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Il bullismo non è un gioco da ragazzi. L’impegno della Regione

“Il bullismo non è un gioco da ragazzi, troppo spesso si è sottovalutata la gravità del bullismo, o perché affiora in luoghi a torto ritenuti al riparo da certi comportamenti, oppure perché si è tentati di confondere tali atteggiamenti con la casistica di scherzi e derisioni che fanno parte della memoria scolastica di ciascuno”.

Con queste parole, il presidente Stefano Allasia ha aperto la seduta pomeridiana di ieri del Consiglio regionale. A prevedere un momento dedicato in aula al tema del bullismo la stessa legge regionale del 2018 “”Disposizioni in materia di prevenzione e contrasto dei fenomeni del bullismo e del cyberbullismo”. “Il bullismo è violenza cerebrale, è libertà senza obblighi e doveri, è isolamento. In quest’ottica – ha concluso Allasia –  la scuola e in generale il mondo degli adulti, deve svolgere un ruolo di cerniera.  La qualità della vita di una città, di un paese, si misura in grande parte sulla normalità della vita quotidiana dei cittadini, quindi su quei piccoli gesti e conflitti che, apparentemente insignificanti, possono in realtà essere fattori determinanti per la crescita di una persona”.

Secondo i dati citati in aula dal presidente Allasia, elaborati dall”Osservatorio (in)difesa” del ministero dell’istruzione,  su 6.000 adolescenti, dai 13 ai 23 anni,  emerso che il 68% di loro ha  assistito ad episodi di bullismo, o cyberbullismo, mentre ne è vittima il 61%. La violenza psicologica è quella più diffusa da parte di coetanei (42,23%) e in particolare il 44,57% delle ragazze ha segnalato il forte disagio procurato dal ricevere online commenti non graditi di carattere sessuale”.

Alle parole del presidente del Consiglio sono seguite quelle dell’assessore all’Istruzione Elena Chiorino – “”Bullismo e cyberbullismo sono violenze che vanno contrastate con fermezza per ripristinare la cultura del rispetto in classe: senza di esso non può esistere nessun sistema scolastico degno di questo nome. Il dilagare di entrambe i fenomeni rappresenta la fotografia di una deriva della desertificazione valoriale che non distingue più la differenza tra forza e violenza. Bisogna restituire forza ai nostri valori cercando di abbandonare il concetto di una società che avanza diritti e rimanda agli altri i doveri. Dal 2020 a oggi oltre 350 mila euro sono stati investiti in centinaia di progetti rivolti sia agli studenti che ai docenti delle scuole piemontesi. Tra le varie sfide legate al mondo della scuola – ha concluso Chiorino – vi è anche quella di restituire autorevolezza ai docenti”.

Al dibattito hanno preso parte anche il consigliere Domenico Rossi (Pd) che ha ribadito come non sia solo una questione di educazione etica, ma di un cambiamento che riguarda la relazione tra pari e tra generazioni diverse. Francesca Frediani (M40.UP) ha suggerito di tornare ad aprire le porte di Palazzo Lascaris ai giovani per entrare nel loro mondo e farli sentire ascoltati, capiti e restituire loro una prospettiva. Per Andrea Cane (Lega) “siamo tenuti a rispondere ai segnali d’allarme, come adulti e come eletti,  e atrattare il bullismo con un problema di salute pubblica. Secondo Mario Giaccone (lista Monviso) il 7 febbraio non è semplice ricorrenza ma giornata di impegno educativo, una presa di coscienza di tutti gli attori in campo. Riccardo Lanzo (Lega) rivolge un appello alle piattaforme social che devono fare la loro parte in termini di tutela e segnalazioni. Per Ivano Martinetti (M5S) “non è accettabile che ragazzi arrivino a perdere la vita, come adulti e rappresentanti delle istituzioni abbiamo il dovere di proteggerli e metterli in guardia”.  Giorgio Bertola (M4o.UP) ricorda Carolina Picchio che nel 2013 ha scelto di togliersi la vota per sottrarsi ai continui episodi di bullismo e invita a non adagiarsi sul fatto che esista una legge nazionale e regionale. Per Paolo Bongioanni (FDI) “la pandemia ha azzerato socialità accrescendo il ricorso ai social, serve che nella scuola i ragazzi possano trovare personale a cui segnalare  eventuali episodi di violenza”.

La Regione: “scuola ascensore sociale”

Contro il disagio giovanile e la povertà educativa 21 progetti finanziati in Piemonte dalla Regione.
CHIORINO:”LAVORIAMO PER UNA SCUOLA CHE RITORNI AD ESSERE UN ASCENSORE SOCIALE PER NON LASCIARE INDIETRO NESSUNO”
430 mila euro dalla Regione a 21 Comuni piemontesi per finanziare progetti di contrasto al disagio biopsicosociale e alla povertà educativa degli studenti con bisogni educativi speciali.
Contrastare la povertà educativa dei bambini oggi, significa creare le basi per ridurre la povertà economica degli adulti di domani – ha commentato l’assessore all’istruzione e merito della Regione Piemonte Elena Chiorino – la scuola deve tornare ad essere un ascensore sociale che non lascia indietro nessuno, superando quel sistema che negli anni ha anestetizzato i nostri giovani. Ritengo indispensabile investire su chi ha voglia di crescere, alimentando le capacità dei più bravi e sostenendo i più fragili“.
Le finalità dei progetti:
Il bando è stata una novità del piano di offerta formativa 22/24. Le finalità sono, appunto, il contrasto all’abbandono scolastico e il ritiro sociale, la prevenzione e gestione delle situazioni di disagio biopsicosociale nei giovani, la creazione di una rete tra famiglie, scuola, istituzioni del territorio, la progettazione percorsi per il recupero degli studenti a rischio dispersione scolastica e il ritiro sociale e la promozione degli apprendimenti e del benessere emotivo.
Lo svolgimento dei progetti si svilupperà sui due anni scolastici 2022-2023 e 2023-2024.
Chi riceve il contributo:
A ricevere il contributo sono i Comuni con almeno un’istituzione scolastica statale o paritaria del primo ciclo di istruzione, che diventa partner nella progettazione.
La distribuzione delle risorse:
Sono 8 i comuni della Città metropolitana (Pavone, Ozegna, Piobesi, Rivalta di Torino, Pino Torinese, Torre Pellice, Nichelino, Moncalieri), 9 del Cuneese (Pianfei, Cherasco, Boves, Guarene, Savigliano, Santo Stefano Belbo, Saluzzo, Alba, Mondovì), 2 del Novarese (Borgomanero, Invorio), 1 dell’Astigiano (Incisa Scapaccino) e 1 del Vercellese (Varallo). Si allega tabella con le progettualità.

Iren nel Gender-Equality Index di Bloomberg

L’INDICE INTERNAZIONALE CHE MISURA L’UGUAGLIANZA DI GENERE NELLE AZIENDE

 

  Il Gruppo Iren è stato inserito per il terzo anno consecutivo nel Gender-Equality Index (GEI) di Bloomberg, l’indice internazionale che misura l’uguaglianza di genere nelle aziende.

Si tratta di un indice modificato e ponderato secondo la capitalizzazione di mercato, sviluppato per valutare la performance delle società pubbliche che si impegnano nella comunicazione dei dati relativi al genere. Questo indice di riferimento misura la parità tra i sessi sulla base di 5 pilastri: leadership femminile e pipeline dei talenti interni, la parità salariale tra i generi, la cultura di inclusione, le politiche contro le molestie sessuali e il marchio a favore delle donne.

Il GEI del 2023 rappresenta 45 Paesi e regioni e comprende, per la prima volta, società con sede in Lussemburgo, Ecuador e Kuwait. Le società inserite nell’Indice rappresentano una varietà di settori, tra cui quello finanziario, tecnologico e dei servizi pubblici, che continuano ad essere quelle con maggior rappresentanza nell’indice dal 2022.

La conferma per il terzo anno consecutivo all’interno dell’indice GEI di Bloomberg è per Iren motivo di grande soddisfazione – dichiara Gianni Vittorio Armani, Amministratore Delegato e Direttore Generale Iren -. Parità di genere e inclusività sono valori su cui fondiamo presente e futuro del Gruppo: uno dei nostri obiettivi è quello di avere, entro il 2030, il 30% dei nostri manager di sesso femminile, mentre già oggi il nostro CdA è composto in maggioranza da donne. Queste policies aggiungono valore alla nostra azienda e sono accompagnate da un investimento continuo nelle politiche di diversity, indirizzate verso la non discriminazione in fase di selezione, la valorizzazione delle competenze e il superamento di ogni tipo di barriera nei processi di crescita professionale e manageriale”.

Congratulazioni alle società incluse nel GEI del 2023“, ha dichiarato Peter T. Grauer, Presidente di Bloomberg e Fondatore dell’U.S. 30% Club. “Continuiamo a vedere un aumento sia nell’interesse che nell’appartenenza a livello globale, che riflettono la condivisione dell’obiettivo di ottenere maggiore trasparenza nelle metriche relative al genere“.

Nell’ambito delle attività legate al GEI, Iren ha partecipato a un sondaggio creato da Bloomberg in collaborazione con esperti in materia a livello globale. Le società incluse nell’indice di quest’anno hanno ottenuto un punteggio in linea o al di sopra della soglia globale stabilita da Bloomberg per riflettere la divulgazione e il raggiungimento, o l’adozione, di statistiche e politiche migliori.

 

In Regione arriva il Family Audit

Tutto pronto per ottenere la certificazione, voluta dall’assessore regionale al Personale e alla Famiglia, Chiara Caucino, che ha studiato insieme alla Provincia autonoma di Trento gli impatti positivi del provvedimento sui dipendenti e sui loro nuclei famigliari: «Obiettivo: aumentare il benessere dei dipendenti e delle loro famiglie e, di conseguenza, la produttività e la natalità, rendendo la Regione Piemonte sempre più flessibile e attenta alle esigenze di chi lavora all’interno dell’Ente».
La Regione – su proposta dell’assessore al Personale e alla Famiglia, Chiara Caucino – ha deliberato di attivare il processo volto all’ottenimento della certificazione Family Audit per l’Ente. Il provvedimento è stato approvato con un protocollo di giunta riguardante la condivisione di buone pratiche sulle politiche famigliari. Sono già stati e individuati i referenti del progetto, ed è stata  presentata la domanda finale.
Lo standard Family Audit è uno strumento di management e di gestione delle risorse umane a disposizione delle organizzazioni pubbliche e private che su base volontaria intendono certificare il proprio impegno per l’adozione di misure volte a favorire il bilanciamento degli impegni vita e lavoro dei propri occupati.
L’iter di applicazione della certificazione Family Audit richiede tre anni e sei mesi e si svilupperà in tale modo: sei mesi di Audit-progettazione-valutazione che porterà all’elaborazione del Piano aziendale, tre anni di attuazione e implementazione delle azioni contenute nel Piano.
L’intero percorso, che dovrebbe presumibilmente concludersi ad aprile 2026, sarà monitorato da due professionisti esterni: un consulente e un valutatore.
L’assessore Caucino, per toccare con mano i vantaggi della certificazione già in autunno si era recata a Trento, dove è nata l’iniziativa che è diventata poi di carattere nazionale.
Verranno formati due gruppi di lavoro per progettare il piano e comprendere le reali necessità dei dipendenti e delle loro famiglie: oltre ai responsabili e ai dirigenti sarà presente una delegazione dei dipendenti stessi, sul modello tedesco, per far sì che ogni esigenza venga presa in considerazione.
«La Regione Piemonte – spiega l’assessore Caucino –  che ha presentato il piano nell’auditorium della Città Metropolitana di Torino – si conferma così una regione all’avanguardia nelle politiche per la famiglia: sia quelle rivolte all’esterno (con iniziative come il recente bando “Comuni amici della famiglia”) sia al proprio interno, favorendo quelle politiche di welfare aziendale finalizzate a favorire la migliore conciliazione fra lavoro e famiglia e, di conseguenza, la natalità. Questo, nelle nostre previsioni avrà un effetto positivo sia sulla produttività sia sul benessere famigliare dei nostri dipendenti, che devono essere messi nelle condizioni di svolgere le loro funzioni. Confrontandomi con i colleghi della Provincia autonoma di Trento ho potuto vedere i loro eccellenti risultati e sono certa che questi si ripeteranno anche in Piemonte».
Le Organizzazioni certificate «Family Audit», dunque, sono orientate al benessere aziendale in coerenza con specifici parametri indicati in particolari linee guida.
Per ottenere tale certificazione la Regione si sottopone quindi a un processo di auditing, durante il quale viene «passata sotto lo scanner» a garanzia della serietà del progetto.
In Italia, l’Ente di certificazione proprietario dello standard è la Provincia Autonoma di Trento.

“Aspetti un bambino? Non sei sola” Al via la campagna Vita nascente della Regione

“Aspetti un bambino? Non sei sola”. Prende il via oggi la campagna di comunicazione della Regione Piemonte volta a diffondere le possibilità per le donne in gravidanza offerte dal fondo Vita Nascente, rivolto alle gestanti in situazioni di fragilità sociale

“Aiutare donne sole, magari abbandonate, o coppie in difficoltà a realizzare il diritto a dare alla luce i propri figli è semplicemente doveroso per le politiche sociali delle istituzioni, a maggior ragione in una stagione di inverno demografico che richiede tutti gli sforzi possibili per rilanciare la natalità – dichiara l’assessore alle Politiche sociali della Regione Piemonte Maurizio Marrone -. La sfida ora è portare i progetti di Vita Nascente a conoscenza di chiunque ne abbia bisogno, oggi in Piemonte domani in tutta Italia”.
Con Vita nascente le donne potranno ricevere ascolto, consulenza, supporto, sostegno economico e beni di prima necessità. La donna che ha bisogno di aiuto potrà contattare l’email ufficiale vitanascente@regione.piemonte.it ed essere indirizzata agli enti pubblici e privati che si occupano di tutela della madre e del bambino e hanno sede nel territorio della propria Asl di riferimento. A seconda delle sue esigenze, troverà una risposta qualificata e specifica, come: ascolto e consulenza, attraverso la presenza a sportello programmato presso i presidi sanitari; sostegno economico (compresi contributi per le spese di locazione e per il pagamento utenze) e gli aiuti materiali/fornitura beni di prima necessità (abbigliamento, alimenti, farmaci, pannolini, carrozzine, lettini, ecc.); supporto alle donne in attesa per accompagnarle in una scelta consapevole; sostegno psicologico in forma di percorsi individuali o di gruppo, attraverso figure professionali formate e accompagnamento ai gruppi di auto-mutuo aiuto tra gestanti e neomamme, destinati a rafforzare le risorse individuali, le reti parentali e amicali di supporto.

Sei donna? Fatti coraggio

Che uomini e donne siano trattati in modo diverso dalla nostra società, specialmente da quella occidentale, è sotto gli occhi di tutti.

Nei miei viaggi qua e là per il mondo ho avuto modo di osservare le consuetudini locali, conoscere la legislazione dei vari Paesi e devo dire che gli unici Paesi dove tale situazione sembra non esistere sono Israele e i Paesi scandinavi.

In realtà anche in Paesi che sembrerebbero moderni esistono discriminazioni anacronistiche: nello Stato del Vermont (USA) una moglie deve chiedere il permesso al marito per indossare la dentiera, mentre nel Massachusetts è illegale che la donna stia sopra l’uomo durante il coito. Meglio di tutti l’Arkansas dove il marito può picchiare la moglie, ma soltanto una volta al mese, o l’Arizona dove è vietato detenere in casa più di due vibratori.

Tornando a noi, il suffragio universale, cioè la possibilità anche per le donne di recarsi a votare ha esattamente 78 anni: il 1° febbraio 1945, infatti, fu emanato il decreto legislativo luogotenenziale n. 23 che concedeva il diritto di voto alle donneche avessero compiuto il 21° anno di età. Persino Papa Pio XII, con molta calma, il 21 ottobre 1945 si dichiarò favorevole al suffragio femminile.

In realtà tale provvedimento prevedeva solo l’elettorato attivo; occorre attendere il decreto n. 74 datato 10 marzo 1946 perché le donne potessero essere candidate.

Col passare degli anni vi sono state alcune conquiste non da poco per le donne, ma sempre a velocità ridotta.

La possibilità per le donne di accedere alle Forze armate è una novità di questo millennio: solo nell’anno 2000, a seguito dell’entrata in vigore della legge n. 380/1999, le donne hanno potuto indossare la divisa, non soltanto in Esercito, Marina ed Aeronautica, ma anche nei Carabinieri e nella Capitaneria di Porto. Tuttavia, dopo oltre 20 anni di rodaggio, le donne in divisa ammontano a non più di 18000 unità, cioè soltanto poco più del 6 per cento sul totale del personale in divisa.

E che dire della politica? La forma repubblicana, dopo 76 anni, annovera una sola Presidente del Senato, tre Presidenti della Camera e, finalmente dall’anno scorso, una Presidente del Consiglio dei Ministri.

Quanto occorrerà attendere per un Presidente della Repubblica donna?

E’ evidente che tale anomalia tipicamente italiana e di pochi altri Paesi non dipenda dalla mancanza di materiale umano ma dal poco interesse dei politici nei confronti della nostra società.

Ho sempre sostenuto, nei miei libri, nelle mie conferenze e nei miei articoli che se il mondo fosse governato da un numero maggiore di donne funzionerebbe meglio; questo è il motivo per cui, da uomo, mi batto perché alle donne possano realmente venir riconosciuti i diritti naturali e legali, e siano finalmente rimossi gli ostacoli di ogni genere alla loro completa realizzazione.

Abbiamo illustri esempi di conquiste femminili: Samantha Cristoforetti, Margherita Hack, Maria Montessori, Rita Levi Montalcini, Miuccia Prada, Alda Merini, Marisa Bellisario solo per citarne alcune e solo in Italia. E cosa dire di Maria Skłodowska Curie, Patty Smith, Coco Chanel, Valentina Tereskova, Evita Peron o la pakistana Malala Yousafzai, ancora più meritevole di nota visto il Paese di cui parliamo?

Per contro alcuni mestieri e professioni sembrano inadatti ai maschi: quando cercate qualche COLF indicate “una”, “referenziata”: un uomo è incapace di pulire? È impedito? Non sa usare una lavatrice o un ferro da stiro?  Perché istintivamente pensiamo alla donna che rifarà la camera in hotel e non al suo omologo di sesso maschile? O alla cassiera dell’ipermercato? Come sono solito fare quando devo documentarmi ho sguinzagliato alcuni miei collaboratori nei supermercati di un po’ tutta Italia e, mi sarei stupito del contrario, quelli di proprietà di francesi ed italiani impiegano esclusivamente (o quasi) donne alla cassa, mentre quelli di proprietà tedesca hanno uomini.

Eppure, secondo la mentalità tuttora imperante, un uomo è da preferire perché non resta incinto e non si assenta uno o due giorni al mese per problemi legati al ciclo.

E quand’anche una donna riesca ad occupare un posto ambito o, comunque, una occupazione che possa essere indifferentemente ricoperta da maschi e femmine si troverà a dover combattere contro una tradizione che rende difficoltoso fare carriera se sei donna a parità di titoli ed esperienza con gli omologhi maschi eche, almeno nelle aziende private, vede gli stipendi femminili inferiori a quelli maschili, a parità di mansioni ed anzianità si intende.

E che dire del trattamento che alcuni meccanici, artigiani, commercianti di materiali tecnici, imbianchini, ecc riservano alle donne sole? Inevitabilmente, pensando che una donna non conosca i prezzi o quale sia il problema da risolvere, presentano preventivi gonfiati rispetto a quelli che avrebbero presentato ad un cliente uomo o si inventano guasti inesistenti. Non tutti si comportano così, sia ben chiaro, ma una grossa sacca di resistenza all’evoluzione sociale esiste ed è trasversale a regioni, età, cultura del cliente.

C’è, però, un rovescio della medaglia: trovarsi in un posto di lavoro totalmente femminile è come assistere alle venationes di romana memoria: litigi, invidie, pettegolezzi, paura che la collega usi mezzi poco leciti per fare carriera ricordano le lotte tra gladiatori e leoni nell’arena.

Una soluzione potrebbe essere l’eliminare dei ruoli di genere (cameriera=donna,  manutentore=uomo, fattorino=uomo e così via) ed adibire personale di entrambi i sessi a qualsiasi mansione.

Poiché non mi pare che le scelte imprenditoriali adottate nei decenni scorsi abbiano portato la nostra economia a livelli record,cosa ci costa provare? Utilizzando più donne nei settori maschili avremmo meno assenze quando la febbre sale a 37,5 °C mentre, mettendo più uomini nei ruoli tipicamente femminili, questi capiranno, giunti a casa, cosa voglia dire lavorare a casa e fuori.

Sergio Motta

Assistenza anziani, DDL passo in avanti

PARTE IL DISEGNO DI LEGGE DELEGA DI RIFORMA DELL’ ASSISTENZA AGLI ANZIANI

 

Giuseppe Falcocchio (Presidente ANAP Piemonte): “L’approvazione del DDL è una buona partenza ma siamo solo all’inizio. Ora è necessario che il tema diventi una priorità politica per il nuovo Governo e il nuovo Parlamento”

 

“Si tratta di una svolta che riguarda le condizioni di vita di 14 milioni di cittadini”Nel consiglio dei ministri del 19 gennaio il governo Meloni ha approvato, con procedura d’urgenza, la “riforma della non autosufficienza”, introducendo alcune modifiche al testo già approvato dal governo Draghi.

L’ANAP ha da tempo aderito al Patto per la Non Autosufficienza, che raggruppa gran parte delle organizzazioni della società civile coinvolte nell’assistenza agli anziani non autosufficienti in Italia. Grazie al lavoro del Patto, l’ultimo Consiglio dei Ministri del Governo Draghi, aveva approvato il Disegno di Legge Delega sulla non autosufficienza, per migliorare l’assistenza agli anziani elevando la qualità della cura a domicilio, senza però trascurare gli interventi necessari per le strutture di ricovero.

ANAP-Confartigianato persone, giudica positivamente l’approvazione del Disegno di Legge Delega che si articola lungo due direttrici. Da una parte, superare l’attuale frammentazione delle risposte esistenti per costruire un sistema che sia unitario, semplice per anziani e famiglie e riconoscibile per tutta la popolazione: il Sistema Nazionale Assistenza Anziani (SNA). Dall’altra, costruire interventi di qualità e capaci di rispondere in modo appropriato alle eterogenee condizioni degli anziani. Dai servizi domiciliari a quelli residenziali, dai trasferimenti monetari ai sostegni ai caregiver familiari e alle assistenti familiari (“badanti”).

 

La parte del precedente testo specificamente rivolta ai caregiver familiari è stata tolta perché il Governo vi dedicherà una normativa specifica. I caregiver sono un asse portante dell’assistenza: è necessario, quindi, prevedere tempestivamente azioni organiche e strutturate a loro sostegno, al fine di assicurarne la massima integrazioni rispetto alla rete dei servizi erogati.

“L’approvazione del DDL è una buona partenza – commenta Giuseppe Falcocchio, Presidente ANAP Piemonte – ma siamo solo all’inizio. Ora è necessario che il tema diventi una priorità politica per il nuovo Governo e il nuovo Parlamento. Solo così, infatti, sarà possibile trovare i fondi necessari per dare sostanza alla riforma.”

Un DDL innovativo per l’intero Paese e di grande interesse anche per il Piemonte che sta registrando un crescente aumento della popolazione anziana.

“Purtroppo – prosegue Falcocchio – alla grande conquista dell’età avanzata non corrisponde un’adeguata attenzione e cura, soprattutto per quanto riguarda le persone non più autosufficienti. È soprattutto a loro, oltre che alla popolazione anziana nel suo complesso, che si rivolge la riforma. Si tratta di una svolta che riguarda le condizioni di vita di 14 milioni di cittadini (tra cui oltre 3 milioni di non autosufficienti), ma anche la concezione stessa di cosa vuol dire essere anziani. Del resto, permettere che gli anziani restino a casa propria anche se malati, grazie a cure domiciliari che evitino il loro ricovero, non è solo una grande conquista di civiltà, ma anche una grande convenienza per la collettività. Le previsioni del Governo dicono che un paziente in ospedale costa 600 euro al giorno e solo 60 a casa. Quella per gli anziani non autosufficienti deve diventare una grande e qualificante riforma della nuova legislatura”.

Piemonte a misura di famiglia con i fondi della Regione ai Comuni

Presentato a Torino ai Comuni piemontesi il bando che riguarda i centri con più di 20mila abitanti e che scadrà a fine marzo: i Comuni che otterranno la certificazione avranno grandi vantaggi in più settori: attrattività, aumentando le politiche per il benessere famigliare e, di conseguenza la popolazione, la produttività, puntando sul welfare e invogliando le imprese ad investire sul territorio e maggiore natalità». 
La Regione Piemonte è, a tutti gli effetti una regione «family friendly». Ed elargirà finanziamenti – e un bollino ufficiale – ai Comuni che sceglieranno di investire nelle politiche per la Famiglia. L’iniziativa, che ieri è stata presentata in Sala Viglione, nella sede del Consiglio Regionale del Piemonte, è stata fortemente voluta dall’assessore regionale alla Famiglia, Chiara Caucino, che da un anno ha intessuto una stretta collaborazione con la Provincia Autonoma di Trento per mutuarne le migliori pratiche ed esportarle in terra sabauda.
E così dal progetto si è passati alla delibera, che ha istituito l’iniziativa e, oggi all’azione, con la presentazione del bando. L’investimento complessivo è di 220mila euro e il massimo finanziabile per ogni progetto è di 27.500 euro, fino ad esaurimento delle risorse. E’ però previsto, nell’ottica del lavoro in sinergia anche dal punto di vista delle risorse, un co-finanziamento comunale del 10 per cento da parte dei Comuni che intendano avviare un percorso finalizzato all’acquisizione della certificazione.
Ma di cosa si tratta?
Si tratta di una certificazione ufficiale che verrà rilasciata a seguito di uno specifico percorso, che comprende l’adozione di un Piano famiglia, cui i Comuni beneficiari potranno destinare parte delle risorse assegnate dalla Regione.
Le istanze proposte dovranno prevedere un sintetico programma di interventi, da concretizzare e sviluppare nella stesura del rispettivo piano comunale di intervento per le famiglie, che comprenderà i requisiti presenti nel bando.
Gli interventi previsti dovranno essere formulati e contestualizzati a partire da una attenta mappatura dei fabbisogni delle famiglie del proprio territorio, con indicazione di massima delle aree di azione previste, con il pieno coinvolgimento delle organizzazioni di terzo settore, dell’associazionismo giovanile, nonché delle famiglie stesse assicurando particolare attenzione a quelle con figli nella fascia d’età 0-6 anni.
Per favorire la tendenziale copertura di tutto il territorio regionale, si provvederà a finanziare almeno un progetto per ciascuna provincia del Piemonte, purché ammissibile e con punteggio minimo previsto e una popolazione di almeno 20mila abitanti (in Piemonte sono 33 centri).
Il piano famiglia sarà biennale e dovrà essere attuato, nei due anni nella misura minima dell’80 per cento.
Qualora da uno stesso ambito provinciale pervengano più istanze da Comuni, si procederà al finanziamento sulla base del punteggio attribuito.
In caso di parità di punteggio si darà la priorità ai Comuni che abbiano presentato istanza progettuale che prevede un partenariato comprendente il maggior numero di Istituti Scolastici, organismi del terzo settore, realtà associative familiari.
Le richieste dovranno essere presentate via PEC, entro le 12 del 30 marzo
Il bando con la relativa modulistica, sarà consultabile sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte e sul sito internet della Regione Piemonte, al seguente indirizzo:
Spiega l’assessore regionale alle Politiche per la Famiglia, Chiara Caucino: «Quello che presentiamo oggi ai Comuni piemontesi rappresenta una vera e propria pietra miliare per il sostegno ai nuclei famigliari ed è frutto di un lungo e attendo studio delle best pratices in uso con successo nella Provincia Autonoma di Trento, parendo dal presupposto che, nella mia visione e nella visione di questa giunta, la famiglia è il cardine della nostra società e deve essere valorizzata e sostenuta con ogni mezzo possibile».
Per Caucino, «Investire sulla famiglia, per noi e per i Comuni, significa investire sul futuro. I Comuni che otterranno la certificazione avranno grandi vantaggi in più settori: attrattività, aumentando interesse e popolazione, produttività, puntando sul welfare e invogliando le aziende ad investire sul territorio e maggiore natalità. Per questo sono certa che l’iniziativa avrà successo e che potrà in futuro essere implementata con ulteriori azioni sempre orientate a sostenere i nuclei famigliari nel loro insieme, favorendo la natalità, sostenendo il ruolo delle mamme lavoratrici e istituendo azioni di welfare aziendale che permettano di conciliare la vita lavorativa senza compromettere l’unità e il funzionamento dell’antico, ma sempre più attuale, “focolare” domestico».

MamaClean, a Torino il bucato si fa con un’App

In Italia 1 famiglia su 3 abbandona i propri capi preferiti nel cesto della biancheria o nell’armadio per paura di rovinarli. MamaClean è la lavanderia che ritira e consegna i capi a domicilio e se ne prende cura in modo artigianale.

 Dal lancio ufficiale avvenuto lo scorso maggio, con oltre 8.000 capi trattati in meno di 8 mesi, sono migliaia i torinesi che si affidano alla lavanderia a domicilio numero uno in Italia. Niente lavatrici da fare, pile di vestiti da stirare o code in lavanderia. A Torino e provincia il bucato si fa con un’App.

Con MamaClean prendersi cura del bucato è semplice e veloce: basta scegliere da sito o app il servizio più adatto alle proprie esigenze, selezionare luogo, giorno e ora di ritiro e consegna e un incaricato si occuperà della presa e riconsegna dei capi a casa, in ufficio o in portineria.

I servizi offerti sono molteplici e incontrano le esigenze di tutti: lavaggio e stiratura dei capi formali, lavaggio a secco per i capi più delicati e ancora cura dei tessuti di casa, come divani, tendaggi o tappeti. Tutto questo comodamente a domicilio e a prezzi competitivi.

Mancava un brand che si prendesse cura dei brand che indossiamo ogni giorno” spiega Francesco Malmusi, modenese di nascita ma milanese d’adozione, che dopo 7 anni di esperienza nel mondo del lusso e 10 alla guida di MamaClean in qualità di Founder e CEO, ha scommesso sull’idea di espandere il servizio nelle principali città italiane. “Con MamaClean abbiamo voluto coniugare il servizio artigianale delle lavanderie di una volta con le esigenze e la velocità del mondo di oggi. Questo è prima di tutto una rassicurazione per il cliente – che sa esattamente a chi affida i suoi capi – e permette inoltre a noi di avere il controllo sulla qualità del servizio, dall’inizio alla fine”.

A prendersi cura dei capi sono esperti artigiani locali altamente qualificati. Infatti, tra gli obiettivi ambiziosi di MamaClean, vi è quello di salvare la lavanderia Made in Italy. La scelta di chiudere accordi commerciali con una lavanderia storica della città di Torino va proprio in questa direzione: mettere tecnologia all’avanguardia a servizio degli artigiani, soprattutto post pandemia. Se poi a questo si aggiungono i benefici ambientali ed economici in termini di risparmio di acqua ed energia, e di filtraggio delle microplastiche rilasciate dai tessuti durante il lavaggio, il vantaggio di utilizzare una lavanderia professionale è indubbio.

Brand, aziende e realtà locali hanno creduto nel nostro progetto e siamo felici di semplificare la vita di migliaia di torinesi. – aggiunge Malmusi – Il nostro obiettivo su Torino è di raddoppiare gli utenti entro la fine dell’anno e di raggiungere un fatturato a 6 cifre. Ma a noi non piace stare fermi. Molto presto la rivoluzione della lavanderia Made in Italy raggiungerà le principali città italiane.

Per ulteriori informazioni e per prenotare i servizi MamaClean non vi resta che visitare il sito web all’indirizzo mamaclean.it. E per i nuovi clienti 10% di sconto sul primo ordine.

Può far male il “Bombardamento d’Amore” Ultimi giorni

Negli spazi del “Centro Videoinsight” di Torino

Dal 4 novembre al 2 febbraio 2023


Il titolo in lingua inglese recita“Love Bombing. Gaslighting”. In italiano: “Bombardamento d’amore”. Espressione che potrebbe essere intesa positivamente come “cosa bella”. Come una sorta di (permettetemi l’espressione attempata) “mettete dei fiori nei vostri cannoni”. Ma, a seguire, nel titolo leggiamo anche: “Gaslighting”. Ovvero “Manipolazione Psicologica” o, come dice Rebecca Russo, “Narcisismo Patologico – Abuso Narcisistico”. Rebecca Russo è un’importante Collezionista d’Arte Contemporanea, ma è anche Psicoterapeuta e Ricercatrice Scientifica. Della mostra in oggetto è la curatrice e promotrice. Nella sua duplice veste di Collezionista e di Psicoterapeuta, scientificamente convinta com’è che l’Arte Comporanea “possa rivelarsi molto efficace per conoscere la Personalità di chi la guarda, oltre che di chi la crea, perché attiva proiezioni, pensieri e risonanze emotive soggettive”. “Le immagini dell’Arte – dice ancora – possono curare perché promuovono il cambiamento in modo profondo, provocano, toccano le parti più nascoste della personalità”. Nasce di qui l’idea di “Love Bombing. Gaslighting”, prodotta dalla “Fondazione Videoinsight” (nata nel 2013 per volontà della stessa Rebecca Russo) e ospitata, in occasione dell’ormai prossima 29° edizione di “Artissima”, fino al 2 febbraio 2023, presso il “Centro Videoinsight – Spazio per l’Arte Contemporanea” fondato a Torino nel 2010, con sede in via Bonsignore 7 e l’obiettivo di creare “interazione psicologica con l’opera d’arte contemporanea, finalizzata all’attivazione dell’‘insight’, ovvero alla presa di coscienza trasformativa ed evolutiva provocata nella personalità dalla visione del prodotto artistico”. La mostra è il risultato di una “Open Call”, lanciata nel gennaio di quest’anno, a cui hanno risposto ben 80 artisti europei. 44 le opere selezionate, fra loro in competizione per aggiudicarsi il “Videoinsight Prize 2022”. Nelle sale del Centro di via Bonsignore, troveremo quindi una ricca Collettiva all’insegna del Contemporaneo, nelle sue più varie espressioni stilistiche, concettuali e tecniche: dalla Pittura alla Scultura, all’Installazione fino alla Multimedia Art, alla VideoArte, alla Fotografia, al Disegno, al Collage e all’Arte Digitale. L’opera vincitrice sarà acquisita dalla “Collezione Videoinsight”, una raccolta di Arte Contemporanea che “segue il filo della Cura attraverso l’Arte”.

 

Nello specifico, la rassegna che andrà ad inaugurarsi   il prossimo venerdì 4 novembre (opening dalle 19 alle 22), “è finalizzata – sottolinea la curatrice – alla sensibilizzazione dell’opinione pubblica sul tema del ‘Narcisismo Patologico’ e sulla necessità di sostegno alle sue vittime”. “Le vittime di relazioni tossiche con i Narcisisti Patologici – ancora Rebecca Russo – presentano una condizione psicofisica traumatica caratterizzata da impotenza psicologica, crollo dell’autostima, ansia, depressione, sintomi psicosomatici, dipendenza affettiva. La mostra vuole focalizzare l’attenzione sul problema, risvegliare le coscienze, sollevare interrogativi, suggerire salvataggi. E questo perché l’Arte provoca, scatena un’esperienza intellettuale ed emozionale: fa pensare, fa sentire, fa cambiare”. E conclude: “Questa convinzione motiva il perché dell’elevata quantità delle opere finaliste esposte in mostra: più immagini si guardano, si introiettano, si elaborano, più si attivano pensieri, emozioni, ‘insight’, fondamentali per il cambiamento, per la cura”.

Per ulteriori info: www.rebecca.russo@fasv.it o ginevraelaluna@gmail.com

Gianni Milani

Nelle foto:

–       Rebecca Russo

–       Immagine-guida della mostra

–       Gianluca Capozzi: “Untitled”, acrilici su lino, 2021 e opera fra le finaliste di “Videoinsight Prize 2022”