SPETTACOLI- Pagina 3

RAI NuovaMusica sul podio il maestro Pascal Rophé e Mario Brunello al violoncello

Per il primo appuntamento il 6 marzo

Riparte Rai NuovaMusica, la consueta rassegna che l’Orchestra Nazionale della Rai dedica alla musica contemporanea, distribuita nel corso della stagione 2024-2025 con tre concerti sinfonici in serata unica, in programma all’Auditorium Rai Arturo Toscanini di Torino. Il primo appuntamento è per giovedì 6 marzo alle 20.30 anche in diretta su Radio 3 e in live streaming su raicultura.it.

Sul podio salirà Pascal Rophé, già direttore musicale e stabile dell’Orchestre National des Pays de La Loire, presenza frequente sul podio dell’OSN RAI etra le bacchette più apprezzate pericolose repertorio del XX e XXI secolo.

La serata si aprirà con la prima esecuzione Rai a Torino di “Gli occhi che si fermano” per orchestra, autore Francesco Antonioni, classe 1971, uno dei compositori più apprezzati  in Italia e all’estero, commissionato dalla Fondazione Teatro Lirico di Cagliari dove è stato eseguito per la prima volta nel maggio del 2009. Il brano trae ispirazione dal romanzo dello scrittore spagnolo Javier Marias intitolato “Tu rostro manana”, “Il tuo volto domani”, che scava nelle ambiguità  dei protagonisti e delle loro vite, e che Antonioni traduce  con una sovrapposizione di ritmi diversi, alternando sezioni rapide ad altre più  lente, e muovendosi tra tonalità e attualità.

“Leggendo ‘Il tuo volto domani ‘ di Javier Marias- afferma Francesco Antonioni – ho pensato che descrivesse con sorprendente precisione quello che cerco di realizzare con la mia musica, ciò che mi sta più  a cuore, cercare, sempre con lo sguardo profondo, la ‘visione lunga’ percorrere e tenere insieme le alternative possibili, creare relazioni, significati cge connettano idee solo apparentemente lontane tra loro. Ad esempio ho pensato che i suoni lunghi e tenuti che aprono il brano non fossero altro che suoni ripetuti ad una velocità infinita, oppure che i rapidi vortici di note che si inseguono nel pezzo, come il volo di una mosca citato da Marias, fossero solo modi diversi per descrivere la perseveranza e la concentrazione dell’indagine,  e ho cercato di trarne le conseguenze. Sono metafore sonore, simboli, che spero aiutino a guardare il mondo con occhi più acuti e penetranti”.

Seguirà la prima esecuzione italiana di  T.S.D. per violoncello e orchestra del 2018 di Giya Kancheli, uno dei più noti compositori georgiani, scomparso nel 2019 a 84 anni. Il suo stile è  caratterizzato dalla tendenza ad esprimere una profonda spiritualità, ed è stato descritto  come una versione europea del minimalismo americano, definito “minimalismo spirituale”. A interpretarlo sarà  il violoncellista Mario Brunello, apprezzato a livello internazionale non solo per le sue indiscutibili doti di artista e musicista, ma anche per i suoi progetti che coinvolgono forme d’arte e saperi diversi, dal teatro alla letteratura, dalla filosofia alla scienza. Solista, direttore, musicista da camera e pioniere di nuove sonorità con il violoncello piccolo, è  stato il primo europeo a vincere il concorso Caikovskij a Mosca nel 1986. Il suo stile autentico è appassionato lo ha portato a collaborare con i più importanti direttori d’orchestra e le più prestigiose orchestre del mondo.

La seconda parte della serata sarà interamente dedicata al grande compositore Ungherese Peter Eotvos, scomparso il 24 marzo del 2024 a ottant’anni, in passato più volte ospite dell’Orchestra Nazionale della Rai. Memorabile la sua esecuzione del mastodontico Atlatis nel 2007, affiancato a Petruska di Stravinskij. Per ricordarlo a un  anno dalla morte Pascal Rophé ha scelto “Reading Malevich” per orchestra, scritto da Eotvos tra il 2017 e il 2018, su commissione del Festival di Lucerna, dove vide la luce  con l’Orchestra dell’Accademia del Festival diretta da Matthias Pinscher.

“Il compito che mi sono posto per Reading Malevich – aveva dichiarato Eotvos – è  stato quello di trasformare un’immagine, un evento ottico in musica. Ho scelto come punto di partenza  il dipinto intitolato Suprematismus n. 56 di Kazimir Malevich, che usa questo termine per descrivere una serie di dipinti puramente astratti iniziati con “Black Square” del 1915.

A conclusione del concerto il “Dialog mit Mozart”, da capo per orchestra, proposto per la prima volta dall’Orchestra RAI di Torino. Il brano è  nato nel 2014, destinato  a cymbalom o marimba ed ensemble, prendendo spunto da frammenti di musica mozartiana lasciato allo stadio di abbozzo. Si tratta di un modo originale per fra dialogare il linguaggio mozartiano con quello contemporaneo. Nel 2016 Eötvos lo ha riscritto, destinando a un organico orchestrale ampio, che integra in sé la parte solistica. Questa versione, proposta dall’OSN RAI e da Rophé,  è stata eseguita per la prima volta in prima assoluta  il 17 dicembre 2016 a Salisburgo al Mozarteum con Mirga Gražinyté- Tyla sul podio. Secondo le parole del compositore si tratta di un dialogo molto divertente  che ripercorre 250 anni di storia.

I biglietti per i concerti di Rai NuovaMusica sono in vendita al prezzo di 5 euro eper gli under35 a 3 euro online o in biglietteria

Biglietteria dell’Auditorium della Rai di Torino, tel 0118104653.

Piazza Rossaro Torino

Mara Martellotta

E poi arrivano le cinque statuette per “Anora” di Sean Baker

La consegna degli Oscar 2025, vincitori e vinti

E poi il giorno dopo ti stai a chiedere se quei giudizi siano pienamente centrati, se quelli che avevi in mente tu fossero giusti o sbagliati, o di comodo, o troppo personali per simpatia o chissà che altro. Ti rendi conto che il Cinema ha tutti i numeri e le caratteristiche per essere Arte ma che tante (troppe?) volte è Business, mosse studiate a tavolino, soprattutto un’altalena su cui è facile salire ma da cui è anche maledettamente facilissimo scendere. Prendete le tredici candidature dell’imperfetto “Emilia Perez” di Jacques Audiard: al di là di una imbarazzante ammucchiata dell’intero cast a Cannes ovvero un Palmarès alle quattro attrici senza distinzione o soppesatura di sorta, a Hollywood, dopo una strombazzatura d’eccezione e una battaglia senza esclusioni di colpi, è stato sufficiente andare alla riscoperta di una manciata di tweet della prima attrice trans – velocemente candidata: con il sospetto da parte di chi scrive queste note che Karla Sofìa Gascòn sia stata catapultata nell’empireo delle protagoniste per tirare un dispettuccio a Mr Trump che tratta il mondo anche geneticamente in buoni e cattivi piuttosto che per convincenti qualità – destinati negativamente a messicani e afroamericani per far crollare in quattro e quattr’otto l’intero castello di carte. Onde per cui, delle tredici candidature ne sono andate a segno soltanto due, la miglior canzone a “El mal” e la miglior attrice non protagonista a Zoe Saldana (lei più nelle vesti di protagonista del film!) che certo non aveva rivali.

Certo non la nostra Isabella Rossellini, nella serata tutta luci e star del Dolby Teather, che si sarà pur messa in blu velvet in onore del suo amore trascorso per David Lynch e per la grandezza di un regista, con tanto di agghindo con gli orecchini di mamma Ingrid sul set di “Viaggio in Italia” di papà Roberto: ma quei suoi otto minuti in “Conclave” di Michael Jackman non hanno convinto i membri dell’Academy che forse avranno comparato gli altri otto minuti della storia del cinema, quelli irripetibili di Anne Hathaway nei canori “Miserabili” che valsero all’attrice, quelli sì, la meritatissima statuetta nel 2013. Morto un papa se ne fa un altro, caduta “Perez” ci si aggrappa all’altrettanto imperfetto “Conclave” e a quel “Brutalist” firmato da Brady Corbet che convince, nella prova soprattutto eccezionale di Adrien Brody, oscaribilissimo e così è stato, capace ancora una volta dopo “Il pianista” di Polanski di costruire e trasmettere emozioni come pochi altri, ma dove vedi una regia e una scrittura prima che si vorrebbero grandiose ma che in alcuni tratti (nella seconda parte del film) non hanno oliato a dovere i loro ingranaggi. “The Brutalist”, tuffo in un film classicheggiante, di lento ed elegante racconto, che sa con intelligenza di architettura e di riscatto, degli aspetti consolatori e costruttivi dell’arte, che guarda allo scempio di ieri e alla Storia di oggi, che si porta anche a casa le statuette per la miglior colonna sonora e la miglior fotografia, lasciando immeritatamente a “Wicked” dei pur talentosi Nathan Crowley e Lee Sandales il premio per la migliore scenografia.

Insomma l’altalena di cui sopra ha fatto vittime illustri, il Fiennes di “Conclave” o la Demi Moore di “The Substance” che risorta alla sessantina a nuova vita e data sino alla vigilia per vincitrice e che con il sorriso di circostanza avrà l’altra sera pensato che un’occasione così chissà quando le ricapita; soprattutto il bel (e allegramente giallognolo e ingioiellato) Timothée Chalamet che ha speso cinque anni della sua vita per diventare un perfetto Bob Dylan e poi ha dovuto cedere le armi davanti alla prova del finto architetto Làszlò Tòth (e con lui, le dieci candidature originali di “A Complete Unknown”, secondo e terzo riconoscimento alla fotografia di Lol Crawley e alla colonna sonora originale di Daniel Blumberg): magari vada a chiedere a quel collega che si chiama Leonardo Di Caprio quanta anticamera ha dovuto fare per impugnare la sua prima statuetta. A sovvertire le carte, in un crescendo che si è ispessito di giorno in giorno, e a rovinare del tutto le speranze di “Brutalist”, è arrivato “Anora” di Sean Baker, non ancora un gigante nel firmamento di celluloide, già Palmarès a Cannes, che stringe oggi tra le sue giovanili quanto sfacciate braccia gli Oscar per il miglior film e la miglior regia, per la miglior attrice protagonista, per il miglior montaggio e la miglior sceneggiatura originale: con ogni carta in regola, ben raccontato e con un ritmo invidiabile, con una scena centrale di risicata violenza di parecchi minuti (ci sono voluti dieci giorni per girarla) che è un pezzo di cinema da mandare agli annali, con la consacrazione di uno scricciolo spuntato fuori quasi dal nulla, Mikey Madison (anche se io continuo ad avere negli occhi e nella mente la prova maiuscola di Fernanda Torres in “Io sono ancora qui” di Walter Salles, per fortuna miglior film straniero, moglie ineguagliabile di uno dei tanti desaparecido) a incarnare come meglio non potrebbe l’escort caduta nella passione e nella bambinaggine del rampollo di un magnate russo.

Elio Rabbione

Nelle immagini, scene di “Anora”, “Emilia Perez” e “The Brutalist”.

“Toccando il vuoto” e “Coup fatal” al Gobetti e al Carignano

Per la stagione del Teatro Stabile di Torino, dall’11 al 16 marzo prossimi, andrà in scena al teatro Gobetti la pièce “Toccando il vuoto”, una fantasia alpinistica basata su memoir di Joe Simpson. Tratto da una storia vera, la pièce è ambientata nel 1985, durante la scalata delle Ande peruviane, dove gli alpinisti Joe Simpson e Simon Yates restano vittime di un incidente durante la fase di discesa che provoca la caduta di Joe in un dirupo. Simon, per non rischiare di precipitare insieme al suo compagno, è costretto a tagliare la corda di arrampicata. La storia si snoda tra passato e presente, passione, sensi di colpa, amicizia e resilienza. Tratto dal romanzo di Joe Simpson, è stato adattato da David Greig, la traduzione è stata a  una di Monica Capuani, la regia è di Silvio Peroni. Gli interpreti sono Lodo Guenzi, Eleonora Giovanardi, Giovanni Anzaldo, Matteo Gatta.

Al teatro Carignano, dal 13 al 16 marzo prossimi, verrà portata in scena dalla Comédie de Genève, la pièce teatrale “Coup fatal”. Dieci anni fa, al suo debutto a Vienna, questo spettacolo sferrò un colpo fatale alle facili categorizzazioni. La sua natura è plurale, un manifesto di resilienza di tale insolenza e orgoglio. Le melodie barocche, un’orchestra multietnica, la danza africana, il teatro contemporaneo, le partiture coreografiche di Platel, i sapeurs congolesi, pomposità e ironia: tutto si fonde in una fantasmagoria di sfrenata contaminazione  di generi ed estetiche che non smette mai di sublimarsi e reinventarsi. Prodotto originariamente dai maggiori festival europei, tra cui Torinodanza, questo indimenticabile ibrido performative torna in scena per suggestionarci ancora. La direzione  musicale è di Fabrizio Cassol, la direzione artistica e la regia sono di Alain Platel, il direttore d’orchestra è Rodriguez Vangama, le musiche sono di Fabrizio Cassol e Rodriguez Vangama da Hëndel, Vivaldi, Bach, Monteverdi e Gluck. Le scene sono di Freddy Tsimba.

Mara Martellotta

Euripide e “Le baccanti”, sotto l’occhio grottesco e irriverente dei Marcido

Sul palcoscenico del Gobetti, sino a domenica 9 marzo

La prima parola è “teatro” l’ultima “sipario”, nel mezzo ci stanno – nella scrittura irruente e irta di barocchismi, vulcanica e corrosiva, lontanissima da un colloquiale quotidiano, veloce in quei funambolismi grammaticali e linguistici che da decenni gli riconosciamo e ai quali Marco Isidori, per ognuno l’Isi, ci ha abituati – le note di regia: le leggiamo e le gustiamo, ci aprono (a tratti a fatica, quel tanto o quel poco che a lui piaccia) un mondo, le abbiamo lì davanti a noi per attraversare quella quarta parete che altrimenti ci impedirebbe di trascorrere piacevolmente e in modo sempre intelligente quegli 80’ sempre al galoppo. Ma ecco che l’Isi – solo come lui sa fare – ci spiazza nello spostare le pedine con troppa fretta, ci dice che “le note di regia non sono nient’affatto tali” perché gli sono uscite dalla penna svogliate e “nervosette”. Ma noi andiamo avanti perché da decenni sappiamo che quei funambolismi sono pur lì a farcelo amare, a chiarificare, a risplendere quello che non è soltanto lo spettacolo inventato per festeggiare il quarantennale dei Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa, nati a metà degli Ottanta mentre il teatro italiano li guardava “sospettoso”, compagnia e gruppo di lavoro specialissimi, ma altresì una delle prove più convincenti e carismatiche di un lunghissimo percorso teatrale. Un percorso che s’è avviato con Genet e uno “Studio per le Serve”, che ha percorso la tragedia greca vincendo Eschilo su Sofocle per 3 a 1 (appuntamenti), guardando ad Andersen come a Dickens, scomodando Goldoni e Beckett e Joyce, ricorrendo a Copi e Pavese, Yehoshua e la “nuova certificazione del mondo di Suzie Wong”, panorami per ogni palato.

Instancabilmente. Addentrandosi ad ogni passo sempre più nella materia (improvvisa, impensata) e nella forma (affinata, ricercata, arrotata) con uno studio e un impegno e una ricerca, non certo “una pacificazione lacustre” ma una “perenne tempesta”, che non tante compagnie del “dopo Carmelo” hanno saputo portare avanti e reggere. Titolo lungo nell’affrontare questo primo Euripide – l’autore pose mano alla tragedia pochi mesi prima della morte, nel 407 a.C. -, “Istruzioni per l’uso del Divino Amore: mana enigmistico Le Baccanti di Euripide che “precipitano” a contatto del reagente ‘Marcido’”. È uno dei tanti “ordigni esplosivi” posti al centro dell’azione, che le parole e la gestualità da sempre cercate con il lanternino pirandelliano spinto a far luce sulla intera “realtà” teatrale fanno deflagrare, non avendo paura di mischiare grottescamente un Dioniso “tirabuscion” da canzonetta partenopea d’inizio secolo (l’altro), con tanto di fondale tra Vesuvio e acini d’uva pronti a scoppiare, con tanto di stivaletti rossi e un tacco alto così che farebbe l’invidia di donna Santanchè, mentre si tenta di strimpellare sui tasti di uno sfuggente pianoforte, e la tragedia dello smembrato Penteo. La fake news da parte del re secondo cui il dio non sarebbe figlio di Zeus ma una semplice scappatella di Semele con un comune mortale, la divina discesa in Tebe per rimettere a posto le cose mentre le donne della città sono salite sul Citerone, in preda a follia, a celebrare riti in onore del dio, la perseveranza negativa di Penteo e una vendetta che racchiude in sé la tragedia di un terremoto, le donne in veste di Baccanti pronte a devastare villaggi e armenti e a infierire sul corpo dello sfortunato sovrano: questo Euripide. Isidori ne fa una “riscrittura”, un “più aguzzo trattamento letterario”, “cartavetrando” i versi dell’autore greco, con un’operazione in cui far chimicamente “precipitare” la tragedia “in una dimensione che parli la lingua” a cui i Marcido sono avvezzi e padroni.

Un dio impietoso e un tiranno che non rivedrà mai le proprie convinzioni, irrazionale e caparbio, si fronteggiano mentre la follia circola attraverso le strade della città e coloro che la abitano, umanità e religiosità, terreno buono per i Marcido, ancora Bene e Male, eccellente per un loro ampio giro d’orizzonte. Al primo sguardo in palcoscenico, è la reggia di Penteo a colpire, frastagliata e segmentata, ultimo esempio del lavoro di Daniela Dal Cin, già premio Ubu nella lunga storia e varie altre candidature, una nuova macchina teatrale, una reggia che ha più il sembiante d’un palazzo per affari in Wall Street che un reperto archeologico immerso nella leggenda, uno stralcio d’architettura che si fa montagna da raggiungere attraverso quella “scalinatella” che gli sta alla base: e a lei si devono pure le macabre bandiere a mostrare i brani del corpo martoriato o quelle che, uscendo dalle tute bianche degli attori, guardano alla natura che circonda gli eccidi delle Baccanti ormai fuori di senno, come le fantastiche Maschere/Bocca, ennesimo sberleffo. Nella alta bellezza visiva dello spettacolo, s’impone ancora una volta – rischierò di ripetermi, ma le parole sono qui un personale omaggio alla genialità di Isidori e dei suoi compagni (anche questa volta “Marcido at work”, come stava scritto sulle magliette nel “Davide Copperfield” di un paio d’anni fa), alla loro passione, al desiderio di sviscerare l’anima di una professione – la tessitura vocale (“una condizione recitante distante mille miglia dalla loquela cinguettante che climatizza imperversando misera la miseria del presente scenico”, parola dell’Isi) che attraversa il nuovo componimento, il “Coro Marcido”, dove il concerto di voci s’inarca e si spezza, s’arrotonda, si lancia e s’affievolisce e si curva per riprendere spazio in alto. Il gusto e il luogo imperante della parola, un pentagramma su cui destreggiarsi, una colonna sonora all’unisono, in un rito che non può non frastornare lo spettatore presente; e con questi l’esattezza del gesto e del movimento, dove tutto diventa un balletto ad orologeria, di geometrica precisione.

Attorno alla reggia, il Dioniso eccellente di Paolo Oricco, che si gioca una presenza e un personaggio e una manciata di assolo in maniera davvero perfetta, Maria Luisa Abate che è Tiresia dalle aperte profezie, Isidori e Alessio Arbustini che condividono il messaggero narratore e, in bella presenza che emerge con un suo personale gran peso, Ottavia Della Porta che è un protervo e tragico Penteo, entrata con prepotenza nel cono della lente approntata da Isidori. Per terminare con Valentina Battistone e Alessandro Bosticco. Tutti quanti a pigiare il pedale di un grottesco intelligentemente inteso in cui l’Isi continua a buon diritto a essere considerato un Maestro della scena italiana.

Ricordiamo che mercoledì 5 marzo, alle 17,30, Marco Isidori, Daniela Dal Cin e gli attori della compagnia dialogano con Armando Petrini (DAMS/Università di Torino) e Oliviero Ponte di Pino (Associazione Culturale Ateatro) sui “Quarant’anni di Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa (1985 – 2025)”. Nel corso dell’incontro verranno presentati i due volumi relativi alla ricerca teatrale dei Marcido: “Marcido 2006 – 2025”, Torino, Assessorato alla Cultura, 2025 e “Vortice del Macbeth, AmletOne! Lear, schiavo d’amore”, Pisa, Titivillus, 2025. Ingresso libero, prenotazione online obbligatoria. www.teatrostabiletorino.it/retroscena. Info Centro Studi tel. 011 5169405 – centrostudi@teatrostabiletorino.it

Elio Rabbione

Nelle foto di Giorgio Sottile, alcuni momenti dello spettacolo.

Un omaggio a Carlo Collodi con il progetto Pinocchio al teatro Carignano. Per grandi e piccini

Dal 15 febbraio scorso, quando ha debuttato in prima nazionale, fino all’11 maggio prossimo sarà protagonista della stagione del Teatro Stabile una nuova produzione di Pinocchio, personaggio creato dalla penna di Carlo Collodi. In occasione del bicentenario della nascita dell’autore (2026) il teatro Stabile di Torino rende omaggio, con questa nuova produzione, all’autore del celebre romanzo per ragazzi. Il progetto Pinocchio avrà durata biennale, articolato in due tappe e si concluderà nel 2026.

Questo allestimento si avvale della regia di Marta Cortellazzo Wiel , che ha deciso di rappresentare la storia di Pinocchio, una storia senza tempo, come una ricerca universale di identità e apparenza, una metamorfosi capace di coinvolgere grandi e piccini, in cui leggerezza e profondità trovano un perfetto bilanciamento.

La regista si avvale di un cast di talento che comprende Paolo Carenzo, Hana Daneri, Christian di Filippo, Celeste Gugliandolo, Marcello Spinetta e Aron Tewelde. La scenografia è firmata da Fabio Carpene e i costumi sono di Giovanna Fiorentini, capaci di creare un’atmosfera suggestiva che si sposa perfettamente con le musiche di Celeste Gugliandolo e i suoni di Filippo Conti.

La regista Cortellazzo Weil ha spiegato che ha integrato i richiami alle maschere della commedia dell’arte ai linguaggi popolari, venendo così ad alternare momenti magici ad altri altrettanto poetici.

Nel mese di marzo le recite di Pinocchio al teatro Carignano, fuori abbonamento, si replicheranno martedì 4, sabato 8 e sabato 22 marzo, sempre alle ore 16.

 

Mara Martellotta

Genesis, il magico spettacolo di luci e musica arriva per la prima volta a Torino

A partire da fine marzo 2025, lo storico Palazzo della Luce di Torino
ospiterà il magico spettacolo audiovisivo di luci e musica in uno
spazio unico nel suo genere.
Genesis, uno show spettacolare di luci
del collettivo artistico svizzero Projektil in collaborazione con Fever,
la piattaforma leader per l’intrattenimento dal vivo e attività
ricreative, farà il suo debutto a Torino a partire dal 28 marzo.
  Dopo la première italiana di _Enlightenment_ dello scorso anno, un
viaggio mozzafiato attraverso le quattro stagioni di Vivaldi targata
“Eonarium”, il Palazzo della Luce si trasformerà ancora una volta in
un’opera d’arte a 360º fatta di luci e suoni.
  _Genesis_ porterà i visitatori in un viaggio magico dalla
creazione della terra, all’emergere dell’acqua, della natura e della
vita, accompagnato da composizioni musicali appositamente selezionate,
per immergersi a pieno in una sinfonia di luci e suoni.
  Con edizioni precedenti in città in tutta Europa e negli Stati Uniti,
compresa la Casa Cardinale Ildefonso Schuster di Milano, questo
spettacolo ha già affascinato oltre un milione di visitatori.
L’esperienza audiovisiva è realizzata grazie a tecnologie
all’avanguardia e proiezioni scenografiche adattate con cura
all’architettura degli edifici storici. Per questa occasione, le pareti
e i soffitti del Palazzo della Luce, nel cuore di Torino, prenderanno
vita per uno spettacolo a 360º.
Roman Beranek, direttore creativo di Projektil, parla di questa ode:
  “Il nostro obiettivo era creare un’esperienza sensoriale in termini di
arte e tecnologia, mettendo in risalto la bellezza dell’architettura
storica. Attraverso la musica e la luce, il pubblico è immerso in un
viaggio nella creazione della terra ed è invitato a riflettere sul
ciclo della vita. È una fusione unica che trasforma ogni luogo in
un’opera d’arte vivente.”_
Genesis aprirà le sue porte il 28 marzo.

Rock Jazz e dintorni a Torino: Emma Nolde e Renato Borghetti Quartet

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GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA 

Martedì.  Al Blah Blah suona la Matsumoto Zoku Band.

Mercoledì. All’Osteria Rabezzana si esibisce Federica Gerotto Quintet. Al Vinile è di scena Paolo Antonelli.

Giovedì. All’Hiroshima Mon Amour si esibisce Alberto Bianco. Al Capolinea 8 suonano Skulla & Gianluca Bargis. Al Vinile è di scena Defector. A Piazza Dei Mestieri suona la band Le Storie Sbagliate, per un omaggio a Fabrizio De Andrè. Al Blah Blah si esibisce il Babajack Duo.

Venerdì. Al Magazzino di Gilgamesh suona Lebron Johnson & Andy Pitt Band. Al Circolo Sud sono di scena i Varylem. Al Peocio di Trofarello suona David Ellefson. All’Hiroshima Mon Amour si esibisce Emma Nolde. Alla Divina Commedia è di scena Dario Lombardo & The Blues Gang. Al Folk Club suona  il Renato Borghetti Quartet. Al Magazzino sul PO si esibisce Lorenzo Kruger. Al Blah Blah sono di scena i The Sick Rose. Allo Ziggy suonano i Distorsione Armonica Totale +Fangosberla.

Sabato. Alla Divina Commedia si esibiscono gli Italian Graffiti. Allo Spazio 211 è di scena Francesco Di Bella. Al Blah Blah si esibiscono i Fiori + Calantha. Allo Ziggy suonano i Fucktotum +Bone Rattler.

Domenica. Alla Divina Commedia è di scena il trio Girinsoliti. Allo Ziggy suonano gli Infected+ Hedonic Lust.

Pier Luigi Fuggetta

Un “Lungo viaggio” impietoso dentro la famiglia di O’Neill

Sul palcoscenico del Carignano, sino al 9 marzo

Testo intriso di autobiografia più che ogni altro tra le opere di Eugene O’Neill, “Lungo viaggio verso la notte” è il ritratto che impietosamente l’autore dipinge della propria famiglia: del padre attore di successo fossilizzato in quella interpretazione del “Conte di Montecristo” che portò avanti per più di seimila repliche, rimanendone come soffocato, della madre infatuata della religione, con un passato di permanenza in un college dell’Indiana e persa nell’abuso della morfina, di suo fratello che dovette combattere per una vita intera contro l’alcolismo (il successivo “Una luna per i bastardi” ne avrebbe spiegato gli sviluppi), con grande verità anche di se stesso affetto da tubercolosi e costretto a essere ricoverato per un paio d’anni in sanatorio, mentre quella stessa casa dei Tyrone raccontata nel dramma, a tutti invisa e da tutti osteggiata, altro non è che la casa degli O’Neill nel Connecticut. “Lungo viaggio” vide la fine della stesura nel 1942, in pieno conflitto mondiale, e l’autore, nel consegnarlo all’editore, espresse la volontà che venisse rappresentato soltanto 25 anni dopo la sua morte: ma alla sua morte nel 1953) la vedova, trasferendo i diritti all’Università di Yale cancellò quel primo obbligo, l’opera si aggiudicò il Premio Pulitzer per la drammaturgia e vide la prima rappresentazione a Stoccolma nel febbraio del ’56.

È una prigione quella che contiene la famiglia Tyrone – Gabriele Lavia, che interpreta e dirige il dramma, sino a domenica 9 marzo, al Carignano per la stagione dello Stabile torinese, la definisce “famigliaccia” -, la circonda una più che visibile inferriata, onnipresente e obliqua, da cui sarà possibile un’unica uscita di mamma Mary e di cui gli attori si libereranno soltanto per gli applausi finali, mentre all’interno stanno tavoli e seggiole e angoli di conversazione, mentre all’esterno tutto è avvolto nel buio entro cui gli attori scompaiono (la scena è di Alessandro Camera, i costumi di Andrea Viotti) – all’interno della quale i personaggi, offuscate vittime e carnefici allo stesso tempo, impiegano la loro giornata con briciole di tenerezza, con momenti dove passato e presente devono essere rinfacciati a qualunque costo, dove in diversa misura si corre verso l’autodistruzione, dove liquori e droga annebbiano i cuori e i sentimenti e riempiono il tempo interminabile, dove circolano sospetti e sussurri e grida, dove le illusioni sbiadiscono, dove impera la grettezza e l’attaccamento al denaro e il rimpianto del padre, impossibile grande attore shakespeariano, le debolezze e le accuse dei figli e la madre che continua a narrare di una esistenza infelice e sola, dove si gioca drammaticamente a scarnificarsi senza risparmio di colpi di scure. Non si tira indietro l’autore, neppure per un attimo, in quella descrizione familiare, disposto a mettere in piazza ogni ferita, ogni possibile conseguenza, con grande infelicità e palpabile crudezza, con una asprezza e una sincerità personale che forse mai cosi hanno attraversato un palcoscenico.

E Lavia certo non si sottrae a quella ragnatela di rabbiosa, quanto pietosa, infelicità che è al centro del dramma. Lo fa dando corpo e anima, in modo autentico (dove ci si allontana dalla “recitazione” per essere sempre più “veri”) ai quattro personaggi e con un vigore che espone tutto il realismo del testo. Fotografa, delinea, accentua, tratteggia, muove in quello spazio che si fa sempre più angusto e soffocante, riempie dell’esattezza di gesti e parole frantumate e lasciate a metà, di espressioni che vogliono dire e non diranno mai. Del suo James esprime non solo i tratti dei ricordi e delle incomprensioni e della dolorosità del vivere ma pure quelli più caparbiamente infantili: e riempie immediatamente la scena. Gli sono accanto Federica Di Martino, che è una perfetta mater dolorosa e folle, forte padrona di un frastagliato itinerario di drammaticità, capace di sfruttare appieno, con grande convincimento, gli ultimi attimi vestita dell’abito da sposa, Jacopo Venturiero (Jamie) e Ian Gualdani (Edmund), credo scelti dopo parecchi provini, forse ancora qua e là in cerca di eccessi che si smorzeranno e di una giusta appropriazione in un percorso che s’è iniziato da un paio di settimane soltanto. Beatrice Ceccherini è la cameriera Cathleen. Applausi incondizionati al termine, resi da un pubblico completamente agguantato da una resa che è agli occhi di chi guarda una delle concretezze teatrali della stagione.

Elio Rabbione

Foto Tommaso Le Pera

I vincitori di Seeyousound

Si è conclusa l’11ª edizione di SEEYOUSOUND International Music Film Festival, un unicum nel panorama dei festival cinematografici italiani perché primo e tutt’ora unico a proporre una programmazione tutta dedicata al cinema a tematica musicale, portando a Torino i migliori film nazionali ed internazionali in cui immagini e suono si incontrano, si raccontano e si stimolano reciprocamente. Un evento che anno dopo anno si conferma essere un appuntamento di riferimento per il pubblico cinefilo e per tanti appassionati di musica che vivono l’emozione dell’incontro con i propri artisti di riferimento in modo visivo e narrativo oltre che sonoro. 

Il programma di questa edizione ha proposto 65 titoli (lungometraggi di finzione e documentari, cortometraggi e videoclip); 15 eventi tra talk, live, dj set, exhibition e installazioni e ha accolto più di 40 ospiti dall’Italia e dal mondo.

Il claim scelto per Seeyousound Eleven – The High Fidelity Music Film Festival – si è concretizzato nell’incontro con il pubblico, anche in questa occasione pronto ad accogliere l’arrivo del festival in città, ripagando in termini di presenze ed entusiasmo gli sforzi e le incertezze richieste dall’organizzazione di un evento dall’offerta così variegata. 

Sono 6000 le presenze registrate in 8 giorni di evento dal 21 al 28 febbraio, tra il Cinema Massimo e le altre 5 venue cittadine (Recontemporary, Casa Frequencies / Circolo del Design, Magazzino sul Po, Capodoglio e Off Topic), numeri in linea con i dati del 2024 quando l’edizione decennale durò 10 giorni interessando 2 weekend.

Sold out e sale gremite per gli spettacoli: Blur: To The End di Tobi L. che ha aperto il festival in anteprima italiana, Soundtrack to a Coup d’État di Johan Grimonprez, candidato agli Oscar come “Miglior Documentario”, Uzeda – Do It Youself di Maria Arena e Going Undergroung di Lisa Bosi e che ha riempito la sala in entrambe le proiezioni in programma, così come Mogwai: If the Stars Had a Sound di Antony Crook; e il live Escapology Live A/V di Kode9. 

«Ad un anno di distanza dall’edizione del nostro decennale, premiata da una calorosa e numerosa partecipazione, abbiamo nuovamente ritrovato l’abbraccio del pubblico ed è per noi uno stimolo a continuare a fare ciò che facciamo da 11 anni. – affermano Carlo Griseri e Alessandro Battaglini, direttore e vice direttore di Seeyousound – Vedere persone che tornano di anno in anno, anche da fuori regione, e che hanno ormai l’abitudine di frequentare il festival, è una grande dimostrazione di fiducia che ci siamo conquistati e una grande soddisfazione. Chiudiamo questa nuova edizione con la sensazione che la nostra proposta culturale venga capita e apprezzata dalle persone con cui di fatto condividiamo due grandi passioni – il cinema e la musica – e questo ci dà il giusto slancio verso l’edizione 2026… ci rimettiamo al lavoro!”

I VINCITORI 2025

La giuria di LONG PLAY FEATURE – Concorso lungometraggi di finzione, composta da Francesca Mazzoleni, Marta Perego e Andrea Tomaselli assegna il premio Best Feature Film – LP FEATURE – Francesca Evangelisti (1000€ assegnati col supporto di BTM Banca Territori Del Monviso) a IMAGO di Olga Chajdas

Motivazione: Una narrazione materica in grado di animare luoghi, corpi e suoni al di là della mimesi, in una manifestazione di stati psichici e atmosfere sociali. Con coraggio il film accetta di abitare un equilibrio precario tra la cronaca storico-politica e una dimensione del Sé che racconta la propria diversità vissuta con orgoglio e la lotta per resistere a un’alienazione coatta. Una figura femminile che accetta il rischio di risultare a tratti poco condivisibile, a tratti persino disturbante, pur di non accomodarsi in nessuna retorica. 

Menzione speciale: LES REINES DU DRAME di Alexis Langlois

                                                                        

La giuria di LONG PLAY DOC – Concorso Documentari composta da Giorgio Guernier, Rossano Lo Mele e Manuela Zero assegna il premio Best Documentary – LP DOC (1000€ assegnati col supporto di BTM Banca Territori Del Monviso) all’unanimità a 

GOING UNDERGROUND di Lisa Bosi 

Motivazione: Per l’originale struttura visiva, per il lavoro di scrittura e il relativo ‘modus operandi’ che, tramite interviste audio di ricerca, ha portato alla realizzazione, da parte dell’autrice, di una sceneggiatura dettagliata e precisa, per lo straordinario lavoro di ricerca e la qualità del montaggio, per la riscoperta e la valorizzazione di una storia underground non così conosciuta dalle nuove generazioni.     

La Giuria di 7INCH – Concorso Cortometraggi composta da Chiara Borroni, Gianluca Castellini e Alessandro Loprieno assegna il premio Best Short Film – 7INCH (500€) a 

DEEP IN MY HEART IS A SONG di Jonathan Pickett

Motivazione: Per l’essenzialità di un racconto privo di elementi retorici, in cui il melodico stile country del cantautore cowboy Johnny Bencomo diventa l’ultimo desiderio di una sofferente donna anziana, e per una riuscita connessione degli elementi musicali con il piano narrativo.

Menzione speciale: SANS VOIX di Samuel Patthey

La giuria di SOUNDIES – Concorso Videoclip composta da Amos Cappuccio, Luca Giraudo e Delia Simonetti assegna il premio Best Music Video – SOUNDIES (500€ assegnato col supporto di Machiavelli Music) a 

THE RHYTM CHANGED diretto da Ludovic Gontrand per Thomas de Pourquery

Motivazione: Per la qualità della costruzione dell’ambientazione e la caratterizzazione dei personaggi. Per la fotografia che indaga il reale e trasporta lo spettatore all’interno di un reportage dell’assurdo in grado di sintetizzare un micro universo fatto di contrasti.

Menzione speciale: MUM DOES THE WASHING diretto da Iman Omar per Joshua Idehen e NASKAR diretto da El Cielo per nusar3000

La giuria del Premio Miglior Film Italiano selezionato tra tutti i film in programma dai giurati Magali Berardo, Luca Bernini e Sara Thabit Doghmash assegna i premi

Best Italian Movie – SYS11 a 

JESUS LOVES THE FOOLS di Filippo D’Angelo, Dimitris Statiris e Mauro Ermanno Giovanardi

Motivazione: Un omaggio vivo e presente ai Carnival of Fools, una delle prime band italiane a vocazione internazionale e all’etichetta discografica, la Vox Pop, che ha giocato un ruolo cruciale nella nascita della musica indipendente italiana degli anni ’90. Un racconto intimo che funziona con il ritmo della musica, in cui la forza vitale della gioventù e l’amore per il rock fanno riscoprire una storia importante che finora era mancata all’appello. Immagini d’archivio di straordinaria potenza, il racconto dei protagonisti, il lavoro fatto sulla qualità del suono completano l’opera nel modo migliore.

La giuria di FREQUENCIES – Concorso Sonorizzazioni Originali composta da Marta Del Grandi, Esther Flückiger e Davide Tomat assegna il premio Best Silent Movie Ost – FREQUENCIES (500€) a MAGGIE ZOBEL

Motivazione: Per la capacità di caratterizzare e creare un viaggio parallelo al film che ne amplifica la narrazione.

MENZIONE SPECIALE: Jolanda Moletta

La giuria composta dai lettori di TORINOSETTE assegna il premio TORINOSETTE Audience Award a 

IMAGO di Olga Chajdas

Motivazione: Per la capacità di sviluppare, intorno alla figura magnetica della protagonista, molteplici linguaggi artistici che lei sperimenta con spirito ribelle e personalità dirompente, in un contesto storico di grandi cambiamenti sociali e politici. Il linguaggio musicale, che all’interno del film muta insieme alla protagonista, le dà il potere di emanciparsi e raggiungere una catarsi personale.

                  

SEEYOUSOUND

Ton Koopman, Justina Gringyte e il duo Vengerov- Osetinskaya, le “stelle” di marzo

Note di Classica

 

Domenica 2 alle 16.30 e in replica alle 19, al teatro Vittoria per l’Unione Musicale, il Trio Debussy eseguirà musiche di Mozart, Poulenc, Borodin, Morricone, Sostakovic, Piazzolla, Schnittke, Gardel, Gade. Sempre domenica 2 alle 18 all’auditorium Toscanini,l’Orchestra Rai diretta da Giulio Cilona e con Stefan Milenkovic al violino, presenta “concerto di carnevale”. Verranno eseguite musiche di Rossini, Saint-Saens, Johann Strauss, Glinka, de Sarasate, Ponchielli, de Falla, Grofè, Offenbach. Lunedì 3 alle 18 per Polincontri Musica, nell’aula magna del Politecnico il Trio di Torino, eseguirà musiche di Beethoven e Mendelssohn. Martedì 4 alle 20.30 nella sala 500 del lingotto, Angela Hewitt al pianoforte eseguirà le Variazioni Goldberg di Bach.

Mercoledì 5 alle 20.30 al conservatorio, Les Musiciennes du Concert des Nations diretti da Jordi Savall e con Alfia Bakieva al violino, eseguiranno musiche di Vivaldi. Sabato 8 alle 18 al teatro Vittoria per l’Unione Musicale, Eugenio Catale violoncello, Matteo Borsarelli pianoforte e con Antonio Valentino, eseguiranno musiche di Bartòk, Stravinskij, Piazzolla. Lunedì 10 alle 18 per Polincontri Musica al Politecnico, il Duo Gazzana eseguirà musiche di Janacek, Beethoven, Schnittke. Martedì 11 alle 20.30 all’auditorium Agnelli per Lingotto Musica, l’Amsterdam Baroque Orchestra diretta da Ton Koopman, eseguirà i 6 concerti Brandeburghesi di Bach. Giovedì 13 alle 20.30 e venerdì 14 alle 20, all’Auditorium Toscanini l’Orchestra Rai diretta da Robert Trevino e con Justina Gringyte soprano, eseguirà musiche di Berio e Sostakovic. Sabato 15 alle 18 al teatro Vittoria il Trio Kobalt eseguirà musiche di Turina e Mendelssohn. Il concerto sarà preceduto dall’invito all’ascolto a cura di Antonio Valentino. Lunedì 17 alle 18 per Polincontri Musica al Politecnico, Olaf Laneri pianoforte eseguirà musiche di Scarlatti, Beethoven, Debussy, Chopin. Lunedì 17 alle 20 al teatro Vittoria per l’Unione Musicale, I fiati dell’Orchestra Theresia, eseguiranno musiche di Myslivecek, Mozart, Triebensee.

Mercoledì 19 alle 20.30 al conservatorio, Benjamin Grosvenor al pianoforte eseguirà musiche di Brahms, Schumann, Musorgskij. Giovedì 20 alle 20.30 e venerdì 21 alle 20 all’auditorium Toscanini ,l’Orchestra Rai diretta da Robert Trevino e con Augustin Hadelich al violino, eseguirà musiche di Brahms e Elgar. Lunedì 24 alle 18 al Politecnico per Polincontri Musica, Jonathan Leibovitz clarinetto e Monserrat Bravo al pianoforte, eseguiranno musiche di Schumann, Slkalkottas, Bartòk, Feidman, Harel/Tarras, Kovàcs. Martedì 25 alle 20 al teatro Vittoria, Le Fil Rouge eseguiranno musiche di Debussy, Bartòk, Komitas, Piazzolla, Mompou. Il concerto sarà preceduto alle 19.30 dall’aperitivo. Mercoledì 26 alle 20.30 al Conservatorio per l’Unione Musicale, Maxim Vengerov al violino e Polina Osetinskaya al pianoforte, eseguiranno musiche di Beethoven, Brahms, Sostakovic-Dreznin e Sostakovic. Lunedì 31 marzo alle 18 per Polincontri Musica al Politecnico, Francesco Manara violino e Claudio Voghera pianoforte, eseguiranno un programma interamente dedicato a Beethoven.

Pier Luigi Fuggetta