SPETTACOLI- Pagina 170

Il “Diario di una diversa” della poetessa Alda Merini. Al Gobetti

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Una preziosa testimonianza della sua degenza manicomiale diventa adattamento teatrale 

“Alda, diario di una diversa” ha debuttato al teatro Gobetti di Torino, per la drammaturgia e la regia di Giorgio Gallione. Si tratta dell’adattamento teatrale di “L’altra verità. Diario di una diversa” di Alda Merini, con Milvia Marigliano in scena, accanto ai danzatori di DEOS, Danse Ensemble Opera Studio, Luca Alberti, Angela Babuin, Eleonora Ciocchini, Noemi Valente e Francesca Zaccaria. A firmare le coreografie Giovanni Di Cicco, le scene sono di Marcello Chiarenza, i costumi di Francesca Marsella e le luci di Aldo Mantovani.
A partire dall’opera di Alda Merini, una delle voci della letteratura italiana più significative e riconosciute del Novecento, lo spettacolo si pone l’obiettivo di esplorare gli infiniti intrecci presenti tra poesia, follia e teatro danza. La biografia della Merini diventa, così, emblematica, essendo stata segnata da una lunga e dolorosa degenza manicomiale, causata probabilmente da una patologia definita “ sindrome bipolare”, di cui hanno sofferto anche molti altri artisti.
Proprio intorno all’esperienza del manicomio la Merini ha prodotto le sue opere più significative e sconvolgenti, una forma di pura creazione costituita di storie brevi, poesie, rime, nenie, canzoni, epifanie, aforismi, che hanno tratteggiato una vita tragica, “più bella della poesia”.
“Alda. Diario di una diversa” rappresenta un grande affresco elaborato su opera e biografia di Alda Merini, uno spettacolo costruito come una visione, un lucido delirio capace di attraversare tutta l’opera di questa straordinaria poetessa. Il suo universo è contraddistinto da colori forti, in cui “l’estate esplode all’improvviso in mezzo ai rami gelati dell’inverno”, e da continui slittamenti emotivi, stilistici e poetici, tipici di un’artista che è stata sbattuta ai margini del destino, ma sempre miracolosamente “resuscitata”.
Materiali narrativi in questa elaborazione drammaturgica si intrecciano a quelli biografici, arricchiti da squarci lirici, quasi cantati o danzanti. La protagonista, Maria Marigliano, è affiancata da un gruppo di danzatori capaci di dar vita a una sorta di creazione vicina alle modalità del teatro / danza, dalla quale emerge un universo mentale abitato da ricordi, ma anche da fantasmi, deliri, follia e amore.
Nel libro intitolato “L’altra verità. Diario di una diversa” Alda Merini ci narra con grande lucidità i dieci anni trascorsi al Paolo Pini di Milano, dove vi fu ricoverata per la prima volta giovanissima, nel 1964, a causa di un esaurimento, che si era aggravato a seguito della morte della madre e delle incomprensioni con il marito cui aveva inutilmente chiesto conforto. La poetessa narra la sua esperienza manicomiale attraverso un racconto profondo, intenso e coinvolgente, affidato a una scrittura snella, essenziale e rapida. Le persone rinchiuse in manicomio, che emergono dal ritratto di Alda Merini, sono ridotte a meri oggetti, denudate e rivestite di camicie e vestaglie enormi, private delle più elementari libertà, con mani e piedi legati e spesso costrette a vivere in condizioni disumane in mezzo ai propri stessi escrementi. Tra i ricoverati emerge dalla descrizione della scrittrice la presenza non solo di persone afflitte dalla malattia mentale, ma anche di soggetti assolutamente non folli, di cui la società civile voleva disfarsi, perché avevano tenuto una condotta ritenuta lesiva di norme sociali e morali, come le ragazze madri povere o i portatori di handicap fisici pesanti, di cui la famiglia di origine non poteva o voleva farsi carico.
La piece, prodotta dal Teatro Nazionale di Genova, sarà in scena al teatro Gobetti per la stagione in abbonamento del Teatro Stabile di Torino fino a domenica 6 marzo prossimo.

Mara Martellotta

Un dongiovanni mordi e fuggi, allegramente diviso tra vita e teatro

Sul palcoscenico dell’Erba “Il fidanzato di tutte”

Il mondo dello spettacolo, un gruppo di ragazze e ragazzi, aspiranti attori e cantanti, ballerini, in un continuo alternarsi di successi e piccole delusioni. Il mondo dei provini e delle audizioni, dei talent che possono aprire ogni porta, di un successo improvviso che ti potrebbe imporre come stella di prima grandezza, una scommessa all’estero che potrebbe farti fare un bel salto nel mondo internazionale. Un gruppo dove circolano affetti e amicizia, storie d’amore che si sgonfiano come sono sbocciate o avventure che mescolano improvvisazioni e sesso, quando si arriva al dunque cui tutti aspirano. Magari anche un briciolo più o meno grande di invidia, ti verrebbe da pensare. Al centro del gruppo è “Il fidanzato di tutte” – autori Francis Jackets e Jérôme Dagneau (viene il dubbio che, almeno in buona parte, qualcuno si nasconda dietro questi nomi, qualcuno vicino a Torino Spettacoli? e poi: quanto c’è di aggiornato o di autobiografico nelle parole di Luca e dei suoi compagni?), regia di Girolamo Angione, in scena all’Erba sino a domenica 20 -, ovvero quel Luca, bello, spigliato, rubacuori, “dongiovanni mordi e fuggi”, casanova senza freni, che cerca di far innamorare tutte le ragazze che gli capitano a tiro, avventure sui due mesi e niente più, sicuro di far breccia ma sempre lasciato a bocca asciutta: e così, con tutta la debolezza che fa da contraltare alla spudorata esistenza di ogni giorno, si rifugia nei consigli di una invisibile quanto ironica psicologa (il lettino delle confessioni è al centro della scena firmata da Gian Mesturino), o tenta di fare suoi i face time che il primo amore, un’attrice più grande di lui ormai ritiratasi lontano dai palcoscenici, nella tranquilla casa in riva al lago, gli elargisce, pieni di ricordi e di speranze verso il futuro soprattutto, con il grande e materno comandamento di abbracciare in maniera definitiva e seria il teatro. Nel tentativo di rimettere ordine nella sua vita sentimentale e di dar corso ai suoi progetti di lavoro, Luca dovrà anche accorgersi che i sentimenti più autentici gli vengono da un amico del gruppo, che forse per troppo tempo se ne è rimasto zitto.

Decisamente brillante, divertente, infiorettata di dialoghi quasi mai banali, eccellentemente frizzante nelle coreografie e nelle canzoni che tutti prima o poi si ritrovano a cantare, a dimostrazione di quanto siano bravi (non tutti sullo stesso livello, ma le strade sicure sono già parecchie), “Il fidanzato di tutte” va a nozze con il suo interprete principale, Elia Tedesco, ormai faccia di riferimento per Torino Spettacoli, disinvolto quanti altri mai, piacione in perfetta e sfacciata consapevolezza, pronto allo stesso modo a ballare come a mettersi in cache-sex dorato e accappatoio ben aperto, per quello che ora è a tutti gli effetti il suo pubblico. Lui sorride e si inventa facce, ci sa fare, spadroneggia sul palcoscenico, sa costruirsi una comicità immediata, e se c’è un momento di stanca è pronto a riprendere il ritmo.

Elio Rabbione

Comedians made in Torino. Due talenti emergenti, un microfono, mezz’ora ciascuno e una location inedita

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TORINO COMEDY LOUNGE presenta ComEDIT: UNO + UNO Comedians made in Torino”

 

Il nuovo progetto ospitato presso

EDIT Torino

 

Mercoledì 16 febbraio

Piazza Teresa Noce 15/A

Ore 20.30

SOLD OUT

 

Due talenti emergenti, un microfono, mezz’ora ciascuno e una location inedita. Il collettivo Torino Comedy Lounge inaugurerà, mercoledì 16 febbraio 2022, “ComEDIT: UNO + UNO. Comedians made in Torino”, il nuovo progetto ospitato nella suggestiva realtà di Edit Torino, il più grande birrificio artigianale della città.

Gli spazi di piazza Teresa Noce si trasformeranno, così, in un nuovo punto di riferimento per la stand up comedy locale, accogliendo, ogni mese, talenti emergenti della scena sabauda, nell’ambito della quale hanno avuto l’opportunità di formarsi e affinare le proprie capacità.

A impreziosire il primo appuntamento vi saranno, infatti, Giulia Cerruti e Angelo Amaro, due tra i nomi maggiormente noti del panorama comico torinese. Già avvezzi ai palchi più importanti della città (e non solo), Cerruti e Amaro avranno l’onore di alzare il sipario del nuovo format con i loro monologhi taglienti e corrosivi, primi di una serie di ospiti che porteranno in scena il meglio della stand up comedy sabauda.

«In questi cinque anni – commenta Antonio Piazza, fondatore del Torino Comedy Lounge e ideatore di “ComEDIT” – ci siamo dedicati a portare la scena nazionale della stand up comedy a Torino, cercando di creare un “hub della comicità” che fosse di riferimento per l’Italia. Quest’anno, però, abbiamo deciso che è arrivato il momento di valorizzare anche le eccellenze del territorio, perciò siamo molto orgogliosi di presentare il nostro nuovo appuntamento mensile, interamente dedicato ai comedian che si sono formati sul campo (e anche ai nostri open mic) e che porteranno 30 minuti del proprio repertorio migliore presso la bellissima cornice di EDIT Torino.»

Giulia Cerruti, classe 1993, dopo aver frequentato il Corso propedeutico del Teatro Stabile di Genova nel 2015, si è diplomata, due anni dopo, alla Scuola di perfezionamento per attori Shakespeare School di Jurij Ferrini. Nel 2017 ha, inoltre, dato vita, in qualità di organizzatrice, al Festival “L’arte nel pagliaio” della Cascina Duc di Grugliasco, mentre nel 2018 ha fondato la compagnia Crack24 e nel 2021 lo Spazio Cristina.

Angelo Amaro, classe 1989, è diplomato in Sceneggiatura alla Scuola Holden di Alessandro Baricco. Alla carriera di copywriter ha affiancato, nel corso degli anni, la composizione di articoli satirici, sketch comici e cortometraggi. Nel 2020 ha vinto la menzione speciale al Premio Sonego grazie al corto Fuori luogo, ora in fase di produzione.

Informazioni:

Lo show inizierà alle ore 20.30. Ingresso gratuito e uscita a cappello a sostegno delle attività dell’associazione.

Achab e re Lear, nella riscrittura di Orson Welles, intelligenza e grandezza teatrale

Al Carignano “Moby Dick alla prova” nella stagione dello Stabile torinese, per la regia di De Capitani

“Questo spettacolo è l’ultima pura gioia che il teatro mi abbia dato”, confessò – più a se stesso che al pubblico – Orson Welles che da tempo inseguiva quella “magnifica ossessione” di portare in scena il “Moby Dick” di Herman Melville: in una serata di grande successo, era il 16 giugno 1955, un anno prima che John Houston portasse sullo schermo il titolo omonimo, sulle tavole del Duke of York’s Theatre di Londra, poteva dare vita ad un sogno. Un palcoscenico che ogni sera è la cornice del “Re Lear” shakesperiano ma pure il luogo della volontà irruente di un capocomico di provare una riduzione in due atti dell’opera dello scrittore americano, la ritrosia iniziale e i dubbi di alcuni degli attori, le domande sulla fattibilità dell’operazione, l’incanalarsi progressivo dentro uno scritto da testare ma pronto a prendersi una forma concreta e definitiva. La macchina del teatro, il mestiere dell’attore, la scrittura offerta a poco a poco, le luci e le ombre che solcano la distesa più nera che azzurra.

I due testi passo dopo passo si accavallano, l’uno entra nei solchi dell’altro, i passaggi e le contaminazioni continue tra un padre e un uomo di mare gettano dei ponti, l’amore bugiardo e profittatore di Goneril e Regan e quello sincero di Cordelia, il ricordo del fool che si specchia in Pip, l’ostinazione che le tante traversie raddrizzeranno nell’animo di Lear, la tracotanza smoderata e senza fine, senza redenzione di Achab. Una occasione di teatro nel teatro, un lavoro in fieri che si compone e si scompone – alla prova come “I promessi sposi” di Testori o “Il gioco delle parti” mentre irrompono in sala i sei personaggi nel tentativo di farsi rappresentare da una vera compagnia. Un gioco filtrante tra realtà e rappresentazione, tra vita e finzione: lasciando un felicissimo spazio alla mente dello spettatore, all’immaginazione – il mare, il “monstrum”, la nave avvolta dalle onde burrascose del mare grande, grande e definitivo come quello dell’Ulisse dantesco.

Quelle onde le vedi e le tocchi, riempiono il palcoscenico, quelle vele che s’ingrossano e si gonfiano ti trasportano da una parte all’altra dell’oceano, quei suoni (dovuti qui alla maestria e ai tanti strumenti di Mario Arcari, ad essi s’aggiungano i cori con cui gli attori irrobustiscono le parti della vicenda; come non si possono dimenticare le suggestioni che offre la “musicalità” degli oggetti che occupano la scena, ritmicamente intensi, faticosi e affaticati, ostinati segnali di lotta e di odio) ti fanno sentire libero a sovrastare la scena. Sarà una riscrittura, una rappresentazione dei momenti più salienti o che maggiormente interessano Welles, l’incipit di Ismaele (“Chiamatemi Ishmael”), l’incontro con padre Mapple prima di imbarcarsi sulla “Pequod”, la caduta in mare di Pip, l’avvistamento della “Rachele”, l’altra baleniera, necessariamente la lunga sfida del capitano contro l’animale che in un viaggio precedente lo ha privato di una gamba, lo scontro finale, titanico e mortifero, con la balena bianca.

Sopra tutto e sopra tutti, sovrasta imperiosa la figura del capitano Achab, con la sua presunzione, con la propria tracotanza, con la violenza ardita che usa nel confronto degli altri e di se stesso, Nei confronti della natura: e quanto si dimostri attuale il testo lo testimoniano le tragedie che l’uomo ha saputo costruire attorno a sé. Elio De Capitani, riprendendo dopo decenni il testo wellesiano mai più rappresentato e creandone un capolavoro (in special modo nel secondo atto c’è da inchinarsi alla poesia – crudele sì, sanguigna, ma sempre poesia – che invade il palcoscenico del Carignano per questa produzione targata Teatro dell’Elfo e Teatro Stabile Torino – Teatro Nazionale, nella traduzione in versi sciolti di Cristina Viti, in replica sino a domenica 20), ricopre, come già l’autore, quattro ruoli (Achab, Re Lear, padre Mapple e il capocomico), uscendo dall’uno per entrare nell’altro, in una immedesimazione che è uno dei punti più alti dello spettacolo, in un suggestivo alternarsi di parole e di azioni, di rabbia e di sentimenti, di correzioni e di nuovi indirizzi interpretativi. “Continuiamo a generare odiatori, novelli Achab”, sottolinea De Capitani: forse l’area di pace la si può ritrovare nel teatro, sulle tavole di un palcoscenico, “adesso potete tirare chiudere il sipario”.

Con lui, un gruppo d’attori in vero stato di grazia, tutti a ricoprire più ruoli e a farsi all’occorrenza tecnici di scena; tra gli altri Cristina Crippa, Enzo Curcurù, Alessandro Lussiana, Marco Bonadei cui si devono anche le maschere; e Angelo Di Genio che è un accorato Ishmael e soprattutto Giulia Viana, leggera e caparbia e amorevole nel ricoprire il semplice ruolo di giovane attrice come quelli di Cordelia e di Pip. Uno spettacolo da non perdere, da “ricercare” in ogni suo momento, esempio da ricordare a lungo di intelligenza e di grandezza teatrale.

Elio Rabbione

Le immagini dello spettacolo sono di Marcella Foccardi

Annullati i concerti di Baglioni

I concerti che Claudio Baglioni doveva tenere: stasera al Teatro Regio, domani al Palais di
Saint Vincent (Ao) e il 17 al Teatro Alfieri ad Asti, sono stati annullati a causa di una
laringite che ha colpito l’artista. I concerti verranno posticipati a data da destinarsi . Nei
prossimi giorni si sapranno le nuove date.
Pier Luigi Fuggetta

Rock Jazz e dintorni Raf & Umberto Tozzi e Seeyousound

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GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA 

Lunedì. Al Teatro Colosseo secondo concerto consecutivo per Raf & Umberto Tozzi.

Martedì. Al Jazz Club suona la The Bright Humansband.

Mercoledì. Al Capolinea 8 si esibisce l’Homelanders Trio. Al Jazz Club è di scena la Big Harp Blues Night Jam con ospite Roberto Zorzi.

Giovedì. Al Cafè Neruda suona il chitarrista Matteo Salvadori.Al Jazz Club si esibisce il trio Greselin- Defilippi-Bradascio. All’Hiroshima Mon Amour è di scena il cantautore Giancane.

Venerdì. Al Capolinea 8 suona il quartetto Train Power Blues.Allo Ziggy sono di scena i Bone Rattler. Al cinema Massimo si inaugura Seeyousound con la proiezione del film di Stephen Kijak “Shoplifters of The World” sulla fine degli Smiths,preceduto dalla sonorizzazione del cortometraggio “Suf” di Titus Meszaros a cura della compositrice Ginevra Nervi. Al Cafè Neruda suona il trio Gurrisi-Piccirilo-Fasano. Al Folk Club si esibisce Peppe Voltarelli.

Sabato. Al Jazz Club suona il trio del pianista Davide Cabiddu. Al Cafè Neruda sono di scena gli Ecgi  Soul Gang. Per il programma di Seeyousound due film di Stephen Kijak : “Stones in Exile” e “Sid &Judy”. Al Capolinea 8 suona il quartetto di Lorenzo Minguzzi mentre allo Ziggy si esibiscono i Fratelli Lambretta. Al Blah Blah sono di scena Battilastra e Ozora.

Domenica. Al Jazz Club suona il quartetto del trombettista Mauro Brunini con il chitarrista Max Gallo. Per Seeyousound proiezione de “L’Inferno” con musica di Enrico Gabrielli e anche “A-Ha:The Movie” del regista Thomas Robsahm.

Pier Luigi Fuggetta

LA BOHÈME Il Teatro Regio inaugura  con la sua opera simbolo

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Inaugurazione della Stagione d’Opera e di Balletto 2022
Teatro Regio, sabato 12 febbraio 2022 ore 20

L’inaugurazione della Stagione d’Opera e di Balletto 2022 del Teatro Regio è sabato 12 febbraio alle ore 20 e non poteva che essere con La bohème di Giacomo Puccini, l’opera che proprio al Regio andò in scena in prima assoluta il 1° febbraio 1896. Una scelta doppiamente simbolica, dato che questo nuovo allestimento riprende i disegni originali della prima assoluta e che la stessa produzione venne cancellata a pochi giorni dalla messa in scena nel marzo 2020, quando ci fu il primo lockdown.
La bohème. Immagine di Marzia Caruso | Accademia Albertina di Belle Arti di Torino
Il Teatro Regio dunque riapre e accoglie finalmente il pubblico in sala, grazie alla conclusione della prima e più importante tranche dei lavori di adeguamento e rinnovamento dell’impianto scenico del Teatro, lavori che si collocano all’interno del finanziamento di 8,5 milioni di euro messo a disposizione dal Ministero della Cultura, e che porteranno il Regio, nato nel 1740 e uno dei teatri più antichi d’Europa, a essere uno dei più tecnologici del mondo. I lavori sulla meccanica di scena superiore del palcoscenico del Regio in numeri: 27.000 ore di lavoro per la progettazione, la costruzione e l’installazione dei nuovi impianti; 21 km di funi in acciaio per i tiri di scena; aumento dell’80% delle prestazioni delle nuove macchine, dotate di una forza motrice di 0,7 Mega Watt; 22,5 tonnellate è il peso delle scenografie che si potranno appendere contemporaneamente; 75 tonnellate di vecchi impianti rimossi. La seconda tranche di lavori sarà da giugno a settembre 2022 e prevede interventi sulla meccanica di scena inferiore del palcoscenico del Regio e la ristrutturazione degli impianti e delle luci di scena e di sala del Piccolo Regio Puccini.

Guido Mulè, Direttore generale, afferma: «Desidero anzitutto ringraziare Intesa Sanpaolo che, come da tradizione, si riconferma nostro partner per il titolo inaugurale, proseguendo il proprio impegno con il Regio nel segno di una lunga collaborazione che vede la Banca accanto al Teatro nella realizzazione delle sue produzioni; e Italgas, che ha scelto di sostenere questo titolo fin dall’inizio nel 2020. Queste partnership assumono un significato particolare, soprattutto in un momento in cui la cultura è ingrediente fondamentale del processo di ripartenza. Senso di gratitudine anche per gli Amici del Regio, che sono costantemente al nostro fianco. E infine, grazie alla Città di Torino che ha concesso il patrocinio per la Stagione 2022».

Sebastian F. Schwarz, Direttore artistico, dichiara: «È una vera emozione vedere La bohème tornare in scena e attendo con trepidazione il momento in cui il sipario si aprirà e sentiremo gli applausi calorosi del pubblico. Abbiamo atteso due anni e ora finalmente il nostro lavoro avrà il tanto desiderato compimento: la curiosità e la soddisfazione di gustare dal vivo la messa in scena che realizza l’originale di 126 anni fa».

«La riapertura del Regio, così attesa, sia di buon auspicio per il rilancio di Torino. Intesa Sanpaolo non poteva mancare questo appuntamento, che è allo stesso tempo un traguardo e una ripartenza per la vita culturale della Città. Sono i giovani i protagonisti di questa rinascita e La bohème del Regio lo conferma. Non si è mai interrotto il sostegno di Intesa Sanpaolo alla musica classica e lirica, perché la cultura è un elemento organico per la Banca, come lo è per l’Italia», commenta Fabrizio Paschina, Executive Director Comunicazione & Immagine Intesa Sanpaolo.

«Italgas e il Teatro Regio di Torino rappresentano i termini di un binomio che si consolida all’insegna dell’identità e della cultura della Città. Siamo lieti che questa collaborazione prosegua sempre più salda, e che quest’anno ci permetta di sostenere la produzione di un’opera apprezzata in tutto il mondo; un capolavoro che torna nello stesso Teatro in cui nel 1896 fu rappresentato per la prima volta».

«Gli Amici del Regio, vogliono essere un supporto continuo alle attività e alle necessità del Teatro; infatti il nostro ultimo intervento è una concreta risposta alle esigenze dei professori d’orchestra, ai quali doniamo 102 sedie ergonomiche che verranno inaugurate in occasione de La bohème. Una nuova dotazione che contribuirà al benessere dei musicisti e che diventerà un segno tangibile del forte legame nato con il Regio 10 anni fa».

Da sabato 12 febbraio, per 10 recite, potremo finalmente vedere – per la prima volta dal vivo – La bohème nel nuovo allestimento realizzato dal Teatro Regio, che unisce la regia, firmata da Paolo Gavazzeni e Piero Maranghi, a scene e costumi ripresi dai bozzetti e dai figurini originali di Adolf Hohenstein, disegnati per la prima assoluta torinese del 1896 e custoditi dall’Archivio Storico Ricordi di Milano. Le prove di questo nuova produzione si interruppero nel marzo 2020, quando la pandemia ci costrinse al lockdown; l’opera venne quindi presentata in video nel gennaio 2021, quando venne trasmessa da Classica-Hd, e in streaming sul sito web del Regio. Il maestro Pier Giorgio Morandi dirige l’Orchestra, il Coro e il Coro di voci bianche del Teatro Regio. Nel cast voci fresche, adattissime al ruolo, come quelle di Maritina Tampakopoulos (Mimì), Valentin Dytiuk (Rodolfo), Valentina Mastrangelo (Musetta) e Biagio Pizzuti (Marcello). Completano il cast: Jan Antem (Schaunard), Riccardo Fassi (Colline) e Matteo Peirone (Benoît e Alcindoro). Curatrice delle scene è Leila Fteita, curatrice dei costumi è Nicoletta Ceccolini, pittore scenografo Rinaldo Rinaldi.

Nel corso delle dieci rappresentazioni, dal 12 al 27 febbraio si alterneranno nei ruoli principali Francesca Sassu (Mimì), Matteo Lippi (Rodolfo), Cristin Arsenova (Musetta), Ilya Kutyukhin (Marcello), Vincenzo Nizzardo (Schaunard), Bozhidar Bozhkilov (Colline), Sabino Gaita / Alejandro Escobar (Parpignol), Desaret Lika / Riccardo Mattiotto (Sergente dei doganieri), Marco Tognozzi / Marco Sportelli (un doganiere). Il maestro Giulio Laguzzi, sostituirà sul podio il M° Morandi, mercoledì 23 e venerdì 25 febbraio. I Cori sono istruiti rispettivamente dal maestro Andrea Secchi e dal maestro Claudio Fenoglio.

Pier Giorgio Morandi, torna a dirigere le compagini artistiche del Regio dopo la sua prova in Madama Butterfly al Regio Opera Festival. Morandi ha al suo attivo un vastissimo repertorio operistico ed è regolarmente direttore ospite nei più importanti teatri italiani e internazionali; apprezzato interprete anche del repertorio sinfonico, ha al suo attivo numerose registrazioni con la Sony.

Maritina Tampakopoulos ha preso parte al programma Artist Diploma in Opera Studies della Juilliard School di New York. Laureata con lode in Musica nel 2014 al Conservatorio Nazionale Greco, si è perfezionata a Vienna con Glenys Linos e James Pearson alla Wiener Staatsoper, ha ottenuto diversi premi internazionali e ha debuttato nell’estate 2021 al Macerata Opera Festival nella produzione di Aida; tra i prossimi impegni: Hélène in Les Vêpres siciliennes (Teatro Massimo di Palermo), debutto nel ruolo di Elisabetta di Valois in Don Carlo (Breslavia) e Aida (Opera Nazionale di Praga). Artista principale all’Opera Nazionale dell’Ucraina, Valentín Dytiuk si è diplomato all’Accademia Musicale Nazionale Čajkovskij a Kiev per poi specializzarsi all’Accademia di Kiev con Marina Shaguch, Massimiliano Bullo e Raimundas Banionis. Ha già calcato i principali palcoscenici italiani e internazionali, misurandosi con importanti ruoli: Rodolfo ne La bohème (Teatro Verdi di Salerno) e Pinkerton in Madama Butterfly (Teatro Filarmonico di Verona), Vaudemont in Iolanta di Čajkovskij (Palau de les Arts di Valencia), Riccardo/Gustavo in Un ballo in maschera (Opera di Tel Aviv). Valentina Mastrangelo ha conseguito il diploma di canto con lode presso il Conservatorio Martucci di Salerno, per poi perfezionarsi con Mariella Devia. Nel 2013 ha frequentato l’Accademia Rossiniana di Pesaro ed è stata scelta per debuttare il ruolo di Madama Cortese ne Il viaggio a Reims al ROF. Numerose le affermazioni in prestigiosi concorsi internazionali: è stata vincitrice del ruolo di Donna Anna nel Don Giovanni al Concorso AsLiCo.; inoltre ha vinto il Primo Premio al 5° Concorso Internazionale Anita Cerquetti 2015, il Premio Miglior voce italiana al Concorso internazionale di Portofino 2015, e al XXI concorso internazionale Spazio Musica di Orvieto ha vinto il ruolo di Musetta ne La bohémeBiagio Pizzuti si sta rapidamente affermando come una delle voci italiane di baritono più importanti e richieste. Diplomatosi con il massimo dei voti, si è specializzato con Aldo Ciccolini, Walter Alberti, Renato Bruson e Cinzia Forte. Recentemente ha preso parte alla produzione di Damiano Michieletto Il viaggio a Reims ad Amsterdam con la direzione di Stefano Montanari, e ha cantato nel ruolo di Schaunard ne La bohème al Teatro di San Carlo di Napoli.

La bohème – Quadro II. Bozzetto di Adolf Hohenstein per la prima assoluta al Teatro Regio
di Torino, custodito dall’Archivio Storico Ricordi di Milano
«Bohème non lascia grande impressione sull’animo degli auditori, non lascerà grande traccia nella storia del nostro teatro lirico». Così scriveva Carlo Bersezio sulle pagine de La Stampa il giorno successivo al 1° febbraio 1896, quando al Teatro Regio di Torino, con un ventinovenne Arturo Toscanini alla guida dell’Orchestra, andò in scena per la prima volta il titolo che avrebbe segnato per sempre la carriera del suo autore e la storia della musica: La bohème di Giacomo Puccini. Nonostante la diffidenza della critica musicale dell’epoca, fu il pubblico a decretare l’inizio di un successo che ancora oggi non accenna a diminuire e vede il titolo comparire regolarmente nella top five di quelli più rappresentati al mondo.

Gli ingredienti che lo hanno reso tanto amato, oltre al genio musicale di Puccini, sono la vividezza dei protagonisti, artisti e studenti bohémien nella Parigi del 1830, e la loro “vita gaia e terribile” descritta da Henri Murger nel suo celebre romanzo. Così è anche nei quadri dipinti dalla penna di Puccini e dai versi di Giacosa e Illica, in cui la crudezza della povertà e della malattia si intrecciano con la freschezza e l’ironia della gioventù; età spensierata in cui la fine di Mimì segna uno struggente addio. A distanza di più di un secolo, non sono soltanto musica e libretto, ma anche la celebre locandina, le scene e i bozzetti di ispirazione liberty realizzati dal cartellonista e scenografo Adolf Hohenstein per la prima del 1896, attualmente custoditi dall’Archivio Storico Ricordi, a essere entrati nell’immaginario collettivo del pubblico di tutto il mondo. Il nuovo allestimento che andrà in scena al Regio, firmato dalla coppia Gavazzeni – Maranghi, è interamente ispirato all’originale scaturito dalla matita di Hohenstein; occasione imperdibile per rivivere Bohème come la vide Puccini.

Si ringrazia il Verde Pubblico – Città di Torino che cura l’allestimento floreale dei foyer e della Galleria Tamagno del Regio in occasione de La bohème.

Con la Stagione 2022 riprendono anche le Conferenze del Regio: incontri con l’opera e il balletto per approfondire i titoli della Stagione. Perché ci emoziona una melodia? Che cosa ci vuol dire il compositore con quella musica? Che si sappia tutto o che si sappia poco, l’opera e il balletto sono come i grandi classici della letteratura: c’è sempre qualcosa da scoprire. Una volta guidati dalle mani esperte di giornalisti e musicologi, ed entrati in contatto con gli artisti e gli artefici degli spettacoli, andare a teatro non sarà più la stessa cosa: ci piacerà (ancora) di più. Mercoledì 9 febbraio alle ore 17.30 presso la Sala del Caminetto del Regio, il giornalista Oreste Bossini terrà la conferenza su La bohème dal titolo “Il castoro e la zimarra: la nouvelle vague di Puccini”. L’ingresso è gratuito, ma per accedere è necessario registrarsi acquisendo i biglietti sul sito del Regio.

IMPORTANTE: si ricorda che l’ingresso ai luoghi di spettacolo è consentito esclusivamente alle persone munite della certificazione verde Green Pass rafforzato che attesti la vaccinazione anti Covid-19 o la guarigione da Covid-19, e che è obbligatorio indossare la mascherina FFP2 (o di classe di protezione superiore), anche durante lo spettacolo; non è consentito l’uso di mascherine chirurgiche o di comunità.

Biglietti e card in vendita alla Biglietteria del Teatro Regio, piazza Castello 215 – Tel. 011.8815.241/242 e nei punti vendita Vivaticket, on line su www.teatroregio.torino.it. Prezzi dei biglietti: recita del 12 febbraio € 160 – 125 – 105 – 80 – 55; recita del 25 febbraio € 60 – 55 – 50 – 45 – 30; tutte le altre recite € 90 – 80 – 70 – 65 – 30. Biglietti ridotti del 20% per gli under 30 e del 10% per i gruppi di almeno 20 persone (esclusa la recita del 25 febbraio) e per gli Abbonati alla Stagione 2022. Le card danno diritto a scegliere un posto in qualsiasi settore e possono anche essere utilizzate da più persone per lo stesso spettacolo (a esclusione recita del 12 febbraio). Per l’acquisto dei biglietti e delle card è possibile utilizzare i voucher ottenuti a titolo di rimborso per gli spettacoli e i concerti della Stagione 19-20 e annullati causa Covid-19.

Per il pubblico delle scuole sono previsti biglietti ridotti e attività dedicate. Per informazioni e prenotazioni: scuolallopera@teatroregio.torino.it.

La Biglietteria osserva i seguenti orari: da lunedì a sabato 13-18.30; domenica 10-14; e un’ora prima degli spettacoli. Si accettano solo pagamenti con carte, bancomat e Satispay, non sono consentiti pagamenti in contanti.

Servizio informazioni: da lunedì a venerdì ore 9-17.30 – Tel. 011.8815.557 – info@teatroregio.torino.it.

Per tutte le informazioni su La bohèmeclicca qui.

Torino, 1 febbraio 2022

LA BOHÈME
Opera in quattro quadri
Libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica
dal romanzo Scènes de la vie de Bohème di Henri Murger
Musica di Giacomo PucciniPersonaggi e interpreti
Mimì soprano Maritina Tampakopoulos / Francesca Sassu*
Rodolfo, poeta tenore Valentin Dytiuk / Matteo Lippi*
Musetta soprano Valentina Mastrangelo / Cristin Arsenova*
Marcello, pittore baritono Biagio Pizzuti Ilya Kutyukhin*
Schaunard, musicista baritono Jan Antem / Vincenzo Nizzardo*
Colline, filosofo basso Riccardo Fassi / Bozhidar Bozhkilov*
Benoît, padrone di casa e Alcindoro, consigliere di stato basso Matteo Peirone
Parpignol, venditore ambulante tenore Sabino Gaita / Alejandro Escobar
Sergente dei doganieri basso Desaret Lika / Riccardo Mattiotto
Un doganiere baritono Marco Tognozzi / Marco SportelliDirettore d’orchestra: Pier Giorgio Morandi / Giulio Laguzzi (23, 25)
Regia di Paolo Gavazzeni e Piero Maranghi
Curatrice delle scene: Leila Fteita
Curatrice dei costumi: Nicoletta Ceccolini
Bozzetti per la prima assoluta al Regio custoditi dall’Archivio Storico Ricordi: Adolf Hohenstein
Pittore scenografo: Rinaldo Rinaldi
Maestro del coro di voci bianche: Claudio Fenoglio
Maestro del coro: Andrea Secchi

ORCHESTRA, CORO E CORO DI VOCI BIANCHE TEATRO REGIO TORINO
Nuovo allestimento Teatro Regio Torino

Teatro Regio
Sabato 12 Febbraio 2022 ore 20
Domenica 13 Febbraio 2022* ore 15
Martedì 15 Febbraio 2022  ore 20
Venerdì 18 Febbraio 2022  ore 20
Sabato 19 Febbraio 2022* ore 20
Domenica 20 Febbraio 2022  ore 15
Mercoledì 23 Febbraio 2022* ore 20
Venerdì 25 Febbraio 2022* ore 15
Sabato 26 Febbraio 2022  ore 20
Domenica 27 Febbraio 2022* ore 15

Sfumature di donne di scienza, il nuovo spettacolo teatrale di Sara D’Amario

Giornata Internazionale delle Donne e delle Ragazze di Scienza

 

SFUMATURE DI DONNE DI SCIENZA

di e con

SARA D’AMARIO

regia, musiche dal vivo e mise en scène

FRANCOIS-XAVIER FRANTZ

 

11 febbraio 2022

ingresso 20.45, spettacolo 21.30

Infini.to – Planetario di Torino

Pino Torinese, Via Osservatorio 30

 

Una storia di donne geniali nel firmamento della storia. Si presenta così Sfumature di Donne di Scienza, il nuovo spettacolo teatrale di Sara D’Amario, anche protagonista, con regia e musiche dal vivo di François-Xavier Frantz, in scena l’11 febbraio alle 21.30 a Infini.to – Planetario Torino a Pino Torinese: una versione inedita, unica, concepita appositamente per il Planetario, per far interagire l’attrice con l’universo…

 

La trama

Lo spettacolo metterà in luce l’attività e la personalità di venti scienziate vissute dal IV secolo a.C. a oggi e attraverso i secoli racconterà la storia delle pioniere nella matematica, nell’astronomia, nella fisica e nell’informatica. Si arriverà così per esempio a Hollywood, con l’attrice e inventrice Hedy Lamarr; a Monte Palomar con l’astronoma Vera Rubin; si scopriranno i segreti delle prime alchimiste-streghe per arrivare ai misteri delle studiose degli affascinanti universi dell’infinitamente piccolo, dall’atomo al Dna.

Sfumature di Donne di Scienza parlerà di donne che hanno saputo imporsi in mondi che troppo spesso le hanno relegate in ruoli da comprimarie; nel passato alcune di loro hanno perfino dovuto cambiare nome e travestirsi da uomo per lavorare e dimostrare il loro valore. Lo spettacolo sarà pertanto un tributo a figure femminili che, anche grazie ai loro papà, alle loro mamme, e a mariti, amanti, colleghi e insegnanti hanno saputo dimostrare valore e tenacia, al di là del loro sesso.

 

Dichiarazione degli autori François-Xavier Frantz & Sara D’Amario

«Sarà un esperimento fantastico abbinare l’immensità delle menti di queste donne d’eccezione, all’infinità dello spazio interstellare che offre un luogo straordinario come la Cupola del Planetario di Settimo Torinese. Abbiamo scelto di non proiettare i volti reali delle donne di cui raccontiamo le peripezie e le scoperte, perché desideriamo che ognuno, ogni donna, giovane, adulta o bambina, possa immaginare se stessa, all’interno di un percorso valorizzante; e che ogni uomo abbia la possibilità di visualizzare donne che conosce o che potrebbe incontrare.

François-Xavier Frantz ha realizzato i ritratti a matita delle scienziate trasformandoli in costellazioni in avvicinamento; Sara D’Amario darà voce e corpo a ognuna di esse in un dialogo divertente tra universo, “artigianato della ricerca” e genialità. Come in una “biblioteca mentale” o in una galleria scintillante, i loro ritratti veleggeranno sopra le nostre teste alla stregua di “star” eteree, affascinanti, fonte infinita di ispirazione».

Sfumature di Donne di Scienza è una produzione dell’Associazione Culturale Ancóra e Constellation Factory con il sostegno e il patrocinio del Comune di Moncalieri, assessorato alla Cultura e alle Pari Opportunità.

 

La messa in scena

L’intelligenza ha un sesso? È da questa semplice domanda, che lo spettacolo sviluppa un viaggio nel tempo alla scoperta di donne che, contro ogni pregiudizio temporale e intellettuale, hanno dato un contributo alla ricerca e alle scoperte dell’umanità. Su questa traccia, la narrazione si svilupperà con umorismo ed energia in un “One-Woman Show” colto e ironico, destinato a un pubblico eterogeneo per formazione ed età.

La rappresentazione si svilupperà con elementi scenici essenziali: rapidi cambi di costume, dialettica divertente e contemporanea, contenuti curiosi, ricchi d’informazioni che rievocheranno sodalizi intellettuali e, perché no, amori e tradimenti.

Parte integrante di Sfumature di Donne di Scienza saranno le originali e avvolgenti scenografie luminose concepite e disegnate dal regista François-Xavier Frantz con la collaborazione tecnica di Marco Brusa. Volti stilizzati delle protagoniste saranno proiettati nella cupola del Planetario e rappresenteranno immaginarie costellazioni della volta celeste: un poetico trionfo della luce e dell’intelligenza, vista come celebrazione di un sogno, inno alla passione capace di sconfiggere l’oscurità del pregiudizio.

 

Critica e obiettivi

Il messaggio principale di cui Sfumature di Donne di Scienza si fa promotore riguarda il pregiudizio che spesso, ancora oggi, etichetta le ragazze come poco dotate o poco interessate a materie scientifiche come la matematica, la fisica, la chimica.

A rivelarlo sono gli studi delle fonti bibliografiche, ma anche le numerose conversazioni con studenti (dalla scuola primaria alla secondaria di secondo grado) che hanno rivelato come questa falsa premessa sia ancora molto radicata, a volte anche nelle convinzioni delle bambine e delle ragazze stesse.

Con questo obiettivo, François-Xavier Frantz e Sara D’Amario hanno voluto evidenziare la necessità e la possibilità di liberarsi da una forma mentale, sbagliata e penalizzante, che non ha natura biologica, ma storica, sociale e culturale. Ed è per questo che lo spettacolo si propone di offrire un momento di arricchimento e condivisione tra generazioni, stimolando ciascuno di noi a riflettere sulla figura della donna nella scienza senza in alcun modo polemizzare nei confronti degli uomini, ma facendosi ambasciatore di un messaggio più ampio e positivo. Perché la differenza tra donne e uomini va vissuta come un valore, non come motivo di scontro, di paura e di rivalità.

Solfrizzi come Ardante nel “Malato” di Molière La rivolta dell’individuo nei “Canti di Maldoror” messi in scena dai Marcido Marcidorjs

Spettacoli nelle sale teatrali torinesi

 

Siamo nella seconda metà del XVII secolo ma tutta la nevrosi che circola tra le pagine del “Malato immaginario” di Molière rimanda al secolo che abbiamo da poco lasciato, a quel Novecento che ha inventato – e vissuto – nuovi meccanismi drammaturgici, che ha prosciugato la scrittura e le azioni, che ha parlato più di altri di solitudine, di alienazione, di fuga dalla realtà. Quadro perfetto dell’ipocondriaco, il protagonista Argante, dice Guglielmo Ferro – regista di questa edizione prodotta dalla Compagnia Molière e La Contrada, Teatro Stabile di Trieste in collaborazione con il romano Teatro Quirino Vittorio Gassman in occasione dei quattrocento anni dalla morte del grande autore francese, in scena all’Alfieri da stasera sino a domenica 10 febbraio per la stagione di Torino Spettacoli – “ha più paura di vivere che di morire, e il suo rifugiarsi nella malattia non è nient’altro che una fuga dai problemi, dalle prove che un’esistenza ti mette davanti”. Quando i tempi di Freud erano ancora ben lontani, l’uomo Argante, cercando rifugio da ogni sua debolezza, si pone al riparo – all’interno della malattia, con l’aiuto cercato e la distruzione al tempo stesso dello stuolo di medici dai nomi e dalle virtù più assurdi – di quanto lo circonda, della vita di ogni giorno, di chi abita nella sua casa, delle vicende che come mostri gli piovono addosso. Non è certo una errata questione di anagrafe, non è questione di abbinare con troppa semplicità la malattia alla vecchiaia. È la rappresentazione della vita di mezzo, con le sue paure e le sue debolezze. Molière rappresenta quest’ultima sua opera quando da poco meno di un mese ha compiuto i 51 anni e Emilio Solfrizi, interprete oggi di Argante (dopo i vari Buazzelli, un grande Romolo Valli immerso nell’interno vermeeriano di Pier Luigi Pizzi, Bonacelli, Franco Parenti e Alberto Sordi sullo schermo), sta per raggiungere il mezzo secolo e si pone bene in linea con l’età, restituendo al “Malato” quell’aspetto che a volte è stato dimenticato. Oltre a rendere, con il cinismo e il disincanto con cui l’autore guarda alla sua epoca, il grande divertimento che sta nelle sue pagine e nei personaggi.

Le scene e i costumi sono firmati da Santuzza Calì e le musiche di Massimiliano Pace. Con Solfrizzi, Lisa Galantini, Antonella Piccolo, Sergio Basile, Viviana Altieri, Cristiano Dessì, Pietro Casella, Cecilia d’Amico e Rosario Coppolino.

Il resto, nella storia del teatro, prende i tratti della tragedia. Il 17 febbraio 1673, giunto alla quarta rappresentazione, Molière, seduto nella sua poltrona, sul palcoscenico del Palais-Royal, si sentì male e venne trasportato a casa, dove nella notte spirò. Una leggenda, cresciuta negli anni, raccontava del grande drammaturgo morto in palcoscenico sì, ma dalle sonore risate nel tentativo di recitare al pubblico le battute che lui aveva scritto.

 

La stagione dei Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa continua dall’11 al 13 febbraio, alle ore 20,45, al teatro Marcidofilm di corso Brescia 4bis (info.marcido@gmail.com/www.marcido.it) con il secondo appuntamento, la riprogrammazione di due allestimenti che non sono potuti andare in scena nelle scorse stagioni, a causa della chiusura dei teatri per l’emergenza sanitaria. Un primo tempo dedicato a “Vecchio oceano” da “I canti di Maldoror” di Lautréamont (pubblicati in Belgio nel 1869), interprete Paolo Oricco (nella foto), scenario di Daniela Dal Cin, con la direzione di Marco Isidori. Scrive quest’ultimo negli appunti di regia: “Il primo dei “Canti di Maldoror”ci permette (dopo un drastico adattamento drammaturgico) di sondare quel territorio che coi suoi incerti confini è patria dello sbilanciamento dell’uomo dal consueto asse di animale sociale, per metterne a nudo, sotto l’abito di una normalità relazionale, il sempre costante, decisivo empito verso quella dimensione “extra” dalla quale, paradossalmente ma realmente, esso uomo ricava la propria patente di umanità. L’interpretazione “infuocata” di Paolo Oricco riesce con sapienza attoriale a sciogliere in “comunicazione” ogni nodo di un dettato poetico complesso per stratificazione metaforica e spessore concettuale, trasformando, anzi “formando” con esso testo un momento di grande, emozionante teatro”. Sulla scena un’opera in prosa cara al surrealismo, l’uomo dell’Ottocento attraversato da mille tormenti, la sua ribellione al Creatore, l’uccisione dello stesso Dio nella speranza di una serenità che al contrario non può ritornare.

La seconda parte della serata vede la messinscena di “Hansel e Gretel” dai Fratelli Grimm (siete avvertiti, “alla Marcido”), con Ottavia Della Porta (narratrice), Paolo Oricco (Hansel), Valentina Battistone (Gretel), Maria Luisa Abate (la matrigna e la strega) e Alessio Arbustini (il padre). Una favola che può essere letta in modo cruento ma pure rassicurante: come spiega Pierre Laforgue, “…la strega, che esiste nei fantasmi del bambino angosciato, lo perseguiterà e gli farà paura. Una strega che egli può spingere in un forno e bruciare vive è più rassicurante: il bambino sa che è capace di sbarazzarsene. I piccoli hanno bisogno di sentire delle storie dove dei bambini, grazie alla loro ingegnosità, si sbarazzano di questi personaggi persecutori”.

 

Elio Rabbione

Premiato a Piacenza il trombettista torinese Mecca

La finale al Milestone ha decretato i due vincitori

 

Il flautista Di Caterino miglior solista alla finale del “Bettinardi”

 

Nella prima finale Solisti premiati anche il trombettista Cesare Mecca e il saxofonista Pietro Mirabassi

 

Il vincitore della categoria Solisti del Concorso Nazionale “Chicco Bettinardi” per giovani talenti del Jazz italiano è il flautista Aldo Davide Di Caterino della provincia barese (24 anni), al secondo posto il saxofonista Pietro Mirabassi, di Perugia (coetaneo 24enne). Il premio del pubblico è andato invece al trombettista Cesare Mecca (25 anni), originario della provincia di Torino. La prima delle finali per questa edizione 2022 del Concorso, la diciannovesima, ha visto confrontarsi i cinque solisti selezionati sulla base del materiale audio inviato al momento dell’iscrizione. Le altre sezioni, quelle relative ai gruppi e ai cantanti si svolgeranno i prossimi sabati e, più precisamente, 12 e 19 febbraio sempre alle ore 21.30 presso il Milestone Live Club di via Emilia Parmense 27. A organizzare il Concorso è il Piacenza Jazz Club, con il sostegno determinante della Fondazione di Piacenza e Vigevano, il supporto di Yamaha Music Europe GmbH – Branch Italy e, da quest’anno, del Comune di Piacenza.

 

I nomi dei due primi classificati, Di Caterino e Mirabassi, sono stati annunciati sabato sera dal presidente del Piacenza Jazz Club Gianni Azzali al termine di una finale con esecuzioni di grande livello tecnico e di grande sensibilità musicale, come avviene sempre più spesso con questi giovanissimi talenti del jazz italiano. Ad apprezzarne le capacità vi era una Giuria di musicisti ed esperti del settore, presieduta dal maestro Giuseppe Parmigiani, saxofonista, compositore ed arrangiatore. Insieme a lui tre musicisti di grande esperienza che hanno accompagnato i finalisti nel corso delle loro esibizioni: Roberto Cipelli al pianoforte, Attilio Zanchi al contrabbasso e Massimo Manzi alla batteria. Gli altri componenti erano Fabio Bianchi del quotidiano “Libertà”, il critico musicale della rivista “Musica Jazz” Giancarlo Spezia e Giuseppe “Jody” Borea, esperto di musica afroamericana e docente della Milestone School of Music.

 

Al primo classificato è andato un assegno del valore di 1.200,00 euro più un ingaggio nel cartellone del Piacenza Jazz Fest 2023, al secondo un assegno di 600,00 euro.

Nel corso della finale è stato assegnato inoltre un premio ambito seppur simbolico: il Premio del Pubblico, sulla base dei voti degli spettatori presenti, che ha scelto la tromba di Cesare Mecca.
Le performance dei finalisti saranno visibili tra alcuni giorni sul canale YouTube del Piacenza Jazz Club.

L’organizzazione si complimenta con tutti i finalisti per l’alto livello di preparazione dimostrato.

 

L’appuntamento è per sabato prossimo alle ore 21.30 per la finale della Sezione Gruppi.