SPETTACOLI- Pagina 198

Assassinio e follia, fascino e avidità in una soap opera da serata televisiva

Sugli schermi “House of Gucci” (film mancato) di Ridley Scott

 

PIANETA CINEMA a cura di Elio Rabbione

 

Con e dopo il processo l’avrebbero definita “la vedova nera”, Patrizia Reggiani, la pietra angolare di una storia di “assassinio, follia, fascino e avidità”, se vogliamo prendere a prestito il sottotitolo del libro di Sarah Gay Forden, “House of Gucci”, da cui Ridley Scott è partito per dare vita ad una “Dinasty” della Milano più che bene e tutta da bere degli ultimi decenni del secolo scorso. Prima, umili origini, una nascita nella piana modenese, a Vignola il paese delle ciliegie, un padre biologico mai conosciuto, la madre che ricostruisce una vita per sé e per la figlia sistemandosi nel piccolo impero di un trasportatore, un bel numero di camion e di dipendenti, l’adozione e la tranquillità economica. Certo però che imbattersi, ventiduenne, nel rampollo Maurizio Gucci ad una festa, scambiandolo per il barman di turno, è un affare di tutt’altro tono e mica da tutti i giorni: il nome alletta anche se il bel Maurizio è al momento in rotta con il padre Rodolfo (un passato di attore, con vari film in curriculum, che nel cinema trovò pure una moglie) e del marchio con la doppia G non sa che farsene. Per il momento. Ma il nome alletta, certo, e Patrizia amerà travestirsi da gatta spregiudicata, innamorata, chi glielo nega? ma pur sempre inevitabile arrivista – femme fatale, a metà strada tra Cenerentola e Lady Macbeth -, per festeggiare un matrimonio osteggiato e un ravvicinamento, la nascita delle figlie soprattutto, per sfoderare, una volta messo il naso in azienda, tutta la spietata freddezza, come l’appoggio ad un marito piuttosto debole e inconcludente, sempre da spingere, sempre da consigliare, per ambientarsi assai facilmente nell’attico newyorkese e tra i nuovi amici come Jacqueline Kennedy Onassis, tra i disegni inconfondibili degli abiti, tra i conti bancari e le proprietà, tra i giochi al massacro che serpeggiano in quel covo di vipere, da cui nessuno è escluso. Figli contro padri, cugini contro cugini, zii contro nipoti, tutta una enorme lotta per porsi alla cima della piramide dei luccicanti quattrini (che tornano a circolare, italianissimi, e a scricchiolare amaramente, nella filmografia del più che ottantenne Scott, dopo “Tutti i soldi del mondo” sul rapimento del giovane Getty).

Avvolti nella nebbia milanese, trascorrono tredici anni di matrimonio, ville e feste, antiquariato che appaga l’occhio, macchine di lusso che alleggeriscono di parecchio il portafoglio, la separazione della coppia, le lacrime di lei e la durezza di lui (che non si farà vedere neppure al diciottesimo compleanno della figlia maggiore, che nonostante l’affidamento congiunto della prole non s’occuperà mai o troppo poco): sino agli attimi finali (“Non credevo di aver sposato un mostro”, “Hai sposato un Gucci”), alla decisione ultima di togliere di mezzo il consorte che già s’è fatta una nuova compagna, l’aiuto della maga Pina Auriemma e la “collaborazione” di un paio di sicari. Patrizia verrà condannata (nel 1998), come le cronache ci hanno insegnato, a 28 anni ridotti dopo solo due anni a 26 e ridotti ulteriormente a 16, chiaramente “per buona condotta”. È uscita dal carcere nell’ottobre 2016. Ed è ancora e sempre “una Gucci”: “Nel nome del padre, del figlio e della famiglia Gucci”. Inesorabili, i titoli di coda ci avvertono che all’interno del marchio, della famiglia Gucci non esiste più nessuno. Le due G hanno preso altre strade.

Un mare di sentimenti negativi, di arrivismo, di inganni, una grande e vasta materia che il cinema s’è preso la briga di trattare (ma ne sentivamo davvero la necessità? Forse, strano a dirsi, a uscirne quasi vincitrice in tutto questo gran balletto di ipocrisie, è proprio la maison, se diamo ascolto a quella variopinta ricerca di vintage che pare abbia colpito non pochi rappresentanti del mondo dello spettacolo e del jet set), senza che tuttavia Ridley Scott, confezionando una soap opera da serata televisiva e puntando dritto dritto al solo intrattenimento (che finisce col diventare dopo la prima ora – in tutto sono 156’ – anche abbastanza noioso), stropicciando ogni cosa sopra le righe, non abbia avuto – alleggerendosi della verità storica – in animo di fare una pur leggera luce su come possano essere andate realmente le cose, abbia in un baleno impaginato il verdetto dei giudici nel ridicolo quanto tragico finale, guardando con occhio tutto americano l’aspetto mafioso della storia (e Al pacino, nelle vesti di zio Aldo – fautore di una filosofia imprenditoriale, “la qualità si ricorda a lungo, mentre il prezzo si dimentica” – cui tanto piacciono le feste di famiglia, manco fosse il padrino Brando, ne è il degno rappresentante: e non sai neppure dire se sia bravo o no nel ruolo), pasticciando con i personaggi a cui nega un auspicabile aspetto psicologico, fatto di radici e di formazione (possibile che il cugino Paolo fosse così in formato scemo del villaggio, con Jared Leto da pollice verso e grottescamente truccato, in maniera pessima), guidando malamente un Adam Driver, attore sopravvalutato del resto, qui un Maurizio decisamente inespressivo, sempre eguale sotto gli occhiali dalla montatura d’antan, o lasciando nell’ombra un Jeremy Irons (zio Rodolfo) dalle vistose occhiaie. Rinunciando ad un bel filmone di impianto processuale, dove forse saremmo stati coinvolti assai di più. Chi convince maggiormente è Lady Gaga, in odore di candidatura all’Oscar, che passa con disinvoltura (ma il suo capolavoro resta sempre “A star is born”) attraverso l’escalation della sua Patrizia, anche se anche lei è pronta a debordare in gesti e occhiate non proprio misurati e tenuti a bada. La signorina Germanotta la vince sui suoi colleghi ma non vale ancora il prezzo del biglietto. Come ogni rivisitazione con l’occhio d’oltreoceano di una realtà di casa nostra, “House of Gucci” è infarcito come un panettone di Natale con i canditi di canzoni come più non si potrebbe: chiaro che nel finale non possa mancare l’ugola di Pavarotti.

 

 

 

Il Circolo Marchesi del Monferrato chiude l’anno in musica

La splendida cornice di Palazzo Tornielli a Mombello Monferrato, in Valcerrina, è stata teatro del ‘Concerto di Natale’ del Circolo culturale Marchesi del Monferrato a chiusura di una stagione ricca di impegni.

A fare gli onori di casa, e ringraziare la famiglia Morone, in particolare Federica,
proprietaria dell’immobile è stata la presidente Emiliana Conti che ha
ricordato le molteplici attività del sodalizio nel corso dell’annata 2021. “Il
concerto di Natale nasce sulla scia del primo Festival di Musica Classica di
Acqui Terme e vuole essere un ringraziamento a tutti coloro che ci hanno
seguito nel 2021. Abbiamo anche avuto forza e coraggio di uscire dalla
divulgazione classica abbracciando anche altre espressioni come la musica,
il teatro, le pubblicazioni storiche anche a fumetti nella convinzione che
sono tutte espressioni che aiutano a fare conoscere e a divulgare le
peculiarità del nostro territorio” ha detto Emiliano Conti.
“La collaborazione tra il pubblico ed il privato è importante per valorizzare
quello splendido territorio che si chiama Valcerrina – ha detto il consigliere
delegato alla cultura dell’Unione Valcerrina, Massimo Iaretti – e questo
evento ne è una dimostrazione”. Nel ricordare l’attività compiuta
dall’Unione nel 2021 con LibrInValle, il consigliere Iaretti ha anticipato
che nel prossimo anno verranno poste in essere delle collaborazioni con i
Marchesi del Monferrato e ricordato che Corrado, discendente di Aleramo
viene citato in un libro del professor Gabotto nel quale si parla anche della
Valle. Poi la parola è passata alla musica con il violino di Alex Leon,
giovane virtuoso in origine romena ed il pianoforte di Stefano Nozzoli che
hanno eseguito, molto graditi all’auditorio, brani ci Bach, Handel, Mozart e
Brahms. In chiusura è intervenuto il sindaco di Mombello Monferrato,
Augusto Cavallo

Santo Stefano con “Il Gruffalò” Al Teatro “Superga”

A Nichelino e per la prima volta in Italia il musical tratto dall’omonimo poema bestseller mondiale

Domenica 26 dicembre, ore 17

Nichelino (Torino)

Il “Gruffalò”  – personaggio creato dalla scrttrice inglese per ragazzi Julia Donaldson e dall’illustratore di origini tedesche Axel Scheffler – è, in letteratura, uno dei mostri più conosciuti ed amati, da oltre quindici anni e in tutto il modo, da bambini e adulti. Protagonista delle pubblicazioni omonime tradotte in più di trenta lingue e adattato a numerose trasposizioni teatrali , sarà portato in scena, domenica 26 dicembre, per la prima volta in Italia e in forma di musical al Teatro “Superga” di Nichelino dalla “Fondazione Aida” in una versione nuova e originale, ma fedele ai testi e alle illustrazioni. La regia e l’adattamento teatrale portano la firma di Manuel Renga, con adattamento drammaturgico di Pino Costalunga e musiche originali di Patrizio Maria D’Artista. Protagonisti sul palco: Stefano ColliFederica LaganàGiuseppe Brancato ed Elisa Lombardi. La storia è ai più conosciuta. Quattro giovani amici accampati in un bosco e seduti davanti al fuoco racconteranno la storia di un topolino che, affamato, decide di attraversare il bosco frondoso e pieno di insidie per trovare la ghianda che tanto gli piace. Strada facendo, incontra tre brutti ceffi che lo vogliono mangiare: una volpe, una civetta e una biscia. Ma il furbo topolino è scaltro di pensiero e sa bene come cavarsela e con l’aiuto della sua grande fantasia trova una soluzione che nessuno si può immaginare, nemmeno lui, forse: un mostro terribile dal nome assai noto ai bambini, il Gruffalò“Cosa c’è di meglio – suggerisce il regista Manuel Renga – di un bosco di notte per una bella storia di paura? Quattro giovani amici attorno al fuoco sono l’espediente originale e perfetto per iniziare a raccontare la storia del mostro terribile tanto noto ai bambini… il ‘Gruffalò’! Arricchito da canzoni, trovate divertenti e coinvolgimento del pubblico, lo spettacolo saprà divertire con intelligenza grandi e piccini”. E a Renga, fa eco Pino Costalunga: “Lasciando intatte le deliziose rime della scrittrice inglese, ho creato un adattamento per il teatro nel quale i bambini e le bambine italiani riconosceranno facilmente il testo che in molti già conoscono a memoria. Anzi, lo potranno gustare ancora di più grazie alle divertenti e originalissime canzoni scritte appositamente per lo spettacolo”“Le musiche – conclude Patrizio Maria D’Artista – sono la naturale estensione drammaturgica del testo letterario. Ci faranno conoscere più a fondo i nostri protagonisti grazie ad una forte caratterizzazione sonora che ne esalta i lati più distintivi. Le atmosfere musicali magiche e sognanti, con sonorità classiche e tipiche del ‘musical theatre’ ma filtrate da una rilettura ‘pop’, saranno il mezzo attraverso il quale vivere a pieno il fantastico mondo del Gruffalò.

Per infoTeatro “Superga”, via Superga 44, Nichelino (To); tel. 011/6279789 o www.teatrosuperga.it

Biglietti: intero 15 euro, bambini 12 euro

g.m.

Magia, trasformismo, fantasia: Lilyth!

Il mondo dello spettacolo, nelle sue varie forme, ha sempre dimostrato una propria gradevolezza al pubblico. Se parliamo di meraviglia, di stupore, visibili negli occhi degli spettatori …questo è grazie alla nobile Arte della prestigiazione, all’illusionismo. Se ad essa associamo il fascino, la bellezza, l’eleganza e la sensualità femminile, l’Arte raggiunge il suo apice.

E Laura Luchino, in arte Lilyth, ne è una rappresentanza particolarmente significativa nel panorama artistico nazionale, e non solo.
Si apre il sipario, le luci colorate illuminano un palcoscenico e sulle note di una musica ritmata compare per incantesimo una fata, elegante, affascinante, abbinato a quel sex appeal molto delicato e gradevole al pubblico.
E per diversi minuti lo sguardo meravigliato degli spettatori, con l’emozione nel cuore trasmessa dalle movenze eleganti di Lilyth, sfociano in un clamoroso e caloroso applauso, ricco di tanto affetto verso quelle forme d’Arte in lei innate.
Chi è Lilyth ? Un’Artista che nella sua semplicità e umiltà, esprime una capacità poliedrica e talentuosa verso forme d’Arte che la rendono al centro dell’attenzione, catturando la parte emotiva di ogni spettatore.
Dietro ad ogni sua performance, a quel suo viso ammaliante, ricco di espressività, e alle movenze perfettamente studiate, si cela un impegno continuo, costante, ore e ore di prove, ma soprattutto quell’amore e rispetto verso l’Arte che in Lilyth sono raffiguranti nella prestigiazione e nel trasformismo. Il connubio tra effetti magici inseriti all’interno di un cambio veloce di abiti, trascina la fantasia del pubblico in un mondo fiabesco, anzi…fatato, al quale sovente Lilyth trae ispirazione per le sue esibizioni…E Lilyth è stata una delle prime artiste, a livello nazionale, a dedicarsi a quella forma d’arte che rende impossibile una trasformazione istantanea di abiti…e questo attraverso il suo talento, la sua fantasia…la sua grande caparbietà, tenacia nel raggiungere i propri obiettivi artistici.
Le sue numerose esibizioni hanno calcato prestigiosi palcoscenici sia nazionali che europei, come il mondo televisivo, con la partecipazione a programmi importanti e di elevata audience.
Gli anni finora trascorsi con tanta dedizione e rispetto verso le forme d’Arte che Lilyth rappresenta al pubblico, sono gli “ingredienti” che le permettono di continuare ad avere successi, meriti…meravigliando ogni volta e trasportando la mente degli spettatori nel proprio mondo…fatato!

Paolo Demartini

Note d’alta quota per celebrare il Natale

A Torino nella chiesa di San Giuseppe dei Padri Camilliani con la Monferrato Classic Orchestra diretta da Vitali Alekseenok

 

Giovedì 23 dicembre, alle 18.30, si terrà il Concerto di Natale di Sauze di Cesana a Torino alle 18.30, nella chiesa di San Giuseppe, in via Santa Teresa 22. Protagonista la Monferrato Classic Orchestra diretta da Vitali Alekseenok, che proporrà brani di Bach, Corelli, Mozart e Handel.
“Così come quest’estate abbiamo portato cinema, teatro e musica in montagna – spiega il sindaco di Sauze di Cesana Maurizio Beria d’Argentina – così abbiamo ora pensato di portare la montagna e le sue note in città, con un concerto che vuole celebrare l’inizio delle vacanze natalizie e di una stagione invernale che speriamo serena e intensa. Sono state quasi due le stagioni invernali in cui non abbiamo potuto assaporare appieno la ricchezza e la bellezza delle nostre montagne. Con questo concerto non vogliamo tanto ricordare le difficoltà vissute da famiglie e imprese, ma desideriamo augurare, a chi vive in montagna e a chi ci viene per ritemprarsi, tutto il bene possibile. Abbiamo scelto la chiesa di San Giuseppe retta dal camilliano padre Antonio Menengon, che molti residenti di Sauze di Cesana conoscono per le Messe celebrate d’estate nella chiesa di San Restituto. Si tratta di un modo per rinsaldare un legame importante. Domenica 11 dicembre scorso è stata celebrata, inoltre, la giornata internazionale della montagna e, in quell’occasione, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha dichiarato che “in questo momento rappresenta un’attestazione di come sia cresciuta a livello globale la consapevolezza del ruolo rivestito dal territorio, per preservare la biodiversità e per difendere le risorse naturali nella grande partita che si sta giocando per il futuro del pianeta”. “È negli spazi alpini e appenninici di ogni zona montana che emergono con straordinaria puntualità sia i disagi derivanti dall’essere periferia, sia la diseguaglianza nell’accesso ai servizi pubblici essenziali, tali da manifestare una vera e propria questione di diritti di cittadinanza per gli abitanti di queste aree”.
Di Johann Sebastian Bach verrà eseguito il Concerto Brandeburghese n.3; di Corelli il Concerto per la Notte di Natale; di W.A. Mozart il celebre brano “Eine Klein Nachtmusik” e di Handel il Concerto grosso op. 6 n. 11.
Il Concerto Brandeburghese n. 3 in sol maggiore di Bach, come gli altri Concerti Brandeburghesi, coniuga la lezione assimilata dai modelli italiani, rappresentati da Vivaldi, Albinoni, Corelli e Alessandro Marcello, con il contrappunto rigoroso e con alcune strutture della musica vocale, imprimendo una sigla molto personale a questo genere di avanguardia nel panorama musicale dell’epoca. Il concerto n. 3, destinato a soli archi, vede la presenza al suo interno di violini, viole e violoncelli, suddivisi in tre gruppi, ottenendo un totale di nove decimi, che consente al compositore di sfruttare le sfumature timbriche di questa unica sezione orchestrale in una serrata scrittura di natura polifonica.
Il Concerto per la notte di Natale in sol minore op.6 di Arcangelo Corelli, uno dei più importanti autori del periodo barocco, fu composto presumibilmente intorno al 1690 e eseguito la vigilia di Natale di quell’anno; fu scritto per il cardinale Pietro Ottoboni, suo protettore a Roma. Di Mozart verrà eseguito il brano intitolato “Eine Klein Nachtmusik”, la serenata in Sol maggiore K 525, notturno per archi scritto dal compositore austriaco nel 1787. Rappresenta uno dei notturni orchestrali più celebri, di struttura relativamente semplice, ma ricca di idee condotte con grande leggerezza e continuità. Originariamente la serenata comprendeva due minuetti, di cui il primo, andato perduto, si collocava tra l’allegro del primo movimento e la romanza. Oggi la composizione si presenta strutturata in quattro movimenti e rientra nel canone della sinfonia viennese.
Verrà poi eseguito il Concerto grosso in Sol minore op. 6 n. 6 di Handel, che rappresenta uno dei contributi più importanti e significativi dato da questo compositore alla letteratura del concerto grosso di stile barocco, che si richiama all’esempio di Arcangelo Corelli, musicista conosciuto dall’autore del Messiah nel corso del suo primo viaggio in Italia, compiuto nel 1709, e da lui molto stimato. Lo schema della sonata da chiesa che Corelli trasferisce al concerto, basato sull’orchestra d’archi a quattro voci in contrapposizione ad un piccolo gruppo stilistico, in Handel assume forme nuove e più articolate, sia per la maggiore vivacità armonica, sia per i brillanti passaggi contrappuntistici.
L’ingresso al concerto è gratuito e aperto a tutti. Per accedere alla chiesa è necessario, nel rispetto delle norme vigenti, avere il Supergreen pass. Gli abitanti di Sauze di Cesana potranno raggiungere la chiesa con un bus messo a disposizione dall’amministrazione comunale di Sauze.

Mara Martellotta

Le prenotazioni al concerto possono essere effettuate scrivendo a Alessandro Battaglino: alebatta@ yahoo.com

L’illusionista Luca Bono alla Casa del Teatro

Dal 26 dicembre al 9 gennaio 2022, la Casa del Teatro di Torino ospita Luca Bono ShowL’illusionista, il one man show di Luca Bono diretto da Arturo Brachetti. Luca già Campione Italiano di Magia all’età di soli 17 anni e successivamente laureato a Parigi con il Mandrake d’Oro, riconosciuto come l’Oscar della magia, è univocamente considerato il talento magico più interessante della sua generazione, interprete del nuovo illusionismo, coinvolgente e contemporaneo. Al suo attivo 450 date in Canada in due anni di tournée con oltre 400.000 spettatori e numerose esperienze televisive sulle principali reti nazionali.

Dimenticate il classico mago con cilindro, bacchetta e frac, perché Luca Bono è sì uno straordinario illusionista, ma soprattutto un ragazzo normale in grado di fare cose eccezionali. In scena assisteremo ad un percorso spettacolare e tecnologico tra illusioni di grande effetto scenico ed emotivo, manipolazione di oggetti, close up, mentalismo e apparizioni spettacolari. Ora Luca torna alla Casa del Teatro con il suo one man show con cui ha riempito i teatri in tutta Italia.

 

Info e prenotazioni tel. 011/19740280 – 389/2064590 o via mail abiglietteria@casateatroragazzi.it. Info casateatroragazzi.it oppure lucabono.com.

 

 

Le foto sono di Paolo Ranzani

Il concerto inaugurale della Filarmonica TRT per la Fondazione Maria Teresa Lavazza

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LA FILARMONICA TRT INAUGURA LA STAGIONE DEI CONCERTI 2021-22

CON IL CONCERTO DI NATALE PER LA FONDAZIONE MARIA TERESA LAVAZZA

Lunedì 20 dicembre ore 20.30 | Auditorium Giovanni Agnelli del Lingotto

La Filarmonica TRT inaugura la Stagione dei Concerti 2021-22 lunedì 20 dicembre alle ore 20.30 presso l’Auditorium Giovanni Agnelli del Lingotto.

Il concerto inaugurale della Filarmonica TRT per la Fondazione Maria Teresa Lavazza ricorda la sua figura di primo piano, attiva per oltre vent’anni a favore della cura delle malattie rare e degenerative, del ripensamento degli spazi ospedalieri e del supporto alla ricerca scientifica. La Fondazione Maria Teresa Lavazza, nata nel 2021, opera in ambito socio-sanitario, con una particolare attenzione all’umanizzazione dei luoghi di cura.

 

Dirigerà la serata il nuovo Direttore Ospite Principale della Filarmonica TRT, il maestro Felix Mildenberger.

Questa importante novità segna l’inizio di un legame stabile tra l’orchestra e uno degli artisti emergenti di maggior interesse sul panorama musicale internazionale.

La collaborazione tra il Maestro e la Filarmonica TRT è cominciata con il concerto di Natale nel dicembre 2018 e da allora è ospite fisso della Filarmonica TRT, apprezzato da artisti e pubblico torinese; il suo entusiasmo, la sua voglia di esplorare nuovi repertori e scoprire diverse prospettive hanno creato tra lui e l’orchestra un feeling speciale.

“Conosco la Filarmonica TRT già da tre anni e sono felice di poter lavorare insieme con una maggiore intensità” – dichiara il maestro Mildenberger“Il suono e il carattere dell’orchestra mi hanno subito molto colpito e ho grande stima per le musiciste e i musicisti che la compongono. L’orchestra ha un’importante tradizione e sono contento di poterla raccogliere e sviluppare insieme per presentare al meraviglioso pubblico torinese un repertorio importante e vario”.

Classe 1990, il giovane direttore d’orchestra si è imposto sul palcoscenico internazionale grazie a importanti premi e riconoscimenti: destinatario del PRIX YOUNG ARTIST OF THE YEAR 2020 per la Gabler-Stiftung e Festival der Nationen, vincitore del Donatella Flick LSO conducting competition 2018, Felix Mildenberger è stato assistente di Simon Rattle presso la London Symphony Orchestra e di Paavo Jårvi presso la Tonhalle di Zurigo. Ha diretto, inoltre, alcune delle più prestigiose orchestre del mondo: London Symphony Orchestra, Orchestre National de France, Tonhalle Orchester Zürich, NDR Radiophilharmonie Hannover, SWR Symphonieorchester, Konzerthausorchester Berlin tra le altre.

 

Il concerto, che riceve il contributo della Fondazione CRT, avrà in programma la Sinfonia No.7 in Mi maggiore di Anton Bruckner.

La Sinfonia No.7 in Mi maggiore è di gran lunga l’opera con cui Anton Bruckner riscosse maggior successo in vita.

La sua musica veniva infatti considerata dai contemporanei troppo audace, ermetica e prolissa. Nemmeno in occasione della prima esecuzione della Sinfonia No.7 (Lipsia, 1883) le critiche di eccessiva monumentalità e pedanteria vennero a mancare.

Tuttavia, la bellezza lirica e malinconica dei suoi temi riuscirono a colpire l’Europa Romantica di fine Ottocento. Il meritato riconoscimento di Bruckner segnò anche un importante spartiacque storico nella diatriba (molto accesa all’epoca) tra filo-brahmsiani e adepti del culto di Wagner. I seguaci dei due compositori si osteggiavano polemicamente tra loro, disputando un vero e proprio derby tutto tedesco. Alla base di questa divergenza, non solo motivi politici, ideologici e di gusto, ma più tecnicamente le rispettive modalità compositive completamente agli antipodi. Brahms utilizzava la “variazione sviluppante”, per la quale un frammento tematico presentato all’inizio viene trattato e riproposto variato continuamente, fino a tornare in evidenza trionfalmente nel finale.

Richard Wagner è invece il padre del “Leitmotiv”, tecnica per cui il tema che caratterizza ogni personaggio nel sovrapporsi agli altri evoca, sottolinea e arricchisce la trama sonora e drammaturgica dell’opera. Oggi siamo pienamente consapevoli che la musica di Bruckner si differenzia notevolmente da entrambe queste scuole di pensiero (diventandone piuttosto una sintesi che un punto di incontro), ma all’epoca il compositore austriaco veniva considerato un wagneriano convinto.

In effetti, Bruckner era un grandissimo estimatore di Wagner che chiamava con estrema deferenza “Il Maestro”.

La Sinfonia No.7, composta tra 1881- 1883, è un estremo tributo a Wagner (in aggiunta alla Sinfonia No.3 in Re minore “Sinfonia Wagner”) tanto da meritarsi nell’ambiente il soprannome “Il funerale di Sigfrido”. La stessa dedica dell’opera al mecenate di Wagner, Ludovico II di Baviera, è un’ulteriore conferma del destinatario di quest’ultimo atto di amore e rispetto.

All’inizio del 1883 Bruckner ebbe una premonizione e in una lettera indirizzata all’amico e direttore d’orchestra Felix Motti scrisse: “Il Maestro non ha molto da vivere”.

Proprio mentre Bruckner finiva di scrivere il commovente e bellissimo Adagio della settima, giungeva la tragica notizia della morte del “Maestro” (13 febbraio 1883).

 

TARIFFE

BIGLIETTO INTERO € 15 – BIGLIETTO UNDER 30 € 10 – CARD 4 CONCERTI € 40

 

BIGLIETTERIA

A partire da martedì 30 novembre 2021 saranno disponibili all’acquisto le Card e i biglietti per la Stagione dei Concerti 2021-2022 presso la biglietteria del Teatro Regio di Torino in Piazza Castello 215 – 1024 Torino, orari lun-sab 13-18.30, dom 10-14, Tel. 011.8815241 – 011.8815242, e, in alternativa, su Vivaticket.com

www.filarmonicatrt.it

Cliché Ci spogliamo per voi

Teatro Baretti venerdì 17 dicembre 2021, ore 20

Scritto e diretto da Alessandro Federico

con Francesca Bracchino, Elisa Galvagno, Valentina Virando

disegno luci Davide Rigodanza

Proprietà Commutativa / Dramelot

Cliché è la storia di tre donne che decidono di spogliarsi per vivere, chi per bisogno di soldi per mantenere una famiglia numerosa, chi per un incontro con l’uomo sbagliato. In realtà le tre donne sono tre attrici, costrette sì a spogliarsi ma solo per cercare di attirare più pubblico possibile per il loro spettacolo. Tre attrici stremate che, per una volta, non fingono di non esserlo.

Il gioco del teatro si rivelerà in tutta la sua crudezza e realtà.

Le storie da cliché dei tre personaggi sono pretesti, maschere che cadranno per raccontare la vera e attuale condizione dell’attore, e più in generale dell’essere umano: indotto spesso a collocarsi in rigidi schemi predefiniti per aderire alle leggi del mercato, per vendersi meglio.

In questo tentativo di nudità tutti i cliché diventano vivi, permeati di un’umanità che è molto di più di quello che rappresenta. Abbandonati i vestiti del cliché resta il teatro: il luogo dove possiamo ancora tentare di fondare e rinnovare quello che siamo noi tutti, attori e spettatori.

Forse il teatro serve ancora, e serve a questo.

ingresso 12 euro | ridotto 10 euro (under 25 over 65)
informazioni | www.cineteatrobaretti.it  | telefono 011655187
Satispay @CineTeatro Baretti
Iban IT15U0501801000000011350667

Un vecchio copione (a tratti imbarazzante) affidato al vecchio Clint

Sugli schermi “Cry Macho”, forse il canto del cigno di Clint Eastwood

PIANETA CINEMA

a cura di Elio Rabbione

Il vecchio Mike, che per una vita ha allevato cavalli ed è stato un campione di rodeo, ha attraversato un periodo buio per la morte della moglie e del figlio in un incidente, è caduto nel labirinto dell’alcolismo e alimenta un caratteraccio di solitario e di uomo che ricaccia il mondo intero. Questa la centralità di “Cry Macho”, vecchio copione che gira sui tavoli di Hollywood sin dall’inizio degli anni Settanta, quando Richard Nash propose una sua sceneggiatura sempre rifiutata. Ma il soggetto era allettante, l’immagine di burbero, il vecchio West, le praterie e il road movie, ci provò anche il mitico Burt Lancaster ad appassionarsi alla storia e Roy Scheider iniziò persino a girare un film che venne interrotto dopo poche settimane. Col procedere del nuovo millennio il 91enne Clint Eastwood ha deciso di riprendere in mano lo script, lo ha prodotto interpretato e diretto, affidandosi per una bella revisione a Nick Schenk con cui già aveva collaborato per “Gran Torino” nel 2008 e per “Il corriere” dieci anni dopo.

Il road movie è rimasto e con lui le buone intenzioni. Quando il capo incarica Mike di riportare in Texas dal Messico il figlio Rafael che una madre snaturata tiene pressoché prigioniero in una grande casa, ben guardato da un gruppetto di scagnozzi dalla pistola facile, ecco che il vecchietto parte, costruendo giorno dopo giorno un rapporto con il ragazzino sempre più paterno. L’incedere dell’uomo non è certo più quello di un tempo, i movimenti sono un tantino arrugginiti, gli agguati dei malandrini che li inseguono sono debellati più dal caso che dal freddo ragionamento e se si aggiunge una nota romantica con una vedovella in area dei cinquanta c’è da chiedersi se sia vero e proprio innamoramento o piuttosto anelito intenerito ad uno status di badante. Mentre, inutile dirlo, il “macho” di un tempo è del tutto svanito, con la consapevolezza che il luogo comune della “virilità” è ormai un ricordo: tanto che, con un pizzico d’ironia che non guasta, il macho del titolo non è il protagonista ma un arzillo galletto da combattimento che il ragazzino si porta appresso da quando se ne è uscito da casa sua. Il culmine del traballante e imbarazzante copione nelle scene che guardano al finale, con sguardi e danze leggere che mirano agli anni gloriosi dei “Ponti di Madison County”: ma lì si era nel 1995 e spirava un’aria anagraficamente più esatta.

Il vecchio Clint ce la mette tutta a rendersi credibile ma è un po’ dura credergli e reggergli il gioco, per ogni spettatore. Certi momenti sono frettolosi, altri girati come piccoli quadretti in ossequio alla nuova famiglia che potrebbe formarsi, si tenta d’approfondire i rapporti ma tutto rimane sul bordo e l’avventura non ha nulla di nuovo e denuncia appieno quel che di visto e rivisto porta con sé. La regia s’è resa fiacca, ti verrebbe da dire svogliata: e ti ritrovi a ripensare con rammarico, davanti a quello che potrebbe essere il canto del cigno, non certo all’antico Callaghan ma a tutti quei toni crepuscolari, saggi e meditativi, costruiti con una narrazione limpida e lineare che ci hanno fatto amare una delle figure di maggior spicco del cinema d’oltreoceano.

Gran Concerto di Natale con Filarmonica San Marco al Teatro Superga

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TEATRO SUPERGA

Mercoledì 15 dicembre, ore 21 

La Filarmonica San Marco è una delle più promettenti realtà musicali italiane guidata da Matteo Dal Maso. L’orchestra di fiati è composta da circa 50 musicisti: una formazione di grande respiro e innovativa che mantiene però tracce solide della tradizione orchestrale italiana.

La Filarmonica San Marco è riconosciuta come una delle più promettenti realtà musicali italiane. È un’orchestra di fiati nata nel 1983 a Buttigliera Alta in provincia di Torino per iniziativa di un gruppo di amici appassionati di musica, con lo scopo di divulgare la cultura musicale fra i giovani del proprio territorio. Cresciuta nel corso degli anni, l’orchestra svolge un’intensa attività concertistica in Italia e all’estero ed è composta da circa 50 musicisti. Dal 2018 la direzione artistica è affidata a Matteo Dal Maso con l’obiettivo di delineare un progetto culturale di grande respiro attento alla professionalità e alla qualità musicale, elementi fondamentali del processo di crescita dell’orchestra che aspira ad essere una formazione sempre più innovativa pur mantenendo tracce solide della tradizione orchestrale italiana.

 

INFO

Mercoledì 15 dicembre 2021, ore 21

Gran Concerto di Natale

Con Filarmonica San Marco, diretta dal Maestro Matteo Dal Maso

TSN Teatro Superga Nichelino, via Superga 44, Nichelino

011.6279789 www.teatrosuperga.itbiglietteria@teatrosuperga.it

Biglietti: 15 euro

 

La stagione 2021-2022 del Teatro Superga è promossa dalla Città di Nichelino e Sistema Cultura, con il sostegno di Fondazione CRT e Regione Piemonte, firmata dalla direzione artistica di Alessio Boasi, Fabio Boasi e Claudia Spoto, in collaborazione con Piemonte dal Vivo. Produzione esecutiva Reverse Agency.