E’ uscito l’Ep, realizzato da Franco Lana con il suo gruppo, contenente una manciata di cover (Bob Dylan, John Fogerty, Chuk Berry, Tracy, Chapman, etc.). Si tratta di un’autoproduzione, fuori commercio. Franco Lana, artista poliedrico, canta in un paio di pezzi, e suona il basso e la batteria, in altri due.
La cassin-a del mangia e beiv
Sabato 19 febbraio 2022
XXXIII RASSEGNA TEATRALE DIALETTALE
Moncalieri, ore 21
Teatro Matteotti, via Matteotti 1
La Rassegna teatrale in lingua piemontese di Moncalieri propone il suo sesto spettacolo in cartellone. Succede sabato sera, 19 febbraio alle ore 21, con il Piccolo Varietà di Pinerolo che sul palco del Matteotti “Ij crussi ‘d Don Quaja”. Ovvero: i crucci don don Quaglia, una commedia brillante ambientata in una casa parrocchiale agli inizi degli anni ‘50. Il parroco – coadiuvato da uno zelante sacrestano, dalla vecchia madre, da una nipote non più in tenera età con figlia a carico e una coppia di teneri gatti – si trova a gestire l’arrivo di un uomo dal sud e di una serie di grattacapi a cascata. Si ride tra battute brillanti, paradossi ed equivoci continui, nei due atti firmati da Luigi Oddoero.
“La nostra rassegna della commedia in lingua piemontese al Matteotti è da 33 anni uno degli appuntamenti fissi più amati anche ben oltre i confini di Moncalieri – commenta soddisfatta l’assessore alla Cultura Laura Pompeo – Ed è un’iniziativa che sosteniamo convintamente, nell’ottica di valorizzare quel che Moncalieri ha di peculiare, gli echi più profondi e caratterizzanti della sua storia. Ben lungi dal rimanere ancorati al passato, l’obiettivo è prima di tutto far vivere e diffondere, grazie all’intenso, metodico lavoro di rete con le compagnie del territorio, quanto c’è di più vivo nella cultura e nell’identità moncalierese”.
Abbonamento a 8 spettacoli: € 50,00
Biglietto singolo: € 8,00 (ridotto per under 12: € 6,00)
Info e prenotazioni: tel. 328.6894390 dalle ore 15,30 alle 19 Mail: annafalconieri50@gmail.com
Una preziosa testimonianza della sua degenza manicomiale diventa adattamento teatrale
“Alda, diario di una diversa” ha debuttato al teatro Gobetti di Torino, per la drammaturgia e la regia di Giorgio Gallione. Si tratta dell’adattamento teatrale di “L’altra verità. Diario di una diversa” di Alda Merini, con Milvia Marigliano in scena, accanto ai danzatori di DEOS, Danse Ensemble Opera Studio, Luca Alberti, Angela Babuin, Eleonora Ciocchini, Noemi Valente e Francesca Zaccaria. A firmare le coreografie Giovanni Di Cicco, le scene sono di Marcello Chiarenza, i costumi di Francesca Marsella e le luci di Aldo Mantovani.
A partire dall’opera di Alda Merini, una delle voci della letteratura italiana più significative e riconosciute del Novecento, lo spettacolo si pone l’obiettivo di esplorare gli infiniti intrecci presenti tra poesia, follia e teatro danza. La biografia della Merini diventa, così, emblematica, essendo stata segnata da una lunga e dolorosa degenza manicomiale, causata probabilmente da una patologia definita “ sindrome bipolare”, di cui hanno sofferto anche molti altri artisti.
Proprio intorno all’esperienza del manicomio la Merini ha prodotto le sue opere più significative e sconvolgenti, una forma di pura creazione costituita di storie brevi, poesie, rime, nenie, canzoni, epifanie, aforismi, che hanno tratteggiato una vita tragica, “più bella della poesia”.
“Alda. Diario di una diversa” rappresenta un grande affresco elaborato su opera e biografia di Alda Merini, uno spettacolo costruito come una visione, un lucido delirio capace di attraversare tutta l’opera di questa straordinaria poetessa. Il suo universo è contraddistinto da colori forti, in cui “l’estate esplode all’improvviso in mezzo ai rami gelati dell’inverno”, e da continui slittamenti emotivi, stilistici e poetici, tipici di un’artista che è stata sbattuta ai margini del destino, ma sempre miracolosamente “resuscitata”.
Materiali narrativi in questa elaborazione drammaturgica si intrecciano a quelli biografici, arricchiti da squarci lirici, quasi cantati o danzanti. La protagonista, Maria Marigliano, è affiancata da un gruppo di danzatori capaci di dar vita a una sorta di creazione vicina alle modalità del teatro / danza, dalla quale emerge un universo mentale abitato da ricordi, ma anche da fantasmi, deliri, follia e amore.
Nel libro intitolato “L’altra verità. Diario di una diversa” Alda Merini ci narra con grande lucidità i dieci anni trascorsi al Paolo Pini di Milano, dove vi fu ricoverata per la prima volta giovanissima, nel 1964, a causa di un esaurimento, che si era aggravato a seguito della morte della madre e delle incomprensioni con il marito cui aveva inutilmente chiesto conforto. La poetessa narra la sua esperienza manicomiale attraverso un racconto profondo, intenso e coinvolgente, affidato a una scrittura snella, essenziale e rapida. Le persone rinchiuse in manicomio, che emergono dal ritratto di Alda Merini, sono ridotte a meri oggetti, denudate e rivestite di camicie e vestaglie enormi, private delle più elementari libertà, con mani e piedi legati e spesso costrette a vivere in condizioni disumane in mezzo ai propri stessi escrementi. Tra i ricoverati emerge dalla descrizione della scrittrice la presenza non solo di persone afflitte dalla malattia mentale, ma anche di soggetti assolutamente non folli, di cui la società civile voleva disfarsi, perché avevano tenuto una condotta ritenuta lesiva di norme sociali e morali, come le ragazze madri povere o i portatori di handicap fisici pesanti, di cui la famiglia di origine non poteva o voleva farsi carico.
La piece, prodotta dal Teatro Nazionale di Genova, sarà in scena al teatro Gobetti per la stagione in abbonamento del Teatro Stabile di Torino fino a domenica 6 marzo prossimo.
Mara Martellotta
Sul palcoscenico dell’Erba “Il fidanzato di tutte”
Il mondo dello spettacolo, un gruppo di ragazze e ragazzi, aspiranti attori e cantanti, ballerini, in un continuo alternarsi di successi e piccole delusioni. Il mondo dei provini e delle audizioni, dei talent che possono aprire ogni porta, di un successo improvviso che ti potrebbe imporre come stella di prima grandezza, una scommessa all’estero che potrebbe farti fare un bel salto nel mondo internazionale. Un gruppo dove circolano affetti e amicizia, storie d’amore che si sgonfiano come sono sbocciate o avventure che mescolano improvvisazioni e sesso, quando si arriva al dunque cui tutti aspirano. Magari anche un briciolo più o meno grande di invidia, ti verrebbe da pensare. Al centro del gruppo è “Il fidanzato di tutte” – autori Francis Jackets e Jérôme Dagneau (viene il dubbio che, almeno in buona parte, qualcuno si nasconda dietro questi nomi, qualcuno vicino a Torino Spettacoli? e poi: quanto c’è di aggiornato o di autobiografico nelle parole di Luca e dei suoi compagni?), regia di Girolamo Angione, in scena all’Erba sino a domenica 20 -, ovvero quel Luca, bello, spigliato, rubacuori, “dongiovanni mordi e fuggi”, casanova senza freni, che cerca di far innamorare tutte le ragazze che gli capitano a tiro, avventure sui due mesi e niente più, sicuro di far breccia ma sempre lasciato a bocca asciutta: e così, con tutta la debolezza che fa da contraltare alla spudorata esistenza di ogni giorno, si rifugia nei consigli di una invisibile quanto ironica psicologa (il lettino delle confessioni è al centro della scena firmata da Gian Mesturino), o tenta di fare suoi i face time che il primo amore, un’attrice più grande di lui ormai ritiratasi lontano dai palcoscenici, nella tranquilla casa in riva al lago, gli elargisce, pieni di ricordi e di speranze verso il futuro soprattutto, con il grande e materno comandamento di abbracciare in maniera definitiva e seria il teatro. Nel tentativo di rimettere ordine nella sua vita sentimentale e di dar corso ai suoi progetti di lavoro, Luca dovrà anche accorgersi che i sentimenti più autentici gli vengono da un amico del gruppo, che forse per troppo tempo se ne è rimasto zitto.
Decisamente brillante, divertente, infiorettata di dialoghi quasi mai banali, eccellentemente frizzante nelle coreografie e nelle canzoni che tutti prima o poi si ritrovano a cantare, a dimostrazione di quanto siano bravi (non tutti sullo stesso livello, ma le strade sicure sono già parecchie), “Il fidanzato di tutte” va a nozze con il suo interprete principale, Elia Tedesco, ormai faccia di riferimento per Torino Spettacoli, disinvolto quanti altri mai, piacione in perfetta e sfacciata consapevolezza, pronto allo stesso modo a ballare come a mettersi in cache-sex dorato e accappatoio ben aperto, per quello che ora è a tutti gli effetti il suo pubblico. Lui sorride e si inventa facce, ci sa fare, spadroneggia sul palcoscenico, sa costruirsi una comicità immediata, e se c’è un momento di stanca è pronto a riprendere il ritmo.
Elio Rabbione
TORINO COMEDY LOUNGE presenta “ComEDIT: UNO + UNO Comedians made in Torino”
Il nuovo progetto ospitato presso
EDIT Torino
Mercoledì 16 febbraio
Piazza Teresa Noce 15/A
Ore 20.30
SOLD OUT
Due talenti emergenti, un microfono, mezz’ora ciascuno e una location inedita. Il collettivo Torino Comedy Lounge inaugurerà, mercoledì 16 febbraio 2022, “ComEDIT: UNO + UNO. Comedians made in Torino”, il nuovo progetto ospitato nella suggestiva realtà di Edit Torino, il più grande birrificio artigianale della città.
Gli spazi di piazza Teresa Noce si trasformeranno, così, in un nuovo punto di riferimento per la stand up comedy locale, accogliendo, ogni mese, talenti emergenti della scena sabauda, nell’ambito della quale hanno avuto l’opportunità di formarsi e affinare le proprie capacità.
A impreziosire il primo appuntamento vi saranno, infatti, Giulia Cerruti e Angelo Amaro, due tra i nomi maggiormente noti del panorama comico torinese. Già avvezzi ai palchi più importanti della città (e non solo), Cerruti e Amaro avranno l’onore di alzare il sipario del nuovo format con i loro monologhi taglienti e corrosivi, primi di una serie di ospiti che porteranno in scena il meglio della stand up comedy sabauda.
«In questi cinque anni – commenta Antonio Piazza, fondatore del Torino Comedy Lounge e ideatore di “ComEDIT” – ci siamo dedicati a portare la scena nazionale della stand up comedy a Torino, cercando di creare un “hub della comicità” che fosse di riferimento per l’Italia. Quest’anno, però, abbiamo deciso che è arrivato il momento di valorizzare anche le eccellenze del territorio, perciò siamo molto orgogliosi di presentare il nostro nuovo appuntamento mensile, interamente dedicato ai comedian che si sono formati sul campo (e anche ai nostri open mic) e che porteranno 30 minuti del proprio repertorio migliore presso la bellissima cornice di EDIT Torino.»
Giulia Cerruti, classe 1993, dopo aver frequentato il Corso propedeutico del Teatro Stabile di Genova nel 2015, si è diplomata, due anni dopo, alla Scuola di perfezionamento per attori Shakespeare School di Jurij Ferrini. Nel 2017 ha, inoltre, dato vita, in qualità di organizzatrice, al Festival “L’arte nel pagliaio” della Cascina Duc di Grugliasco, mentre nel 2018 ha fondato la compagnia Crack24 e nel 2021 lo Spazio Cristina.
Angelo Amaro, classe 1989, è diplomato in Sceneggiatura alla Scuola Holden di Alessandro Baricco. Alla carriera di copywriter ha affiancato, nel corso degli anni, la composizione di articoli satirici, sketch comici e cortometraggi. Nel 2020 ha vinto la menzione speciale al Premio Sonego grazie al corto Fuori luogo, ora in fase di produzione.
Informazioni:
Lo show inizierà alle ore 20.30. Ingresso gratuito e uscita a cappello a sostegno delle attività dell’associazione.
Al Carignano “Moby Dick alla prova” nella stagione dello Stabile torinese, per la regia di De Capitani
“Questo spettacolo è l’ultima pura gioia che il teatro mi abbia dato”, confessò – più a se stesso che al pubblico – Orson Welles che da tempo inseguiva quella “magnifica ossessione” di portare in scena il “Moby Dick” di Herman Melville: in una serata di grande successo, era il 16 giugno 1955, un anno prima che John Houston portasse sullo schermo il titolo omonimo, sulle tavole del Duke of York’s Theatre di Londra, poteva dare vita ad un sogno. Un palcoscenico che ogni sera è la cornice del “Re Lear” shakesperiano ma pure il luogo della volontà irruente di un capocomico di provare una riduzione in due atti dell’opera dello scrittore americano, la ritrosia iniziale e i dubbi di alcuni degli attori, le domande sulla fattibilità dell’operazione, l’incanalarsi progressivo dentro uno scritto da testare ma pronto a prendersi una forma concreta e definitiva. La macchina del teatro, il mestiere dell’attore, la scrittura offerta a poco a poco, le luci e le ombre che solcano la distesa più nera che azzurra.
I due testi passo dopo passo si accavallano, l’uno entra nei solchi dell’altro, i passaggi e le contaminazioni continue tra un padre e un uomo di mare gettano dei ponti, l’amore bugiardo e profittatore di Goneril e Regan e quello sincero di Cordelia, il ricordo del fool che si specchia in Pip, l’ostinazione che le tante traversie raddrizzeranno nell’animo di Lear, la tracotanza smoderata e senza fine, senza redenzione di Achab. Una occasione di teatro nel teatro, un lavoro in fieri che si compone e si scompone – alla prova come “I promessi sposi” di Testori o “Il gioco delle parti” mentre irrompono in sala i sei personaggi nel tentativo di farsi rappresentare da una vera compagnia. Un gioco filtrante tra realtà e rappresentazione, tra vita e finzione: lasciando un felicissimo spazio alla mente dello spettatore, all’immaginazione – il mare, il “monstrum”, la nave avvolta dalle onde burrascose del mare grande, grande e definitivo come quello dell’Ulisse dantesco.
Quelle onde le vedi e le tocchi, riempiono il palcoscenico, quelle vele che s’ingrossano e si gonfiano ti trasportano da una parte all’altra dell’oceano, quei suoni (dovuti qui alla maestria e ai tanti strumenti di Mario Arcari, ad essi s’aggiungano i cori con cui gli attori irrobustiscono le parti della vicenda; come non si possono dimenticare le suggestioni che offre la “musicalità” degli oggetti che occupano la scena, ritmicamente intensi, faticosi e affaticati, ostinati segnali di lotta e di odio) ti fanno sentire libero a sovrastare la scena. Sarà una riscrittura, una rappresentazione dei momenti più salienti o che maggiormente interessano Welles, l’incipit di Ismaele (“Chiamatemi Ishmael”), l’incontro con padre Mapple prima di imbarcarsi sulla “Pequod”, la caduta in mare di Pip, l’avvistamento della “Rachele”, l’altra baleniera, necessariamente la lunga sfida del capitano contro l’animale che in un viaggio precedente lo ha privato di una gamba, lo scontro finale, titanico e mortifero, con la balena bianca.
Sopra tutto e sopra tutti, sovrasta imperiosa la figura del capitano Achab, con la sua presunzione, con la propria tracotanza, con la violenza ardita che usa nel confronto degli altri e di se stesso, Nei confronti della natura: e quanto si dimostri attuale il testo lo testimoniano le tragedie che l’uomo ha saputo costruire attorno a sé. Elio De Capitani, riprendendo dopo decenni il testo wellesiano mai più rappresentato e creandone un capolavoro (in special modo nel secondo atto c’è da inchinarsi alla poesia – crudele sì, sanguigna, ma sempre poesia – che invade il palcoscenico del Carignano per questa produzione targata Teatro dell’Elfo e Teatro Stabile Torino – Teatro Nazionale, nella traduzione in versi sciolti di Cristina Viti, in replica sino a domenica 20), ricopre, come già l’autore, quattro ruoli (Achab, Re Lear, padre Mapple e il capocomico), uscendo dall’uno per entrare nell’altro, in una immedesimazione che è uno dei punti più alti dello spettacolo, in un suggestivo alternarsi di parole e di azioni, di rabbia e di sentimenti, di correzioni e di nuovi indirizzi interpretativi. “Continuiamo a generare odiatori, novelli Achab”, sottolinea De Capitani: forse l’area di pace la si può ritrovare nel teatro, sulle tavole di un palcoscenico, “adesso potete tirare chiudere il sipario”.
Con lui, un gruppo d’attori in vero stato di grazia, tutti a ricoprire più ruoli e a farsi all’occorrenza tecnici di scena; tra gli altri Cristina Crippa, Enzo Curcurù, Alessandro Lussiana, Marco Bonadei cui si devono anche le maschere; e Angelo Di Genio che è un accorato Ishmael e soprattutto Giulia Viana, leggera e caparbia e amorevole nel ricoprire il semplice ruolo di giovane attrice come quelli di Cordelia e di Pip. Uno spettacolo da non perdere, da “ricercare” in ogni suo momento, esempio da ricordare a lungo di intelligenza e di grandezza teatrale.
Elio Rabbione
Le immagini dello spettacolo sono di Marcella Foccardi
Annullati i concerti di Baglioni
GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA
Lunedì. Al Teatro Colosseo secondo concerto consecutivo per Raf & Umberto Tozzi.
Martedì. Al Jazz Club suona la The Bright Humansband.
Mercoledì. Al Capolinea 8 si esibisce l’Homelanders Trio. Al Jazz Club è di scena la Big Harp Blues Night Jam con ospite Roberto Zorzi.
Giovedì. Al Cafè Neruda suona il chitarrista Matteo Salvadori.Al Jazz Club si esibisce il trio Greselin- Defilippi-Bradascio. All’Hiroshima Mon Amour è di scena il cantautore Giancane.
Venerdì. Al Capolinea 8 suona il quartetto Train Power Blues.Allo Ziggy sono di scena i Bone Rattler. Al cinema Massimo si inaugura Seeyousound con la proiezione del film di Stephen Kijak “Shoplifters of The World” sulla fine degli Smiths,preceduto dalla sonorizzazione del cortometraggio “Suf” di Titus Meszaros a cura della compositrice Ginevra Nervi. Al Cafè Neruda suona il trio Gurrisi-Piccirilo-Fasano. Al Folk Club si esibisce Peppe Voltarelli.
Sabato. Al Jazz Club suona il trio del pianista Davide Cabiddu. Al Cafè Neruda sono di scena gli Ecgi Soul Gang. Per il programma di Seeyousound due film di Stephen Kijak : “Stones in Exile” e “Sid &Judy”. Al Capolinea 8 suona il quartetto di Lorenzo Minguzzi mentre allo Ziggy si esibiscono i Fratelli Lambretta. Al Blah Blah sono di scena Battilastra e Ozora.
Domenica. Al Jazz Club suona il quartetto del trombettista Mauro Brunini con il chitarrista Max Gallo. Per Seeyousound proiezione de “L’Inferno” con musica di Enrico Gabrielli e anche “A-Ha:The Movie” del regista Thomas Robsahm.
Pier Luigi Fuggetta
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Giornata Internazionale delle Donne e delle Ragazze di Scienza
SFUMATURE DI DONNE DI SCIENZA
di e con
SARA D’AMARIO
regia, musiche dal vivo e mise en scène
FRANCOIS-XAVIER FRANTZ
11 febbraio 2022
ingresso 20.45, spettacolo 21.30
Infini.to – Planetario di Torino
Pino Torinese, Via Osservatorio 30
Una storia di donne geniali nel firmamento della storia. Si presenta così Sfumature di Donne di Scienza, il nuovo spettacolo teatrale di Sara D’Amario, anche protagonista, con regia e musiche dal vivo di François-Xavier Frantz, in scena l’11 febbraio alle 21.30 a Infini.to – Planetario Torino a Pino Torinese: una versione inedita, unica, concepita appositamente per il Planetario, per far interagire l’attrice con l’universo…
La trama
Lo spettacolo metterà in luce l’attività e la personalità di venti scienziate vissute dal IV secolo a.C. a oggi e attraverso i secoli racconterà la storia delle pioniere nella matematica, nell’astronomia, nella fisica e nell’informatica. Si arriverà così per esempio a Hollywood, con l’attrice e inventrice Hedy Lamarr; a Monte Palomar con l’astronoma Vera Rubin; si scopriranno i segreti delle prime alchimiste-streghe per arrivare ai misteri delle studiose degli affascinanti universi dell’infinitamente piccolo, dall’atomo al Dna.
Sfumature di Donne di Scienza parlerà di donne che hanno saputo imporsi in mondi che troppo spesso le hanno relegate in ruoli da comprimarie; nel passato alcune di loro hanno perfino dovuto cambiare nome e travestirsi da uomo per lavorare e dimostrare il loro valore. Lo spettacolo sarà pertanto un tributo a figure femminili che, anche grazie ai loro papà, alle loro mamme, e a mariti, amanti, colleghi e insegnanti hanno saputo dimostrare valore e tenacia, al di là del loro sesso.
Dichiarazione degli autori François-Xavier Frantz & Sara D’Amario
«Sarà un esperimento fantastico abbinare l’immensità delle menti di queste donne d’eccezione, all’infinità dello spazio interstellare che offre un luogo straordinario come la Cupola del Planetario di Settimo Torinese. Abbiamo scelto di non proiettare i volti reali delle donne di cui raccontiamo le peripezie e le scoperte, perché desideriamo che ognuno, ogni donna, giovane, adulta o bambina, possa immaginare se stessa, all’interno di un percorso valorizzante; e che ogni uomo abbia la possibilità di visualizzare donne che conosce o che potrebbe incontrare.
François-Xavier Frantz ha realizzato i ritratti a matita delle scienziate trasformandoli in costellazioni in avvicinamento; Sara D’Amario darà voce e corpo a ognuna di esse in un dialogo divertente tra universo, “artigianato della ricerca” e genialità. Come in una “biblioteca mentale” o in una galleria scintillante, i loro ritratti veleggeranno sopra le nostre teste alla stregua di “star” eteree, affascinanti, fonte infinita di ispirazione».
Sfumature di Donne di Scienza è una produzione dell’Associazione Culturale Ancóra e Constellation Factory con il sostegno e il patrocinio del Comune di Moncalieri, assessorato alla Cultura e alle Pari Opportunità.
La messa in scena
L’intelligenza ha un sesso? È da questa semplice domanda, che lo spettacolo sviluppa un viaggio nel tempo alla scoperta di donne che, contro ogni pregiudizio temporale e intellettuale, hanno dato un contributo alla ricerca e alle scoperte dell’umanità. Su questa traccia, la narrazione si svilupperà con umorismo ed energia in un “One-Woman Show” colto e ironico, destinato a un pubblico eterogeneo per formazione ed età.
La rappresentazione si svilupperà con elementi scenici essenziali: rapidi cambi di costume, dialettica divertente e contemporanea, contenuti curiosi, ricchi d’informazioni che rievocheranno sodalizi intellettuali e, perché no, amori e tradimenti.
Parte integrante di Sfumature di Donne di Scienza saranno le originali e avvolgenti scenografie luminose concepite e disegnate dal regista François-Xavier Frantz con la collaborazione tecnica di Marco Brusa. Volti stilizzati delle protagoniste saranno proiettati nella cupola del Planetario e rappresenteranno immaginarie costellazioni della volta celeste: un poetico trionfo della luce e dell’intelligenza, vista come celebrazione di un sogno, inno alla passione capace di sconfiggere l’oscurità del pregiudizio.
Critica e obiettivi
Il messaggio principale di cui Sfumature di Donne di Scienza si fa promotore riguarda il pregiudizio che spesso, ancora oggi, etichetta le ragazze come poco dotate o poco interessate a materie scientifiche come la matematica, la fisica, la chimica.
A rivelarlo sono gli studi delle fonti bibliografiche, ma anche le numerose conversazioni con studenti (dalla scuola primaria alla secondaria di secondo grado) che hanno rivelato come questa falsa premessa sia ancora molto radicata, a volte anche nelle convinzioni delle bambine e delle ragazze stesse.
Con questo obiettivo, François-Xavier Frantz e Sara D’Amario hanno voluto evidenziare la necessità e la possibilità di liberarsi da una forma mentale, sbagliata e penalizzante, che non ha natura biologica, ma storica, sociale e culturale. Ed è per questo che lo spettacolo si propone di offrire un momento di arricchimento e condivisione tra generazioni, stimolando ciascuno di noi a riflettere sulla figura della donna nella scienza senza in alcun modo polemizzare nei confronti degli uomini, ma facendosi ambasciatore di un messaggio più ampio e positivo. Perché la differenza tra donne e uomini va vissuta come un valore, non come motivo di scontro, di paura e di rivalità.