SPETTACOLI- Pagina 29

“Safe from the Sleep” animerà la Notte Bianca del Museo Egizio

Questa sera

Sono la prima ballerina del Teatro alla Scala di Milano, Antonella Albano, e il coreografo, danzatore e accademico olimpico Marco Pelle a esibirsi la sera del 20 novembre, nella notte bianca organizzata dal Museo Egizio per i festeggiamenti dei suoi duecento anni. Nella nuova galleria dei Re, che ospita statue di dei e faraoni. I due artisti danzeranno  una versione inedita di “Safe from Sleep”, creazione di Marco Pelle entrata nel repertorio di tanti danzatori internazionali come assolo, e che ora si trasforma in un incontro tra due ballerini, con l’interpretazione, per la prima volta, di una donna: la meravigliosa ballerina scaligera Antonella Albano. “Safe from Sleep” è la storia di un volo infinito, raccontato attraverso la perdita del viaggio che ne nasce. Il lavoro di Marco Pelle, primo membro tersicoreo dell’Accademia Olimpica di Vicenza, racconta la grandezza di un amore passato ma mai spento, l’incontro tra due anime separate da un tempo infinito, ma che da un tempo infinito si cercano e si attraggono. È  come quando ci si sveglia da un sogno e ci si rende conto che si è compiuto un viaggio meraviglioso e, come in un miracolo, siamo stati al sicuro e protetti. 

Mara Martellotta

Dini ancora una volta indaga la donna e la famiglia

I parenti terribili” di Cocteau sino a domenica 24 al Carignano

Filippo Dini, passando dal ruolo di regista residente, ricoperto sino alla scorsa stagione all’interno dello Stabile di Torino – Teatro Nazionale, a quello di direttore artistico del Teatro Stabile Veneto – Teatro Nazionale, s’è portato dietro un personale progetto già ripensato qualche anno fa, proprio nel capoluogo piemontese, e ha messo in scena “I parenti terribili” di Jean Cocteau, nella traduzione di Monica Capuani, testo concepito all’indomani della fresca unione con Jean Marais (1938) e rappresentato quattro anni dopo, in pieno conflitto, agli Ambassadeurs parigini con la regia di Alice Cocéa. Stimolante tappa, per Dini, la commedia, considerata “la più perfetta opera teatrale” dell’autore – con cui questi “rompe, almeno formalmente, col teatro di raffinata e astratta acrobazia intellettuale, che sino allora aveva avuto in lui uno dei più fertili campioni, per accostarsi ad un tipo di teatro molto più tradizionale” -, stimolante dal momento che, dopo gli appuntamenti con “Casa di bambola” e “Agosto a Otage County”, entra a formare una intrigante (per il regista e per il pubblico) trilogia, offerta a personale dimostrazione dei segni di logoramento del nucleo familiare dei giorni nostri nonché un più variegato specchio nei confronti della figura femminile. Nel primo titolo, Dini si trovava a voler ridipingere la figura donna-moglie mentre in quello successivo era di fronte alla donna-figlia, annientata come il resto degli altri congiunti dalla dominante Violet; la commedia di Cocteau, accusata a suo tempo di immoralità per quei frammenti incestuosi che vi circolano, gli permette di scoprire il ruolo della donna-madre: forse non arrestandosi neppure qui nella ricerca di ampliare il proprio quadro d’esplorazione.

In questo spaccato di famiglia borghese, avvelenato sino al midollo e fatto a pezzi in un incessante quanto imprevedibile susseguirsi di scene, Yvonne, malata di incubi e di droghe, è la madre che dal momento in cui ha partorito il proprio figlio, Michel, lo ha ricoperto di un amore che con troppa facilità è sceso nel morboso, Georges è il marito che da quella stessa nascita s’è visto precluso ogni gesto di interesse e di affetto all’interno della coppia, mentre zia Léonie – sorella di Yvonne – ha per anni cresciuto il proprio amore per Georges e ancora lo accresce, lasciando tuttavia quell’uomo alla sorella, lei che da tempo ha deciso di annullarsi in quella stessa casa, tentando di sistemare quel “carrozzone” in modo che sia possibile viverci. Nel tentativo di una fuga giovanile (“dove ha dormito stanotte Michel?”), viene a formarsi una giovane coppia tra Michel e Madeleine, fatta di un amore fresco e senza limiti, sorpresa in un turbine inatteso dove il vecchio signore che prima occupava i pensieri della ragazza altri non era che Georges. Si romperanno i rapporti di sempre e il mare di bugie (quante se ne dicono sotto quel tetto) e gli equilibri insani, anche violentemente, al di là di una volontà a rimettere ordine, là dove restano soltanto indumenti sporchi e buttati alla rinfusa, lenzuola ammucchiate e letti sfatti.

Tutto in un’atmosfera di drammaticità pronta a sfociare nel tragico e mi suonerebbe strano che l’autore non volesse circondare strettamente la vicenda entro questi termini. Andando con la memoria ad altre edizioni dei “Parenti”, non mi pare che si cercasse sfacciatamente l’angolo del ridicolo. È vero, Georges specialmente si dibatte in situazioni che ne mettono alla luce, come un nervo scoperto, la comicità, decisamente di sbieco ma pur sempre comicità, e il lungo dialogo con Léonie, seduti quasi in proscenio a rimandarsi tutto il buffo di una situazione per cui si dovrà escogitare una scappatoia, spinge al sorriso e alla risata. Ma che qualcuno pronunci all’interno della narrazione la parola “farsa” non vuol dire che gran parte della commedia in “farsa” debba essere girata. Mancano a Dini, di cui nello spettacolo continuiamo a prediligere di gran lunga le zone oscure e più dolorose e maggiormente mantenute nella tragicità (eccezion fatta per quell’incubo iniziale di cui non s’avverte assolutamente la necessità), le mezze tinte, il fondersi esatto di un’ombra all’interno di una zona di luce, cancellando ogni taglio netto. Una “tutta luce“ che altresì, mi è parso di capire, cancella pure quel tanto di “recitazione” che vi era e vi sarà in Georges (lo stesso Dini) e Léonie (Milvia Marigliano, colei che con saggezza cerca d’aggiustare i cocci, eccellente), che trascorrono quell’”angolo” della commedia a “dire” esclusivamente le proprie battute.

Perno della commedia Mariangela Granelli come Yvonne, bravissima, sulla giusta linea di acidità e perbenismo e amour fou per quel suo Michel in cui Cosimo Grilli costruisce un frastagliato personaggio, fatto di passione e di felicità e di dolore, prova non semplice in quell’andamento ondivago ma più che felicemente superata. Giulia Briata è Madeleine, con convinzione a combattere contro i peccati di una famiglia che non vorrebbe altro che distruzione e macerie. La scena funzionale e immacolata è di Maria Spazzi, i costumi pieni di colore di Katarina Vukcevic.

Elio Rabbione

OFT Lab 2024 a Cascina Roccafranca

Venerdì 22 novembre terzo appuntamento della rassegna dei concerti da camera 

 

Venerdì 22 novembre è in programma il terzo appuntamento della rassegna di concerti di musica da camera OFT Lab 2024, ospitati a Cascina Roccafranca, in via Rubino 45.

A esibirsi sarà Iacopo Sommariva, al violoncello, accompagnato da Alessandro Mosca al pianoforte. OFT Lab è un progetto il quale l’Orchestra Filarmonica di Torino conduce da anni per valorizzare i giovani musicisti. Una missione che è approdata nel progetto OFT Lab, che ha preso il via nel 2022 e grazie al quale alcuni ragazzi di talento entrano a far parte con regolarità della compagine orchestrale, lavorando fianco a fianco dei professionisti di caratura nazionale e internazionale, in uno scambio continuo tra esperienza ed entusiasmo.

I musicisti selezionati per il progetto OFT Lab 2024 sono Lucia Caputo, Ruben Galloro Giovanni Pulzulu ( violini), Cecilia Caminati e Jacopo Sommariva (violoncelli), Simone di Lalla ( contrabbasso), Niccolò Susanna ( flauto), Luca Vacchetti ( fagotto), Mattia Gallo (tromba) Andrea Iaccino e Francesco Parodi (percussioni). Ad essi si aggiungono il musicologo Francesco Cristiani, il compositore Francesco Mo, Chiara Marcone al management Cuturale e Chiara Sacchetto alla produzione.

Nel Lab di OFT vi è spazio per la musica, ma anche per affrontare tematiche formative di approfondimento rilevanti per chi opera nell’ambito dello spettacolo dal vivo.

Alcuni giovani di OFT Lab saranno protagonisti della rassegna di quattro concerti da camera di cui due si sono già tenuti, venerdì 7 e venerdì 15 novembre scorsi, e altri due sono in programma venerdì 22 e venerdì 23 sempre alle ore 21 alla Casa del Quartiere di Mirafiori Nord, ospitata in via Rubini 45.

Venerdì 22 novembre il programma previsto del concerto comprende musiche di Sergej Projof’ev, la Sonata in di maggiore per violoncello e pianoforte op. 119 e la Sonata in fa maggiore per violoncello e pianoforte op. 6 di Richard Strauss.

Il concerto conclusivo comprenderà la suite in sol minore per fagotto e pianoforte op 69 di Alessandro Longo, la romanza per pianoforte e orchestra op. 62 di Edward Elgar, le tre romanze per oboe e pianoforte op. 94di Robert Schumann e la Sonata per fagotto e pianoforte op. 168 di Camille de Saint Saens.

Per i concerti di musica da camera alla Cascina Roccafranca il biglietto singolo non numerato ha il costo di 5 euro.

Mara Martellotta

A Torino il Quartetto Esmé per l’unica tappa italiana

Mercoledì 20 novembre prossimo  nell’ambito dei concerti dell’Unione Musicale

 

Mercoledì 20 novembre 2024 il Quartetto Esmé sarà a Torino all’ Unione Musicale per l’unica tappa italiana del suo tour 2024-2025. Si esibirà al Conservavorio Giuseppe Verdi di Torino, in piazza Bodoni per la serie Pari alle 20.30

Dalla pop musicale alle serie TV, dai cosmetici ai trend di moda, la Corea del Sud nell’ultimo decennio ha lanciato tendenze a livello internazionale, facendo parlare l’Occidente di una vera e propria Korean wave. Il fenomeno ha contagiato largamente anche la musica classica, dove i musicisti orientali e coreani continuano a imporsi nei maggiori concorsi e sui palcoscenici internazionali. La loro pacifica invasione è sostenuta da doti personali, impegno instancabile e solidi studi nella vecchia Europa, come accade per il Quartetto Esmé, fondato nel 2016 da quattro giovani musiciste coreane che hanno studiato a Lubecca, Colonia e Hannover. Il concerto di Torino rappresenta l’unica data italiana della stagione 2024-2025 e l’Unione Musicale è felice di essersela accaparrata, visto il successo del 2022, in cui il Quartetto aveva entusiasmato il pubblico torinese con l’espressività e l’eccellente senso di equilibrio che rendono le loro esecuzioni uniche.

Fondato nel 2016, il Quartetto Esmé prende il nome da un’antica parola francese che significa “amato”. Nel 2018 si è affermato sulla scena internazionale con la vittoria al concorso Internazionale per Quartetto d’archi della Wigmore Hall di Londra, nel quale si è aggiudicato il primo premio e quattro premi speciali ( miglior esecuzione di Mozart e di Beethoven, premio della Proquartet di Parigi e Fondazione Esterhazy). Nello stesso anno l’ensemble è stato nominato miglior artista laureat all’Accademia del Festival di Aix-en- Provence ed è stato artista in residence a Montreal. Nel 2016 è subentrato il violinista belga americano Dimitri Murrath, sostituendo la violinista Jiwon Kim.

Il programma che verrà eseguito mercoledì 20 novembre all’Unione Musicale offre una panoramica sintetica dell’evoluzione della musica per quartetto d’archi nei secoli, a partire da Haydn, padre del Quartetto per definizione, fino a Korngold, il cui brano è stato composto negli anni d’ascesa del nazismo in Germania. Il concerto inizia con il Quartetto op.76 n.4 che Haydn scrisse a Londra nel 1796, dove si era trasferito dopo la morte del principe Esterhazy, presso la cui corte aveva prestato servizio per trent’ànni. Il brano solo in apparenza risulta molto semplice, perché basato su una cellula di cinque note. In realtà è, invece, elaborato e complesso, riservato a veri intenditori. Il titolo “Aurora” rappresenta uno dei tanti nomignoli usati dai contemporanei di Haydn per cogliere il tratto più saliente delle sue numerose partiture. In questo caso si riallaccia al tema ascendente di apertura.

Ammirato da Mahler e Richard Strauss ( che ne furono i mentori) e da Puccini il compositore Erich Wolfgang Korngold era radicato in quell’immaginario viennese che ammicca al valzer di Johann Strauss e all’intricato lirismo di Richard Strauss. Il suo QQQQQuartetto op.26 n.2 venne scritto nel 1933, poco prima che il compositore, di origini ebraiche, lasciasse l’Europa per Hollywood.

Si tratta di una pagina di grande freschezza creativa, caratterizzata da vitalità melodica e dal trattamento virtuosistico di ciascuno strumento.

Di Anton Weber viene proposto il lavoro Lansamer Satz (1905), molto intenso, che affonda le sue radici nel Romaticismo post brahmsiano e nella tonalità, e condensa in pochi minuti una vasta gamma di emozioni, dallo struggimento al tormento drammatico fino al tranquillo epilogo.

Questa pagina, lontana dal puntillismo seriale delle composizioni mature, costituisce il momento di passaggio dalle forme tradizionali ottocentesche verso nuove strutture. Qui Webern prende congedo dall’imprescindibile tradizione musicale ottocentesca per divenire uno dei principali iniziatori della musica contemporanea. Conclude il concerto il Quartetto in fa minore op. 80, l’ultimo lavoro composto da Mendelssohn, un omaggio alla memoria della sorella Fanny.

In questa pagina tremolii, sincope, cambi di dinamica, di accento e di intensità caratterizzano i tre movimenti esterni e sono espressione del dolore e della disperazione che hanno incrinato la vita di Felix, fino ad allora sostanzialmente serena. In questo brano il compositore infrange tutte le regole strutturali della forma del Quartetto, in funzione espressiva. Il risultato è un lavoro di ispirazione eccezionale.

Foto di Jeremy Visuals Photography

Al Regio “Le nozze di Figaro”, per la prima volta in Italia con l’allestimento di Emilio Sagi

Inaugura la Stagione d’Opera e di Balletto 2024/2025  

L’inaugurazione della Stagione d’Opera e di Balletto 2024/2025 del Teatro Regio di Torino avverrà sabato 23 novembre prossimo, alle ore 19, con la messinscena de “Le nozze di Figaro” di Wolfgang Amadeus Mozart. L’allestimento dell’opera più divertente e umana di Mozart, classico ed elegante, appare per la prima volta in Italia, ed è firmato dal regista spagnolo Emilio Sagi. Sul podio dell’Orchestra e del Coro del Teatro Regio debutta il Maestro Leonardo Sini. Il Coro del Regio è istruito da Ulisse Trabacchin. Protagonisti sono artisti carismatici e affermati, il Conte e la Contessa sono interpretati rispettivamente da Vito Priante e Monica Conesa, Giorgio Caoduro sarà Figaro, Giulia Semenzato intrepreterà Susanna e José Maria Lo Monaco nel ruolo di Cherubino. 

L’Anteprima Giovani dell’opera, dedicata a un pubblico under 30, avverrà giovedì 21 novembre alle 19.30; seguono la Prima, sabato 23 novembre, alle 19, e sei recite fino al primo dicembre.

Primo grande capolavoro della coppia Mozart-Da Ponte, ispirato alla commedia “La folle journée, ou le Mariage de Figaro” di Beaumarchais, “Le nozze di Figaro” inaugura la Stagione 2024/2025 del Teatro Regio, intitolata “La meglio gioventù”.

“È un periodo intenso sotto il profilo dell’organizzazione eventi – dichiara il Sindaco di Torino Stefano Lo Russo – che stanno portando alla città grandi successi, come quello relativo alle ATP Finals appena concluse. Nell’arco di pochi giorni festeggeremo i 200 anni del Museo Egizio, inaugureremo il 22 novembre, proprio al Teatro Regio di Torino,tra l’Anteprima Giovani e la Prima dell’opera, il Torino Film Festival. Torino ospiterà anche la partita di rugby Italia-Nuova Zelanda e inaugureremo con “Le nozze di Figaro” una stagione del Regio che si preannuncia di grande successo; colgo l’occasione per ringraziare il Sovrintendente del Regio Mathieu Jouvin per la costante collaborazione, e gli enti pubblici e privati, in questo caso particolare Italgas, per il loro fondamentale sostegno, senza i quali sarebbe impossibile realizzare un progetto di questa portata”.

“’Le nozze di Figaro’ esemplifica nel titolo e nel contenuto la direzione artistica di tutta la stagione, intitolata “La meglio gioventù” – dichiara il direttore artistico del Teatro Regio Cristiano Sandri – una gioventù che è rappresentata non soltanto dalle opere in rassegna, ma anche dalla giovane età degli artisti. Il direttore d’orchestra de ‘Le nozze di Figaro’, Leonardo Sini, debutta proprio con questo spettacolo al Teatro Regio, il cui allestimento proviene dal Teatro Real di Madrid”.

“Le nozze di Figaro” sono per la prima volta al debutto in Italia nell’allestimento del regista spagnolo Emilio Sagi, noto per i suoi allestimenti innovativi e visivamente ricchi, spesso caratterizzati da un forte senso di realismo e da una profonda attenzione ai dettagli storici e culturali. Ha diretto produzioni di teatri di fama internazionale ed è apprezzato per la sua capacità di coniugare tradizione e modernità, mettendo in risalto le sfumature emotive e psicologiche dei vari personaggi. 

“In questo allestimento Siviglia è un personaggio in più-afferma Il regista Emilio Sagi – ‘Le nozze di Figaro’ rappresenta una commedia degli equivoci, carica di erotismo, amori e disamori, di intrecci e infedeltà. Ciò non impedisce che siano presenti lo spirito della rivoluzione e la critica al regime assolutista. Risulta fondamentale che l’azione si svolga a Siviglia, poiché per gli uomini del ‘700 rappresentava un luogo esotico, che permetteva agli autori dell’opera di trasmettere quell’aria inebriante che emana l’opera. Credo che nell’opera di Mozart, con una musica così vitale, l’atmosfera sivigliana sia davvero affascinante. Ne ‘Le nozze di Figaro’ Mozart attribuisce un ruolo simbolico alle danze, con il minuetto rappresentante l’aristocrazia e il fandango più popolare e sensuale. L’atmosfera del fandango, vista come erotica all’epoca, mi ha spinto a creare un allestimento molto realistico, perché è proprio il realismo a rendere moderna l’opera. Trovo molto rivelatore che questi personaggi, ricchi di sfumature, vivano nello stesso ambiente che sia il compositore che il librettista Da Ponte hanno inventato per loro”. 

Giorgio Caoduro, che è stato il più giovane dei magnifici tre baritoni dell’Accademia Rossiniana 2000, e che torna al Regio dopo “L’elisir d’amore” del 2021, parlando del personaggio che interpreterà, ha affermato che Figaro non è il vero, unico protagonista dell’opera, ma che si tratta di un’azione corale, un lavoro di squadra. Figaro non è un personaggio anagraficamente giovane, poiché ricco di storie e avventure, ma che è giovane e fresco nello spirito, prova un amore puro per Susanna e vive il senso di disillusione e ogni emozione nelle sue istanze più giovani, arricchendole di energia e entusiasmo tipici della giovinezza. 

Il personaggio di Cherubino, interpretato da José Maria Lo Monaco, mezzo soprano dalla vocalità calda e agile, è un paggio dal carattere giocoso, dinamico e che è il vero deus ex machina dell’intera vicenda. Vive la sua giovinezza colmo di purezza e inconsapevolezza dei suoi stessi sentimenti amorosi. Molto nota e esplicativa è l’aria in cui dichiara: ”Non so chi sono e cosa faccio”. Le percezioni relative all’ansia e al tempo creano in Cherubino una sorta di frenesia dell’esistenza.

Il ruolo del Conte di Almaviva è interpretato dal baritono Vito Priante, apprezzato per la sua versatilità e presenza scenica. Torna al Regio dopo il grande successo del “Don Giovanni” di Mozart diretto dal Maestro Riccardo Muti. Il suo personaggio rappresenta la giovinezza perduta e rimpianta. Il Conte è presente già nella prima parte della trilogia ‘Il romanzo della famiglia Almaviva” rappresentata da “Il barbiere di Siviglia”. Il Conte non è un vero antagonista, è un uomo amato dai suoi feudatari, ed è abbastanza illuminato da trattarli in quanto suoi pari. La giovinezza perduta è per lui un problema intimo che lo porta alla perdita della ragione a causa dell’amore verso Susanna, creando una rivalità molto forte con l’amico Figaro, che sposerà quest’ultima.

“Per noi è importante aprire la Stagione con un grande titolo classico – afferma il Sovrintendente del Teatro Regio di Torino Mathieu Jouvin – fa parte di un progetto che coniuga ambizione e diversità all’interno dell’intera proposta. ‘Le nozze di Figaro’ è un’opera che rappresenta una sfida per ogni regista, in quanto la regia è già scritta e lascia poco spazio di azione. Si tratta di un’opera contemporanea, universale proprio nei temi presenti: la dinamica del potere, quella sentimentale e infine quella generazionale. I personaggi dell’opera chiedono di essere compresi nella rappresentazione di ciò che sono, notando le sofferenze alla base delle loro azioni che devono allontanarci dall’errore di giudicarli. Come già riportato dal Sindaco Lo Russo, tengo a ringraziare personalmente tutti gli enti pubblici e privati, Italgas in particolare, per un apporto senza il quale sarebbe impossibile pensare con ambizione a una simile stagione lirica”.

Mara Martellotta 

Un percorso d’amore nell’inedito testo di Paolo Accossato

L’ultima notte di Dante” da martedì 19 all’Erba

Tre donne intorno al cor mi son venute” ti verrebbe da citare, prendendo a prestito le “Rime”. Invece s’è infoltito di parecchio questo drappello femminile che Paolo Accossato – insegnante appassionato e storico per tesi, padre giornalista, alla sua prima prova teatrale, superati di non molto i cinquanta pronto a percorrere una strada nuova – raccoglie attorno alla figura del Sommo Poeta in questa “Ultima notte di Dante”, sul palcoscenico dell’Erba da martedì 19 (ore 21) a giovedì 21 (ore 10), doppio spettacolo il 21, ore 10 e 21. Testo avvincente e colto, un’interesse in più per chi con quella poesia abbia una più che doverosa frequenza e allo stesso tempo accessibile a quanti di tanta figura abbiano da tempo, dagli anni del liceo, abbandonato vita e versi; un’occasione per riprendere e approfondire, per una sera riascoltare – in forma tranquillamente teatrale -, tra storia tradizione e invenzione, il racconto della “notte più lunga dell’esistenza di Dante, notte che sarà anche l’ultima”, quella che trascorre tra il 13 e il 14 settembre del 1321, allorché, nel chiuso di una stanza ormai del tutto buia, attorno a lui i figli Jacopo e Pietro, in un’agonia in cui da più giorni è avvolto e si dibatte, per quelle febbri malariche che lo hanno colpito al ritorno da una ambasceria a Venezia, il poeta vede raggrupparsi attorno a sé le tante figure femminili, reali nella sua vita e storicamente e poeticamente affrontate nelle tre Cantiche (“per quanti accenni storici ci possano venire in aiuto”, s’affretta a puntualizzare l’autore).

Ho scritto questo testo nell’estate del ’23, per passatempo e per curiosità, completamente vergine di scrittura teatrale, un personalissimo esperimento e la volontà di rendermi conto se ci potesse essere uno spessore narrativo e scenico, quale tipo di valore potesse avere. Ne ho fatto una solitaria stesura, soltanto dopo ne ho parlato con qualche allievo ed ex allievo, soprattutto con chi il teatro è abituato a farlo. Certo giocavo in casa, per passione e per gli anni ormai numerosi di insegnamento nel liceo, per il lungo guardare a una figura che raccoglie in sé, nella sua opera altissima ed enciclopedica, ogni conoscenza umana, la pienezza dello scibile, la praticità e i temi più alti, la cristianità e le leggi e la filosofia e la morale, il nostro e gli altri mondi, la bellezza di un’invenzione che lo pone al culmine dell’intera letteratura. Con molta paura e con enorme rispetto.” Un lungo percorso quello del poeta – di Durante della famiglia degli Aldighieri dal popolo di San Martino del Vescovo di Firenze -, suddiviso in otto scene, che parte dalle scarsissime notizie che si hanno della madre Bella e della sorella Tana, per arrivare a quelle egualmente deboli di Francesca e Pia e Piccarda Donati e ancora alle tante giovani donne che punteggiano la poesia di Dante, Ghirlandetta e Violetta, Montanina e la Dama del Sirventese (“diceva di amare tutte e non amava nessuna”, dirà una di queste) per giungere all’Assoluto, all’amore angelicato racchiuso nella figura di Beatrice, posta al termine del testo, dalla quale s’afferma che “tutto è questione d’amore”.

La donna e l’amore come filo rosso che attraversa le scene e i vari momenti, argomento principe e unico nell’impossibilità di racchiudere Dante e la complessità della sua intera figura, tralasciando ad esempio quel versante politico e del potere, tutto maschile, visto in un panorama di alleanze e di lotte e di corti trecentesche, “una componente unica quindi – conferma Accossato – dal momento che gran parte dell’opera di Dante è fondata sull’amore e attraverso la donna l’uomo raggiunge Dio. Dante, in un’epoca storica in cui la letteratura esprime il culto amoroso da parte di molti autori e altresì la componente maschile nelle vesti di protagonista, ha dato umanità, un volto a queste stesse donne, ha espresso la carnalità e il realismo che ce le fanno sentire vive. Ho qui voluto rappresentare un piccolo universo femminile, umanizzandolo, pur visto dentro una potente “visione”, rendendo a queste donne ogni loro importanza, chiamandole a raccontarsi e a raccontare alcune il loro dramma.”

Regista e interprete del testo di Accossato è Stefano Fiorillo, la produzione è di Torino Spettacoli. Con lui Barbara Cinquatti (Bella) e Vittoria Chiolero (Tana e Beatrice) e la partecipazione dei Germana Erba’s Talents.

Elio Rabbione

Nelle immagini: nell’opera del preraffaellita Henry Holliday “L’incontro di Dante e Beatrice” al ponte di Santa Trinita a Firenze; nell’incisione di Gustave Doré Dante e Virgilio incontrano Pia de’ Tolomei nel Purgatorio.

Rock Jazz e dintorni a Torino: La Rappresentante di Lista e Peppe Barra

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GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA

Lunedì. Allo Spazio 211 sono di scena i TILT: Tapir!

Martedì. Al Jazz Club si esibisce il Clarissa Duo.

Mercoledì. All’Osteria Rabezzana suona la Banda Bondioli. Al Blah Blah sono di scena

Lucy Kruger & The Lost Boys. Al Jazz Club The Chicago Blues Jam !. Al teatro Concordia

suonano i Santi Francesi. Al Teatro Colosseo arriva Peppe Barra.

Giovedì. All’Hiroshima Mon Amour si esibiscono i Discoverland con Niccolò Fabi.

Alla Divina Commedia tributo a Enrico Ruggeri eseguito dagli Oggetti Smarriti. Al Folk Club

suona il gruppo di Thom Chacon. All’Osteria Rabezzana omaggio a Fabrizio De Andrè

eseguito dall’ensemble: Trail Dire e il Faber. Al Jazz Club suona la Edn Band. Al Cafè Neruda

tributo a Wes Montgomery & Jimmy Smith a cura del trio di Max Gallo.

Venerdì. Al teatro Concordia di Venaria si esibisce La Rappresentante di Lista. Al Blah Blah

suonano: Quasimacchine, Ezekiele, Varylem. Al Magazzino sul Po si esibisce Paolo Angeli.

Al Jazz Club concerto degli: One Blues For Jimi.

Sabato. Al Blah Blah suonano: Aldo, Onders, e Vea. Allo Spazio 211 si esibiscono i The Winstons.

Al Jazz Club sono di scena i Sandera.

Domenica. All’Off Topic suonano i Manitoba.

Pier Luigi Fuggetta

Gli occhi bendati della Giustizia nel racconto di Clint Eastwood

A 94 anni il regista ancora dietro la macchina da presa

PIANETA CINEMA a cura di Elio Rabbione

La prima immagine – ricorrerà ancora dopo – di “Giurato numero 2” sono i piatti della sempiterna bilancia e gli occhi bendati della Giustizia che da secoli dovrebbe governare il mondo, quella Giustizia che oggi, sullo schermo, sta saldamente nelle mani del vecchio Clint Eastwood – classe 1930 – che non molla la presa, l’afferra anzi con la grinta di un giovane e più che assennato autore e, arrivato alla 41ma fatica, come Ulisse tornato a casa infila con l’arco e la freccia di una alta professionalità un altro anello della sua lunghissima carriera. Confidando appieno nella già più che solida sceneggiatura di Jonathan Abrams, retta a srotolare ad ogni momento impeccabili dialoghi e giravolte narrative e personaggi di contorno con invidiabile precisione, il vecchio Clint (qualcuno ha già parlato, con questa ultima prova, di “addio al cinema”: ma chi è pronto a scommetterci con tutta la grinta che gli si legge in faccia e all’opera?) inquadra la vicenda del giovane James che l’opinione pubblica e l’avvocata dell’accusa soprattutto, in spavalda scalata all’ufficio di procuratore distrettuale, già danno colpevole dell’omicidio della compagna, ancor che tutto cominci, lui che ha precedenti per spaccio e da sempre carattere iroso, dopo un alterco in un bar conclamato a ognuno, la vittima uccisa sul ciglio di una strada, travolta da un’auto.

Sull’altro lato, Justin Kemp, giovanissimo papà in attesa e stracolmo di premure, un amore di moglie con non poche paure da accudire, un passato di alcolista ormai del tutto dimenticato, per la legge degli States (siamo a Savannah, in Georgia) scelto a essere il giurato numero 2 nel processo da cui dovrà uscire un verdetto per il colpevole James. Tutto sembra sin troppo facile, sino al momento in cui Justin, nel racconto di testimonianze e indizi, ricorda quella sera di alcuni mesi prima quando al ritorno a casa credette di aver investito con la sua macchina un animale, in tutto il buio della notte, ben visibili i segni dell’incidente. Lampi, flashback che impongono certezze. Come dietro un velo squarciato, c’è il complesso di colpa che cresce a ogni istante e una coppia che sarà presto famiglia da sostenere, c’è la volontà e la cura di raggruppare attorno a sé, lui solo nella propria idea di innocenza, con ogni dubbio e con ogni sentimento recalcitrante, tutti i propri compagni – ritorna alla mente “La parola ai giurati” di Sidney Lumet. Qualcuno immediatamente si ravvede, i molti restano arroccati sulle proprie conferme, mentre difesa e accusa incrociano le spade tra un interrogatorio e un sorriso più accomodante davanti al bancone di un bar. Possibile che – ancora una volta? – giustizia e verità abbiano a coincidere, possibile tacere pensando ad un innocente richiuso per il resto dei suoi giorni all’interno di un istituto, che cosa dovrà prevalere mentre Justin accarezza quel bambino ormai nato?

Un film di parole e di lunghi silenzi e di sguardi che vogliono dire molto, come quello che incrocia il protagonista quando qualcuno andrà a bussare alla porta di casa sua: nell’attesa che lo spettatore si costruisca, ancora con domande ancora con risposte, la storia dell’immediato domani. “Giurato numero 2”, solido quanto autentico dramma chiuso nelle aule di un tribunale, che s’allontana con un attimo di respiro all’esterno con la fotografia manichea di Yves Bélanger, è l’intricarsi di un confronto generale – con tutta la debolezza di qualcuno: “dobbiamo chiudere la discussione, ho tre figli che mi aspettano a casa” – con l’interrogativo di un uomo, è il sempre più pressante avvicendarsi di mille sospetti disseminati con i tempi giusti di una intrigante narrazione, è l’esempio alto di un’ottima costruzione, è la necessità di porre l’Uomo davanti alle personali responsabilità, è un giallo meravigliosamente prevedibile che lascia ampi spazi alla partecipazione, ai sentimenti, alle scelte che in una qualche occasione l’uomo è chiamato a fare. Mille proposte, un saggio porre domande che attendono una risposta a cui Clint ci ha abituato nel suo cammino attraversato dagli Oscar: che continua a fare, anche “con il suo ultimo film”, da grande narratore, da precisissimo quanto incorruttibile uomo di Cinema.

Di domenica pomeriggio, prima la merenda, poi il teatro!

Allo “Spazio Kairòs” di Torino, “Onda Larsen” propone sette appuntamenti teatrali per famiglie

Dal 17 novembre al 16 marzo 2025

Sette spettacoli teatrali per mamme, papà, nonni e, soprattutto, bimbi, con “Compagnie” in arrivo da tutta Italia e articolati nell’arco di cinque mesi. La splendida proposta e l’organizzazione portano la firma dell’instancabile trio (Riccardo De Leo, Gianluca Guastella e Lia Tomatis) di “Onda Larsen”, Associazione affiliata “Arci Torino” che dal 2008 ha sede in via Mottalciata 7 a Torino, in un’area ex industriale fra Aurora e Barriera e “in una casa – dicono i tre simpaticoni– con un teatro dentro che é il ‘Circolo Arci Spazio Kairòs’” dove mettere in atto tanti progetti riguardanti il teatro e le arti performative, tante idee e “anche qualche sogno nel cassetto”. Sogni che, per fortuna, spesso si avverano. Così da domenica 17 novembre fino a domenica 16 marzo del prossimo anno, un altro “sogno” sbucato dal cassetto s’è fatto realtà. Sogno “per famiglie” e che per cinque mesi, con cadenza domenicale, proporrà allo “Spazio Kairòs” il seguente ripetitivo format:  alle 16 servizio merenda e  alle 16,30 tutti in sala per vivere, sin da piccoli, la magia del teatro. A seguire, lapossibilità di irrompere sulla scena, conoscere i personaggi, stringere la mano agli autori, giocare sul palco.

Il via, dunque, domenica 17 novembre con “Il lupo e la capra”una produzione del “Teatro del Cerchio” di Parma. Lo spettacolo, progettato e diretto da Mario Mascitelli, che è anche attore insieme a Mario Aroldi, è tratto dal racconto dello scrittore giapponese per ragazzi Yuiki Kimura e narra la storia di un’amicizia nata in maniera spontanea, pur se generata da un equivoco. Durante un temporale due personaggi diversissimi tra loro (come un lupo e una capra) si troveranno a condividere storie al buio di una capanna, pensando, sia l’uno sia l’altro, di appartenere alla stessa specie. Alla fine i due diventeranno amici e si daranno appuntamento il giorno dopo per potersi conoscere alla luce del sole. Pur non potendo immaginare che cosa accadrà, il giovane pubblico si troverà a riflettere sull’importanza dell’uguaglianza e dell’amicizia, oltre i pregiudizi e i preconcetti. 

“Quest’anno – spiega Riccardo De Leo, vicepresidente di Onda Larsen – abbiamo deciso di far crescere la rassegna per bambini, proponendo più spettacoli: arriviamo a sette e abbiamo scelto compagnie fuori regione, da tutta Italia. Il valore aggiunto? Finiti gli spettacoli, si può parlare con gli artisti, conoscerli e giocare sul palco senza rovinare le scenografie: così si socializza con il teatro. Attenzione: la parola del 2024 è anche “accessibilità”: quindi “abbiamo anche scelto di creare un biglietto per famiglie, cumulativo. Un nucleo di quattro persone può venire a teatro e pagare 8 euro a biglietto, anziché 9 a ticket”.

E gli altri spettacoli? Dopo l’apertura, si continua la settimana successiva (il 24 novembre) con “Oltre l’arcobaleno” di Tita Giunta e Fabio Rossini, tratto da “Il meraviglioso Mago di Oz” di L. Frank Baum, il giorno dell’Immacolata con “A Christmas Recipe” della Compagnia cagliaritana“Effimero Meraviglioso”, il 26 gennaio con “Sgambe sghembe” della “Compagnia Enrico Lombardi / Quinta Parete di Modena”, il 9 febbraio con “I 3 minuti dell’uomo”di “Compagni di Viaggio”, il 23 febbraio con “Yoyo Piederuota” di “Santibriganti Teatro”, mentre il 16 marzo è in programma l’anteprima nazionale di “Animal perfezione?” dei Liberipensatori “Paul Valery”, un testo di Camilla Bassetti con Stefania Rosso e Cristina Argirò per la regia di Emily Tartamelli: “il testo – sempre i tre simpaticoni di ‘Onda Larsen’ – esplora le vite complesse degli animali, rivolgendosi a bambini dai 6 ai 106 anni”.

La rassegna è realizzata da “Onda Larsen”con il contributo di “Eppela + risorse’’ di “Fondazione CRT”, “Compagnia di Sanpaolo” e “Regione Piemonte”.

Per info: “Spazio Kairòs/Onda Larsen”, via Mottalciata 7, Torino; tel. 351/4607575 o www.ondalarsen.org

g.m.

Nelle foto: Mario Mascitelli e Mario Aroldi in“Il lupo e la capra”