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Il Papa che ci ha fatto capire i limiti del nostro tempo

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

Non accolsi bene la nomina di Benedetto XVI, ritenendo errata e contraddittoria la sua affermazione relativa alla “dittatura del relativismo“, in quanto il relativismo non può generare dittature. Successivamente mi sono ricreduto perché la prevalenza del pensiero unico ha generato un sempre più pesante conformismo e ha imposto linguaggi tutti eguali che sono diventati delle vere e proprie litanie sedicenti laiche. Certamente ha generato un nichilismo in cui la verità viene soffocata e la coscienza annullata. Il male e il bene si confondono e si mescolano, generando indifferenza etica se non cinismo. Il pensiero debole non ha aperto nuove vie alla libertà di pensiero, ma ha tentato di togliere di mezzo ogni visione etica della vita, quelle che Bobbio definiva le etiche laiche. Questo è il messaggio laico di questo Papa che proveniva dall’ex Santo Uffizio. Ho avuto modo di conoscere da vicino attraverso le sue opere Papa Benedetto e ho avuto modo di intermediario attraverso l’amicizia di Marcello Pera, il liberale che con lui scrisse un libro che andrebbe ripubblicato.

Molti sedicenti laici hanno irriso al suo pensiero, giungendo ad impedirgli di parlare all’Universita’  di Roma. Era stato un illustre accademico in Germania e a Roma, la città di cui era vescovo, gli impedirono di tenere una conferenza. Fu un episodio di squadrismo intellettuale vergognoso di cui furono responsabili dei professori e non i soliti facinorosi del movimento studentesco. Basterebbe questo episodio per capire il culturame laicista nostrano, intollerante verso chi non la pensa come lui e incapace di un confronto rispettoso. Il modo dignitoso e silenzioso con cui prese atto del divieto accademico romano dice molto di quest’uomo che ha dimostrato di riconoscere con umiltà i propri limiti , rinunciando alla Cattedra di Pietro. Non era una scelta semplice , ma sottintendeva anche la piena e lucida comprensione della crisi di una Chiesa che nel Concilio Vaticano II aveva in parte smarrito la forza della sua tradizione e necessitava di una guida più forte al timone della navicella di Pietro. In quella scelta che non fu di viltà, ma di amara consapevolezza di una situazione drammatica di cui il Papa era ben consapevole vi è una grande lezione di vita. Dirà la storia se Papa Francesco abbia posto anche solo parziale rimedio alla crisi della fede e della Chiesa, ma certo la rinuncia di papa Benedetto si rivelò più eloquente di una enciclica. Anche il suo discusso discorso di Ratisbona che toccava i temi cruciali dell.’Islam e dell’Occidente va riletto come un prezioso contributo per capire i tempi in cui viviamo e la incompatibilità di ogni fede religiosa con la violenza. Allora suscitò polemiche aspre e ingiuste. Oggi non è il momento di trarre bilanci,  ma è il momento di riconoscere il valore innanzi tutto umano di un protagonista del nostro tempo che scegliendo il silenzio e la preghiera ha continuato a indicarci senza imposizioni ed asprezze dogmatiche uno stile di vita in un mondo che ha smarrito quasi tutti i suoi valori etici per accogliere come modello il turpiloquio del politicamente corretto.

A capodanno un concerto per i diritti

Col desiderio di dare un contributo – che sappiamo piccolo – costante, tenace e appassionato ad una campagna per la pace e per i diritti umani (anche perchè profondamente convinti che l’una non possa sussistere senza gli altri, e viceversa) anche quest’anno ci siamo mobilitati per celebrare la “Giornata mondiale della pace” (istituita da Papa Paolo VI e successivamente condivisa da tutte le principali religioni mondiali).
Essa si svolgerà quindi il 1° gennaio 2023 al Sermig di Torino.
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Giampiero Leo 
Portavoce del Coordinamento interconfessionale del Piemonte “Noi siamo con voi”


PER LA PACE E PER I DIRITTI

Nella pace e nei diritti nessuno è straniero. Noi credenti non possiamo più pensare solo a preservare lo spazio dei nostri interessi personali o nazionali, ma dobbiamo impegnarci per un’etica della responsabilità, dobbiamo pensare alla luce del bene comune, ovvero come un ‘noi per voi’ aperto alla fraternità universale.

E’ l’ora di prendere un tempo per interrogarci, imparare, crescere e lasciarci trasformare, come singoli e come comunità; un tempo privilegiato, questo del Concerto di Capodanno per prepararsi al senso della Pace e dei Diritti. Le religioni possono essere la resistenza più forte alle follie della guerra e delle oppressioni e la strada maestra per riannodare i fili della pace e dei diritti: i diritti dei lavoratori, dei migranti, dei malati, dei bambini non nati, delle persone in fin di vita e dei più poveri, i diritti della libertà di pensiero, di espressione, di religione, di autodeterminazione e di sicurezza dei popoli, diritti sempre più spesso trascurati o negati”.

Dopo la guerra di invasione contro la popolazione ucraina sprofondata nella morte, nella paura e nel gelo dell’inverno, emblematico quello che sta accadendo in Iran: ci sono voluti quarantatré anni di sofferenza per le donne iraniane perché il mondo intero si accorgesse delle loro priorità. In questo periodo leggi e interpretazioni ciniche della sharia hanno tentato di trasformarle in cittadine di secondo livello. Oggi questa situazione non sta più bene non solo alle donne, ma anche agli uomini. Ed è la prima volta che una richiesta legittima e fondamentale delle donne viene percepita dalla popolazione a prescindere dal genere. Tocca a noi credenti farla diventare patrimonio di tutti. Il riconoscimento dei diritti delle persone più deboli non deriva da una concessione governativa, quei diritti derivano dal riconoscimento della dignità umana.

Crediamo nel Concerto di Capodanno perchè la musica ha il potere di “sincronizzare” menti e cuori, di unire, esercitando una funzione sociale, mettendo in comunicazione fra loro persone di lingue, culture e religioni differenti. Ascoltare musica, o crearla ha lo straordinario potere di rinfrancare il corpo e lo spirito. Per Platone, musica era “tutto ciò che soddisfi desideri e aspirazioni”, un’arte che congiunge il pensiero razionale con l’emozione. La musica quindi come costruttrice di ponti, come strumento di pace, capace di abbattere muri e indifferenze.

Noi del Coordinamento interconfessionale del Piemonte con il Concerto del Capodanno 2023 vogliamo percorrere insieme l’unica strada possibile per riannodare i fili della pace, facendo diventare i nostri maestri strumentisti veri e propri “donatori di musica”, per ritrovare quella capacità ostinata di amare, amare indiscriminatamente. Appuntamento allora per il 1° Gennaio a Torino alle 18.00 all’Arsenale della Pace del Sermig.

Dossier carceri: in arrivo i fondi per gli istituti piemontesi

Carcere minorile, intervento da oltre 25 milioni

L’occasione per rendere nota la notizia è stata la conferenza stampa Gli spazi del carcere contemporaneo, svoltasi a Palazzo Lascaris per presentare il Dossier delle criticità strutturali e logistiche delle carceri piemontesi, realizzato con il contributo dei garanti comunali.

“Per il 2023 – ha proseguito Mellano – si prevede un milione di euro per la manutenzione ordinaria e straordinaria del patrimonio immobiliare penitenziario di Piemonte, Valle d’Aosta e Liguria. Come Coordinamento regionale dei garanti chiediamo al Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria di svolgere entro sei mesi un’attenta ricognizione degli spazi presenti nelle tredici strutture penitenziarie piemontesi per adulti e, appunto, nel carcere minorile di Torino affinché ambienti inutilizzati o abbandonati possano essere recuperati per attività formative, lavorative o di socializzazione”.

“La rete dei garanti comunali, coordinata dal garante regionale – ha dichiarato il componente dell’Ufficio di Presidenza Gianluca Gavazza, che ha portato il saluto dell’Assemblea – è una ricchezza che permette una presenza quotidiana in ogni Comune sede di Istituto di pena di cui il Dossier, giunto alla settima edizione, è frutto”.

I garanti comunali di Alessandria Alice Bonivardo, Asti Paola Ferlauto, Biella Sonia Caronni, Cuneo Alberto Valmaggia, Ivrea Raffaele Orso Giacone, Saluzzo Paolo Allemano e Torino Monica Cristina Gallo hanno denunciato come gli Istituti carcerari siano stati negli anni abbandonati a sé stessi e necessitino di personale e di interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria non rimandabili. Accanto alle note dolenti, non è mancata la sottolineatura di migliorie ottenute negli anni.

“A breve – ha aggiunto Mellano – vedranno la luce progettazioni della Regione assai innovative relative agli sportelli lavoro e multiservizi e agli agenti di rete. È necessario che le carceri piemontesi mettano a disposizione spazi e uffici per permettere l’incontro degli operatori con i detenuti”.

Le conclusioni sono state affidate all’architetto Cesare Burdese, già componente della Commissione Architettura penitenziaria del Ministero della Giustizia, che ha sottolineato come “i rapporti con l’Amministrazione penitenziaria siano spesso rigidi, burocratici e legati a concetti e schemi spaziali del passato”. E ha evidenziato, come esempio positivo, la progettazione condivisa dell’Icam di Torino.

Il Dossier sarà recapitato alle autorità e ai soggetti interessati.

Mattei, un caso ancora aperto

di Massimo Iaretti

A poco più di sessant’anni la tragica scomparsa di Enrico Mattei suscita ancora interrogativi e discussioni, anche accese. Lo ha dimostrato la conferenza ‘Il caso Mattei’, organizzata a Somma Lombardo, nell’area delle ex Officine Aeronautiche Caproni, nel parco di Volandia, a poca distanza dai terminal 1 e 2 dello scalo internazionale di Malpensa.

Il 17 dicembre scorso grazie alla Fondazione Volandia si sono confrontati. con grande rigore, pur talvolta su posizioni diverse, tutti relatori di grande spessore, con l’avvocato Paolo Re, del Foro di Pavia, membro del comitato scientifico della Fondazione a fare da moderatore.

Ad aprire la serie dei contributi è stato Massimo Ferrari, già docente di storia del giornalismo all’Università Cattolica di Milano, che ha evidenziato come la storia di Mattei debba essere inserita in quella della Democrazia cristiana, del movimento cattolico italiano e della stessa Università Cattolica, alla quale era stato iscritto pur senza raggiungere la laurea per via dei moltissimo impegni di lavoro. “Gliene conferirono una in ingegneria honoris causa, che non c’entrava niente” ha detto Ferrari, ricordando anche il contributo ‘defilato ma importante’ dato alla lotta partigiana in cui stabilì relazioni solide sia nell’ambito delle Fiamma Verdi, formazioni cattoliche, sia delle Garibaldi, comuniste. Quando iniziò la sua attività amministrativa all’Agip, che avrebbe dovuto liquidare dal Pci dissero “è bravo perché coinvolge tanto i politici, quanto i preti”.

Ferrari ha poi ricordato come, pur incaricato da De Gasperi di liquidare l’Agip, face esattamente in contrario, credendo nella possibilità di trovare delle fonti energetiche sul suolo nazionale, partendo dalle prospezioni e dagli studi fatti nel 1944 nel cremonese, tenuti rigorosamente nascosti ai tedeschi. E quando gli fecero notare che i tecnici erano stati fascisti rispose, lui che era partigiano ed antifascista, “ ma che me ne frega, se sanno fare il loro lavoro apriamo una pagina nuova”.

La relazione di Ferrari ha poi riproposto quello che accadde dopo, con lo sviluppo della ricerca delle fonti energetiche, la nascita dell’Eni, i rapporti con Paesi del Terzo Mondo impostati in modo assolutamente innovativo, la sua figura come una sorta di ‘Adriano Olivetti nel settore petrolifero’ per i rapporti con la maestranze.

Bruno Franchi, presidente dell’Agenzia Nazionale per la Sicurezza di Volo e docente di diritto aeronautico a Modena, invece, ha tracciato, soltanto sotto un profilo squisitamente giuridico,quello che è stato il lavoro effettuato dalla Commissione Savi, senza entrare assolutamente nel merito di quelle che furono le modalità di intervento e le conclusioni.

Il relatore ha spiegato che, sin dal 28 ottobre1962, su disposizione del Ministro della Difesa, l’Ufficio del Segretariato Generale dell’Aeronautica dispose la costituzione di una commissione tecnica per verificare quanto era accaduto, presieduta da un generale dell’Aviazione e composta da quasi tutti militare, la quale terminò i suoi lavori nel marzo del 1963.

Franchi ha spiegato che tale scelta fu coerente con quelle che erano le disposizioni normative dell’epoca: l’organizzazione civile divenne autonoma nel 1963, quindi successivamente al sinistro avvenuto il 27 ottobre del 1962.

Oggi, ovviamente, le cose sarebbero diverse in quanto l’inchiesta tecnica, è stata sostituita da una inchiesta di sicurezza e lAnsv, che le conduce è un soggetto posto in condizione Di terzietà effettiva.

Franchi in ogni caso ha evidenziato che “tutto quello che c’è in relazione di inchiesta non deve scandalizzare perché è coerente con gli impianti allora esistenti a livello nazionale ed internazionale” e non emerge che vi siano stati problemi con l’autorità giudiziaria sulla documentazione.

Di tenore decisamente divergente, invece, sono stati i contributi dei due relatori successivi, Gregory Alegi e Vincenzo Calia.

Alegy, docente alla Luiss di Storia delle Americhe e autore di due saggi storiografici su Ustica e la morte di Italo Balbo, dopo aver detto che la prospettiva è capire, raccontando le cose come sono andate, si è soffermato sulle conclusioni della Commissione Savi, al nome del comandante della prima regione aerea, Ercole Savi, considerato uno dei maggiori esperti di volo strumentale in Italia.

Il relatore ha detto di averlo intervistato e conosciuto, che la commissione era composta da membri piloti di valore ed esperienza per valutare un collega come Bertuzzi con alle spalle 1200 ore di volo militare come capo equipaggio e 10mila come civile.

Secondo la lettura di Alegy i commissari sono stati molto attenti a tutelare la memoria del collega. Se poi quanto è accaduto sia stato generato a un malore del pilota non si può escludere o ammettere, nel senso che non ci sono abbastanza elementi per poterlo affermare.

Per quanto attiene l’ipotesi che sia stato un attentato la Commissione escluse che possa essersi verificato uno scoppio in volo, non avendo rilevato, a suo dire, elementi oggettivi su base concreta.

In sostanza il dramma in cui morirono Enrico Mattei, il pilota Irnerio Bertuzzi e il giornalista americano William McHale sarebbe stato dovuto ad una serie di cause non ad una causa unica.

Di altro tenore e basata su una diversa lettura dei fatti e degli atti la relazione di Vincenzo Calia che, quando era procuratore di Pavia riaprìl’inchiesta per verificare se quando accaduto fosse conseguenza di un sabotaggio all’aereo  Morane-Saulnier  come aveva raccontato un collaboratore di giustizia alla procura di Caltanissetta.

Il magistrato ha raccolto in un libro, scritto con la giornalista Sabrina Pisu, le risultanze di un lavoro investigativo durato anni.

La tragedia fu al centro di 2 inchieste parallele. Quella dell’aeronautica, come già detto, nel marzo del 1963 escluse l’ipotesi di sabotaggio, pur ammettendo che non era stato possibile accertare con esattezza le cause di quanto avvenuto.

La seconda della magistratura di Pavia si concluse nel 1966, stabilendo l’accidentalità dell’evento, badandosi in particolare sulle condizioni meteo proibitive, la sola testimonianza di Mario Ronchi, proprietario del campo dove cadde l’aereo, gli accertamenti medico-legali che non evidenziarono tracce di esplosivi, gli accertamenti tecnici.

Il dottor Calia, dopo aver ricordato di aver sentito la maggior parte dei membri della commissione tecnica ha evidenziato, quanto è risultato dalle nuove indagini, in difformità da quelle della precedente inchiesta.

Innanzitutto il bollettino della stazione meteo di Linate di quella sera che parlava di “pioggia, nebbia, visibilità a 800 metri, visibilità in pista a 1400 metri”, quindi una situazione non critica. Nell’occasione è stato fatto ascoltare l’audio delle comunicazioni tra Bertuzzi e Linate.

Sulla ‘sola testimonianza di Ronchi’ il magistrato ha detto, a 33 anni dal fatto di aver trovato 31 persone che avevano visto, alla stessa ora, nello stesso punto del cielo, fiammelle’. Ronchi, a caldo, in un’intervista aveva detto di aver udito un boato e fiammelle nel cielo. E’ stato anche fatto vedere un vecchio filmato Rai dove si sente soltanto  una parte delle dichiarazioni di Ronchi, fatte a caldo: l’audio è stato cancellato ma a suo tempo ricostruito grazie alla lettura del labiale. Stessa sorte ha subito un’intervista ad un’altra testimone del fatto a Bascapè.

Riguardo agli accertamenti medico legali non c’è stato alcun conflitto tra la magistratura e la commissione tecnica, in quando, secondo quanto appurato dall’inchiesta del 1994, i consulenti avrebbero acquisito le conclusioni della commissione tecnica senza controlli o verifiche.

Secondo quando emerso dalla nuova indagine, che ha visto la riesumazione dei resti di Mattei e di McHale (non di Bertuzzi), su quanto rimasto dei reperti, si sarebbe arrivati, con consulenze scientifiche di altissimo livello, alla conclusione di schegge dovute ad esplosivo di bassa intensità,

Sicuramente sul luogo del sinistro, la sera in cui avvenne, ci furono delle stranezze: i vigili del fuoco arrivarono dopo due ore, nell’immediatezza c’era invece l’investigatore Tom Ponzi che acquistò tutte (o una grande parte delle) foto scattate, personale della Snam.

Sui quanto rimaneva delle persone che viaggiavano a bordo dell’aereo, poi venne effettuato un esame dei resti già detersi dal fango..

Infine il magistrato ha ricordato che i resti dell’aereo vennero stoccati provvisoriamente presso il 4° Gruppo Manutenzione e Motori dell’Aeronautica a Novara che in un opuscolo celebrativo della sua attività ricorda che nel 1962 si svolsero presso la sala prove di Novara fasi dell’inchiesta per accertare le cause dell’incidente in cui perse la vita Enrico Mattei, che ‘avrebbe potuto essersi verificato per altimetro manomesso o una bomba a bordo’.

In sostanza ha detto Calia  che sulla base delle risultanze e degli accertamenti compiuti “è certo che sia esplosa una bomba”, il resto sono tutte ipotesi di plausibilità.

A rafforzare queste conclusione c’è la sentenza del 10 giugno 2011 della Corte d’Assise di Palermo nel processo contro Salvatore Riina per la scomparsa di Mauro De Mauro, giornalista dell’Ora di Palermo, rapito ed assassinato perché si sarebbe spinto troppo oltre nella sua ricerca della verità sulle ultime ore di Entico Mattei in Sicilia.

Riina venne assolto dall’accusa ma nella sentenza si legge: ‘data per acclarata la natura dolosa, causa della caduta I-Snap, condivisibile con quanto accertato dalla Procura di Pavia”, affermazione ripresa anche dalla Corte d’Assiste di Palermo e dalla Cassazione.

Il relatore ha infine citato una frase detta da Amintore Fanfani, all’epoca presidente del Senato, nell’ottobre 1986 e pubblicata da ‘Il Resto del Carlino’ che disse “chissà forse l’abbattimento dell’aereo di Matteo è stato il primo gesto terroristico del nostro Paese”.

E Fanfani non era certamente, navigatore di lungo corso della prima Repubblica.

Un caso, dunque ancora aperto, a sessant’anni da quella tragica notte del 27 ottobre.

Difendersi dalle fake news

Le fake news, ne sentiamo ormai parlare quotidianamente, sono le notizie false diffuse con intenti sensazionalistici, spesso anche su giornali che dovrebbero essere affidabili.

La recente pandemia, la guerra Russia-Ucraina, l’elezione di un Governo di centro-destra e molti altri temi sono stati utilizzati per diffondere notizie bomba, prive di fondamento con il risultato di aumentare la tiratura delle copie o l’audience o, nel caso di giornali online, i like ricevuti.

Un caso limite è il cosiddetto “clickbait” ovvero un titolo ad effetto che ha come scopo quello di attirare i lettori a cui spesso segue un articolo di tono diverso, talvolta opposto.

E’ come se nel titolo fosse scritto “Strage ferroviaria in Amazzonia” e l’articolo, invece, recitasse “Per costruire una ferrovia si stanno disboscando ettari di foresta pluviale”.

E’ evidente come il titolo attiri più lettori dell’articolo vero e proprio.

Spesso però le notizie sono totalmente false ed è difficile talvolta capire se siano notizie vere, modificate “ad usum deplhini” o totalmente inventate.

Consideriamo che da alcuni anni si è rafforzata l’abitudine, da parte di alcune testate anche importanti, di copiare pari pari un lancio di agenzia e pubblicarlo in modo identico ad altre testate.

Va da sé che se la notizia d’agenzia fosse un fake, e succede, tutti diffonderebbero una notizia falsa.

Quante volte hanno annunciato la morte di questo o quel personaggio famoso?

E’ di un mese fa la notizia del rinvio a giudizio per un tale che aveva diffuso una notizia falsa riguardante l’arresto, che sarebbe avvenuto in data 8 aprile 2017, di Fedez e J-Ax trovati in possesso di 28 grammi di cocaina. Stante la falsità della notizia i due rapper hanno querelato l’autore della notizia.

Per la cronaca, mentre il PM ha chiesto l’archiviazione il GIP ha richiesto, nello scorso mese di novembre, il rinvio a giudizio per diffamazione aggravata a mezzo stampa (data l’enorme diffusione di una notizia sul web questa è considerata un’aggravante.)

Come capire, dunque, se una notizia sia autentica o prima di fondamento?

Innanzitutto la serietà del giornale: la legge n° 62 del 7/3/2001 sulla stampa prevede che la stampa periodica debba essere registrata presso un Tribunale e che il Direttore responsabile (iscritto all’albo dei giornalisti) sia responsabile di quanto viene pubblicato: va da sé che un giornale serio verifica la fonte prima di diffondere la notizia.

Sedicenti giornali, fogli di notizie, blog, stampa alternativa e simili non avendo carattere di periodicità, esulano da tali obblighi e, spesso, contengono notizie false come una banconota da 30 euro.

In seconda analisi, vale la pena dedicare qualche minuto a cercare in rete se tale notizia sia stata battuta da altre testate o se il diretto interessato abbia smentito pubblicamente: se non vi è traccia della notizia in altri luoghi oltre a quello in cui l’avete vista state sereni: il vostro idolo è ancora vivo.

Poi, esattamente come nel phishing, quando la ricca vedova nigeriana vi nomina eredi di un patrimonio immenso perché vi vuole bene senza sapere chi siate, anche nel caso delle fake news si può notare un linguaggio mal tradotto, pieno di errori e di periodi evidentemente tradotti pari pari da un’altra lingua, cosa che un giornalista nostrano non farebbe.

Un ulteriore controllo può essere fatto sul nome del sito web che ha lanciato la notizia: se il nome è molto simile a quello di un sito famoso tranne per una lettera oppure  due lettere sono invertite, è evidente che l’intento sia quello di confondere gli utenti del web.

Ma per quale motivo le fake news vengono diffuse?

Avete un’idea di quanta pubblicità graviti intorno al web? Quanti banners si aprono mentre leggete una notizia, anche seria, e si ripropongono durante la lettura cambiando oggetto?

Se avete l’idea vi siete risposti: lo scopo è soprattutto quello di attirare navigatori che leggano la pubblicità, così l’inserzionista sarà contento di quel sito, tornerà a pubblicare e il gioco ricomincia.

Ho scritto “soprattutto” perché, in realtà, può esservi anche uno scopo ben peggiore: indicandovi di cliccare su un link per aprire la notizia o per vederne il video, voi rischiate di raggiungere un sito che installerà nel vostro pc (o nello smartphone) un software che potrà raggiungere le vostre mail, o identificare i vostri dati IBAN se li avete utilizzati da quel dispositivo, o testare le vostre abitudini per proporvi poi questo o quel prodotto.

In questo caso è sufficiente posizionare il puntatore del mouse sul link, senza cliccare, e vedere in basso a sinistra dello schermo quale indirizzo compaia: se è lo stesso del giornale potete stare più tranquilli.

Come diceva il giornalista Andrew Lewis “Se non stai pagando qualcosa, non sei il cliente ma il prodotto che stanno vendendo.”

Pensateci bene quando siete in rete.

Sergio Motta

La città che cambia. Una “fonderia” (inter)culturale alla ex Nebiolo

Con l’approvazione della delibera avvenuta  in Giunta comunale arriva il via libera per la realizzazione di un Centro culturale polifunzionale presso l’edificio ex-Nebiolo, sito in via Bologna 55 a Torino, proposto dalla Fondazione della Confederazione Islamica Italiana (CII).

Un progetto di fattibilità importante e ambizioso, opera dello Studio De Ferrari Architetti, realizzato di concerto con gli assessorati e gli uffici competenti della Città di Torino e in base allo studio sugli scenari di fruizione sviluppati per garantire attenzione alla sostenibilità, tanto dal punto di vista ambientale che socioculturale, elaborato da un gruppo di ricerca del Politecnico di Torino – Dipartimento di Architettura e Design – formato da docenti attivi nell’ambito del design per l’interculturalità, in collaborazione con i giovani del TurinProject CII. Il luogo sarà aperto al pubblico e offrirà servizi ai giovani e con il coinvolgimento del tavolo interfedi per un maggiore inclusione delle diverse provenienze culturali e religiose.

Il gruppo di lavoro nell’insieme ha analizzato la riqualificazione degli spazi del sito della ex-Fonderia Caratteri Nebiolo, attualmente in stato di abbandono, in un’accogliente e creativa “fonderia culturale” in continuità e contiguità con la storia del quartiere e dell’edificio stesso. L’architettura industriale dell’ex Fonderia Nebiolo, una delle più importanti fonderie di caratteri tipografici, nonché fabbrica di macchine per tipografia su scala internazionale, racconta l’anima di un’epoca, di un territorio e della cittadinanza che questi luoghi ha vissuto e contribuito a plasmare: essa sarà dunque accuratamente preservata nelle sue parti caratteristiche, di concerto con la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Torino, per definire le nuove identità, siano esse nuove destinazioni d’uso o attività e funzionalità connesse.

Il quest’ottica il Centro culturale polifunzionale si proporrà quale luogo multiculturale aperto alla cittadinanza e non solo – dichiara la vicesindaca Michela Favaro –  rappresentando una novità per la città e un punto di riferimento anche nazionale, oltre che collocarsi in uno scenario di buona pratica a livello internazionale”.

I contenuti culturali delle attività – prosegue l’assessore Gianna Pentenero – verranno svolte all’interno della ex Nebiolo saranno condivisi con il “Comitato Interfedi”, struttura permanente all’interno del Centro Interculturale della Città, nata in occasione dei XX Giochi Olimpici Invernali, che collabora con la Città nella promozione di iniziative volte a mantenere un’atmosfera di proficuo dialogo e confronto tra le diverse culture religiose, per una crescita democratica e culturale della società. In tal modo si favorisce la promozione di un dialogo interreligioso che consenta di fare della ex Nebiolo un luogo inclusivo ed integrante, attraverso una progettualità interculturale”.

In seguito alla riqualificazione – sottolinea la vicesindaca –  la superficie di mq. 5322 sarà destinata per un 60% circa a studentato, comprensivo di residenza, spazi dedicati alla ristorazione, servizi ed annessi, a cui si aggiungeranno la biblioteca con sala studio. Poiché si tratta di un progetto educativo rivolto a studenti/esse iscritti/e a percorsi formativi universitari e post universitari con carriera attiva meritevoli, il 70% dei posti letto sarà messo a disposizione di studenti utilmente inseriti nelle graduatorie EDISU, secondo l’ordine di merito. Il 17% circa della superficie del Centro culturale polifunzionale sarà messo a disposizione della Città e della Circoscrizione con servizi di pubblica utilità aperti alla cittadinanza, come la sala mostre, la sala congressi e spazi d’incontro per lo svolgimento di eventi culturali, manifestazioni, conferenze, corsi e altre attività che andranno così ad aggiungersi al sistema di servizi pubblici e privati offerti dalla Città. Circa il 16% sarà destinato a luogo di culto, cui si aggiungeranno spazi multifunzionali e per servizi annessi”.

La Fondazione CII ha formulato inoltre la richiesta di affidamento in cura degli adiacenti giardini, da poco intitolati a Giorgio Cardetti, come ulteriore assunzione tangibile di responsabilità e dimostrazione di desiderio di condivisione benefica col quartiere: lo spazio verde – che resterà pienamente agibile a tutti i cittadini – sarà riqualificato e valorizzato, anche con attività di giardinaggio e orticoltura, a beneficio non solo degli studenti alloggiati ma anche dagli abitanti della Circoscrizione.

Il percorso avviato grazie alla preziosa collaborazione del Politecnico di Torino e all’interesse della Città – Presidente Hajraoui Mustapha della Fondazione CII – ci ha permesso di definire a Torino il progetto di fattibilità di un centro che declinerà nella molteplicità dei suoi spazi la coltura e la cultura dei valori universali della pace, del dialogo interculturale e interreligioso”.

“Dal primo momento in cui con la Confederazione Islamica si è parlato di un futuro Centro Culturale a Torino – spiega la prof.ssa De Giorgi, Vice Rettrice per la Qualità, il Welfare e le Pari Opportunità del Politecnico di Torino – ho pensato che il Politecnico potesse e dovesse cogliere questa opportunità di co-progettazione mettendo in campo capacità di visione e competenze per supportare la Confederazione nella definizione di obiettivi “alti”, di medio e lungo termine. Tra le finalità del progetto, il rilancio in chiave consapevole, evoluta e internazionale della sfida dell’inclusione, del dialogo e della pace nella nostra Città. Un intento dall’alto valore sociale e culturale, pienamente in linea con la mission del Politecnico di Torino”.

L’Ex Fonderia Caratteri Nebiolo è un patrimonio storico della Città di Torino. Per questo – sottolinea il progettista dello Studio De Ferrari Architetti Vittorio Jacomussi – il progetto di fattibilità nell’affrontare i numerosi problemi della riqualificazione ha operato nel massimo rispetto del linguaggio architettonico, mantenendo la sua espressività attraverso il trattamento delle superfici e l’utilizzo di arredi poco invasivi, l’inserimento di nuovi ambienti nel rispetto dell’architettura storica, della luce naturale come degli spazi verdi, della multifunzionalità per gli ampi spazi interni”.

Il Contesto

L’area in cui si colloca il compendio ex Nebiolo, nel quartiere Aurora, è stata oggetto negli ultimi anni di significativi interventi di riqualificazione – tra cui il nuovo centro direzionale Lavazza con il suo museo, la sede dello IAAD, il “Camplus” Regio Parco di via Perugia, il recupero ad attività di servizi del cosiddetto “Sigaro” presso l’ex sede del Toroc ed un punto vendita della GDO- volti alla rigenerazione urbana di un tessuto in passato prevalentemente  industriale, ma situato a pochi passi dal centro città, interventi che saranno anche favoriti dalla realizzazione di un’apposita fermata della linea 2 della metro. La progettualità della APS si colloca in questo programma di ridisegno complessivo, in grado di iniettare nuova vitalità a un distretto che, tramontati gli insediamenti industriali che ne facevano una periferia, è destinato a trasformarsi completamente dal punto di vista urbanistico, sociale e culturale.

Le tendenze alimentari secondo Amazon: i torinesi amano i formaggi e le penne rigate

Ecco cosa non può mancare sulle tavole degli italiani secondo l’analisi di Amazon Fresh: frutta e verdura fresca, bevande e cibi sani sono all’ordine del giorno, insieme alla pasta, irrinunciabile tradizione, e a un buon bicchiere di vino

 

Dalle banane ai mirtilli fino a carote e zucchine, nel 2022 gli italiani hanno dimostrato particolare attenzione alle proprie abitudini alimentari come testimoniano le loro tendenze di acquisto, sempre più orientate verso prodotti freschi e salutari, come frutta e verdura, bevande zero zuccheri e latte senza lattosio. A rivelarlo è un’analisi di Amazon Fresh, il servizio di consegna della spesa in giornata di Amazon.it.

Cibi sani sì, ma al gusto della tradizione gli italiani non rinunciano: la pasta si conferma un pilastro della cultura gastronomica in tutto lo Stivale, ovviamente accompagnata da un buon bicchiere di vino. E uno degli aspetti più amati della pasta è proprio la sua versatilità, perciò, ognuno ha il proprio formato preferito.

Per esempio, romani e bolognesi non possono a fare a meno dei mezzi rigatoni, i milanesi preferiscono i fusilli, mentre i torinesi, optano per le penne rigate. Per quanto invece riguarda il vino, il bianco trentino Muller Thurgau è il più acquistato sia a Roma che a Bologna e Torino, mentre, nella città meneghina, patria dell’aperitivo, si stappano più bottiglie di Prosecco.

Scopriamo nel dettaglio le specifiche tendenze alimentari del 2022 nelle città di Roma, Bologna, Milano e Torino.

 

Torino: formaggio che passione

Tra tutte le specialità culinarie del capoluogo piemontese, ce n’è una che quest’anno ha conquistato proprio tutti: il formaggio. Spalmabile, grattugiato o a fette non conta, a cuor non si comanda. L’analisi di Amazon Fresh ha infatti rilevato un aumento degli acquisti di formaggio di ben 7 volte rispetto al 2021. Dopotutto, che agnolotti sarebbero senza!

Roma e le spezie: un legame che dura da secoli

I romani coltivano da sempre un forte legame con le spezie alle quali, sin dall’epoca dell’Impero, venivano attribuite proprietà salutari oltre che essere apprezzatissime per il loro sapore. Oggi, questa passione continua: il consumo di erbe essiccate e spezie, infatti, è raddoppiato rispetto allo scorso anno, trend che dimostra quanto la magia di questi antichi aromi si sia conservata nel tempo, diventando per i romani la soluzione ideale per rendere speciale anche la ricetta più semplice.

 

Dolce Bologna: tra Torri e leccornie

A spopolare nel 2022 a Bologna sono stati i dolci. La città Grassa, così chiamata per via della sua tradizione culinaria sostanziosa e abbondante, non si smentisce: la golosità è al primo posto. A dimostralo è l’incremento degli acquisti da parte dei bolognesi di torte e muffin , biscotti e snack dolci e praline al cioccolato aumentati di quasi 10 volte rispetto al 2021 secondo l’analisi di Amazon Fresh.

Milano: benessere e sport al primo posto

Anche a Milano al dolce non si dice mai di no, ma i meneghini compensano con uno sprint salutista e, tra una lezione di pilates, un esercizio in palestra e un po’ di jogging al parco, ricorrono sempre di più a integratori e alimenti specifici per lo sport, il benessere e il dimagrimento, il cui acquisto è più che raddoppiato rispetto allo scorso anno.

 

Ecco svelata la top 10 dei prodotti più acquistati su Amazon Fresh nel 2022:

  1. Sant’Anna Acqua Naturale 
  2. Fyffes Banane fresche di Baileys
  3. Parmalat Zymil Uht Senza Lattosio 
  4. Mirtilli freschi di Baileys
  5. Mutti Passata di Pomodoro, 100% Italiano
  6. Finocchi freschi di Spreafico
  7. Coca-Cola Zero Zuccheri e lattina 100% riciclabile
  8. Iceberg senza residui di Bonduelle
  9. Zucchine fresche di Peviani
  10. Carote fresche di Spreafico

Nella vetrina Amazon Fresh è possibile trovare tutto per la spesa quotidiana: frutta e verdura, freschi e surgelati, vino, prodotti per la casa e la cura della persona. Il servizio è compreso all’interno dell’abbonamento Amazon Prime.

Stereotipi e Pregiudizi: Sciagura o Natura?

Spesso al giorno doggi sentiamo parlare di stereotipi e pregiudizi, quasi sempre attribuendovi unaccezione negativa.

Anzi, la nostra idea di questi due idiomi è tanto negativa che ormai non li riconosciamo più per ciò che sono davvero.

 

Sapevate che i pregiudizi sono classificabili come positivi o negativi?

E sapevate che i pregiudizi sono un conseguenza degli stereotipi?

Permettetemi unintroduzione scientifica a questi due concetti: secondo la psicologia contemporanea, gli stereotipi non sono altro che una raffigurazione rigida e semplificata di un determinato aspetto della realtà.

Nascono da un processo di generalizzazione che la nostra mente svolge automaticamente, nel momento in cui riceve una mole di informazioni troppo elevata riguardo un determinato dato

Fondamentalmente noi tutti tendiamo a semplificare le informazioni riducendole a caratteri di portata del tutto generale.

A questo punto nasce il pregiudizio, ovvero la posizione interioreche assumiamo riguardo a quel determinato dato di cui ci siamo fatti unidea.

E che ci crediate o no, la nostra posizione può essere anche positiva!

Il problema è che in passato sono stati per lo più i pregiudizi negativi a prendere il sopravvento.

Pensate ad esempio allantisemitismo o alla xenofobia.

Non a caso diversi psicologi affermano che la nascita di pregiudizi negativi è strettamente collegata ad una pregressa educazione autoritariacosa di cui ahimè, il vissuto del nostro Paese è pervaso.

Ecco spiegato perché comunemente si guarda ai pregiudizi con disprezzo.

Eppure da tutto questo balza allocchio qualcosa di importanteche si parli di stereotipi o di pregiudizi non si tratta mai di qualcosa di oggettivo, bensì di concetti creati esclusivamente dalla mente umana!

Molte volte lidea che ci creiamo di una determinata realtà sociale fa semplicemente parte di unaspettativa, raramente deriva da unesperienza concreta di quella realtà.

Difatti, quelle astrazioni non finiscono mai col coincidere con la verità.

Prendiamo in considerazione un banale esempio, ammettiamo che qualcuno pensi che gli orientali siano tutti simili tra loro: da questo si deduce che chi lo pensa sicuramente non è orientale, poiché se lo fosse saprebbe bene che esistono tratti somatici che distinguono tra loro anche gli orientali.

Occorre perciò ricordare che pregiudizi e stereotipi, raramente,dicono qualcosa sulla realtà a cui si riferiscono, ma rivelano sempre qualcosa su chi li formula.

 

Stereotipi e pregiudizi sono quelli che sono, e non saremo noi a cambiarli, ciò che possiamo fare però è cambiare lo guardo con cui li osserviamo.

Probabilmente non esistono pregiudizi davvero positivi o negativi, stereotipi davvero giusti o sbagliati; esistono solo punti di vista, tante informazioni e uninfinità di menti che le elaborano.

 

Valentina Veronese

Il 2022 degli italiani su Reels, Torino tra le città più taggate

Quali  sono state le tendenze su Reels nel corso del 2022 che volge al termine? Quali le canzoni, gli hashtag e gli argomenti più popolari nei reel creati dagli italiani su Instagram?

Mai come nell’ultimo anno, i Reel sono diventati fondamentali per milioni di creator nel mondo e rappresentano oggi il 20% del tempo speso su Instagram. Con il formato dei video brevi le persone hanno sperimentato nuovi modi per intrattenersi, raccontare esperienze ed esprimersi in modo innovativo e creativo.

Ecco quali sono stati i trend più popolari del 2022 su Instagram Reels, raggruppati per aree tematiche.

LUOGHI 

Da sempre il tema del viaggio riscuote successo sui social, fa sognare e rappresenta una delle occasioni preferite per condividere foto e video. Tra le mete del Belpaese più taggate nei reel troviamo:

  • Milano

  • Roma

  • Napoli

  • Torino

TEMI DI INTERESSE

Ricette di piatti, reportage di viaggi, beauty tutorial, outfit inspo e tanto altro ancora… quando scrolliamo il feed di Instagram ci imbattiamo in reel di ogni tipo. Ma cosa hanno amato gli italiani su Reels? Ecco alcuni dei temi che hanno generato maggior engagement:

  • Food

  • Moda e beauty

  • Sport e benessere

Il food e, più in generale, il settore della ristorazione e ospitalità si è rivelato trending topic su Reels, con ricette step by step per stimolare l’appetito, best practice e curiosità su ingredienti e prodotti e racconti di ristoranti ed esperienze culinarie.

HASHTAG

Gli hashtag più utilizzati dimostrano che gli italiani creano reel anche per commentare una vasta gamma di argomenti, dai personaggi televisivi ai temi importanti legati alla società e all’attualità.

Il 2022 è stato l’anno del Metaverso e della realtà virtuale. Tutti ne parlano, tanto che alcuni termini e hashtag sono diventati di uso comune:

  • #ethereum

  • #bitcoin

  • #nft

  • #metaverse

Non potevano mancare temi di stretta attualità tra gli argomenti più commentati su Reels. L’elenco degli hashtag più utilizzati dimostra come i video brevi stiano diventando un nuovo strumento di informazione e di educazione. Gli hashtag più gettonati, in questo ambito, sono:

  • #iran

  • #ucraina

  • #royalfamily

  • #elezioni

Festival, programmi televisivi e celebrità sono da sempre al centro delle conversazioni sui social. La popolarità di personaggi del mondo dello spettacolo non si misura solo sul grande schermo ma anche e soprattutto sui social. I vip e gli hashtag più utilizzati nel corso dell’anno sono stati:

  • #violacomeilmare

  • #soniabruganelli

  • #francescachillemi

  • #oriettaberti

Anche lo sport si conferma tra i temi più popolari su Reels, con workout video e ricette healthy che spopolano tra i video brevi. Gli hashtag più utilizzati sono stati:

  • #gymroutine

  • #gymrat

  • #gymfreak

Dopo lo stop imposto dalla pandemia, le persone hanno ricominciato a viaggiare. Il mare, si sa, resta la meta preferita e con grande sorpresa è il Made in Italy ad avere la meglio tra le scelte degli italiani. Ecco, quindi, gli hashtag più popolari:

  • #italy

  • #madeinitaly

  • #travel

  • #summer

  • #sea

CANZONI 

Da sempre, la musica accompagna le nostre giornate e i nostri momenti più importanti. Ecco le canzoni più utilizzate dagli italiani nei reel su Instagram, nel corso del 2022:

  • Tick Tick Boom di Sage The Gemini (feat. BygTwo3)

  • As it Was di Harry Styles

  • La dolce vita di Fedez, Tananai e Mara Sattei

Tuttavia, sempre più spesso è la Generazione Z a stabilire le tendenze musicali. Tra le hit più amate dai più giovani, ci sono:

  • SNAP di Rosa Linn

  • The Nights di Avicii

  • Hits 2021 (Mashup) di Trinix

  • I’m Good (Blue) di David Guetta e Bebe Rexha

Tra i due laghi sui binari del tram

Per più di tre decenni, dal 1910 al 1946, fu possibile raggiungere il lago d’Orta dal lago Maggiore viaggiando comodamente in tram.

Il collegamento venne garantito dalla tramvia Intra-Omegna, linea a scartamento normale che copriva il tragitto di venti chilometri con nove fermate, gestita dalla Savte, acronimo della Società Anonima Verbano per la Trazione Elettrica. Il materiale rotabile era stato ricavato dalle motrici usate per la ferrovia sopraelevata costruita per l’Esposizione milanese del 1906  che collegava, a sette metri d’altezza e per poco più di un chilometro e mezzo, il Parco Sempione e la Piazza d’Armi (l’attuale zona Fiera). Terminata l’Esposizione che in omaggio al traforo del Sempione,  inaugurato lo stesso anno, era stata dedicata ai trasporti, gran parte di quel  materiale venne acquisito dalla Savte che aveva in programma l’ambizioso progetto della tranvia tra i due principali centri del Cusio e del Verbano. Impresa di tutto rispetto che, divisa in vari tronchi, si concretizzò  in pochi anni. Il progetto iniziale prevedeva un collegamento tra la stazione ferroviaria di Fondotoce e la città svizzera di Locarno. Vari enti, tra cui la Banca Popolare di Intra, s’impegnarono dal punto di vista finanziario ma il progetto venne ripensato, realizzato solo parzialmente e con grande ritardo, tra Pallanza a Fondotoce. Il primo viaggio della tranvia avvenne il 16 Ottobre 1910. Ma si trattava , come scrissero i giornali dell’epoca, dell’attuazione “di una minima parte del grandioso programma che la Società Anonima Verbano ha tracciato e si ripromette di esaurire non oltre l’autunno prossimo“. In realtà il secondo tratto fino ad Omegna fu aperto nel gennaio del 1913 e , successivamente, furono posati i binari per il proseguimento da Pallanza all’imbarcadero di Intra. L’ipotizzato prolungamento fino a  Cannobio, a ridosso del confine con l’elvetico Canton Ticino, non fu mai realizzato. La giornata della tranvia era articolata con ventidue coppie di corse tra i due capolinea e poche altre limitate al segmento Gravellona – Omegna. Nel 1939 la Savte si rese conto della necessità di operare un restauro delle infrastrutture e dei tram, ma lo scoppio del secondo conflitto mondiale rese impossibile la fornitura dei materiali per la necessaria manutenzione. Terminato il conflitto i problemi legati al funzionamento della tranvia si palesarono in tutta evidenza e la Savte immaginò di abbandonarla per privilegiare il trasporto su strada. Fu ipotizzata la trasformazione in filobus, ma la linea venne definitivamente chiusa nei primi anni ’50, sostituendola “in via provvisoria” con il trasporto automobilistico. E, come tutte le cose provvisorie, la scelta della gomma a discapito del ferro diventò definitiva e segnò il tramonto della tranvia. Le uniche rotaie su cui sferragliarono ancora dei convogli fino ai primi anni ‘80, seguendo il vecchio tracciato per un breve tratto, collegarono la ferriera  omegnese della Pietra, ex Cobianchi, alla stazione ferroviaria di Crusinallo.

Marco Travaglini