ballets russes, creò su questa musica una coreografia che, attraverso i riferimenti alle pitture degli antichi vasi greci,  rivoluzionò letteralmente la storia della danza, facendola entrare prepotentemente in epoca moderna.

Dopo Debussy, Orozco- Estrada propone il balletto “La boutique fantasque”, “La bottega magica”, di Ottorino Respighi, tratto da quei ‘Péché de veillesse’ scritti da Rossini per le serate del suo salotto parigino, dopo essersi ritirato precocemente dalle scene. Anch’esso composto per i Ballets Russes di Sergej Djaghilev, è  ambientato in un negozio di giocattoli che, di notte, si animano e danzano in allegria. Il balletto, andato in scena per la prima volta all’Alhambra Theatre di Londra il 5 giugno 1919, coniuga mirabilmente il sorriso ammiccante di Rossini , che nei Péchés faceva il verso ai suoi contemporanei con la consumatissima abilità di colorista orchestrale di Respighi.

A chiudere la serata una delle più sconvolgenti pagine della storia della musica e della danza, “Le sacre de printemps”, ( La sagra della primavera) di Igor Stravinskij, che segnò per sempre il modo di sentire l’arte, cambiando definitivamente la nozione  del bello.

La sua prima messa in scena risale al 29 maggio 1913 al Théâtre du Champs Elysées di Parigi  e fu uno scandalo totale, poiché i ballerini non riuscivano a sentire l’orchestra a causa del tumulto del pubblico. L’impresario dei balletti russi Djaghilev dava ordine di spegnere e accendere le luci in sala per fermare il fracasso. La straordinaria portata innovativa della partitura di Stravinskij e della coreografia di Nijinskij avevano posto una pietra miliare nella letteratura musicale e coreutica del XX secolo.

I biglietti per i concerti sono in vendita presso la biglietteria dell’Auditorium RAI e online  sul sito dell’OSN Rai.

Informazioni 0118104653

biglietteria.osn@rai.it

Mara   Martellotta

“E amami, amami, stringimi, sgonfiami…”

Music Tales, la rubrica musicale 

“E amami, amami, stringimi, sgonfiami
e allora amami, sdentami, stracciami, applicami
e stringimi, dammi l’ebrezza dei tendini
prendimi, con le tue labbra fracassami.”
Non ho mai apprezzato particolarmente la musica di Enzo Jannacci (Milano, 3 giugno 1935 – Milano, 29 marzo 2013), ma lui è stato un cantautore, cabarettista, pianista, attore, sceneggiatore e medico italiano, tra i maggiori protagonisti della scena musicale italiana del dopoguerra. Caposcuola lui del cabaret italiano,
che lo si voglia o meno.
Non so se mi sarei mai fatta operare da costui ma di sicuro “Silvano” mi ha fatta sorridere.
È il brano che apre la facciata B di Ci vuole orecchio, il suo undicesimo album in studio, appena pubblicato dalla Dischi Ricordi. Il pezzo è stato scritto a sei mani due anni prima insieme al duo comico Cochi e Renato, al secolo Aurelio Ponzoni e Renato Pozzetto. Lo pubblicarono nel 1978 poco prima di separarsi, dando spazio alla loro tipica demenzialità pop, canto del cigno di un sodalizio artistico lungo vent’anni. Jannacci decide di riappropriarsene, interpretandolo sotto una luce nuova: nel brano si parla di un amore gay, tra Rino e Silvano, alle prese tra contorsioni erotiche e nonsense, abbandoni, tradimenti e tentativi, da parte di Rino, di lasciarsi la storia alle spalle. Il più grande nonsense è contenuto all’interno del ritornello che precede la strofa “Silvano Non Valevole Ciccioli”.
Cosa significa Non Valevole?
La risposta la diede lo stesso Jannacci, dialogando col pubblico in sala durante un concerto, in una pausa tra una canzone e un’altra. Quando la mamma diede alla luce Silvano, il signor Ciccioli si recò all’anagrafe per registrarlo. All’impiegato disse che volevano chiamarlo Silvano e poi aveva farfugliato un secondo nome; l’impiegato inizialmente fece segno di aver compreso, ma poi, non avendo capito bene quale fosse il secondo nome, scrisse sul registro dell’anagrafe “Non Valevole”. Da quel momento “Non Valevole” diventò il secondo nome del Silvano di Enzo Jannacci.
“La comicità implica l’esperienza indispensabile della serietà, mentre la serietà non implica affatto l’esperienza della comicità.”
Buon ascolto
CHIARA DE CARLO
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