SPETTACOLI- Pagina 43

Sofar Sounds: l’evento musicale misterioso a Torino

E’ un venerdì sera qualunque a Torino, una di quelle serata che portano con il sapore di un’ estate che fa fatica ad arrivare ma che mette ugualmente voglia di uscire. Per questo si va in centro, al civico 45/A di Via Maria Vittoria dove ha sede quella che un tempo era una ex officina trasformata ad oggi una vera e propria boutique di architettura che prende il nome “Officina8A”.

Lo studio d’architetti associati è uno spazio bellissimo in cui, tra ampie scrivanie e pianti rampicanti, si ha la sensazione di essere in un luogo in cui la creatività fa da padrona. Ed è questa la perfetta location che Sofar Sounds Torino ha scelto per ospitare il concerto del mese di maggio.

Sofar Sounds un format internazionale- nato a Londra nel 2009 ed oggi attivo in più di 400 città in tutto il mondo spaziando da Parigi a New York Cityla cui intenzione è quella di trasformare uno spazio inusuale in una location per concerti intimi e delicati dove la musica faccia da padrona assoluta alla scena. Non solo il luogo, ma anche le modalità di fruizione sono diverse da quello a cui siamo normalmente abituati: gli spettatori possono sedersi direttamente per terra o su cuscini e portarsi qualcosa da bere da casa e, proprio da lì, assistere al concerto che prende vita nella stanza. Questo ambiente crea immediatamente un’atmosfera intima data dalla forte vicinanza- fisica ed emotiva- tra l’artista e il pubblico e da vita ad una vera e propria magia.

L’intenzione del format è quella di plasmare un’ irripetibile atmosfera che è non è realizzabile in altri luoghi e che vuole esprimere dal nome scelto per questo evento ovveroSofarche sta per songs from a room”, canzoni da una stanza, ideata dai creatori da Rafe Offer, Rocky Start e Dave Alexander.

Il centro della scena rimane la musica, che viene appositamente scelta dalla squadra di curator di ciascuna città che selezionano gli artisti per la serata tra band emergenti, ma anche cantanti affermati. In alcuni Sofar internazionali hanno preso parte alle esibizioni anche alcuni cantanti che avrebbero poi calcato i palchi di tutto il mondo.

E anche a Torino, l’ultimo venerdì di maggio, questa magia si è ripetuta al Sofar che si è svolto nello studio di “Officina8A” dove per più di due ore si sono esibiti 3 artisti che hanno avuto la capacità di intrattenere il pubblico con la musica da loro scritta e prodotta. Diversi per stili e tipologia di approccio musicale, l’ultimo Sofar Sounds Torino ha ospitato gli artisti Zoë,
Leandro
e il gruppo The Spell Of Ducks. La diversità di genere musicale dei 3 protagonisti ha permesso al pubblico di spaziare su note e stili molto diversi fra di loro dando la possibilità di sperimentare di diversi sound, che hanno reso l’intrattenimento ancora più interessante. L’organizzazione del Sofar Sounds Torino è curata da un impeccabile squadra di volontari che, grazie ad una perfetta organizzazione, gestiscono tutte le sfumature dell’evento: dal marketing, alla scelta degli artisti, passando per la selezione del locale alla comunicazione via social.

Il team torinese è composto da Bruno Bertelli (curator), Giacomo Bera, Elena Rajteri e Giovanni Zabardi (alla produzione), Asya Benedini (alla Direzione artistica), Carlo Conversano
(
fotografo), Vittorio Elia e Alberto Costa (in qualità di videomaker) e da Angelo Tarditi, Matilde Capello (alla comunicazione).

Per partecipare ai prossimi eventi torinesi è necessario inserire la propria email sul sito ufficiale dell’evento (https://www.sofarsounds.com/) e, se selezionati, si dovrà attendere la conferma. Da lì a pochi giorni prima dell’evento verrà comunicata la location, che rimane misteriosa fino all’ultimo momento. Sofar Sounds si conferma, quindi, come un’iniziativa internazionale unica nel suo genere che finalmente anima la notte anche della nostra città.

Valeria Rombolà

“La memoria del futuro”, ovvero musical prosa e danza tra giovani talenti

Presentata la stagione di Alfieri e Gioiello

È con un certo – e giusto – orgoglio che Luciano Cannito, direttore artistico dei teatri Alfieri e Gioiello, durante la conferenza stampa di presentazione della stagione, tira fuori dal suo cappello magico una roboante cifra come fosse un numero magico: “Siamo passati da 95 mila a 211.588 spettatori, con molti spettacoli sold out e con un incremento del 116%”. Forse un successo persino insperato dai responsabili della nuova gestione – gli siede accanto Frabrizio Di Fiore, Ceo e general manager del FDF Entertainment, che in più interventi non può che riconoscere l’ottimo risultato del lavoro svolto in questo primo anno e la scelta che Cannito ha fatto per quanto riguarda gli spettacoli degli spettacoli che circoleranno -, un approccio ormai decisamente varato con il pubblico torinese, un gran bel salto.

La memoria del futuro” è il titolo della stagione 2024/25. “Questa espressione – precisa Cannito – evoca un ponte tra passato e futuro, suggerendo che le esperienze, le storie e le emozioni che il teatro ci offre non sono solo un richiamo alla memoria collettiva e individuale, ma anche una guida per immaginare e costruire il nostro domani.” Da un lato il patrimonio culturale mai dimenticato, fatto di tradizioni e di narrazioni antiche, dall’altro il desiderio di innovare guardando alle nuove possibilità che ci attendono. Quindi 78 titolo disseminati lungo l’intera stagione, dalla prosa al musical, dalla danza alla commedia brillante, titoli di alto livello, che hanno tra le loro aspirazioni quella più incisiva di aprire la strada e dare spazio ai volti e ai nomi nuovi dello spettacolo, a quei ragazzi che non improvvisando nulla ma esclusivamente con l’impegno stanno costruendo un loro preciso quanto affermativo percorso. Tutte le prime, maggiori aspettative sono per Pierpaolo Pretelli, la trentina superata, faccia pulita e quel tanto di gossip che non guasta, pronto a salire sul ring impugnando i guantoni (stanno esposti in questi giorni nella mostra alla Mole) di “Rocky” (Balboa) – dal 18 al 27 ottobre all’Alfieri, canzoni e musiche per un premio Oscar di enorme successo, l’amore per Adriana, fragile commessa di un piccolo negozio di animali (non è ancora tempo di svelare il nome dell’interprete: ma “tanta robbba”, assicura Pretelli) e la sfida contro Apollo Creed, la passione e la disciplina dell’allenamento, na nascita di una vera personalità e la costruzione di una propria forza interiore. Traduzione adattamento regia di Luciano Cannito.

Anche nella stagione prossima FDF Entertainment manterrà la promessa fatta lo scorso anno, ospitando a Torino tutte le prime nazionali che portano il marchio Di Fiore. E musical sia, da “La sposa cadavere” di Gregory Eve, con Beatrice Baldaccini, Luca Avagliano e Claudia Campolongo, per la serata di Halloween, storia già portata con successo sullo schermo nel 2005 da Tim Burton, a “Broadway Celebration”, un concerto che farà rivivere le più belle canzoni dei musical, da “Peter Pan” con le musiche di Edoardo Bennato alle riprese, richiestissime, a Fame – Saranno famosi”, da “Mare fuori” con tutti i protagonisti della serie televisiva a “Cabaret”, “con 108 repliche è divenuto lo spettacolo più rappresentato in Italia, mai come in questo periodo maledettamente attuale”, coregia e interpretazione di Arturo Brachetti, che riproporrà anche in finale di stagione il suo “Solo”, all’immancabile “Grease”, “un altro titolo che il pubblico continua a richiedere”. E musical di successo, per un Alfieri che si rivela sempre più come tempio del genere, saranno anche “Sapore di mare”, tra gli interpreti Paolo Ruffini, regia di Maurizio Colombi, coautore con Enrico Vanzina e Fausto Brizzi, cult cinematografico che ci riporterà indietro ancora una volta agli anni Sessanta; “Van Gogh” scritto e diretto da Andrea Ortis, “My Fair Lady” di Lerner e Loewe dal “Pigmalione” di Shaw, interprete Serena Autieri con Ivan Castiglione nel ruolo del professor Higgins, il fiore all’occhiello di “Cantando sotto la pioggia” per chi ama il cinema e le canzoni indimenticabili, regia e coreografia di Luciano Cannito, unica piazza Torino, “pronti a distribuirlo tra un paio d’anni in tutti i maggiori teatri d’Italia”. Forse la ciliegina sulla torta è il musical che in Francia ha fatto 400 mila spettatori e che ha spopolato e ancora spopolerà in occasione dell’Anno Santo nell’Auditorium della Conciliazione a Roma (2200 posti): “Bernadette de Lourdes”, regia di Serge Denoncourt, direttore musicale Céline Dion.

Grossa curiosità per “Rocco” (4 novembre, quante/quanti si segneranno la data!), quando Rocco Siffredi in novanta minuti racconta di sé e dei successi e delle emozioni, anche le delusioni e le situazioni difficili, tra divertimento e (forse) poesia: “con una sorpresa finale, che non è assolutamente quella che state pensando”, ci tiene a precisare Cannito. La grande danza con “Schiaccianoci” e “Il lago dei cigni”, ancora la prosa con “Il fu Mattia Pascal” con Geppy Gleijeses diretto da Marco Tullio Giordana, Violante Placido e Ninni Brischetta a proporre “1984”, tratto da Orwell, “La strana coppia”, ancora un Simon sui palcoscenici torinesi, Gianluca Guidi regista e interprete con Giampiero Ingrassia, Salemme con il suo nuovo testo, Ale&Franz, Vanessa Incontrada e Gabriele Pignotta in “Ti sposo ma non troppo”, il ritorno a Torino di “Perfetti sconosciuti”, successo al cinema, scritto e diretto da Paolo Genovese.

Curiosità e grandi nomi al Gioiello, “Amy Winehouse” interpretata da Melania Giglio, Stefano Fresi in “Dioggene”, Miriam Mesturino e Sergio Muniz alle prese con “Lapponia” ovvero i confini del circolo polare artico devastati dalla fatidica domanda se Babbo Natale esista oppure no, Rocco Papaleo a festeggiare i suoi primi quarantanni (di carriera) e Gianluca Ramazzotti a indagare nelle vesti del tenente Colombo, la Compagnia di Torino Spettacoli, con Elio Tedesco e Andrea Beltramo, a proporre “Verso l’ora zero” di Agatha Christie e Euridice Axen a far rivivere con “Settimo senso” Moana Pozzi, Simone Cristicchi in “Franciscus” tra riflessioni e canzoni “che toccano il cuore” e lo “Zoo di vetro” con il grande Pier Luigi Pizzi regista e Mariangela D’Abbraccio interprete, Dacia Maraini autrice di “Dialogo di una prostituta con un suo cliente” e Luca Ward a spiegarci “Il talento di essere tutti e nessuno”, Teo Mammuccari e Veronica Pivetti e Luca Bizzarci a interpretare con Francesco Montanari “Il medico dei maiali”, vicenda scritta da un interessante Davide Sacco, vicenda (fin troppo contemporanea) che ruota attorno alla morte del re d’Inghilterra. Dopo il grande successo riscosso poche settimane fa, Margherita Fumero e Cristian Messina riproporranno con Mauro Villata, Mario Bois e Anna Cuculo “Sherlock Holmes, Lady Margaret e il sigillo reale”, mentre per gli appassionati della soap opera, con “Un letto per due” di Tato Russo, arriverà a inizio novembre Riccardo Polizzy Carbonelli, ovvero il cattivissimo sciupafemmine Renato Ferri di “Un posto al sole”.

Elio Rabbione

Nelle immagini, alcuni degli artisti che vedremo in stagione sui palcoscenici di Alfieri e Gioiello: Pierpaolo Pretelli, Luca Ward (ph Stefano Marigliani) e Simone Cristicchi (ph Giorgio Amendola), Ale&Franz, Simona Autieri; un momento dello “Schiaccianoci” diretto e coreografato da Luciano Cannito.

Riprendono da giugno gli spettacoli della Casa teatro Ragazzi e Giovani

In Corso Galileo Ferraris 266,  pensati per le famiglie con bambini e ragazzi

 

Da giugno ripartono gli spettacoli della Casa del Teatro Ragazzi e Giovani di Corso Galileo Ferraris 266, appuntamenti nei fine settimana estivi pensati principalmente per le famiglie con bambini e ragazzi.

Il cartellone prenderà il via il 9 giugno alle 11 con ‘La battaglia dei cuscini’ della compagnia Il melarancio, uni spettacolo di piazza esplosivo, divertente, di grande coinvolgimento che nasce dal ricordo degli scontri all’ultima piuma che si facevano da bambini prima di andare a dormire. Centinaia di leggerissimi cuscini multicolori compaiono in scena e in una reazione a catena, esplode la battaglia; accompagnati dalle musiche ska, gli spettatori si troveranno coinvolti in una piccola follia collettiva, dove tutti combattono contro tutti.

Dopo il grande successo delle scorse stagioni estive, da domenica 16 giugno alle ore 11 fino a domenica 22 settembre, si susseguiranno le diverse puntate de ‘L’albero dei regali-e storie coraggiose’, lo spettacolo di animazione e gioco di Fondazione TRG di e con Alice De Bacco e Claudio Dughera, in cui i bambini e le bambine diventano protagoniste delle storie raccontate.Quest’anno sul palco si avvicenderanno le storie di figure straordinarie che hanno avuto il coraggio di lottare e impegnarsi, infrangendo qualche regola, per difendere la loro libertà e quella degli altri.

Persone che hanno scelto di cambiare il proprio destino e di aprire nuove strade per le generazioni future. Donne che hanno avuto il  coraggio di spingersi un  po’ più in là e di cambiare la storia con grandi e piccoli gesti. Dopo lo spettacolo sarà offerta una gustosa Merenda per tutti preparata con i prodotti della Centrale del Latte.

Lunedì 24 giugno, alle 16.30, nella ricorrenza di San Giovanni Battista, patrono di Torino, verrà presentato lo spettacolo ‘Pedala’di Luna e Gnac, pièce teatrale in cui, attraverso la storia d’amore tra Gino Bartali e sua moglie Adriana, viene raccontata da Federica Molteni l’Italia del dopoguerra attraverso il voto alle donne,  la Repubblica, le sue contraddizioni legate a un regime che non vuole finire, l’inizio del boom economico. Per questo appuntamento l’ingresso è libero con prenotazione obbligatoria.

Dopo la pausa di agosto, sabato 7 e domenica 8 settembre alle 16.30 torneranno due repliche di ‘Pigiami’ della Fondazione TRG, un ever green che invita a non perdere mai la voglia di giocare e di sognare. È lo spettacolo culturale di Nino D’Introna, Graziano Melano e Giacomo Ravicchio, con Pasquale Buonarota e Alessandro Pisci, dopo più  di quaranta anni e oltre duemila rappresentazioni in giro per il mondo,  riesce ancora a incantare e divertire il pubblico attraverso un linguaggio sempre attuale, di rara freschezza e longevità.

Sabato 14 e domenica 15 settembre alle 16.30 la Fondazione Marionette Grilli presenterà “Gianduja e la Corona del Re”, farsa burattinesca di e con Marco Grilli, monologo a più  voci, giocato sul tono, il timbro, il ritmo imposto agli attori di legno. È  la solita sfida tra bene e male che vede il personaggio di Gianduja ancora una volta impegnato a ribadire il bene e la sua importanza, come quella dell’onestà. Si tratta di uno spettacolo che coinvolge il corpo per le pulsioni e reazioni impulsive che i burattini sanno provocare e per la mente che apprende divertendosi. Tutti coinvolti, tutti attenti, tutti divertiti.

MARA MARTELLOTTA

Informazioni

Fondazione TRG c/o Casa del Teatro Ragazzi e Giovani

Corso Galileo Ferraris 266.

Tel 011/19740280

Oggi al cinema. Le trame dei film nelle sale di Torino

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A cura di Elio Rabbione

L’arte della gioia – Parte 1 – Drammatico. Regia di Valeria Golino, con Tecla Insolia, Jasmine Trinca, Valeria Bruni Tedeschi e Guido Caprino. Dal Romanzo di Goliarda Sapienza. Nella campagna attorno a Catania, ai primi del Novecento. Modesta, a seguito della morte del padre (che di lei aveva abusato), viene accolta in un convento dove ha modo di approfondire la propria istruzione, sotto la protezione della Badessa. Alla morte di costei, Modesta si trasferisce nella nuova e aristocratica famiglia a cui la sua educatrice l’ha guidata, dove si mette al completo servizio della principessa madre e dove s’insinua in maniera amorosa e di seduzione e di spericolato piacere tra gli altri componenti della famiglia. Durata 90 minuti. (Due Giardini sala Nirvana e Ombrerosse, Fratelli Marx sala Harpo e Groucho, Nazionale sala 3)

Il caso Goldman – Drammatico. Regia di Cédric Kahn, con Arieh Worthalter e Arturo Harari. La storia vera del secondo progetto a cui fu soggetto Pierre Goldman, militante della sinistra estrema francese nel 1975. Accusato di reali multipli, Goldman ammette tutti i capi d’accusa con la veemente eccezione di quelli per omicidio (durante una rapina all’interno di una farmacia erano state uccise due persone), per i quali non soltanto si proclama innocente ma si scaglia polemicamente contro tutto e tutti nell’aula di tribunale, rifiutando qualunque caratterizzazione moralistica della sua difficile vita. Durata 115 minuti. (Greenwich Village sala 2)

Cattiverie a domicilio – Commedia. Regia di Thea Sharrock, con Olivia Colman, Jessie Buckley e Timothy Spall. 1922. Una cittadina affacciata sulla costa meridionale dell’Inghilterra è teatro di un farsesco e a tratti sinistro scandalo. Basato su una bizzarra storia realmente accaduta, il film segue le vicende di due vicine di casa: Edith, originaria del posto e profondamente conservatrice, e Rose, turbolenta immigrata irlandese. Quando Edith e altri suoi concittadini iniziano a ricevere lettere oscene piene di scabrosità, i sospetti ricadono immediatamente su Rose. Le lettere anonime scatenano una protesta a livello nazionale che scaturisce in un processo. Saranno le donne – guidate dalla poliziotta Gladys – a indagare sul crimine, sospettando che le cose potrebbero non essere come sembrano. Durata 90 minuti. (Eliseo)

C’era una volta in Bhutan – Commedia drammatica. Regia di Pawo Choyning Dorji. Un americano si reca in Bhutan alla ricerca di un prezioso fucile antico e incrocia un giovane monaco che vaga tra le serene montagne, istruito dal suo maestro a rimettere le cose a posto. Durata 107 minuti. (Nazionale sala 1)

Challengers – Drammatico. Regia di Luca Guadagnino, con Zendaya, Josh O’Connor e Mike Faist. Il film che avrebbe dovuto inaugurare l’ultima Mostra di Venezia. Con la sceneggiatura dell’esordiente Justin Kuritzkes – che sarà pure lo sceneggiatore del prossimo film di Guadagnino, “Queer”, dal romanzo di William Borroughs, interprete Daniel Craig -, è la storia di Tashi, ex tennista prodigio, che ritiratasi dalle gare prende ad allenare il marito Art, il quale si ritroverà a gareggiare in un concorso con l’ex fiamma della moglie, Patrick, nonché suo vecchio e migliore amico. Quando il gioco diventa metafora del potere e della vita, quando attraverso il ritmo delle gare e lo specchio che si viene a creare tra passato e presente, accade la rappresentazione di un rapporto a tre. Durata 132 minuti. (Reposi sala 5, Uci Lingotto)

Confidenza – Drammatico. Regia di Daniele Luchetti, con Elio Germano, Federica Rosellini, Vittoria Puccini, Pilar Fogliati e Isabella Ferrari. Pietro vive con Teresa un amore tempestoso. Dopo l’ennesimo litigio, a lei viene un’idea: raccontami qualcosa che non hai mai detto a nessuno – gli propone -, raccontami la cosa di cui ti vergogni di più, e io farò altrettanto. Così rimarremo uniti per sempre. Si lasceranno, naturalmente, poso dopo. Ma una relazione finita è spesso la miccia per quella successiva, soprattutto per chi ha bisogno di conferme. Così, quando Pietro incontra Nadia, s’innamora all’istante della sua ritrosia, della sua morbidezza dopo tanti spigoli. Pochi giorni prima delle nozze, però, Teresa magicamente ricompare. E con lei l’ombra di quello che si sono confessati a vicenda, quasi un avvertimento, “attento a te!”. Da quel momento in poi la confidenza che si sono scambiati lo seguirà minacciosa: la buona volontà poggia sulla cattiva coscienza, e Pietro non potrà mai più dimenticarlo. Anche perché Teresa si riaffaccia sempre, puntualmente, davanti a ogni bivio esistenziale. E è lui che continua a cercarla? Durata 136 minuti. (Eliseo)

Il coraggio di Blanche – Drammatico. Regia di Valérie Donzelli, con Virginie Efira e Melvil Poupaud. Blanche Renard vive a un passo dal mare dove attende l’amore, che arriva e ha lo charme di Grégoire Lamoureux, un perfetto sconosciuto che sembra avere tutto quello che cerca. Cresciuta tra una madre affettuosa e una sorella gemella più intraprendente, Blanche sposa Grégoire e la lascia la famiglia per la sua niova casa. Lontana dalla Bretagna e dagli affetti più cari, la sua idea romantica dell’amore si scontra presto con la realtà e un uomo possessivo, che mente e tesse una rete di menzogne e ricatti. Tra cucina e soggiorno, ufficio e camera da letto, la tragedia domestica si consuma. Vessata dal marito, manipolatore nocivo e inquisitore feroce, Blanche precipita in una disperazione profonda. Non resta che decidere se restare o partire, tacere o denunciare. Durata 109 minuti. (Classico)

I dannati – Drammatico. Regia di Roberto Minervini, con René W. Salomon, Cuyler Ballanger e Timothy Carlson. Presentato in concorso nella sezione Un certain regard al 77mo festival di Cannes, il film, ambientato nel 1862, narra l’avventura tragica di un gruppo di volontari nordisti inviati a presidiare i territori dell’Ovest non ancora esplorati. Con continui rimandi storici e politici all’attualità che circonda noi a distanza di centosessant’anni, c’è la guerra e il nemico in agguato, a tratti invisibile, ci sono i ragazzi che ripensano alla casa e alla famiglia, che giocano a carte o esprimono pensieri religiosi, che guardano a una guerra civile che sta distruggendo il loro paese, che montano le tende e la guardia. E poi il tempo dell’attesa: un tempo sospeso, tra Buzzati e Malick. A leggere le cronache dalla Croisette, accoglienza con grande disaccordo, chi glorifica e chi butta nella polvere. Il film è oggi sui nostri schermi, non resta che verificare. Durata 89 minuti. (Nazionale sala 4)

Eillen – Drammatico. Regia di William Oldroyd, con Thomasin McKenzie e Anne Hathaway. Nella Boston degli anni Sessanta, Eillen lavora in qualità di segretaria in un riformatorio minorile mentre si prende cura del padre alcolista. All’arrivo di Rebecca, la nuova psicologa, le cose sembrano cambiare. La donna esercita un grande fascino su Eillen, tra le due si va approfondendo una grande amicizia: che però viene ad assumere dei contorni strani allorché Rebecca mette Eillen a conoscenza di un suo segreto. Durata 97 minuti. (Massimo)

 


El Paraìso –
Drammatico. Regia di Enrico Maria Artale, con Edoardo Pesce e Margarita Rosa De Francisco. Julio Cesar, pressoché quarantenne, vive con la madre in una casa alla foce del Tevere. Entrambi lavorano con uno spacciatore e amano andare a ballare insieme nei locali che fanno musica latinoamericana. Le tensioni che già si avvertono tra loro esplodono quando dalla Colombia giunge Ines, giovanissima, ingaggiata come corriere della droga. La madre inizia a mostrarsi estremamente gelosa. Durata 106 minuti. (Centrale, Due Giardini sala Nirvana)

Furiosa – A Mad Max Saga – Azione, Fantascienza. Regia di George Miller, con Anya Taylor-Joy e Chris Hemsworth. C’è una bambina con i capelli rossi nel giardino dell’Eden, una terra verde da qualche parte nel deserto australiano dove la gente vive in pace e coglie le mele senza peccato. Ma l’irruzione di barbari mascherati strappa la bambina a sua madre e al suo paradiso per andare incontro a un destino di dominazione, non senza lottare. Perché Little D, così la battezza il sanguinario Dementus, non si arrende e si fa spazio in un mondo di uomini, crescendo in mezzo a loro ma diversa da loro. LO sguardo all’orizzonte e un chiodo fisso nella testa. Il piano è venticare la morte della madre e ritornare a casa. Dementus non sente ragione e le mette di nuovo il bastone tra le ruote. Ceduta per una manciata di benzina e un misero privilegio all’Immortan Joe, sovrano mostruoso della Cittadella, Furiosa farà fruttare l’esilio sviluppando competenza e bellezza, la bellezza dei giusti. Durata 148 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 2, Reposi sala 3, The Space Torino, Uci Lingotto, The Space Beinasco, Uci Moncalieri)


Hotspot –
Commedia. Regia di Giulio Manfredonia, con Francesco Arca e Denise Tantucci. la giovane Tina sta attendendo di imbarcarsi per Londra, all’improvviso si rende conto di doversi iscrivere a una audizione al San Carlo di Napoli, ha soltanto 20 minuti di tempo. Un’occasione che si potrà rivelare un’eccellente occasione, lei sogna da sempre il mondo della danza, adesso è sufficiente inviare una mail ma il cellulare di Tina non ha carica. Incrocia Pietro ed è dal suo cellulare che invierà la mail. Dopo un po’ di tempo, nota che il suo cellulare è nuovamente collegato all’hotspot di Pietro: è chiaro che c’è qualche strano segno del destino in quella prima sua richiesta… Durata 105 minuti. (Massaua, Ideal, Reposi sala 3, The Space Torino, Uci Lingotto, The Space Beinasco, Uci Moncalieri)

Il gusto delle cose – Drammatico. Regia di Tran Anh Hung, con Juliette Binoche e Benoît Magimel. 1885. L’impeccabile cuoca Eugénie lavora da oltre vent’anni per il famoso gastronomo Dodin. Il loro sodalizio dà vita a piatti, uno più delizioso dell’altro, che stupiscono anche gli chef più illustri del mondo. Con il passare del tempo, la pratica della cultura gastronomica e l’ammirazione reciproca si sono trasformate in una relazione sentimentale. Eugénie è però affezionata alla propria libertà e non ha mai voluto sposare Dodin. Così lui decide di fare qualcosa che non ha mai fatto prima: cucinerà per lei. Durata 136 minuti. (Eliseo, Romano sala 2)

Kinds of Kindness – Drammatico. Regia di Yorgos Lanthimos, con Emma Stone, Jesse Plemons, Willem Defoe e Margaret Qualley. Tre episodi, legati tra loro dal cast (con differenti personaggi) e dasituazioni differenti. Nel primo episodio un impiegato viene incaricato dal suo capo di uccidere un uomo: fallisce nel tentativo ed è costretto ad adottare stratagemmi sempre più assurdi per riparare il danno. Nel secondo un poliziotto è convinto che la moglie, scomparsa per mesi e poi ritornata dopo un (preteso) viaggio, sia stata sostituita da un sosia. Nel terzo, due adepti di una setta sono alla ricerca di una donna che ha il potere di restituire la vita ai morti. Presentato in concorso a Cannes, Palmarès come migliore attore protagonista a Jesse Plemons. Durata 165 minuti. (Massaua, Eliseo Grande, Greenwich Village sala 1, Ideal, Lux sala 2, Nazionale sala 2 anche V.O., The Space TorinoUci Lingotto anche V.O., The Space Beinasco, Uci Moncalieri)

Marcello mio – Commedia. Regia di Christophe Honoré, con Chiara Mastroianni, Catherine Deneuve, Fabrice Luchini, Nicole Garcia, Benjamin Biolay e Melvil Poupaud. La sceneggiatura è incentrata sulla figlia del grande Marcello, circondata dalla madre e dagli uomini e dagli amici della sua vita, una vita dove la figura di un padre ha avuto e continua ad avere un peso predominante. Chiara se ne vuole impossessare, non soltanto attraverso il camuffamento degli abiti, non soltanto attraverso i ricordi cinematografici ma anche attraverso il nuovo nome che adotta (“chiamami Marcello”), i gesti, il modo di comportarsi, il trucco del viso che a poco a poco diviene pressoché eguale a quello del grande attore scomparso. Tutti intorno a lei pensano che si tratti di uno scherzo temporaneo, ma Chiara è decisa a non rinunciare alla sua nuova identità. Presentato in concorso a Cannes. Versione originale. Durata 120 minuti. (Eliseo,Nazionale sala 4)

Roma Blues – Commedia. Regia di Gianluca Manzetti, con Francesco Gheghi, Mino Caprio e Fabrizio Ciavoni. In una Roma torrida inondata da rifiuti e monopattini elettrici, Al è un sognatore seriale che sa di essere destinato a qualcosa di importante. Quando assiste impotente allo sgretolamento del suo più grande sogno, sfondare con la sua band, il destino gli indica una seconda strada. Con la conoscenza dei noir dalla sua, Al si convince di poter risolvere il caso da solo. Una dating app gli fa incontrare Betty, una giovane filippina che ama l’avventura. Entrambi in cerca di un posto nel mondo, si addentrano in un mistero che presto si rivelerà oltre la loro portata. Durata 90 minuti. (Romano sala 3)

The Fall Guy – Commedia. Regia di David Leitch, con Ryan Gosling. Emily Blunt e Aaron Taylor-Johnson. Leitch è un ex stunt e ci parla di un mondo che ha conosciuto benissimo. Ispirato alla seie TV degli anni Ottanta “Professione pericolo”, “The fall guy” narra le avventure dello stunt Colt Seavers costretto a ritirarsi dal mondo del cinema per un grave infortunio capitatogli nel girare una scena. Lascia il cinema e la ragazza di cui è innamorato, Jody, un’assistente alla regia. Ma dopo alcuni mesi viene contattato dall’agente dell’attore Tom Ryder, di cui lui è sempre stato la controfigura, che lo rivuole con sé come Jody, passata alla regia con la sua opera prima “Metalstorm” avrebbe ancora il desiderio di averlo al suo fianco. Nulla di vero: la ex innamorata non ne sa nulla e il divo del nuovo film, incappato in un gruppo di delinquenti, è letteralmente sparito. Spetterà a Colt correre a salvarlo tra mille insidie, con la capacità di Gosling di non prendersi troppo sul serio, anzi spremendo risate a favore di un pubblico che lo vedrà di nuovo in pace con la sua ragazza Jody. Durata 126 minuti. (Uci Lingotto, Uci Moncalieri)

The Penitent – Drammatico. Regia di Luca Barbareschi (con sceneggiatura di David Mamet), con Luca Barbareschi e Catherine McCormack. Uno psichiatra veda deragliare la propria carriera e la sua vita privata dopo essersi rifiutato di testimoniare a favore di un ex paziente violento e instabile che ha causato la morte di diverse persone. L’appartenenza alla comunità LGBT del giovane paziente, il credo ebreo del dottore, la fame di notizie della stampa e il giudsizio severo della legge, aggravati da un errore di stampa dell’editor di un giornale, sembrano essere gli elementi che fanno scatenare una reazione a catena esplosiva. Durata 120 minuti. (Romano sala 1 anche V.O.)

Vangelo secondo Maria – Drammatico. Regia di Paolo Zucca, con Benedetta Porcaroli e Alessandro Gassmann. Tratto dal romanzo di Barbara Alberti. Sogna l’Egitto Maria e la grande biblioteca d’Alessandria, sogna di andarsene lontano verso freschi giardini dove i frutti si possono mangiare ma il mondo intero la vuole maritare, scambiandola con pecore e miseria. Selvaggia e ribelle, Maria rifiuta un ricco pretendente e poi è promessa a Giuseppe, un “vecchio gigante” che la rispetta e di cui diventa l’allieva prediletta, perché questa giovane donna vuole conoscere la lingua greca e la meridiana. Almeno fino a quando un angelo appare, batte le ali e l’annuncia madre del figlio di Dio. Durata 105 minuti. (Romano sala 3)

Prosegue “Montaud Festival – Una collina di eventi”

FESTIVAL MUSICALE, CON BIRRA ARTIGIANALE E STREET FOOD

CONCERTI DALLE ORE 21

A GIUGNO: STEFANO CASETTA, SPELL OF DUCKS, MARIO POLETTI TRIO, ELEVEN BAND E FLAVIO BOLTRO CON FABIO GIACHINO

Prosegue “Montaud Festival – Una collina di eventi”: una rassegna musicale che nasce dalla collaborazione tra due realtà punto di riferimento nel chierese per gli eventi, il buon cibo e il buon bere: La Nave dei Folli, e il birrificio Grado Plato. Durante l’evento sarà possibile infatti apprezzare lo street food del rinomato food-truck “Rustycone” e degustare le numerose (e pluripremiate) birre del birrificio. Tutti i concerti saranno ad ingresso gratuito. 

Proprio nella sede dello storico birrificio piemontese Grado Plato, a Montaldo Torinese (Via Bardassano,8), si avvicenderanno sul palco gruppi di diversi generi musicali: dal rock, al jazz, passando per il blues, l’indie, il jazz e la musica cantautoriale. I concerti iniziano alle ore 21. 

Venerdì 7 giugno ci sarà la “Notte dei cantautori”, uno straordinario progetto musicale che mette sul palco alcuni successi dei cantautori italiani, seguito, sabato 8 giugno dai Liltone Brothers e i Valentine base. Il duo acustico Liltone Brothers, composto da Stefano Fenoglio (voce/chitarra) e Lorenzo Finelli (voce/chitarra solista), propone musica internazionale e italiana, per condurre gli ascoltatori attraverso un’autentica unplugged experience. I Valentine Base (recupero del concerto per pioggia) si esibiranno in una carrellata di cover dei classici del rock. 

Domenica 9 giugno sul palco i Son Machito. Il loro viaggio parte dalle radici: danzón, son mambo, cha cha cha e naturalmente salsa, ricordando gli artisti che rappresentano oppure hanno rappresentato la musica latino americana nel mondo. 

Giovedì 13 si esibiscono gli Ultimo Trenoche propongono cover dei classici del rock, mentre venerdì 14 giugnoStefano Casetta seguito dai Spell of Ducks.

Stefano Casetta è un cantautore e musicista classe ’01 della provincia di Torino. Si avvicina alla musica, e in particolare alla chitarra e al canto, da autodidatta, per proseguire poi la sua ricerca e i suoi studi presso l’Accademia Lizard di Torino. Ad oggi si è esibito ovunque sul territorio torinese (aprendo, tra le altre cose, il concerto de IlTre e dei Santi Francesi sul palco di Ritmika) preparando se stesso e il suo pubblico all’uscita del primo inedito. Tra pop, folk, rap, R&B e fingerstyle music, Stefano si muove come l’underdog della città, in una continua gavetta e puntando sempre più in alto.I l suo stile subito riconoscibile è frutto della sua indissolubile simbiosi con la chitarra e della mano esperta dei suoi produttori: Tony de Gruttola e Daniel Bestonzo.

Il live degli Spell of Ducks fa parte del tour di presentazione del loro nuovo album “L’autostrada dei fiori” uscito ad aprile 2024. Band indie-folk di Torino oggi composta da 6 elementi: voce, chitarra, banjo/tastiere, basso, batteria, violino.

Nel 2017 diventano “Artisti Del Mese” di MTV Italia e partecipano ad Italia’s Got Talent con l’approvazione di tutti i giudici. L’anno successivo salgono sul palco di Zelig a Milano e del Teatro Ariston a Sanremo, in occasione delle finali di Openstage e di Fiat Music.

Il 2020 è l’anno di “Ci vediamo a casa”, il loro nuovo disco in italiano e nel frattempo “Sailor Man” diventa la colonna sonora di un cortometraggio che li porta alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia.

Inoltre, altre 5 canzoni del loro repertorio entrano nella soundtrack di “Per tutta la vita”, film di Paolo Costella, uscito al cinema in tutta Italia.

Nel 2022: esce la trilogia “Facciamonotte” e a fine 2023 cominciano le registrazioni del nuovo disco “L’autostrada dei fiori”, in uscita ad Aprile 2024.


Giovedì 27venerdì 28 sabato 29 giugno è il momento del “Montaud Jazz Festival”: Nella prima serata si esibirà il Mario Poletti Trio, mentre il 28 tocca all’Orchestra Eleven’s Band. Chiude, sabato 29, Flavio Boltro con Fabio Giachino.

Mario Poletti Trio. Progetto del mandolinista Mario Poletti che, elaborando le esperienze maturate con alcune delle migliori formazioni della scena folk rock italiana, Lou Dalfin, Teres Aoutes String band, e contaminandole con i linguaggi della musica afroamericana, blues, funky, jazz, latin, propone un repertorio di brani originali e non che, con il contributo dello strumento nostrano per eccellenza, il mandolino, sono caratterizzati dalla ricerca di un suono popolare e italiano dove confluiscono passato e presente e tradizione e modernità. 

Formazione

Mario Poletti – mandolino

Marco Piovano – basso elettrico 

Daniele Bianciotto – batteria

Eleven’s Band. Un gruppo di amici, insegnanti e allievi di musica che grazie agli ambienti della Filarmonica Chierese, con esperienze musicali eterogenee hanno deciso di dar vita ad un nuovo progetto musicale. Una big band composta da 11 elementi che spazierà dallo swing al pop ed altri svariati generi, con un sound che “strizza l’occhio” alle migliori Big Band Americane.

Flavio Boltro con Fabio Giachino. Un incontro straordinario caratterizzato da una carica espressiva dialtissimo livello alternata a momenti di profonda intensità artistica in un repertorio che si muove liberamente tra composizioni originali e standard jazz.

Flavio Boltro tromba di riferimento del jazz italiano insieme a Fabio Giachino, tra i più virtuosi giovani pianisti italiani, danno vita a “Things to say”, il nuovo lavoro discografico prodotto da Cam Jazz che uscirà nel 2021.

I due artisti hanno condiviso insieme numerose esperienze musicali giungendo ad una intimità artistica che trova la sua massima espressività in questo lavoro in cui le cose da dire sono molte, ma sono soprattutto intense ed uniche.

Oltre alle illustri collaborazioni internazionali tra cui spiccano i nomi di Michel Petrucciani, Freddie Hubbard, Marcus Miller, Cedar Walton, Danilo Rea, Gino Paoli e molti altri, Flavio Boltro è stato citato da Winton Marsalis sul “Down Beat” tra i dieci trombettisti migliori al mondo.

Fabio Giachino è tra le figure più interessanti della nuova generazione di pianisti, si è aggiudicato numerosi premi internazionali (tra cui Premio M.Urbani 211, C.Bettinardi 2011) e ha collaborato con artisti del calibro di Randy Brecker, Dave Liebman, Gavino Murgia, Javier Girotto.

Informazioni al numero: 333 621 08 14

Resume programma di giugno:

giugno – Notte dei cantautori (Miotello e co)
giugno – Liltone Brothers + Valentine base
giugno – Son Machito
13 giugno – Ultimo treno
14 giugno – Stefano Casetta (opening gratis) + Spell of Ducks


27-28-29 Jazz Festival:

27 giugno – Mario Poletti Trio
28 giugno – Orchestra Eleven’s Band 
29 giugno – Flavio Boltro e Fabio Giachino 

BIOGRAFIE

La Notte dei Cantautori è uno straordinario progetto musicale che mette sul palco alcuni successi dei cantautori italiani, le canzoni che tutti amiamo e conosciamo a memoria. Brani che ci hanno fatto innamorare, gioire, piangere, commuovere, che ci hanno unito ai nostri amici attorno ad una tavola o ad un falò in spiaggia.

La musica d’autore italiana moderna, che nasce con Domenico Modugno, e che trova nei cambiamenti sociali degli anni 70 il suo trampolino di lancio per arrivare fino ad oggi, ha introdotto temi e testi di indubbio valore simbolico, emotivo e letterario. Una rivoluzione che è passata dall’arte, dalla musica e dalle parole di autori che avevano l’esigenza di raccontare le loro storie, regalando all’Italia un patrimonio collettivo importantissimo.

Costruire uno spettacolo su questo tesoro è stato il vero scoglio della band, proprio perché il dilemma è “chi non mettere in scaletta, che brani non suonare”; la scelta quindi, assolutamente soggettiva, è stata quella di cercare di fare una “fotografia sonora” del nostro Paese. Un repertorio suonato con passione ed energia, con brani arrangiati in maniera originale senza tuttavia stravolgere le intenzioni degli autori. Uno spettacolo condito da racconti a aneddoti per imparare a conoscere meglio le personalità degli artisti, di alcune loro caratteristiche e peculiarità.

La grandissima esperienza dei componenti della band garantisce uno spettacolo di qualità, in grado di coinvolgere il pubblico fino a farlo diventare il vero protagonista della serata, con i suoi cori, le parole e le emozioni che si riversano sul palco.

La band è composta da: Marco D’Angeli (voce), Francesco Lannocca (tastiere e cori), Maurizio Miotello (chitarre e cori) Antonio Filigno (basso), Angelo Cannarozzo (batteria).

Son Machito

Il nostro viaggio parte dalle radici : danzón, son mambo, cha cha cha e naturalmente salsa, ricordando gli artisti che rappresentano oppure hanno rappresentato la musica latino americana nel mondo.

Un vero e proprio fenomeno culturale del Caribe, il cui popolo dal temperamento fiero e tenace è sempre pronto a contrapporre ad ogni avversità la musica, la danza e l’allegria.

Marzia Savoiardo – voce solista

Max Brizio – voce, synth e piano

Totò Giunta – voce e basso

Mario Bracco – congas

Maurizio Plancher – timbales

Spell of Ducks 

Band indie-folk di Torino oggi composta da 6 elementi: voce, chitarra, banjo/tastiere, basso, batteria, violino.

Nel 2017 diventano “Artisti Del Mese” di MTV Italia e partecipano ad Italia’s Got Talent con l’approvazione di tutti i giudici. L’anno successivo salgono sul palco di Zelig a Milano e del Teatro Ariston a Sanremo, in occasione delle finali di Openstage e di Fiat Music.

Il 2020 è l’anno di “Ci vediamo a casa”, il loro nuovo disco in italiano e nel frattempo “Sailor Man” diventa la colonna sonora di un cortometraggio che li porta alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia.

Inoltre, altre 5 canzoni del loro repertorio entrano nella soundtrack di “Per tutta la vita”, film di Paolo Costella, uscito al cinema in tutta Italia.

Nel 2022: esce la trilogia “Facciamonotte” e a fine 2023 cominciano le registrazioni del nuovo disco “L’autostrada dei fiori”, in uscita ad Aprile 2024.

Flavio Boltro con Fabio Giachino. Un incontro straordinario caratterizzato da una carica espressiva di altissimo livello alternata a momenti di profonda intensità artistica in un repertorio che si muove liberamente tra composizioni originali e standard jazz.

Flavio Boltro tromba di riferimento del jazz italiano insieme a Fabio Giachino, tra i più virtuosi giovani pianisti italiani, danno vita a “Things to say”, il nuovo lavoro discografico prodotto da Cam Jazz che uscirà nel 2021.

I due artisti hanno condiviso insieme numerose esperienze musicali giungendo ad una intimità artistica che trova la sua massima espressività in questo lavoro in cui le cose da dire sono molte, ma sono soprattutto intense ed uniche.

Oltre alle illustri collaborazioni internazionali tra cui spiccano i nomi di Michel Petrucciani, Freddie Hubbard, Marcus Miller, Cedar Walton, Danilo Rea, Gino Paoli e molti altri, Flavio Boltro è stato citato da Winton Marsalis sul “Down Beat” tra i dieci trombettisti migliori al mondo.

Fabio Giachino è tra le figure più interessanti della nuova generazione di pianisti, si è aggiudicato numerosi premi internazionali (tra cui Premio M.Urbani 211, C.Bettinardi 2011) e ha collaborato con artisti del calibro di Randy Brecker, Dave Liebman, Gavino Murgia, Javier Girotto.

Eleven’s Band. Un gruppo di amici, insegnanti e allievi di musica che grazie agli ambienti della Filarmonica Chierese, con esperienze musicali eterogenee hanno deciso di dar vita ad un nuovo progetto musicale. Una big band composta da 11 elementi che spazierà dallo swing al pop ed altri svariati generi, con un sound che “strizza l’occhio” alle migliori Big Band Americane

Come si sta in tre sotto il letto? Scopritelo domenica 9 giugno a Rivoli

Domenica 9 giugno, la compagnia e casa di produzione Di Tutto un Po Artists porta in scena il testo di Stefania De Ruvo al Teatro Borgonuovo di Rivoli in Via Roma 149C.

 

Cosa succederebbe se il tradimento avvenisse alla luce del sole? Se invece di nascondersi si vivesse apertamente una storia d’amore con moglie e amante, o fidanzata uno e fidanzata due? Non sto parlando di peccaminosi ménage à trois o di famiglie poliamorose dove tutti si amano e sono felici. Parlo di accettare che il nostro partner abbia un altro, o un’altra, senza nasconderlo.  Se il tradimento è sport assai praticato, che almeno sia noto a tutte le parti, cosicché queste possano accettarlo o applicare il teorema di Raffaella Carrà: se non ti sta bene, trova un altro più bello.

Ad indagare la tematica è Stefania De Ruvo, autrice teatrale le cui opere sono state portate in scena in teatri italiani e spagnoli, con la commedia brillante In Tre Sotto il Letto. A dar vita ai tre personaggi decisamente sopra le righe sono Angela Di Tria, Rosy Fiorillo e Marco Sapino, attori e produttori di quella che è una vera e propria società di produzione di spettacoli che loro hanno chiamato Di Tutto un Po Artists. E attenzione, si scrive Po e non Po’, come il nostro fiume, per sottolineare e omaggiare la terra da cui provengono.

Ho provato a intervistarli e non è stato semplice. Angela, Rosy e Marco sono un vulcano che esplode e ti travolge con l’entusiasmo di chi ama ciò che fa e lo racconta con passione. Uno finisce la frase dell’altra, gli argomenti si intrecciano e spesso devi chiedere loro di rallentare. Provo a dipanare una matassa assai ingarbugliata, ma divertente.

Cominciamo dalle presentazioni. Chi siete e come siete nati artisticamente?

Marco: io sono un farmacista e provengo da una famiglia che lavora in ambito medico. Ma la voglia di fare l’attore non si è mai assopita. Così ho studiato e fatto teatro a livello amatoriale. Poi all’accademia Attori di Torino ho conosciuto Rosy e Angela e ho capito subito che condividevamo la stessa visione e lo stesso percorso.

Mi state dicendo che portate avanti due carriere parallele? Questo spesso non è ben visto dalla società. O sei farmacista o attore.

 

Rosy: e ti dirò di più. Io ho lavorato anche nelle risorse umane. Spesso i curricula con tante esperienze diverse venivano cestinati. Invece di assumere qualcuno che dimostra di essere versatile o intercambiabile, si scarta perché “quello non si sa bene cosa faccia”.

E dire che ci sono molti casi di persone che hanno abbracciato più mestieri. Il grande Enzo Jannacci era un ottimo medico e un musicista meraviglioso.

 

Marco: esatto, e noi, a un certo punto, ci siamo resi conto che avevamo bisogno di portare avanti i nostri progetti artistici. E invece di fondare una compagnia abbiamo dato vita a una vera e propria società di produzione.

Angela: Di tutto un Po Artists si occupa infatti di produrre e anche scrivere progetti teatrali e culturali. Stiamo lavorando a un progetto intitolato Omnia: tre personaggi che rappresentano vita amore e passione all’incontro col quarto, il destino. In omnia c’è l’arte a 360° con canto, chitarra, poesia ma anche tecnologia.

Fermi. Ritorniamo al vostro profilo. Anche tu Rosy provieni dall’Accademia Attori e…?

Rosy: Lavoro per un’azienda di moda e insegno yoga. Ma ho scelto di fare l’attrice per assecondare la mia natura. Sai, son sempre stata quella che passa per essere sopra le righe. Non fraintendermi. In azienda sto bene, ma ho anche bisogno di esprimermi e la recitazione mi fornisce la scusa giusta.

Angela: ed è un’ex atleta. Una pallavolista.

Rosy: si e sono sempre stata molto motivata. Quando mi metto a fare una cosa, mi ci impegno. Certo non ho figli e mi rendo conto di potermelo permettere.

Ho perso il conto dei mestieri e ho quasi paura a chiedere: e tu Angela?

 

Angela: lavoro in un’azienda di materiali edili e artisticamente arrivo dal mondo della danza, a partire da quella classica.

Marco: Angela è un’ottima regista. Sua è infatti la regia di In Tre Sotto il Letto. E pensa che non sapeva nemmeno di volerlo fare.

Angela: sono stati loro a spingermi e si, mi piace dirigere. Quando ci siamo conosciuti io ero molto stressata, tant’è che non mi presero subito in considerazione.

Marco: l’occasione arrivò con uno spettacolo all’imbarco Perosino. L’abbiamo coinvolta e spinta a cantare e recitare.

Rosy: angela canta da molti anni e ha una voce bellissima. Sua la voce che si sentirà in Omnia.

Possiamo dire che questa commedia vede Eva contro Eva litigarsi il bell’Adamo?

 

Rosy: non proprio.

Angela: le due sanno e accettano inizialmente la loro situazione. Le loro giornate sono ben suddivise sino a quando…

 

Ferma! Non voglio sapere troppo. Quindi non parliamo di rivalità. Ma almeno possiamo dire che, personalmente, se vengo tradita, io non voglio saperlo?

 

Rosy: e qui sta il punto o fammi dire l’ipocrisia. Tutti tradiscono e chi tradisce spesso lo scopre, ma fa finta di non sapere. Non credi che si vivrebbe meglio se lo facessimo con più leggerezza? Ecco, la commedia cerca di aprire un tavolo di discussione. Si vuole instillare il dubbio su quella che è spesso l’ipocrisia di cui un rapporto è intriso. Il testo vuole farci ragionare. Come quando una coppia non si separa per i figli, senza considerare che magari i figli starebbero meglio dopo. E se anche un solo spettatore esce e ne discute, noi abbiamo raggiunto il nostro obiettivo.

Marco: sai che spesso il nostro pubblico ci scrive per dirci cosa ha provato durante un nostro spettacolo? È successo per La Verità di Freud, sempre della De Ruvo, un lavoro che abbiamo portato anche nelle scuole.

Un’altra produzione…

 

Rosy: e avevamo paura che i trecento o quattrocento ragazzi in auditorium non ci seguissero. E invece no, non è volata una mosca e alla fine ci hanno scritto per raccontarci cosa avevano provato.

Marco: a me scrivono tutt’ora. Abbiamo iniziato quest’avventura pensando di aprire un’associazione culturale. Invece poi abbiamo dato vita a una vera e propria società che si occupa di produrre ma anche di fare workshop. Il riscontro del pubblico è arrivato subito. Abbiamo anche scritto uno spettacolo per il compleanno di una onlus di farmacisti di cui sono volontario.

Anche il volontariato?

 

Marco: si, faccio parte di questa onlus, che in realtà oggi si chiama Odv, organizzazione di volontariato. L’A.p.p.a, questo il nome, comprende farmacisti che vanno in paesi africani o in altre parti del mondo a insegnare le preparazioni. Quest’anno, in occasione del ventennale della fondazione, A.p.p.a ci ha chiesto uno spettacolo da mettere in scena durante la cena a Villa Sassi. Abbiamo prima intervistato i farmacisti e poi scritto un copione trasponendo la loro visione della professione in spettacolo teatrale.

Questa è un’altra bellissima storia che meriterebbe un articolo a parte. Non sapevo di questa organizzazione.

 

Marco: Quando vuoi… Come vedi, la nostra società di produzione ci permette di muoverci a tutto tondo, non vogliamo solo recitare, vogliamo dare spazio a progetti artistici e culturali. Vogliamo maggiore libertà. E a settembre inizieremo anche i corsi di formazione.

 

Piano piano si delineano i ruoli in un terzetto che si completa e si compensa. Se Marco propone, Rosy asseconda e Angela pondera. Marco sembra una creatura a metà tra il pigmalione e il talent scout. Lui riesce a vedere attitudini che il diretto interessato sembra non sapere di avere. Rosy è la partner in crime perfetta per Marco, entusiasta e folle al punto giusto. L’eterea Angela osserva, rallenta i compagni d’avventura ma allo stesso tempo si lascia trascinare.

Dal loro incontro mi porto a casa due cose. Intanto che non tutti sono definibili con una sola etichetta: il medico, l’insegnante, il commesso, l’attore, la ballerina. C’è chi si divide tra più passioni e finisce per portare avanti più mestieri.

E poi che abbiamo bisogno di amare e di essere amati da chi è in grado di condividere quei mestieri e quelle passioni. Credo sia questo a cui dobbiamo ambire. Persone che ci permettono di essere noi stessi o la versione migliore di noi stessi. Che ci sostengono, ci nutrono e ci aiutano a evolvere. Non so se sia possibile vivere una relazione dove si condivide lo stesso partner. Ma so che si può vivere un’amicizia dove due o più anime costruiscono, aiutano e si lasciano aiutare per scoprirsi e piacersi. O meglio, sono quelle le amicizie a cui si può e si deve ambire. Dopotutto, l’amore, non quello erotico, ma quello con la A maiuscola, universale, non si divide, si moltiplica.

 

A proposito, come finisce la commedia teatrale? Non ne ho idea, lo scoprirò domenica 9 alle 21 al Teatro Borgonuovo di Rivoli. I biglietti potete richiederli al n. 339/2827542

Ci vediamo lì, tra il pubblico. Ma non in quel letto che pare un po’ troppo affollato.

In Tre Sotto il Letto

con la compagnia Di Tutto un Po Artists

Domenica 9 Giugno

Teatro Borgonuovo di Rivoli

Via Roma 149/c

Biglietti:

intero 15 euro, ridotto 12 euro (under 12/over 65)

disponibili contattando il n. 339/2827542

Lori Barozzino 

I concerti di “Rai Orchestra Pops”: ci si ispira a Stati Uniti, Austria, Argentina e Spagna

In programma dal 7 al 20 giugno.

 

All’Auditorium Rai di Torino torna “Rai Orchestra Pops”, ciclo di concerti dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, che esplora i confini tra linguaggio classico, la scrittura sinfonica, la musica etnica, il crossover e lo swing. Tre le serate, dal 7 al 20 giugno, all’Auditorium Rai Arturo Toscanini di Torino, tutte trasmesse in live streaming, la prima e la terza trasmesse anche in diretta su Radio 3. Sul podio si alterneranno direttori di grande versatilità e aperti alle contaminazioni come Orozco-Estrada, Giménez e Greilsammer. Il primo appuntamento è atteso per venerdì 7 giugno alle 20.30 ed è intitolato “American landscapes” con protagonista il direttore d’orchestra e pianista israeliano David Greilsammer, spesso capofila di progetti innovativi, anteprime mondiali e incontri rivoluzionari tra diverse arti e culture. In programma la Mississipi Suite di Ferde Grofé, scritta nel 1926, che descrive il percorso del celebre fiume statunitense, dalla sorgente in Minnesota alla foce nel Golfo del Messico, a New Orleans. Segue un altro mitico viaggio americano, quello lungo la route 66, tradotto in musica nel 1998 da Micheal Daugherty. Chiuderanno la serata i Three places in New England di Charles Eve e la Suite Appalachian Spring di Aaron Copland.

Dai paesaggi americani si passa al folklore italiano e argentino con il secondo concerto in programma venerdì 14 giugno alle 20.30, dal titolo “Da Napoli a Buenos Aires”. Sul podio il direttore principale dell’Orchestra Rai Andrès Orozco-Estrada, che accosta la suite da concerto da Pulcinella, di Stravinskij, a due brani del compositore argentino Alberto Ginastera: le variazioni concertanti op.23 per orchestra da camera e le quattro danze dal balletto Estancia.

Ultimo appuntamento sarà quello con le Operette e Zarzuelas giovedì 20 giugno alle 20.30, per la direzione dello spagnolo David Gimènez. Al centro della serata musiche di Johann Strauss Junior : l’Ouverture da Der Zigeunerbaron, il valzer op. 410 Frühlingsstimmen, la polka schnell op.324 Unter Donner und Blitz, l’Ouverture da Die Fledermaus. A Johann Strauss sarà affiancato Joseph Strauss con la polka – schnell op.271 Ohne Sorgen! E alcuni estratti da Die Lustige Witwe di Franz Lehar. Dall’Austria si passa poi alla Spagna con il preludio dalla Zarzuela “El Bateo” di Federico Chueca, “El baile de Luis Alonso” e la “Boda de Luis Alonso” di Gerònimo Giménez, la “Danza Ritual de Fuego” da El Amor Brujo di Manuel Defalla e l’intermezzo tratto da Goyescas di Enrique Granados.

 

Biglietti: presso la biglietteria dell’Auditorium Rai, piazza Rossaro

Tel: 011 8104996

La stagione dello Stabile. L’importanza dei giovani nel nuovo panorama teatrale

Il Gobetti (gremitissimo) come un’oasi di pace e di serenità, di voglia di fare e ritrovarsi. Tranquillità, tutto fila liscio, lontana l’aria di contestazione che ha disturbato la presentazione della stagione del confratello romano nei giorni scorsi. I titoli degli spettacoli inseriti nel cartellone dello Stabile torinese per la prossima stagione accompagnano il chi abbraccia chi, i blabla annuali e rituali delle autorità e dei grandi sostenitori, il sindaco Lo Russo trova il tempo d’inserire una di quelle vane frasi ad effetto che suona “gli artisti sono l’anima e il cuore dell’attività teatrale” che con “la necessità di puntare sulla cultura” e il ringraziamento fatto all’assessora Purchia onnipresente punto di sostegno e con la reclamizzazione dei progetti della Cavallerizza e degli avviati lavori della Biblioteca Civica (“diventerà la biblioteca più grande d’Italia”) che avrà accanto un teatro “in fase di cantierizzazione” sanno un po’ di passeggiata elettorale dell’ultima ora: o meglio, il dubbio è quasi lecito. Poi c’è l’insediamento ufficiale del nuovo presidente Alessandro Bianchi, ci sono gli addii alla stazione, chi rimane e chi resta, Filippo Dini che lascia per andare a dirigere il Teatro Stabile Veneto (“qui lascio un pezzo di cuore e un bel carico della mia gratitudine”) e Valerio Binasco confermato direttore artistico sino a tutto il 2027 (ci mancheranno tra un anno i loro amichevoli bisticci, la compostezza di Dini, e l’irruenza caotica di Binasco, il loro abbraccio finale che segnerà speriamo altre collaborazioni).

Tempo di anniversari, anche. L’anno prossimo ci saranno settanta candeline a festeggiare il lungo cammino (“e non a caso settanta sono i titoli che popolano la nostra stagione, un felicissimo rimando”, conteggia il direttore Fonsatti) del nostro Stabile, cinquanta gli anni che vedono il sempre maggior peso del Centro Studi. “Citando un filosofo come Umberto Galimberti – ancora Fonsatti -, nella nostra stagione può risuonare la sua “etica del viandante”, intesa come ricerca continua sul rapporto tra il genere umano e il mondo che lo circonda. La declinazione pratica di questi intendimenti programmatici si articola in un cartellone di quasi cinquecento recite per sessantasei titoli, di cui oltre la metà scritti da drammaturghi viventi – ovvero sfatiamo la convinzione che se non sei morto da almeno cent’anni non ti mettono in scena! – a riprova della presa diretta del TST sul mondo contemporaneo e del tentativo di elaborare in una forma estetica e poetica i temi dolorosi o gioiosi della condizione umana.”

Un mondo contemporaneo a cui s’affacciano – e lo si deve sottolineare con vera felicità – quei giovani che hanno frequentato o frequentano la Scuola di recitazione, affidata in toto a Leonardo Lidi, guidati non soltanto alla prova finale – il prossimo “Prato inglese” sarà il loro esame d’ammissione al mondo teatrale – ma a guardare oltre. Alcuni ripercorreranno il percorso dei “Sei personaggi” pirandelliani proposto da Binasco nel 2023, altri soprattutto affronteranno prove che ne mostreranno aspetti da verificare o sfide mai affrontate. Diego Pleuteri, appena ventiseienne, “siamo lieti di investire sul suo giovane talento, coinvolgendolo come drammaturgo in diversi progetti”, riproporrà “Come nei giorni migliori”, per la regia di Lidi, e presenterà nel prossimo febbraio “Madri” con la regia di Alice Senigaglia, testo che ha già ricevuto segnalazioni e premi. Mentre a gennaio Marta Cortellazzo Wiel, trentenne uscita anche lei dal vivaio, sarà l’interprete e regista di “Prima facie”, un testo “urticante” scritto da Suzie Miller, grande successo londinese e ora proposto nei principali teatri europei, portatore di un tema e di una ferita con cui dobbiamo fare i conti ormai quotidianamente, la vicenda di Tessa Ensler, avvocata di successo, specializzata nei casi più spinosi, come la difesa di chi è accusato di violenza sessuale, rigida osservante del sistema giudiziario e delle sue regole: fino al giorno in cui subirà uno stupro, ritrovandosi a scoprire la vera natura delle regole in cui ha sempre creduto.

Atto unico” è il titolo posto all’insegna dell’intera stagione, sembrerebbe andare verso una sola direzione, invece abbraccia la pluralità di segni e di sogni, di realistici intenti, di riferimenti, di progetti da maturare e affermare. Sta sotto lo sguardo e le parole dell’autore che deve essere divenuto il faro, il punto di riferimento del direttore artistico Binasco, quel Jan Fosse premio Nobel da cui si continua ad attingere: “L’arte, la buona arte, riesce, in modo meraviglioso, a coniugare l’assolutamente unico con l’universale… La guerra e l’arte sono opposti, proprio come lo sono la guerra e la pace. È semplicemente così. L’arte è pace”. E di questi tempi non è male ribadirlo. Per cui, ad immagine della stagione, appare una ragazza dai tratti botticelliani ad imbracciare un mitra, innocuamente di plastica verde, rivestito di una copertura fatta all’uncinetto, da cui spunta un fiore rosso: più pace di così.

Pace con il fiore rosso, un cartellone dai molteplici sguardi, anche un panorama che cambia all’interno dello Stabile. Un rinnovato Consiglio d’Amministrazione, con la conferma per Binasco di cui s’è detto, con Lidi che assume il ruolo di regista residente, con la nuova squadra di artisti associati formata da Kriszta Székely, Liv Ferracchiati e Silvia Gribaudi: ai quali si dovranno rispettivamente la messinscena del “Costruttore Solness” di Ibsen, la riproposta – con un nuovo cast e con un allestimento completamente rinnovato – di “Stabat Mater”, un progetto che “tratta tematiche politicamente e socialmente centrali come l’autodeterminazione e la libertà d’espressione identitaria”, e “Suspended Chorus”, in prima nazionale in maggio alla Fonderie Limone, un legame più stretto tra prosa e danza, che dovrebbe segnare le prossime stagioni, uno spettacolo in cui Gribaudi sente “il bisogno di rinnovare il proprio dialogo con il pubblico e riflettere sul modo con il quale guardiamo il corpo dell’altro/a e su come possiamo rivoluzionare il nostro sguardo.” La danza, ancora affidata ad Anna Cremonini (sino al 2027), con altri appuntamenti all’interno della stagione di prosa: il 28 novembre la prima nazionale di “Taverna Miresia” del giovane e promettente greco- albanese Mario Banishi, di “Coup Fatal” di Alain Platel e di “Works and Days” del collettivo Belga FC Bergman.

La stagione si aprirà il 7 ottobre con “Cose che so essere vere” di Andrew Bovell, pluripremiato scrittore e drammaturgo australiano (di lui applaudito nell’aprile di due anni fa “When the rain stops falling”), regia e interpretazione di Binasco, con Giuliana De Sio, Giovanni Drago e Giordana Faggiano, storia di quattro fratelli, i meccanismi domestici e matrimoniali, la continua lotta a definire se stessi al di là dell’amore e delle aspettative dei genitori. Poi Lidi con “La gatta sul tetto che scotta” di Tennessee Williams e il capitolo finale della sua trilogia cecoviana, in prima a Spoleto, “Il giardino dei ciliegi”: ma sarà una festa per quanti hanno nel cuore lo scrittore russo dividersi nella giornata del 30 novembre, nella sala del Carignano, in una maratona che vede “Il gabbiano” (ore 11,30), “Zio Vanja” (ore 15) e “Il giardino” (ore 18,30). Punte di diamante nelle coproduzioni, “I parenti terribili”, Filippo Dini regista, odi e passioni e scandali targati Jean Cocteau, “Fred!” nelle feste natalizie, Brachetti regista e Matthias Martelli autore e interprete, e “Le baccanti”, da Euripide, artefice ancora una volta Marco Isidori (“contaminazione per penna affilata”), ulteriore prova d’invenzione per Daniela Dal Cin, Paolo Oricco e Maria Luisa Abate tra gli interpreti, festa per il quarantennale dell’avventura artistica dei Marcido Marcidorjs.

Tra le tante ospitalità che accrescono la ricchezza del cartellone, Toni Servillo, tra Baudelaire Dante e i Greci, “La locandiera” con Sonia Bergamasco, Alessandro Haber pronto a cimentarsi con il mal di vivere di Zeno Cosini nella “Coscienza” di Svevo, Neil Simon sdoganato a classico con gli inossidabili Orsini e Branciaroli nei “Ragazzi irresistibili” (un altro Simon, “Capitolo due”, lo propone Massimiliano Civica con il Teatro di Napoli), Gabriele Lavia che affronta O’Neill e il suo “Lungo viaggio verso la notte”, Roberto Andò per l’ultimo Ingmar Bergman di “Sarabanda”, e poi Battiston e Maddalena Crippa e Giorgio Pasotti diretto da Alessandro Gassmann, “Natale in casa Cupiello”, un Eduardo per attore e pupazzi: sino all’atteso “La morte a Venezia”, dal romanzo di Mann, scritto e diretto da Liv Ferracchiati, una macchina fotografica su un treppiede e uno scrittore che muore su una spiaggia, un incontro di parola danza e video, al centro von Aschenbach con Tadzio e la morte, sottotitolo “Libera interpretazione di un dialogo tra sguardi”.

Elio Rabbione

Nelle immagini: una scena dei “Sei personaggi” e Valerio Binasco, Giuliana De Sio, Sonia Bergamasco nella “Locandiera”, “I ragazzi irresistibili” con Orsini e Branciaroli.

Federico Bisio dirige l’orchestra Polledro nel concerto “Un solo respiro”

Mercoledì 5 giugno alle 20.30 al teatro Vittoria 

 

L’orchestra Polledro inizia la stagione con un primo concerto mercoledì 5 giugno alle 20.30, al teatro Vittoria, dal titolo “Un solo respiro” con sul podio il maestro Federico Bisio e solista alla viola Giuseppe Russo Rossi, viola presso il Teatro alla Scala di Milano.

Il programma è molto ricco e prevede la Sinfonia per orchestra d’archi in do minore n. 8 di William Herschel; di Alessandro Rolla il Concertino per viola e orchestra in Mi bemolle maggiore BI328/546, con viola solista Giuseppe Russo, e di Felix Mendelssohn Bartholdy la Sinfonia per Orchestra d’Archi n. 9 in do minore/maggiore MWV N9.

William Herschel fu un astronomo tedesco naturalizzato britannico, insediatosi dal 1755 in Inghilterra, che si occupò di musica, non tralasciando mai i suoi studi di astronomia. Scoprì il pianeta Urano con il telescopio riflettore da lui stesso realizzato, studiò le nebulose e gli ammassi stellari, mostrò l’esistenza di doppie stelle, scoprì la radiazione infrarossa, individuò alcune lune di Giove e Urano e giunse a un primo modello del sistema solare costituente la via Lattea. Fu socio straniero dell’Accademia delle Scienze di Torino. Nell’apertura della Sinfonia n. 8 in do minore è presente una frase eh sembra una delle canzoni pop delicatamente riorchestrate in celebri serie televisive moderne. I primi violini suonano un ritornello incalzante e sincopato mentre l’armonia si muove sotto di loro, scivolando verso una risoluzione prima di lanciarsi nel secondo grande soggetto. La Sinfonia fu co posta quando Herschel si trovava a Sunderland nella contea di Durh, il 20 aprile1761.

Il Concertino per viola e archi in mi bemolle maggiore venne scritto da Alessandro Rolla intorno al 1808, anno in cui ottenne l’incarico di docente al Conservatorio di Musica di Milano.

L’Allegro maestoso si apre con una solenne introduzione orchestrale che prepara con enfasi l’ingresso del solista. Il primo tema è un “motto” che utilizza le note dell’accordo di mi bemolle maggiore, il secondo tema è una delicata linea melodica ascendente, abbellita da gruppetti ornamentali. A unire i due momenti ci sono episodi brillanti nei quali il solista può dar sfoggio delle proprie qualità esecutive. Il breve epilogo orchestrale si interrompe bruscamente su un accordo di settima, preparando l’attacco del secondo movimento, Andante un poco sostenuto. Sopra un delicato tappeto ritmico armonico degli archi si leva una voce intensa della viola che ci conduce attraverso un lungo episodio in la bemolle maggiore, spezzato solo da una sezione centrale introdotta da veementi scale in ottava degli archi. Il terzo movimento è un Allegretto alla polonese. La struttura è in forma di rondò, con due episodi che si alternano al ritornello. Brillante e virtuosistica è la coda finale.

La Sinfonia n. 9 in do minore di Felix Mendelssohn Bartholdy fu terminata il 12 marzo 1823, quando il compositore aveva appena quattordici anni e rientra nelle sinfonie giovanili per archi. Viene definita “Svizzera” poiché il giovane autore la scrisse sotto l’influsso del viaggio in Svizzera compiuto con i genitori, avvenuto tra il luglio e l’ottobre del 1822. Il compositore poi donò la sinfonia all’amico violinista Eduard Rietz nel Natale 1823, aggiungendo indicazioni solistiche nella parte del primo violino appositamente per lui.

La Sinfonia, articolata in quattro movimenti, si apre con una vasta e meditativa introduzione lenta che sfocia in un brillante allegro in forma sonata, in cui appare evidente l’influenza dello stile sinfonico del tardo Haydn. Il movimento lento si articola in una forma ternaria e trova il suo lato più interessante nelle scelte di strumentazione. La prima sezione è affidata ai soli violini, divisi in quattro parti, la seconda sezione è un fugato a quattro parti intonato da viole, violoncellista e contrabbassista, mentre l’ultima sezione riunisce progressivamente tutto il gruppo strumentale. Lo scherzo esordisce con l’effervescenza propria di molti scherzi della maturità del compositore, e comprende un Trio su uno yodel svizzero, da cui deriva il titolo di “La Suisse”. Il finale è in forma di sonata, inizia inaspettatamente in do minore ed è caratterizzato da un solido contrappunto. Si sviluppa con una progressiva crescita di espressione e si conclude in maggiore.

Il maestro Federico Bisio, laureato in Lettere presso l’Università degli Studi di Torino, parallelamente al percorso universitario ha frequentato i corsi di Composizione sperimentale presso il Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano e si è dedicato allo studio della direzione d’orchestra. Dal novembre 2012 è direttore stabile dell’Orchestra da Camera Giovanni Battista Polledro.

 

Mara Martellotta

Giovanna Mezzogiorno presenta “Ti racconto il mio cinema”, tra set e ricordi

Mi chiamo Giovanna, amo il cinema immensamente e tra queste pagine proverò a raccontartelo, cercando di portarti per mano in un viaggio che può essere breve o lunghissimo, istantaneo o eterno.” Dimenticate la diva, ancor più la diva capricciosa, e pensate piuttosto ad una diligente quanto appassionata allieva che sottoponga ad un pubblico di amici, e di quanti abbiano seguito sino a oggi il suo percorso, quella relazione a cui tanto tiene. E dire che con il suo David di Donatello, con i 4 Nastri d’argento, con i 3 Globi d’oro e i 2 Ciak d’oro, i due premi Flaiano, la Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile a Venezia (grazie alla “Bestia nel cuore”, Cristina Comencini regista), con il riconoscimento prestigioso da parte del National Society of Film Critics Award, l’associazione dei critici cinematografici statunitensi, a ripassare i tanti ritratti femminili portati sullo schermo, Giovanna Mezzogiorno ne avrebbe per tirarsela. E invece niente. È lì, sorridente, unico vezzo il continuo rigirarsi all’indietro la gran massa di capelli scuri, nell’anno della scadenza dei cinquanta, a portare sotto i riflettori della saletta conferenze della Mole, questo suo lungo componimento che è il libro “Ti racconto il mio cinema”, una spiegazione più che un tranquillo racconto, edito da Mondadori, in compagnia di Gabriele Molinari, vicepresidente del Museo Nazionale del Cinema. Non è un libro autobiografico ma necessariamente i ricordi personali c’entrano, è il racconto di chi fa cinema al di qua o al di là dello schermo, della bellezza di una sceneggiatura e dell’esattezza che deve avere in sé, dell’importanza di un montaggio capace di sovvertire una storia, è il rispetto per le troupe, per quanti stanno fuori dello schermo (quei titoli di coda che nessuno si ferma mai a leggere), per gli operatori (Giovanna ne ha scelto uno ad un certo punto della vita che è il padre dei suoi due gemelli), per i costumisti, per il trucco e parrucco, per le tante comparse che a volte dall’alba aspettano di girare.

Parte da lontano Mezzogiorno, l’intento è pressoché pedagogico (“il libro me lo hanno richiesto per i ragazzi – “dagli 11 anni”, ti avvertono dalla casa editrice -, chiaro che io speri che il pubblico s’allarghi”), parla della camera oscura di Leonardo, dei dagherrotipi, della lanterna magica, delle figurine ritagliate e portate a scorrere in un movimento continuo, parla di Meliès e della luna. L’approccio non è stato facile, immediato (“mi sono messa le mani nei capelli”), poi tutto è sembrato chiarirsi. “Amo il cinema, sono andata sul mio primo set che avevo cinque anni, era il ’79, mio padre girava con Depardieu e una Nastassja Kinski di una bellezza sconvolgente. Erano gli anni della ricchezza di Cinecittà, di quegli stessi studi “rubati” poi dalla televisione ma che adesso, a poco a poco, anche se c’è ancora parecchio da fare, ci stiamo riprendendo. Erano gli anni in cui vedevo gli attrezzisti costruire con i loro spostamenti delle nuove prospettive, oggi è sufficiente uno screen e in un attimo ti ritrovi lontano chilometri e chilometri da dove eri sino a quel momento. Erano gli anni in cui esisteva la pellicola e a sera si controllava il girato del giorno, magari per cestinarne via gran parte, buttando all’aria ore e ore di impegno e fatica, pezzi di pellicola calpestati che non sarebbero serviti più a nulla. Oggi il digitale fissa in un attimo tutto quanto il girato”.

È chiaro che la nostalgia non può non farsi largo nell’ora e più di chiacchierata. “Se oggi mi mandano una sceneggiatura per mail, io vado subito dal tabaccaio a farmela stampare, voglio leggermela sul foglio di carta, sono stata abituata fin da piccola a veder girare copioni in casa mia, pile di copioni che sarebbero poi stati utilizzati o messi da parte definitivamente, ci disegnavo sopra io ai copioni di mio padre.” Torna al rispetto per le maestranze, “ricordo le tante ore di make up per la Fermina Daza dell’”Amore ai tempi del colera”, ricordo i ritmi, quella disponibilità che io mi sono sempre imposta. Certo però anch’io voglio la mia parte”. Durante la lavorazione di “Vincere”, il sofferto ruolo di Ida Dalser, amante prima e rinchiusa in manicomio con il figlio poi da Mussolini, una lunga scena e otto pagine di copione: “Non si poteva girare con campo e controcampo, ne ero sicura, come era stato deciso. Non sono andata da Bellocchio, inviperita sono andata di mattina presto dal direttore della fotografia e da quanti gli stavano intorno, prima riprendete me, mi lasciate il mio monologo dall’inizio alla fine e poi riprendete quelli che stanno in opposto a me. Così è stato fatto e Bellocchio ha accettato.”

Una diva se ne starebbe chiusa nel proprio camerino, aspettando il ciak. Mezzogiorno sembra ancora oggi preoccuparsi di quanto le sta intorno: “Ma avete in mente che cosa voglia dire girare un film in costume, come “Vincere”, proprio qui, nel centro di Torino? Eliminare le insegne, bloccare il traffico e ogni suono di macchine e ambulanze, convocare le comparse che dovranno essere vestite e truccate, un vero e proprio “formicaio”. Significa far viaggiare un intero set, una sorta di famiglia che per alcune settimane dovrà vivere insieme.” Come in ”Effetto notte” di Truffaut, con tanti alti e bassi.

Poi altri ricordi, tra le libertà che un’attrice sente di doversi prendere (“le didascalie le seguo ma sempre ci deve essere un qualcosa di cui non sono a conoscenza”), Michele Placido che “con nonchalance devastante” le viene a dire prima di girare che ha completamente cambiato la scena di “Del perduto amore”, in un momento a due essere rapita ad ascoltare le battute di Luigi Lo Cascio nella scena più importante della “Bestia nel cuore” (“perché anche in quel momento mi stava insegnando qualcosa”), il percorso fatto con Sergio Rubini, “forse il regista che mi ha dato di più”, l’esperienza americana con Los Angeles che non l’ha certamente fatta impazzire. E molto ancora. Con un’annotazione finale intorno al Tempo e la sua importanza, la responsabilità non soltanto nel non farsi mai attendere dagli altri ma soprattutto con la consapevolezza che nell’attesa di girare anche l’attore perde energie, quella concentrazione che non sarà più in grado di ritrovare.

Elio Rabbione

Nelle immagini: Giovanna Mezzogiorno (foto di Saverio Ferragina) e la copertina del suo libro; scene tratte da “Vincere” di Marco Bellocchio e da “La bestia nel cuore” di Cristina Comencini.