SPETTACOLI- Pagina 6

L’Ottava Sinfonia di Bruckner all’Auditorium Rai

Giovedì 4 dicembre, alle 20.30, all’Auditorium Rai Arturo Toscanini di Torino, con trasmissione su Radio 3 e in live streaming sul portale di Rai Cultura, e in replica venerdì 5 dicembre alle ore 20, verrà interpretata con l’Orchestra Rai, da Robert Treviño, l’Ottava Sinfonia di Bruckner.

“Questa sinfonia è la creazione di un gigante, e supera di gran lunga tutte le altre opere del maestro”. Con queste parole il compositore Hugo Wolf descriveva la Sinfonia n.8 in do minore di Anton Bruckner, all’indomani della sua prima esecuzione, avventura al Musicwerein di Vienna il 18 dicembre 1892.

L’Ottava Sinfonia richiese a Bruckner un impegno creativo estremo: sei anni, tra il 1884 e il 1890, passando attraverso molte revisioni, fino alla parola “Alleluja” posta sullo schizzo del finale, e alla dedica all’imperatore Francesco Giuseppe, che non solo accettò il gesto del compositore, ma si offrì di contribuire alle spese di pubblicazione del lavoro. In effetti si tratta di un pagina gigantesca per dimensione e strumentazione, e si dovranno attendere i successivi esiti mahleriani per superare l’enormità di questo organico orchestrale. Una grandiosa investigazione  di quegli eterni mistero dello spirito che Bruckner frequentò durante tutta la sua vita. A interpretarla con l’OSN Rai è chiamato Robert Treviño, già Direttore ospite principale della compagine e attuale Direttore dell’Orchestra Nazionale Basca, oltre che consulente artistico dell’Orchestra Sinfonica di Malmö. Di origini messicane, Treviño è cresciuto a Fort Worth, in Texas, e si è imposto al teatro Bol’ŝoi di Mosca nel 2013, sostituendo Vassilj Sinaisky sul podio del Don Carlo di Verdi. Con l’OSN Rai, nel 2021, è stato protagonista di una brillante tournée in Germania, che ha toccato Francoforte, Colonia e Amburgo.

“L’Ottava Sinfonia di Bruckner – afferma Treviño – è nota con il sottotitolo ‘Apocalisse’. Lo si può comprendere grazie alla sua potenza e ampiezza, e forse anche per il carattere profetico, che sembra indicare la vasta scala delle calamità generate dall’uomo. Tuttavia per me, questa Sinfonia, è una sorta di summa bruckneriana, perché affronta i punti fondamentali della poetica del compositore: la bellezza della natura, un dono di Dio; la bellezza della vita, un dono di Dio; la redenzione dei malvagi, un dono di Dio; e l’elevazione  spirituale dell’uomo attraverso l’adorazione di Dio.

Biglietti, da 9 a 30 euro, sono in vendita online sul sito dell’OSN Rai e presso la biglietteria dell’Auditorium Rai di Torino

Info: 011 8104653 – biglietteria.osn@rai.it

Mara Martellotta

“Gli strumenti della solitudine” al Cineteatro Baretti

Il 4 dicembre alle 21 al Cineteatro Baretti di San Salvario, verrà presentato da Mirko Vercelli in première “Gli strumenti della solitudine”, documentario sperimentale che ha diretto e realizzato e che è frutto di un anno di lavoro intenso e creativo. Il film nasce da un viaggio di due mesi in solitaria tra Thailandia e Vietnam, un’esplorazione della memoria, della solitudine e di quei momenti che esistono solo quando nessuno guarda.
Il progetto è prodotto dall’etichetta indipendente torinese Orizzontale (RKH Studio) e vede la collaborazione del Maltempo Collettivo, ensemble di musicisti torinesi, molto conosciuti e attivi nella scena cittadina, tutti sotto i 35 anni, come prevede il regolamento del Premio Sanesi.
La colonna sonora è stata interamente improvvisata e registrata insieme a field recordings, raccolti in luoghi inattesi. Il film è stato realizzato grazie al Premio Roberto Sanesi, vinto da Mirko Vercelli l’anno scorso e a una borsa di studio collegata.
Gli ė stato dato un approccio antropologico un po’ alla Chris Marker, il grande documentarista francese. C’è un aspetto interessante del lavoro: “Gli strumenti della solitudine” è in realtà un progetto multimediale completo. È appena uscito anche un libro di poesie con lo stesso titolo pubblicato da Edizioni del Faro e un album musicale pubblicato da Orizzontale/RKH Studio in collaborazione con Maltempo Collettivo.
Gli strumenti della solitudine è un’opera ibrida di spoken word e improvvisazione libera con i testi e la voce di Mirko Vercelli e la musica di Maltempo Collettivo. Nata da un viaggio nel Sud-Est asiatico, esplora i temi della memoria, della perdita e dell’impermanenza passando da antiche leggende alla tecnologia, in un dialogo tra voce, improvvisazioni libere, filmati e paesaggi sonori registrati sul campo. L’opera si esprime in due forme: un lungometraggio e un album. Nel lungometraggio il testo è presentato integralmente, accompagnato dal sonoro e da un flusso di filmati registrati con una handycam. Nell’album estratti del testo si alternano a momenti strumentali.
Vengono approfondite le tematiche della reincarnazione in ambito buddista, dello straniamento, sul genere dell antropologia interpretativa della scuola americana dei Clifford, dei Marcus e dei Crapanzano.Cosí Mondher Kilani nel 1994 scriveva: “Attualmente l’antropologia è obbligata ad essere riflessiva e fare ritorno sui luoghi a partire dai quali ha finora rivolto il suo sguardo agli altri. In questo “rimpatrio”, essa é inevitabilmente condotta a interrogarsi sui suoi punti ciechi e sulle questioni teoriche non affrontate, che sono l’esotismo e l’alterità. A meno che non si accontenti di riportare in patria il suo abituale sguardo esotico, per estenderlo, senza altra forma di processo, alla società moderna, in cui scovare, spesso con delle forzature, spazi marginali e premoderni, atti a divenire oggetto della sua persistente ricerca dell’esotismo.
Una tale antropologia del “presso di noi” che va attuandosi sempre di più, fa del testo etnografico il pre-testo che presiede alla scelta e all’individuazione dei suoi oggetti.
In altri termini, l’antropologia fonda la sua nuova legittimità sul seguente solipsismo epistemologico: “Sono un etnografo, dunque ciò che osservo è etnografico.
“L’opera di Mirko Vercelli io aggiungo, senza forzature, è una survey di antropologia applicata fluttuante, che vuole esplorare i luoghi esistenziali del silenzio, della solitudine e dell’alienazione. Il loro stile depresso e grigio.
In un epoca come la nostra dove la ripartenza folgorante della Storia, non me ne voglia Francis Fukuyama e il nichilismo imperante che ha rigettato, mai come in questi anni recenti, come da una bocca di fuoco, la sua acuta avversione ad ogni ottimistica aspettativa, impongono oggi nuove domande e nuove risposte di senso.
Mirko Vercelli ci prova, con coraggio intellettuale e forza delle idee.
Aldo Colonna
Cineteatro Baretti, Via Giuseppe Baretti 4, Torino
4 dicembre, ore 21
Première e unica proiezione. Apertura porte ore 20.30. 

“Cous Cous Party”, la storia di Andrea, giovane scultrice e street artist

Per la stagione 2025-2026 di Fertili Terreni Teatro andrà in scena al Bellarte, da venerdì 5 a domenica 7 dicembre

Per “Iperspazi”, la stagione 2025-2026 di Fertili Terreni Teatro, nella sala piccola Bellarte, andrà in scena venerdì 5 dicembre, alle ore 21, e sabato e domenica 7 dicembre, alle ore 19, la pièce teatrale “Cous Cous Party”, di e con Francesca Cassottana e Giulia Angeloni, per la regia di Francesca Cassottana. Lo spettacolo è adatto a un pubblico maggiore di 14 anni.

Nelle pieghe di una quotidianità iperconnessa, attraversata dalle scie della solitudine, vera piaga sociale, prende forma il racconto di “Cous Cous Party”, storia di una giovane scultrice e street artist, Andrea, in piena stagione pandemica, autoreclusasi nel suo mondo interiore di quattro mura, lontana dal dolore della perdita e dalla pressione di una eredità artistica ingombrante. Schiacciata dal peso di un celebre padre, la ragazza ha ogni giornomlottato per trovare la sua voce in un universo destinato a soffocarla. Una piatta e monotona quotidianità, la sua, all’improvviso sconvolta dall’arrivo di Matilde, assistente sociale che, da subito, si capisce essere il suo esatto opposto. La professionista, infatti, sembra incarnare la perfezione, il prototipo di donna capace di avere tutto sotto controllo, creando legami e risolvendo problemi, affrontando le sfide degli altri con sicurezza e maestria. Tuttavia, anche dietro una facciata impeccabile, si cela un loop di iperproduzione che la rivelerà creatura non di meno prigioniera, incapace di assaporare il risultato dei suoi sforzi. L’incontro-scontro tra le due donne, così diverse, ma unite nella ricerca di un significato, divamperà accompagnandosi a una tempesta emotiva e fisica: tanto Andrea quanto Matilde si troveranno ad affrontare ataviche paure ed insicurezze, trasformando la loro solitudine in una sorprendente connessione. Facendo l’una leva sull’altra, inizieranno un percorso che le metterà in discussione, costringendole a guardarsi dentro per ridefinire i concetti di arte e relazione, per arrivare a scoprire come anche dalle macerie possa rinascere la vita.

“Cous Cous Party” unisce la drammaturgia a una esperienza immersiva e site-specific, pensata per spazi non convenzionali. Lo spettacolo prende forma nella sala piccola di Bellarte, in  uno spazio dove non vi sarà separazione tra la scena e il pubblico. Solo così sarà prima possibile abitare lo spazio privato di Andrea, osservare da vicino le sue interazioni virtuali, per poi, con l’arrivo di Matilde, avvertire la presenza di un intruso. L’allestimento prevede un allestimento di design visivo, con l’utilizzo di un proiettore per raccontare il mondo esterno, ciò che lasciamo dietro di noi una volta entrati in casa. In tutto questo, il pubblico assume il ruolo del visitatore, una presenza ai limiti del voyeur, cui è concessa la possibilità di assistere all’intimità di Andrea, moderna incarnazione di un modello di Hikikomori, la cui volontaria reclusione non esclude del tutto le relazioni lavorative, ma solo il contatto fisico.

Il progetto nasce dal desiderio di indagare il rapporto complesso tra solitudine e bisogno di intime connessioni con l’altro, in una contemporaneità fatta di pixel, grandi città, infinite opportunità relazionali, ricerca di senso e di comunità. La compagnia I Franchi si e confrontata con diversi contesti in cui questa tematica si manifesta, dal mondo della tecnologia a quello dell’arte, dalle relazioni d’amicizia a quelle d’amore, fino alla sessualità, attraverso cui hanno sviluppato una drammaturgia originale.

Biglietti: intero 13 euro  / disponibilità di lasciare il biglietto sospeso tramite donazione online o con satispay, e di entrare gratuitamente per alcuni under 35 grazie ai biglietti messi a disposizione grazie alla collaborazione con Torino Giovani. I biglietti si possono acquistare su www.fertiliterreniteatro.com

Mara Martellotta

Note di classica. Grigory Sokolov, Hayato Sumino e Robert Trevino, le “stelle” di dicembre

Lunedì primo dicembre al teatro Vittoria alle 20, Lucie Horsch flauto eseguirà musiche di van Eyck, Teleman, Hotteterre. Debussy, Rousseau, Berio, Bach, Britten, CPE Bach. Mercoledì 3 alle 20.30 al conservatorio G. Verdi per l’Unione Musicale il Quartetto Leonkoro con Timothy Ridout alla viola, eseguirà musiche di Haydn, Bach e Brahms. Giovedì 4 alle 20.30 e venerdì 5 alle 20 all’auditorium Toscanini, l’Orchestra Rai diretta da Robert Trevino, eseguirà la sinfonia n. 8 di Bruckner. Venerdì 5 alle 20 al teatro Regio, debutta “Romeo e Giulietta” . Balletto in 3 atti di Sergej Prokof’ev. L’Orchestra del Regio sarà diretta da John Cranko. Balletto del teatro Nazionale di Praga. Repliche fino a domenica 14.

Mercoledì 10 alle 20.30 al conservatorio per l’Unione Musicale, il pianista Hayato Sumino eseguirà musiche di Chopin, Sumino, Bach, Gulda, Kapustin, Ravel. Giovedì 11 alle 20.30 e venerdì 12 alle 20 all’auditorium Toscanini, l’Orchestra Rai diretta da Juraj Valcuha, eseguirà musiche di Herrmann, Stravinskij e Cajkovskij. Venerdì 12 alle 20.30 all’auditorium Agnelli per Lingotto Musica, il pianista Grigory Sokolov eseguirà musiche di Beethoven e Brahms. Lunedì 15 alle 18 nell’aula Magna del Politecnico per Polincontri Musica, Paolo Tedesco violoncello e Stefano Musso pianoforte, eseguiranno musiche di Schubert , Janàcek, De Falla, Debussy, con coreografie di Manfredi Perego  e  danzatrici e danzatori  di BTT Bailey Kager, Ivo Santos, Luca Tomasoni, Noa Van Tichel . Martedì 16 alle 20 al teatro Vittoria per l’Unione Musicale, Torino Vocalensemble , Maria Ciavarella, Carlo Pavese direttori, presentano “Lumen Sensibus” . Eseguiranno musiche di Bonato, Olsson, Murray-Schafer, Traiger, improvvisazioni e altri autori. Mercoledì 17 alle 20.30 al conservatorio per l’Unione Musicale, Carolin Widmann violino e Gabriele Carcano pianoforte, eseguiranno musiche di Schumann, Berio, Brahms e Strauss. Venerdì 19 alle 20 al teatro Regio, debutto de “Il Lago dei Cigni”. Balletto in 3 atti (quattro scene) , musica di Cajkovskij. L’Orchestra del Regio sarà diretta da Martins Ozolins. Balletto dell’Opera Nazionale di Riga. Repliche fino a domenica 28. Sabato 20 alle 18 al teatro Vittoria per l’Unione Musicale, l’Ensemble Profane eseguirà musiche di Ravel e Debussy. Domenica 21 alle 16.30 al teatro Vittoria per l’Unione Musicale, il Quintetto Pentafiati eseguirà musiche di Mozart, Farkas, Machala, Agay, Briccialdi, Zemilinsky, Prokof’ev, Malando.

Martedì 23 alle 20.30 all’auditorium Toscanini “Concerto di Natale”. L’Orchestra Rai diretta da Ottavio Dantone e con Francesca Aspromonte soprano, Marco Braito e Roberto Rossi tromba, eseguiranno musiche di Vivaldi, Bach, Mozart e Beethoven.

Pier Luigi Fuggetta

Rock Jazz e dintorni a Torino. I Negrita e i Modà

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GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA 

Lunedì. Al teatro Colosseo suonano i Negrita. All’Inalpi Arena si esibisce Elodie.

Martedì. Al teatro Concordia è di scena Fabri Fibra. Al Vinile si esibisce Alex Vaudano. All’Inalpi Arena suonano i Modà.

Mercoledì. Al teatro Colosseo arriva Cristiano De Andrè. Al teatro Concordia si esibisce Il Tre. Al Vinile è di scena Tosello. All’Osteria Rabezzana suona il trio di Enzo Zirilli. Al Charlie Bird si esibisce Carlo Peluso. Al Blah Blah sono di scena i Demented Are Go.

Giovedì. Al Magazzino sul Po suonano Umarell,Nancy, Ggiovanni, Nora Lang. All’Hiroshima Mon Amour si esibisce Tripolare.

Venerdì. Al Magazzino sul Po è di scena Dadà. Al Folk Club suona Elijah Wald. Al teatro Colosseo si esibisce Marco Masini. Allo Spazio 211si esibiscono Absu W / Zemial + Ancient + Tivax. Al Blah Blah suonano : Assalti Frontali+ Ellie Cottino+ Il complesso+ Perry Watt+ (special guest) Fonzie. Allo Ziggy sono di scena Men Of Mayhem + Palm in Forest.

Sabato. Al Blah Blah suonano Hell in the Club + Brilliperi. Al Magazzino sul Po si esibisce Nicolò Carnesi. All’Inalpi Arena è di scena Anna Vera Baddie. Al teatro Concordia l’evento Sunshine Gospel Choir.

Domenica. Alle OGR và in scena “OGR Charity Night Amici di Piero”. Giunto alla 26 à edizione, il concerto dedicato alla memoria di Piero Maccarino e Caterina Farassino. Suoneranno : The Originals (Africa Unite & The Bluebeaters), Statuto , Persiana Jones, Fratelli di Soledad, Willie Peyote, Casino Royale, Meg, Samuel e molti altri.

Pier Luigi Fuggetta

Ai “Gardens” dell’olandese Knibbe il premio per il miglior film del 43° TFF… e l’anno prossimo sarà Marilyn!

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Va all’olandese Morgan Knibbe per il suo “The Gardens of Eartly Delights” il premio per il miglior film del 43° Torino Film Festival, con i suoi 20.000 euro, scelta della giuria guidata da Ippolita Di Majo con altri quattro membri a rappresentare Francia, Belgio, Ucraina e Italia. Inevitabilmente, ognuno rimarrà della propria idea portandosi nel cuore i titoli che più l’hanno interessato o entusiasmato o le scelte che già aveva osato fare uscendo dalla settimana di proiezioni del TFF (come a dire che rimangono per primi nella memoria la solitudine disperata e il rapporto non più ricostruibile di Eugen con il padre in “Mo papa” e le simbologie del nipponico “Black Ox”): ma ha convinto appieno tutti quanti la vicenda di Ginto e del suo migliore amico Jojo che vagano per le strade di Manila, riempiendo le giornate e le notti di metanfetamine, tra piccoli furti e la lotta che intraprendono per un sacco di immondizia, tra le luci del quartiere della prostituzione e lo squallore della baraccopoli in cui vivono mentre la sorella del primo, Asia, si prostituisce nella speranza di una vita migliore, mentre il turista che scivola a poco a poco nella infelice frenesia personale del turismo sessuale li osserva dall’alto della piscina posta sul terrazzo del suo albergo. Una realtà lontana da noi, certo, ma “ho iniziato a scrivere il film cercando di spingere il pubblico a riconoscere e accettare l’umanità di chi è stato disumanizzato per secoli”, confessava il regista Morgan Knibbe, una lunga storia di sfruttamento, di forza e di mancanza di ogni rispetto, una storia che si disperde attraverso le fabbriche e le miniere, le piantagioni e i bordelli. Prostituzione giovanile e perversioni adulte, avevamo scritto, strade contorte verso un vuoto e desolato giardino delle delizie, esistenze senza vie d’uscita, con un racconto estremamente crudo, che guarda al caso personale ma che farebbe in fretta a espandersi per l’intera città, che non nasconde nulla, anzi mette lo spettatore dinanzi a una quotidianità da raccapriccio. Knibbe si fa ammirare nel rendere in maniera esatta la discesa agli inferi, all’interno di un girone che non sappiamo neppure immaginare, alla infelicità di tutti, ai sensi di colpa, all’urlo fatto per sopravvivere, lo fa senza compiangere, senza accusare, paradossalmente senza giudicare, lucidamente. Lasciando però più di un immenso amaro in bocca.

Gli altri premi vanno a “Ida who sang so badly even the dead rose up and joined her in song” di Ester Ivakič, storia della ragazzina di un piccolo villaggio sloveno convinta di impedire la morte della nonna entrando nel coro della scuola (premio speciale della Giuria, 7000 euro) e ad “Ailleurs la nuit” della canadese Marianne Métivier, l’intrecciarsi delle giornate di quattro giovani donne nel corso di una torrida estate, premio per la miglior sceneggiatura, lontanissimo dalle preferenze di chi scrive. La giuria composta dai critici cinematografici Igor Angjelkov (Macedonia), Chiara Spagnoli Gabardi (Italia) e Paul Risker (Regno Unito) assegna il premio FIPRESCI (Premio della Federazione Internazionale della Stampa Cinematografica) a “La anatomìa de los caballos” del regista Daniel Vidal Toche, produzione Perù/Spagna, con la motivazione: “Il film riflette su una verità necessaria: la rivoluzione è fatta di azione e spargimento di sangue, ma è uno stato d’animo destinato al fallimento. Questa sensibile esplorazione della cultura indigena prende vita attraverso un realismo magico, attingendo allo spirito di Eadweard Muybridge. Come opera di poesia visiva, inattaccabile dal tempo, il film dimostra che ciò che l’uomo ha tenuto in cattività è più libero dell’essere umano”.

Intanto il Comitato di Gestione del Museo Nazionale del Cinema, presieduto da Enzo Ghigo, ha deliberato il rinnovo a Giulio Base (“per l’ottimo lavoro sin qui svolto”; non soltanto il suo, quello anche di Dame Tiziana Rocca in Base, statuaria e bionda, efficientissima tessitrice di trattative, di arrivi e partenze dei vari divi che in questi giorni Torino ha ricevuto, con la gibigianna delle Stelle della Mole o no, delle visite per la città a tallonarli e proteggerli come un granatiere, un lavoro che crediamo davvero di fino e che – volenti o nolenti, simpatizzanti o rimpiangenti – ha portato il TFF fuori della propria nicchia per spalancarlo forse al mondo) quale direttore artistico del Torino Film Festival per l’edizione 2026. Lui ha immediatamente messo sul tavolo la sua prima carta vincente. A Marilyn Monroe (sarà il centenario della nascita di Norma Jeane Mortenson Baker) verrà dedicata l’immagine e la retrospettiva del TFF numero 44: “Dopo due centenari che era doveroso celebrare, Brando e Newman – ha detto il direttore -, nel 2026 la retrospettiva sarà dedicata a una donna, nel centesimo anniversario della sua nascita. Non soltanto attrice, ma un mito, un’icona luminosa dell’immaginario collettivo. L’immagine scelta per il 44° Torino Film Festival proviene dal suo ultimo servizio fotografico, realizzato pochi giorni prima della scomparsa: uno scatto che custodisce bellezza e fragilità, con quel lieve senso di nostalgia del futuro, come se sapesse di essere destinata a vivere nell’eternità più che nel presente.” Un’immagine che venne scattata dal fotografo George Barris a Santa Monica il 13 luglio 1962, all’interno di un servizio conosciuto come “The Last Photos”. Nel 1997 il Museo Nazionale del Cinema di Torino ha comprato all’asta a Los Angeles tre stampe fotografiche con i ritratti realizzati sulla spiaggia che riportano la firma del fotografo e che sono oggi esposte alla Mole in un corner dedicato all’attrice e alla diva, insieme ad altre foto, oggetti personali e gioielli.

Elio Rabbione

Nelle immagini, Marilyn Monroe fotografata da George Barris e icona del prossimo TFF 2026, ancora sotto la direzione di Giulio Base; Il giovane protagonista del film vincitore, “The Garden of Earthly Delights” dell’olandese Morgan Knibbe e “La anatomia de los caballos”, premio Fipresci.

“Nuremberg”, Russell Crowe ha il viso e la supremazia di Göring

Ultime note dal Torino Film Festival

Testo poetico suddiviso in dieci stazioni, risalente al XII secolo, composto di versi e di immagini, libero di essere guardato e ascoltato, rappresentazione simbolica dello sviluppo spirituale all’interno della tradizione buddista Zen, “I dieci quadri del mandriano di buoi” del maestro Chan Kuòan Shīyuán è all’origine del nipponico “Black Ox” diretto dal quarantenne Tsuta Tetsuichiro e attraversato dalle ultime composizioni di Ryüichi Sakamoto: una delle opere più persuasive dell’intero Torino Film Festival, arrivato negli ultimi giorni di proiezioni, maestoso nella propria semplicità e in quel suo procedere lentamente per tappe, fissato per la quasi totalità in un eccellente bianco e nero, salvo aprirsi nelle scene finali nei colori che denunciano il completo immergersi dell’uomo nella bellezza della natura. Qui il percorso Zen è ambientato nel Giappone del secolo XIX, dove un cacciatore, perdute le proprie terre delle montagne, è costretto a scendere in pianura e a farsi mandriano, in una terra che sta vivendo una trasformazione sociale che porterebbe all’occidentalizzazione e alla perdita, da parte di molti, del legame con gli dei della natura e la propria spiritualità. Tra lavoro e religiosità, l’uomo cattura un grande bue nero, che nella piena solitudine diventa il suo unico compagno, una ricerca e una cattura e un’unione fatta di atti positivi e no, che vogliono rappresentare il cammino dell’uomo verso l’illuminazione o il vero Sé. Un film fatto di particolari preziosi, di raffinate soluzioni, delle illuminazioni di una filosofia che dovrebbe far riflettere. Ben diverse riflessioni deve impiegarle lo spettatore alla visione di “The Garden of Earthly Delights”, sguardo non solo amaro ma a tratti terrificante e disumano che ci arriva dalle Filippine (coproduzione olandese) a opera del regista Morgan Knibbe.

“Il film invita il pubblico a confrontarsi con una storia che troppo spesso abbiamo scelto di ignorare”, dice. E, nella personale convinzione, confessa, di un mondo in cui i corpi dei più deboli sono sfruttati, dove le fabbriche e le miniere, le piantagioni e i bordelli hanno schiacciato ogni rispetto, dove ci si accanisce verso i più vulnerabili, guardando all’Oriente e all’Occidente in un panorama combattivo di situazioni opposte, “ho iniziato a scrivere il film, cercando di spingere il pubblico a riconoscere e accettare l’umanità di chi è stato disumanizzato per secoli.” Mostrando il degrado con un obiettivo che non conosce limiti e non nasconde nulla, al centro l’olandese Michael, a Manila con l’intenzione di festeggiare il Natale con la ragazza conosciuta online ma, nel ritrovarsi tradito, pronto a scivolare in uno sfacciato turismo sessuale, tra lo squallore delle baraccopoli, tra le strade dove i ragazzini lottano per un sacco di immondizia, tra le luci del quartiere a luci rosse della città, tra gli eleganti alberghi per turisti con sul tetto la vasta piscina che guarda giù sopra quell’universo di poveri e incarogniti, nel caos assordante della strada. Si aggireranno attorno a lui l’undicenne Ginto che sogna di diventare un gangster e sfugge alla realtà di furti e di espedienti riempiendosi con il suo migliore amico Jojo di metanfetamine, mentre sua sorella Asia si prostituisce nella speranza di una vita in qualche modo migliore. Prostituzione giovanile e perversioni adulte, strade contorte verso un giardino delle delizie, con un racconto estremamente crudo, che non nasconde nulla, Knibbe si fa ammirare nel rendere in maniera esatta la discesa alla infelicità di tutti, i sensi di colpa, all’urlo fatto per sopravvivere, lo fa senza compiangere, senza accusare, lucidamente. Lasciando però in bocca più di un immenso amaro in bocca.

Nell’attesa dei premi che saranno decisi e distribuiti dalla giuria capitanata da Ippolita Di Majo, le ultime immagini del festival appartengono alla macabra apparizione di Herman Göring – che ha le sembianze ormai irrimediabilmente possenti di Russell Crowe, eccellente – in “Nuremberg”, scritto (è stato tra l’altro l’acclamato sceneggiatore di “Zodiac” di Fincher) e diretto da James Vanderbilt – qui alla sua opera seconda in qualità di regista, dopo “Truth – Il prezzo della verità”, 2015 -, a raccontare con parole ben lontane da quelle di “Vincitori e vinti” di Kramer la tragedia dell’Olocausto (con immagini di repertorio) e il giudizio che le nazioni vincitrici della terra ne dettero durante i giorni e il processo di Norimberga, Ribbentrop e Hess e Seyss-Inquart e gli altri a subire morti e ergastoli. Vanderbilt focalizza il proprio racconto sull’incarico che lo psichiatra americano Douglas Kelly (lo interpreta Rami Malek, meritato Oscar come Freddie Mercury) – un altro che non cede è il giudice della Corte Suprema degli States Robert Jackson (un validissimo Michael Shannon) – riceve allo scopo di valutare lo stato mentale dei prigionieri nazisti e di stabilire se essi siano idonei a sostenere il dibattimento per crimini di guerra. Affermativo: ma lui che è scivolato su un errore compiuto con il gentil sesso che ha le vesti di una curiosa giornalista che fa il suo mestiere ed è pronta a sottrargli notizie riservate, verrà estromesso. Salvo venire reintegrato nel dibattimento grazie a certi suoi studi che porteranno nuove luci sugli atti e sulla personalità del principale imputato. Costruendo in dialoghi che non hanno certo la sensibilità di un duello in punta di fioretto ma che scavano a fondo nella fredda ferocia del Reichmarschall, numero due del regime hitleriano, un duello sottile e psicologico, che scava in profondità, che mattone dopo mattone costruisce il progredire di un rapporto e le due personalità, che contribuisce a portare a una condanna che scavalcherà la morte per impiccagione, preferendo come la Storia ci ha testimoniato Göring darsi la morte con il cianuro – verremo a sapere nelle didascalie di coda che anche Kelly, colpito dai fantasmi di quella esperienza e datosi in seguito al bere, si tolse la vita allo stesso modo, nel 1958, dopo averne ricavato un volume che non ebbe alcun successo. Incisivo nel/per il racconto l’urlo che Göring getta in faccia a Kelly nel disperato tentativo di mantenere ben salda la sua supremazia, la sua eternità: “Io sono il libro, tu non sei altro che una nota a piede pagina!” Il film è in uscita natalizia, il prossimo 18 dicembre, vederlo è quasi un obbligo per ripassarsi una pagina di Storia, che dev’essere non dimenticata.

Elio Rabbione

Nelle immagini, Russell Crowe come Göring in “Nuremberg”, e due momenti di “Black Ox” e di “The Garden”.

Rimi Cerloj firma la prima masterclass della stagione della Gypsy Academy

Rimi Cerloj, ballerino, acrobata, producer e coreografo di origini albanesi, residente da molti anni in Italia, è il protagonista della prima masterclass della stagione della Gypsy Academy di Torino, aperta  a tutti e in programma il 5 dicembre a partire dalle ore 9, fino alle 14, quando inizieranno le tre lezioni di tre livelli diversi aperte anche agli esterni.
Rimi rappresenta il fiore all’occhiello della produzione artistica contemporanea  con un’esperienza che spazia dal classico al moderno, all’hip hop, fino a giungere alla grande opera. Ha lavorato in numerose produzioni teatrali, operistiche e televisive a livello internazionale come interprete , ma anche come coreografo, art director e producer.
È noto per le sue performance in musical popolari come “Notre Dame de Paris” di Riccardo Cocciante, “Romeo e Giulietta ama e cambia il mondo”, e “Jesus Christ Superstar”, “Ben Hur Live” e ha collaborato con compagnie come l’Ensemble di Micha Van Hoecke.
Ha anche lavorato in programmi televisivi tra cui “Italia’s got talent”, “Domenica in” e “Zelig”
Tra le opere liriche è  stato in scena in produzioni di Aida, Macbeth, Traviata, Faust e Alceste e vanta anche collaborazioni con la compagnia “Danza prospettiva” di Vittorio Biagi.
Attraverso Rimi Cerloj i partecipanti avranno la possibilità di confrontarsi con le capacità di un interprete che ha attraversato in maniera trasversale ogni aspetto della danza e dello spettacolo in genere, imparare tecniche nuove e soprattutto, superare i propri limiti, immergendosi in uno spirito internazionale e di successo.

Mara Martellotta

Bimbe e bimbi … tutti al “Teatro per famiglie”!

“Cheap Chips”: fra mimo, giocoleria e circo, spettacolo per famiglie al completo  (bimbi in prima linea) al torinese “Spazio Kairos”

Domenica 30 novembre, ore 16

Aveva ben ragione il grande Pablo Picasso, quando, riferendosi all’“arte tutta” (quella “teatrale” compresa) diceva che “tutti i bambini sono degli artisti nati”. Aggiungendo, però, “il difficile sta nel fatto di restarlo da grandi”. E allora perché non dare un impulso a quest’innata attitudine, abituando, fin da piccini, le nostre bimbe e i nostri bimbi a frequentare (per puro gioco e divertimento, per carità!) quelle (non troppe, ahinoi!) sale teatrali che nella loro programmazione non dimenticano di inserire “testi” adatti a loro, “testi” come “lungo braccio”, con qualche guizzo inventivo in più, dei giochi praticati in casa o a scuola o ai giardinetti insieme ai loro compagnucci?! E addosso e dentro, tanta voglia di scoprire “nuove realtà”, storie fantastiche recitate su un palcoscenico e in cui calarsi per dare spazio all’immaginazione, alla fantasia e alla creatività, insieme a mamme e papà o ai nonni, lontani dai troppi video, tv, cellulari e “social” (sempre più) di ambigua origine e provenienza. Che bell’idea! Realizzabile. A dimostrarlo è, a Torino, lo “Spazio Kairos”, ex fabbrica di via Mottalciata 7 (fra “Barriera di Milano” e “Aurora”) convertita qualche anno fa in “Circolo Arci con un teatro dentro” aperto alla più varia aggregazione attraverso spettacoli, concerti, performance e corsi teatrali tenuti dalla subalpina Compagnia “Onda Larsen” che qui ha casa.

E proprio qui, domenica prossima 30 novembrealle 16, torna a far capolino, in attesa delle Feste di fino anno, il “Teatro per famiglie”. Biglietto unico, 9 euro; pacchetto famiglia (acquisto di almeno 4 biglietti per lo stesso evento), 28 euro.

Si inizia, cosa giusta e lodevole, con il servizio – merenda, per poi (a pancia piena) dare spazio allo spettacolo “Cheap Chips” di e con l’artista torinese (oggi assistente pedagogica e docente nell’“Atelier Teatro Fisico” di Philip Radice, a Torino) Giorgia Dell’Uomo. Con lei, mimo, giocoleria circo irrompono in scena: e i bambini (lo spettacolo è adatto a un pubblico dai 4 anni in avanti), alla fine, possono conoscere l’artista e giocare, fra di loro e con lei, sul palco. Sicuramente una bella avventura. Difficile da scordare.

Da cosa nasce l’idea dello spettacolo?

“ ‘Cheap Chips’ – si sottolinea – nasce dall’idea di tornare ad un contatto con l’altro semplice ed autentico e, per questo, sceglie il linguaggio del clown che per eccellenza abbatte schemi e distanze per vivere a stretto contatto con chi ha di fronte. Non c’è quarta parete ma un’interazione continua e la storia va avanti grazie al pubblico stesso che è sia spettatore che elemento attivo. Pochi elementi scenografici e pochi oggetti, quelli necessari a stimolare l’immaginazione e la fantasia, per dare invece spazio alla relazione, al gioco e alle emozioni che nascono. Il clown condivide con il pubblico il suo mondo interiore e insieme ad esso trasforma la sua esistenza, ritrovandosi protagonisti insieme”. E Giorgia Dell’Uomo ne è ben convinta, dopo anni di lavoro e approfondimento del ruolo di “clown”.

Varie le tappe.

Nel 2017 lavora come “clown” nel “Circosoluna”, circo itinerante con carovane e cavalli facendo il giro della Slovenia.

Nel 2018 insieme a Silvia Borello e a Giulia Rabozzi fonda la compagnia “The Clown Angels” e nel 2021 debutta con lo spettacolo di “clown” e teatro fisico “Bang Bang!” replicato in molti Festival in Italia e all’estero.

Dal 2022 collabora con il “Network Pagliacce” alla realizzazione del “Pagliacce Festival” e, sempre nel 2022, vince il bando di “borsa di studio” per una residenza presso il “Teatro C’Art” a Castelfiorentino, durante la quale sotto l’occhio esterno del regista italo-brasiliano André Casaca inizia lo sviluppo del lavoro che darà vita a “Cheap Chips”.

Oggi è altresì formatrice all’“Associazione Educatori senza frontiere”, nella quale tiene regolarmente laboratori sull’importanza del corpo, del movimento e del teatro nella pratica educativa. È stata “responsabile” di progetti di “clown e teatro” in ambito sociale in Italia, Romania, Albania, Honduras, Brasile e Bolivia.

Per ulteriori info: “Spazio Kairos”, via Mottalciata 7, Torino; tel. 351/4607575 o www.ondalarsen.org

G.m.

Nelle foto: Giorgia Dell’Uomo “clown” in due momenti dello spettacolo

Al Cineteatro Baretti, la pièce teatrale “Lo scarto umano”

Andrà in scena giovedì 27 novembre, alle 21, e venerdì 28 novembre, alle ore 20, al Cineteatro Baretti, la pièce teatrale “Lo scarto umano”, spettacolo finale di laboratorio per la Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne, con il sostegno di “Se non ora, quando?”

In occasione della Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne, il teatro Baretti si fa voce e corpo di un grido necessario e oltremisura urgente. Nonostante lemparole e le denunce, resta ancora aperto quel portale oscuro attraverso il quale alcuni uomini continuano a considerare le donne una proprietà da possedere, esibire e di cui abusare. Tra le storie più crudeli, note alla cronaca, c’è quella di Gisèle Pelicot, costretta a subire dal marito violenze domestiche da più di 50 uomini. Si tratta di una vicenda di violenza emersa solo di recente, che scardina ogni perbenismo e mette a nudo l’orrore che si consuma nel silenzio delle case, delle strade e delle coscienze. “Lo scarto umano” è uno spettacolo liberamente ispirato a questa storia, dove sul palco recitano otto giovani attrici under 17, allieve di Teatrando, insieme a Marcello Spinetta, per la regia di Christian Di Filippo su testo di Monjca Luccisano. Si tratta di uno spettacolo e di un percorso formativo che nasce da quella ferita, e da lì continua a interrogarsi, laddove il teatro rimane uno dei fari accesi sulla realtà.

Giovedì 27 novembre ore 21 – venerdi 28 novembre ore 20 – spettacolo finale di laboratorio per la Giornata contro la Violenza sulle Donne

Cineteatro Baretti – via Baretti 4, Torino

011 655187

Mara Martellotta