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Torino: I-MUSE, la prima app che utilizza l’intelligenza artificiale per la visita nei musei

Il progetto nasce dalla collaborazione tra Politecnico e Università di Torino, con il sostegno di Fondazione Compagnia di San Paolo.

 

Nasce I-Muse, la “Musa di tutti i musei”, la prima app che utilizza l’intelligenza artificiale per migliorare l’esperienza di visita nei musei.

 

Il progetto nasce dalla collaborazione tra Università di Torino e Politecnico, con il sostegno di Fondazione Compagnia di San Paolo nell’ambito della prima edizione del bando Intelligenza Artificiale. La sperimentazione parte da Torino e coinvolge otto realtà museali: Reggia di Venaria Reale, Museo Egizio, Palazzo Madama, GAM- Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea e MAO – Museo d’Arte Orientale, Museo Nazionale del Cinema, Museo Nazionale dell’Automobile e Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli. Insieme a loro, partner del progetto sono Associazione Abbonamento Musei, Osservatorio Culturale del Piemonte e Big Data Analysis Lab del Comune di Torino.

 

Grazie ad I-Muse, sviluppata in collaborazione con la società Synesthesia, e attualmente disponibile per iOS e Android, gli utenti potranno migliorare e amplificare la loro esperienza di visita, con percorsi personalizzati, approfondimenti suggeriti sulla base delle loro preferenze e la possibilità di scoprire sia le opere esposte sia quelli custodite nei magazzini e archivi. Ma non solo. L’app fornisce suggerimenti di visita in altri musei, creando connessioni trasversali e percorsi di visita originali. Se per esempio, alla Pinacoteca Agnelli ci si sofferma su La Baigneuse Blonde di Renoir, I-Muse mostrerà le connessioni con Ritratto di signora di Giovanni Boldini nelle collezioni della GAM. Oppure, se si visita il Museo Egizio e ci si sofferma sulla Statua di Tauret del XII secolo a.C., l’app suggerisce di andare ad ammirare anche la statua DadAndroginErmete del 1987 di Luigi Ontani.

 

Grazie a I-Muse dunque sarà possibile allargare gli orizzonti di visita, superando l’idea di musei separati e mettendo le collezioni in dialogo. I visitatori potranno fruire del patrimonio come se fosse custodito in unico grande museo, a portata di app. E il Dipartimento di Architettura e Design del Politecnico ha progettato a questo proposito venti musei virtuali su temi trasversali, come per esempio il cambiamento climatico, il cibo, il movimento, il tempo che ospitano opere da tutti gli otto musei coinvolti in uno spazio virtuale appunto comune.

 

Il funzionamento di I-Muse è semplice. Una volta scaricata l’app si potranno impostare i temi di interesse a cui si aggiungeranno mano a mano le opere in mostra. Per inserirle nel proprio database basterà inquadrare il Qrcode posto di fianco all’opera. Tutto questo permetterà ad I-Muse di conoscere meglio l’utente e dunque di proporre suggerimenti in linea con il profilo.

 

Tra le molte funzionalità di I-Muse anche il gaming sviluppato dalla società Garycom, con una sezione apposita dell’app che permette di giocare con le collezioni.

 

Tra i vantaggi per i musei non solo quello di offrire una migliore esperienza di visita ma anche di acquisire dati sulle preferenze degli utenti, permettendo così di migliorare i percorsi, ottimizzare gli ingressi anche attraverso ticketing dedicati e più in generale conoscere meglio il proprio pubblico.

 

I-Muse è ideato da un team di ricercatori e nasce dalla collaborazione dei due Atenei torinesi, Università di Torino e Politecnico. I Dipartimenti coinvolti sono quattro: Dipartimento di Scienze economico-sociali e matematico-statistiche dell’Università di Torino, (referente: Giovanni Mastrobuoni); Dipartimento di Management dell’Università di Torino (referente: Nadia Campaniello); Dipartimento di Automatica e Informatica del Politecnico di Torino (referente: Giovanni Squillero); Dipartimento di Architettura e Design del Politecnico di Torino (referenti: Sergio Pace, Manfredo di Robilant).

 

La sperimentazione di I-Muse parte da Torino a cura di Club Silencio, nell’ambito del progetto Una notte al Museo che ogni settimana permette a un ampio pubblico, con una forte presenza under 35, di vivere i musei in chiave insolita e coinvolgente.

Il 13 settembre, in occasione di un appuntamento dedicato, saranno presentati i dati di questa prima fase di sperimentazione.

 

Nadia Campaniello raccoglie la voce del team di ricercatori e dichiara “L’app I-Muse fa parte di un progetto più ampio, che utilizza un approccio matematico-statistico per studiare il mondo della cultura. L’obiettivo è quello di ampliare in futuro il numero di musei che ne fanno parte, per ampliare l’offerta dei percorsi tra musei diversi”.

 

Con il bando Intelligenza Artificiale, la cui prima edizione è stata lanciata nel dicembre del 2020 dalla Fondazione Compagnia di San Paolo e la seconda, con dimensione nazionale, nel 2021 con Fondazione CDP, la Compagnia di San Paolo conferma il proprio sostegno a progetti di ricerca innovativi, finalizzati all’avanzamento della conoscenza scientifica nell’ambito dell’intelligenza artificiale e con una ricaduta concreta sul territorio in termini economici e sociali. “– ha dichiarato Francesco Profumo, Presidente della Fondazione torinese – “Un bando proiettato verso il futuro e rivolto a chi, in questo futuro, sarà assoluto protagonista: i giovani. Rientra in questo ambito il progetto i-Muse che ci dimostra quanto sia importante che intelligenza artificiale e il patrimonio museale dialoghino tra di loro al fine di trovare soluzioni innovative per la formazione dei cittadini di oggi e di domani.”

 

Per conoscere I-Muse e scaricare l’app download.aimuseum.art

 

Luca Mangoni del gruppo Elio e le Storie Tese racconta “Supergiovane Forever”

Sabato 29 luglio, ore 19.00
Capodoglio, via Murazzi del Po Gipo Farassino 37

Luca Mangoni del gruppo Elio e le Storie Tese racconta “Supergiovane Forever”, il suo libro, scritto a quattro mani con Paolo Cosseddu, edizioni People, la casa editrice fondata da Giuseppe Civati.

Chi ha frequentato gli storici Murazzi di Torino non può che ricordarsi il loro legame con la musica e, proprio al Capodoglio che ha appena aperto nello spazio che era l’Alcatraz, gli aneddoti di Luca Mangoni ci faranno attraversare gli ultimi decenni di storia musicale vista dal punto di vista di uno dei gruppi da sempre più interessanti del panorama italiano, gli Elio e le Storie Tese.

Proprio in concomitanza con il nuovo tour del gruppo, Mangoni presenta questo libro in cui racconta le sue molteplici identità, dall’infanzia in una Milano che non c’è più alla passione politica, dai determinanti incontri ai tempi della scuola fino all’attività di stimato architetto e, soprattutto, di irresistibile performer. Una storia tra realtà e leggende, alcune fra queste raccontate dalla viva voce di due che lo conoscono bene: Faso e Rocco Tanica.

Con lui sabato a Torino ci sarà Paolo Cosseddu, direttore editoriale della rivista Ossigeno e coautore del libro. Introduce l’incontro Francesca Druetti. L’evento è inserito nell’ambito del Salone OFF del Libro di Torino.

L’ingresso è libero e gratuito, per informazioni 3386567889.

Leggi che ti fa bene

Leggere non hai mai ucciso nessuno; anzi, ha migliorato l’esistenza di moltissime persone.

Don Milani sosteneva che “Il padrone sa 1000 parole, tu ne sai 100; ecco perché lui è il padrone”, attribuendo non soltanto al denaro ma anche e soprattutto alla cultura, alla conoscenza ed alla padronanza di una lingua la chiave di volta del successo.

Ricordo ancora che già in prima elementare il maestro ci fece leggere “Pinocchio” ed in seconda “Cuore” che furono, dopo le fiabe, il nostro primo confronto con un testo sul quale cominciare a farsi un’idea, un’opinione propria. Da lì in poi, almeno per me, è stato un susseguirsi di narrativa, saggi, biografie, storia, manuali (ma non solo) al ritmo di almeno tre al mese, escludendo quelli scolastici ed universitari; in vacanza, salvo dover guidare o essere altrimenti impegnato, un libro può iniziare e finire in una giornata di relax in spiaggia.

La frase di Don Milani citata poc’anzi, come molte frasi riferite a personaggi famosi, deve far riflettere non soltanto per chi ne sia stato l’autore, ma per il suo significato: è questa una delle doti che la lettura porta con sé.

Leggere significa apprendere qualcosa di ignoto, confrontare il nostro pensiero con quello dell’autore, crearci un’opinione nuova,anche antitetica rispetto a quella che avevamo, e scoprire così che il nostro pensiero, le nostre convinzioni non possono mai essere considerate universali.

Una delle certezze che ho appreso fin da bambino è che non si smette mai di imparare, neppure da anziani (vedi come questi imparano la tecnologia e le novità dai giovani); ecco perché la lettura costituisce uno dei mezzi più economici, più pratici e più semplici di apprendimento, di confronto e di acculturamento che esistano.

Qualcuno, tempo fa, mi disse che i libri costano tantissimo in rapporto a quello che danno e qualcun altro, decisamente da candidare al Nobel per il pensiero inutile, aggiunse che “una volta che lo scrittore ha scritto il libro, perché ogni copia deve costare così cara?”: sono certo di non avergli risposto.

Pensiamo soltanto al costo delle enciclopedie, di cui moltissime case erano fornite fino a circa 30 anni fa e che ora sono inutili e datate: con quello che si risparmia non acquistandole si possono comprare decine e decine di libri.

Io, personalmente, a parte i libri scritti da amici che acquisto solitamente in occasione del firmacopie o qualche libro particolare che voglio leggere subito, mi fermo almeno una volta alla settimana presso le bancarelle di via Po (centro città, per i non torinesi) e dedico dieci – quindici minuti a vedere se via sia qualche arrivo nuovo, ad un costo fra i due ed i cinque euro. Tempo fa trovai una copia, perfetta, de “La Cittadella” di Cronin (quella che negli anni ’60 ci appassionò in TV con Alberto Lupo e Anna Maria Guarnieri) stampata nel 1938, quando il libro fu scritto. Non ci pensai due volte e la acquistai, scoprendo dopo che aveva un valore economico molto superiore ai due euro che spesi per il suo acquisto.  Leggendolo in poche sere capii molte cose che la trasposizione televisiva non consentiva di comprendere appieno.

Anche volendo ridurre un libro a semplice testo stampato, consideriamo che un testo di senso compiuto (escludendo quindi libri demenziali o scritti da analfabeti che si auto pubblicano) consente almeno un vantaggio: comprendere la grammatica e la sintassi di una lingua.

Quando incontro quelli che definisco “killers del congiuntivo” chiedo, con nonchalance, quali siano i loro gusti letterari, quale l’ultimo libro scritto anche se sarebbe più indicativo chiedere quando abbiano letto l’ultimo libro.

In Italia siamo, tra i Paesi che si autodefiniscono evoluti, negli ultimi posti per numero di libri letti all’anno e per tempo giornaliero dedicato alla lettura: in Europa siamo penultimi, insieme ad Austria e Romania, con cinque minuti al giorno; solo i francesi stanno peggio di noi, con due soli minuti al giorno.

Se parliamo di giornali quotidiani, poi, la situazione è ancora peggiore: in Italia c’è un discreto consumo di quotidiani sportivi (siamo tutti allenatori, al bar o in poltrona), ma è notevolmente calata rispetto a qualche anno fa la tiratura delle testate d’opinione; d’altronde il termine “opinione” esprime la convinzione che una persona si forma nei confronti di un fatto specifico, in assenza di elementi che consentano di appurare la verità.

Ma se non leggiamo come facciamo a formarci un’opinione e, ancor più, a confrontare le nostre opinioni con quelle altrui?

In epoche remote i libri erano spesso messi al rogo perché scomodi al potere, perché permettevano di ribellarsi al potente di turno; Joseph Brodsky, poeta vincitore del Nobel nel 1987, sosteneva che “Ci sono crimini peggiori del bruciare libri. Uno di questi è non leggerli”.

Sergio Motta

Israele, Francia, Spagna: i media internazionali lanciano il turismo a Torino

Torino sempre più protagonista del panorama internazionale, anche grazie all’attenzione dei media. A renderlo noto è Turismo Torino e Provincia che registra una sempre maggiore presenza delle mete turistiche torinesi sulle pagine delle riviste e nei servizi di tv di tutto il mondo.

A marzo era stato il celebre quotidiano inglese The Guardian a raccontare la nostra città come una meta imperdibile, partendo dal mercato di Porta Palazzo per poi spingersi a visitare il Museo Egizio, Palazzo Madama e le residenze reali, la Mole Antonelliana, il Teatro Regio, le Ogr e molto altro.

Nei mesi scorsi la città ha poi ospitato le troupe dei programmi “Camper” e “Camper in viaggio” della Rai e, da qui alla fine dell’estate, l’offerta turistica, culturale ed enogastronomica torinese sarà protagonista anche di altri importanti approfondimenti giornalistici.

Da Israele è in visita proprio in questi giorni Metropolis Magazine, la più importante rivista locale, che punterà il focus su storia, cultura, arte e cucina torinesi. Il caporedattore Yadin Roman ha intervistato il Sindaco Stefano Lo Russo, in una chiacchierata che ha spaziato tra le mete da non perdere della città alle sue trasformazioni in atto con le risorse europee, passando per la sua attrattività come città universitaria e nel campo dell’innovazione.

Dalla Spagna nei prossimi giorni arriveranno invece alcune delle più importanti riviste di viaggio, come Qtravel.es, Miradas Viajeros Magazine, Moviestar TV, espirituviajero.com, magazinehorse.com, beandlifemagazine.com e Destinos El Periódico de Cataluña.

Da oltralpe arriverà invece il giornale on line wevamag.com dedicato a turismo, viaggi e tempo libero per dedicare un ampio reportage ai musei e alle tappe culinarie da non perdere sotto la Mole.

Christian Ruggeri

“Gatto Selvaggio”, Romolo Gobbi 60 anni fa a Mirafiori

26 luglio 1963 …26 luglio 2023. Sono passati 60 anni che sembravano un’eternità.

Romolo Gobbi, studente all’ultimo anno di giurisprudenza, diffondeva davanti ai cancelli della
Mirafiori un giornale, di cui era direttore, dall’emblematico titolo “Gatto Selvaggio”.
Riprendeva lo scontro sociale a Torino.
Giusto un anno prima alla Fiat si era ripreso a scioperare per il contratto di lavoro e l’egemonia
Vallettiana stava venendo meno.
Vittorio Valletta si era fatto un proprio sindacato SIDA, soprannominato sindacato giallo. Anni di
conflitto, anni di crescita sociale e direi anche di crescita culturale.
Torino, Città Fabbrica, produceva tante automobili, ma anche una nuova classe politica che
avrebbe avuto nel ‘68 il suo punto più alto nella contestazione. Direi conflitto costruttivo perché
produceva. Proprio così, produceva qualcosa di positivo per il dopo.
Romolo Gobbi, come scrisse il giornale ABC, figlio della buona borghesia Torinese era anche
Direttore del Gatto Selvaggio, attirando gli strali della magistratura e della politica, in particolare
dei politici del PCI. Precisamente era considerato amico da una parte dei dirigenti comunisti
sindacalisti come Sergio Garavini o Vittorio Foa, e visto come fumo negli occhi da Adalberto
Minucci, allora Segretario provinciale, che in un articolo sull’Unità gli diede del prezzolato. In poche
parole, accusò Romolo Gobbi di essere al libro paga della Fiat per gettare scredito sul movimento
operaio. Affermazione falsa, totalmente falsa. Ovviamente si poteva essere o non essere d’accordo
con quello che diceva Romolo. Non cadendo (forse volutamente) nel dileggio si rimane nel
confronto politico sulle idee. Un gruppo di iscritti alla FGCI contestò le affermazioni pesanti di
Minucci.
Tra i firmatari il mio amico Marco Moratto, sedicenne con il pallino della politica. Fu espulso dalla
Federazione Giovani Comunisti. Anni dopo rientrò nel PCI, con la sua proverbiale scettica
intelligenza.
Ma alla fine cosa contestavano a Romolo Gobbi? Di essere favorevole al sabotaggio in fabbrica. Più
che una esaltazione, la sua era una costatazione, anzi si auspicava il passaggio dal sabotaggio alle
forme di lotta come il gatto selvaggio. Concretamente squadre di operai si astenevano 15 minuti a
turno di fatto bloccando per l’intera giornata la catena di montaggio. Il minimo sforzo con il
massimo risultato. Era una forma di lotta osteggiata dal sindacato, ma sicuramente più apprezzata
dagli operai. Anni dopo, in un documentario RAI sulle lotte operaie per il contratto di lavoro, gli
operai intervistati, a maggioranza, si dichiararono favorevoli agli scioperi a gatto selvaggio. Del
resto, è la nostra stessa Costituzione a prevedere il diritto di sciopero, indipendentemente dalla
forma.
Comunque Romolo si beccò 10 mesi, condannato per apologia di reato. Venne assolto dal più
grave reato di istigazione a delinquere. Venne difeso dall’Avvocato Guidetti Serra, che aveva dato il
placet alla stampa del Gatto Selvaggio, dal momento che più nessuno era stato condannato per
apologia di reato a mezzo stampa sin dalla caduta del Fascismo.
Poi… di fatto fu una ” medaglia ” che si è portato dietro tutta la vita.
Si laureò un anno dopo tra gli strali del Preside di giurisprudenza che lasciò l’aula come segno di
disapprovazione verso Romolo Gobbi e i contenuti della sua tesi.
Ora? Tanti ricordi…ma non solo.
Romolo sta rivivendo un terza se non quarta giovinezza a 86 anni. Ed in fondo anche noi che non
siamo più giovani e siamo stati suoi studenti. E non solo ricordi ma anche la presunzione d’essere
stati protagonisti di un pezzettino di Storia della nostra Città. Così ai primi di ottobre presso la
libreria Trebisonda- via Sant’Anselmo 22- si terrà la presentazione del suo libro: Come eri bella
classe operaia. Insomma, il nostro professore Romolo Gobbi non molla.
PATRIZIO TOSETTO

Sogni memorabili in una stanza al Regina Margherita

 

PROGETTO: PRIMAVERA ARCHITETTURA
Progettista principale: Arch. Elisa Primavera
Renderista: Natalia Pellegrino

Si tratta di un progetto concreto ideato per offrire un supporto prezioso ai bambini
ospedalizzati presso il Regina Margherita di Torino. Sarà una stanza multisensoriale
pensata e dotata di giochi e arredamenti specifici, con l’obiettivo di attivare i sensi e
stimolare il corpo in un contesto di rilassamento e benessere. Attraverso l’utilizzo di
luci, giochi interattivi e arredamenti appositamente progettati, si mira a distogliere i
piccoli ospiti dallo stress dell’ospedalizzazione, offrendo loro e ai loro genitori, un
ambiente più sereno durante il periodo di permanenza in ospedale.


L’INTENTO
Questa è un’occasione progettuale nata contestualmente a un problema di salute del
bambino a cui sono più legata, quindi la progettazione è stata presa molto a cuore e
vagliata insieme al piccolo “fruitore” e al pensiero che altri piccoli, come lui, potessero
trovare un ambiente con i suoi spunti fantasiosi in modo da creare un angolo felice.
Questa premessa ha dato vita a una proposta in cui le idee di gioco, le emozioni,
l’apprendimento, la creatività, potessero coesistere in un luogo colorato e
multisensoriale, con un arcobaleno che accompagna i giovani ospiti nello svago.

LA SEGNALETICA
La stanza in oggetto è sita al piano primo dell’Ospedale e sarà raggiungibile tramite
un percorso indicato con logo arcobaleno e segnaletica a pavimento multicolore.

Logo

Segnaletica a pavimento percorso per la Stanza dei Sogni Memorabili

IL PROGETTO
La Stanza dei sogni attualmente è separata dal terrazzo da finestre di cui si prevede
la sostituzione con una vetrata fino a terra per consentire il passaggio diretto verso
la serra collocata a sud-ovest, da cui si potrà accedere all’area esterna.
La parte impiantistica della stanza principale non prevede una modifica agli impianti
né ai controsoffitti, verranno implementati unicamente i faretti per creare un cielo
stellato.

1) La Stanza Principale si articola in più poli di seguito in dettaglio:
– Appena entrati sulla destra si trova un mezzo arcobaleno, semibuio all’interno,
con un proiettore che consente ai bambini di giocare con le loro ombre o
semplicemente di guardare, appoggiati a morbidi cuscini, immagini rilassanti
come luoghi immersi nella natura o animali nel loro habitat;
– Si prosegue, sempre sulla stessa parete, con una zona libreria e lettura
ricavata sotto un finto albero posizionato su morbidi gradoni, i cui rami portano
pannelli che si ancorano al soffitto creando movimento di luci a forma di nuvola
e colore per un’area giocosa. E’ presente un divanetto per gli accompagnatori.

– Esattamente dal lato opposto troviamo una scaletta per scivolare all’interno
della serra, verso una zona molto luminosa, con un pannello forato per
impedire ai bambini di raggiungere la finestra di fianco.
– Proseguiamo con un tavolo pittura con lavagnetta e vano per i colori per
stimolare la creatività dei piccoli ospiti.
– Una vetrata con due porte, per grandi e piccini consente di intravedere e di
raggiungere la serra. Qui i bambini possono scegliere quale porta usare.
– A lato della vetrata, sulla nuova spalletta, dei tubi in plastica colorata portano
delle casse audio da cui esce la musica.

– Nella porzione di sinistra rispetto all’ingresso della stanza è stata ricavata in
nicchia una zona per le macchine di distribuzione acqua e snack, schermata
da una pannellatura completamente apribile a battente e riposizionabile sulla
parete di fianco. Di fronte un tavolino per poter fare la merenda.
– Una grande pianta in vaso scherma la porta del laboratorio che non verrà più
utilizzata. Si prevede l’utilizzo delle Paulonie per la loro azione green di
assorbimento dell’inquinamento.
Questa stanza è caratterizzata dall’uso del colore differente per evidenziare zone di
tranquillità da zone di pensiero e creatività, gli arredi e i complementi sono su misura.

2) La Serra: questo è un ambiente orientato a sud-ovest, interamente vetrato
verso il terrazzo, con delle portefinestre apribili, mentre a soffitto due grandi
lucernari circolari fissi consentono di guardare il cielo. La struttura della serra
è in acciaio strutturale con copertura in lamiera coibentata REI 90 leggermente
inclinata.
E’ previsto l’utilizzo di schermature solari a telo, fissate nella parte alta della
struttura e comandabili elettricamente singolarmente.
Sulla serra affaccia una finestra del laboratorio che verrà anch’essa schermata
con tende a telo liscio.
Delle sfere colorate illuminano l’ambiente creando un motivo a palloncini sul
soffitto.
– Appena entrati un grande tavolo centrato all’ambiente è pensato per far
giocare i bambini con le costruzioni contenute nella porzione di tavolo
ribassata. Una mensola gli consente di esporre le proprie creazioni e una
grande mongolfiera in telo tecnico tipo pvc tesato su una struttura in metallo,
crea un ambiente giocoso e un’atmosfera da sogno, in cui i bambini possono
pensare di volare, tutti insieme per creare ricordi felici.
– Un cannocchiale posizionato su una pedana consente ai bambini di guardare
il cielo stellato.

– All’interno del volume serra esce uno scivolo colorato con approdo in una
vasca di palline.
– Di fianco allo scivolo è presente anche una zona con il tetris magnetico, dei
pannelli riposizionabili con cui i bambini possono giocare.
– Dal lato opposto è presente una zona divano per gli accompagnatori e
possono essere posizionate molte Paulonie in vaso.

3) Il Terrazzo: si accede dalla serra a questo spazio esterno molto esposto al
sole, ragion per cui un grande telo a forma di aquilone colorato e tesato che
copre la porzione di area di gioco. Questa forma diventa anche riconoscibile e
visibile dall’alto e vuole essere un messaggio di gioco, di spensieratezza, di
desiderio di viaggiare, di lasciarsi trasportare liberi dal vento e lontani dalle
preoccupazioni, in luoghi sempre nuovi.
Tutto intorno delle paratie verticali creano una quinta rispetto al contesto
circostante e consentono un riparo dai pericoli per i bambini.
La porzione di parete intorno alle finestrature visibili, quelle del laboratorio
attiguo, viene riquadrata e colorata per creare un motivo giocoso.
Sul terrazzo, in cui il pavimento sarà rivestito in verde sintetico per simulare un
giardino, il luogo in cui tutti i bambini vogliono andare, vi è un percorso fatto di
archi che consente di creare delle attività esterne di gioco (altalena, amaca), il
tutto culmina in un teatrino sotto all’arcobaleno, dove i piccoli fruitori possono
immaginare di essere chiunque loro vogliano. Proprio di fianco alla pedana
infatti un baule conterrà travestimenti e strumenti utili all’esibizione.
Le nuvole alla base degli archi, diventano delle sedute per bimbi e
accompagnatori e lo spazio fra gli archi un luogo dove correre felici e sognare.

“LA STANZA DEI SOGNI MEMORABILI”
Ospedale Regina Margherita – Torino

Triora, il paese delle streghe

Misteri e leggende nell’entroterra ligure

La Liguria è una meta estiva molto apprezzata. Con le sue bellissime spiagge, i deliziosi luoghi di villeggiatura, ad un passo da Torino (lavori stradali permettendo), è una valvola di sfogo naturale dalla nostra città continentale verso il blu del mare, i bagni e il relax, in poche parole questa regione per i piemontesi, e non solo, è sinonimo di vacanza.

Oltre alle località prettamente marine che amiamo raggiungere soprattutto nel week end per affrancarci dal caldo urbano, ci sono piccoli paesi e borghi che meritano assolutamente una visita, anche durante le altre stagioni. Tra questi c’è Triora, un centro medievale avvolto dal mistero e da storie che narrano di magia e sortilegi.

Arroccato a circa 800 metri sopra la riviera ligure di ponente, in provincia di Imperia, questo gioiello che si affaccia sulla Valle Argentina è popolato da poco più di 200 persone. Tria-Ora, il nome originario che vuol dire le tre bocche e rappresenta i tre prodotti alimentari tipici del luogo (vite, castagno e grano), è famoso per i suoi paesaggi montani e i meravigliosi boschi che lo circondano ma soprattutto per la sua storia, quella tra il 1585 e il 1589, che lo ha fatto divenire il Paese delle Streghe.

Nel sedicesimo secolo a Triora, infatti, ci furono diversi terribili eventi, pestilenze e carestie, e una ventina di donne furono accusate di procurare siccità, morte del bestiame e persino di mangiare i bambini; forti di questa convinzione i cittadini decisero di processare queste fattucchiere che furono giudicate dall’Inquisizione e torturate per costringerle a confessare, alcune di esse arrivarono addirittura al suicidio per sfuggire alle crudeltà a cui furono sottoposte. Diverse case vennero trasformate in prigioni e Triora, a causa questi eventi legati a malefici incantesimi, fu chiamata la “Salem d’Italia” e divenne famosa in tutta la penisola.

La storia di questo adorabile paesino, avvolto dalle montagne, è inevitabilmente legata a questi eventi macabri, ogni angolo, ogni strada o luogo rimanda, infatti, alle famose streghe con suggestivi dipinti murali, statue, ma anche oggetti, tarocchi e i famosi cioccolatini “il bacio della strega”. Ogni anno, per ricordare i magici incantesimi delle megere, la prima domenica dopo ferragosto si celebra la “Strigora” durante la quale un corteo di streghe (si fa per dire) raggiunge un edificio, la Cabotina, dove sembra che queste ultime ,nel periodo malefico, si riunissero . Il Museo di Etnografia e Stregoneria, oltre all’esposizione di una ricreazione della vita contadina del passato, raccoglie alcuni documenti relativi ai processi, ricostruzioni degli interrogatori e delle torture.

Triora, oltre alla sua storia di magia nera, è considerato uno dei borghi più belli d’Italia grazie alla sua posizione, allo scenario in cui è incastonato, alle sue mura di cinta, ai suoi meravigliosi panorami, ai resti del castello ma anche per alcune attrazioni come la chiesa di San Bernardino, nota per i suoi affreschi del 400, i portali di ardesia, Palazzo Stella, la Collegiata e la Fontana Soprana.

Maria La Barbera

Per maggiori informazioni:

www.trioradascoprire.it

http://www.comune.triora.im.it

Dome. Proprio tu, in quella selva di microfoni / “Facce da scuola” 8

COSA SUCCEDE(VA) IN CITTA’

Quarant’anni fa, a Vallette … I “migliori” anni della mia scuola

 

Gianni Milani

Dome (Domenico) me lo ritrovai praticamente addosso, una mattina di metà Anni Novanta, lungo un affollatissimo (di giornalisti, cameraman, industriali e autorità varie) corridoio del palazzo dell’“Unione Industriale” di Torino, in via Fanti. Microfono, il sottoscritto, in mano e tanto di operatore a seguito, quasi mi sollevò da terra mentre con un’orda indistinta di altri famelici colleghi giornalisti, si inseguiva Cesare Romiti – allora presidente e ad del Gruppo Fiat – alla ricerca di qualche dichiarazione, di una “battuta” (bastava, per costruirci un servizio, se surrogata dall’importanza del personaggio) di quelle che il padre della marcia dei 40mila non mancava mai di elargire, con signorile umorismo – marchio Lingotto e con saggia misura, a noi avidi raccoglitori di notizie fresche fresche di giornata. Collaboravo allora con la redazione torinese di “Videogruppo Tv”. Domenico – dicevo – me lo ritrovai quasi addosso, una barriera umana insormontabile e ben difficile da aggirare, una montagna d’uomo che dimostrava di ben conoscere il suo non facile mestiere. Sì … ma perbacco c’è modo e modo… Le brusche maniere di quel “voluminoso” bodyguard mi irritarono non poco. Ma che diamine! Mi venne da esclamare. Ma … ma … Domenico … che ci fai tu qui? Occhi sgranati … i suoi. Occhi sgranati … i miei! Erano passati oltre vent’anni, dai tempi in cui Dome (diminutivo d’affetto) frequentava le “medie” alla “Carlo Levi”. Ragazzo esemplare, estroverso, compagnone, a scuola era ben voluto da tutti, ragazzi e professori. Educatissimo, rispettoso, sempre pronto ad aiutare i compagni in difficoltà. Mi risulta (non era mio alunno, ma il lungo corridoio al primo piano era casa di tutti) fosse anche, dal punto di vista del profitto scolastico, fra i migliori della sua classe. Domenico era, fra l’altro (e credo che il particolare non fosse di poco conto rispetto alla bontà del suo comportamento e rendimento scolastico) figlio di una delle più simpatiche ed efficienti bidelle – pardon! operatrici scolastiche – della scuola. Come dire: sorvegliato a vista da docenti e mamma-bidella. Anche se lui non ne aveva proprio bisogno, perché era davvero ragazzo serio e coscienzioso di suo, che non avrebbe mai potuto, nonostante le molte tentazioni e scappatoie offerte dal quartiere, imboccare una “brutta strada”. E, per l’appunto, eccolo lì, ad anni di distanza, a far da “guardaspalle” al “mastino” o “sgiafelaleun” (com’era solito chiamarlo l’ex-sindaco di Torino “Penna bianca”  Novelli) di casa Fiat. Agente della Digos. Dome era stato assegnato a incarichi speciali  e sicuramente delicati, come far da scorta a politici, a personaggi pubblici, agli uomini Fiat e addirittura, in alcuni casi, all’Avvocato e ai membri della famiglia Agnelli. Quella mattina all’“Unione Industriale” tacchinava fiatosulcollo, cercando di proteggerlo dalla mischia orgiastica dei media il presidente Romiti. Vedendomi e riconoscendomi dopo le mie malcelate ed improvvide “proteste”, cercò per quanto possibile – e, diciamola tutta, venendo un po’ meno agli impegni ferrei cui doveva in ogni caso sottostare – di aprirmi un piccolo varco agevolandomi in qualche modo nel far arrivare il mio microfono a portata di bocca del Presidente. Che qualche “battuta” (non ricordo l’argomento) generosamente, bontà sua, ce la elargì. Al termine dell’inseguimento, prima di chiudersi in ascensore con l’illustre protetto, mi strizzò l’occhio … come dire … in fondo glielo dovevo, dopo tanti anni in via delle Magnolie! Grazie Dome. Anche tu ce l’avevi fatta e mi regalavi convinzioni importanti, di quelle che a un povero prof. fanno toccare il cielo con un dito. Per un motivo soprattutto. Perché al tuo “successo” nella vita capivo che potevano aver contribuito (in parte, oltre all’indiscutibile educazione famigliare, alle amicizie e quant’altro) anche quelle giornate passate fra i banchi della “Levi” e le confidenze rubate agli intervalli e ogni qual volta avevi avuto modo di parlare con quel prof. già allora spelacchiato e con tanti altri suoi colleghi e tuoi docenti che in te e in molti tuoi compagni avevano creduto e puntato il tutto per tutto, giocando le carte più importanti, sfiancanti ma vincenti, del loro difficile mestiere. Domenico lo rividi in altre occasioni. Lui sempre impegnato nel suo lavoro di “scorta” – grisaglia classica come da copione, cravatta blu, occhiali scuri, auricolari d’ordinanza – io calato nei panni del giornalista ma per lui sempre e solo prof. Ho rivisto Dome, per l’ultima volta, nel marzo del 2014. Per caso. Ci incontrammo sulla Metro, nel tratto che da “Racconigi” (dove salivo solitamente) arriva a “Porta Nuova”. Un omone con il cuore da bambino. Una montagna di capelli ricci, neri con qualche grigia sfumatura. L’età ormai superava i primi anta. Sposato, padre tenerissimo. Ora – mi raccontò –  mi occupo di sicurezza negli stadi. Il piglio sempre uguale. Il mestiere aveva semplicemente dato struttura a quell’incapacità innata di accettare soprusi e di mettersi sempre dalla parte dei più deboli  e indifesi che era propria del Domenico, ragazzotto di belle speranze, alunno che ce ne fossero tanti e idolo incontrastato delle fanciulle di via delle Magnolie. A Vinzaglio ci salutammo. Vengo a salutarti in ufficio, prima che tu vada in pensione, mi urlò. Il tu si sostituisce spesso, e in modo spontaneo, al lei in quegli alunni che hai conosciuto adolescenti, condividendo con loro rapporti di sincera empatia, e che, a distanza di anni (se ancora sei “riconoscibile” e il tempo non ha infierito su di te in modo impietoso) rivedi uomini fatti. In pensione ci andai a fine marzo. Da lì a pochi giorni sarei diventato nonno della bimba più bella di questo mondo. Da allora, non l’ho più rivisto. Il suo bonario sorriso mi accompagnò lungo la scala mobile fino alla ripartenza del convoglio. Ma ne sono certo. Prima o poi, caro Dome, ci sarà ancora un “Racconigi – Vinzaglio” tutto per noi.

Gianni Milani

Affitti, il bilocale è la formula preferita

Il bilocale resta il preferito da chi affitta, scelto nel 39,1% dei casi
Aumenta il ricorso al contratto transitorio e al canone concordato

L’analisi dei contratti di locazione stipulati attraverso le agenzie del Gruppo Tecnocasa nel 2022, evidenzia un 66,9% di affitti conclusi per scelta abitativa, un 25,4% di contratti stipulati da lavoratori trasfertisti e un 7,6% di affitti legati agli studenti universitari. Rispetto al 2021 si evidenzia un aumento della percentuale di contratti stipulati a lavoratori trasfertisti, si passa infatti dal 23% del 2021 al 25,4% del 2022. Sostanzialmente stabile la quota di affitti a studenti (7,6%), mentre la maggior parte dei contratti (66,9%) riguarda single, coppie e famiglie che scelgono l’affitto come soluzione abitativa per motivi personali oppure per esigenze economiche.

Tra le metropoli, le città in cui è più alta la percentuale di chi affitta per motivi di lavoro sono Bologna (51%), Firenze (42,3%), Milano (38,9%) e Verona (34,3%). Per quanto riguarda l’affitto a studenti universitari le città più attive sono Bologna (28,6%), Torino (26,4%) e Milano (25,7%). A Milano rispetto al 2021 sale la percentuale di affitti a studenti che passa dal 23,6% al 25,7%, mentre la quota di affitti a lavoratori trasfertisti rimane sostanzialmente invariata. Le città dove sono più alte le percentuali di affitti per scelta abitativa sono Napoli (81,4%), Palermo (78,6%) e Bari (75,0%). A Roma il 2022 evidenzia un aumento della percentuale di stipule a lavoratori trasfertisti, che passa dal 22,5% al 25,2%, mentre rimane invariata la quota di affitti a studenti universitari (11,0%). A Genova, rispetto all’anno precedente, aumentano sia le quote di affitti a lavoratori trasfertisti (19,2%) sia quelle a studenti universitari (12,3%).

I dati sui contratti stipulati nel 2022 in Italia vedono una contrazione di quelli a canone libero (passati dal 51,9% del 2019 al 44,0% del 2022) ed un aumento della percentuale di contratti a canone concordato (da 29,8% a 31,2%) e a carattere transitorio (da 18,4% a 24,8%). Questo risultato evidenzia l’aumento del ricorso a contratti più brevi e flessibili e spesso più convenienti dal punto di vista della tassazione. Ad ogni modo il contratto più stipulato in Italia rimane quello a canone libero, che nel 2022 si attesta al 44% sul totale delle stipule.

L’analisi delle grandi città mostra come a Milano ci sia una netta prevalenza del contratto a canone libero (69,5%), mentre a Roma è il contratto a canone concordato ad essere più utilizzato (68,5%). Alti tassi di contratti a canone concordato anche a Genova e a Verona, in quest’ultima si arriva al 71,9%. Le città con le percentuali più alte di contratti a carattere transitorio sono Firenze (34,4%), Milano (29,0%) e Bari (28,6%).

In Italia la tipologia più affitta è il bilocale con il 39,1% delle scelte, seguita dal trilocale con il 31,2%. Anche negli anni precedenti bilocali e trilocali sono state le tipologie più affittate a livello nazionale. Da segnala un progressivo aumento della percentuale di affitti di monolocali, che passa dal 7,5% del 2019 al 9,2% del 2022.

Infine, la maggior parte degli inquilini ha un’età compresa tra 18 e 34 anni, nel 2022 si arriva al 45,9% sul totale degli affitti stipulati, con percentuali in progressivo calo all’aumentare dell’età.

UFFICIO STUDI TECNOCASA

Impara a dire “no”

Alcune sere fa ero a cena fuori ed assistevo ad una scenetta non nuova per me: comitiva di amici a cena, finiscono la serata e si alzano per andare via. Una coppia rimane un po’ indietro e sento lei dire al compagno “Basta, tutte le volte la stessa storia. Non li sopporto più [..]”.

Pur non conoscendo il motivo di tale lagnanza, ho subito pensato “Se non ti sta bene vederli e frequentarli, perché non glielo dici?”

E’ evidente, dal tono della serata, che non vi fossero gerarchie alla Fantozzi, tali da rendere quasi impossibile disertare una cena, una gara ciclistica o il varo di una nave.

Dunque, era solamente l’incapacità di far valere i propri interessi o la paura di dispiacere a qualcuno il motivo per cui, nonostante non si divertissero, continuavano a frequentare quel gruppo.

Chi segue le mie lezioni o le mie conferenze sa che, nei cambiamenti che vogliamo apportare alla nostra vita, il difficile sta nel cominciare; quando si riesce a dire “no” una prima volta, motivando tale negazione o semplicemente assumendo un tono fermo, deciso anche se cordiale poi la strada va in discesa.

Il buonismo da cui siamo affetti in particolare noi italiani ci spinge ad essere acconsenzienti ogni qualvolta ci vengano proposti uno svago, la vacanza estiva con la tribù di amici, la cena degli orrori o la proiezione del film “La Corazzata Kotiomkin” di fantozziana memoria per paura di offendere gli amici, per timore di essere poi abbandonati negli eventi organizzati successivamente, per paura di restare soli mentre gli altri si stanno divertendo.

Sicuramente ha un ruolo determinante l’insicurezza che ci spinge ad accettare passivamente quanto viene deciso da chi ha un carattere più forte, maggiori doti di iniziativa o, semplicemente, è meno pantofolaio di noi.

Come ho scritto nel mio libro “Ventiquattro sfumature di vita”, ai tempi del liceo frequentavo alcuni compagni economicamente agiati che potevano permettersi di spendere, oltre 40 anni fa, anche cinquantamila lire per sera; è evidente che io, non potendomi permettere un simile stile di vita, mi sentissi a disagio e spesso dovessi rifiutare gli inviti.

Poiché, tuttavia, la loro compagnia era molto gradevole (caffè a Milano, discoteca a Bardonecchia) trovai la giusta mediazione: uno di noi possedeva un alloggio di servizio sopra gli uffici dell’azienda di sua proprietà che era, perciò, arredato e dotato di stoviglie, sedie, ecc. Proposi di fare qualche volta la cena da loro, portando i dischi e cucinando da soli, così da non doversi sempre sbattere a girare locali, impazzire a parcheggiare ecc.

Evidentemente lo proposi in modo adeguato perché spesso, di lì in poi, la serata trascorse in quel modo e, poco dopo, anche nella villa in collina di un altro di noi. Così facendo, evitando di spendere cifre enormi ogni week end, potei permettermi di andare in discoteca una volta al mese senza dover limitare troppo la spesa.

Dire “NO” non significa necessariamente rifiutare una proposta; può anche significare proporre una valida alternativa per fare un qualcosa di diverso, per rimandarlo, per fare la stessa cosa in modo o luogo diverso. Se mi propongono di andare a Firenze, città che ho già visto almeno una decina di volte, invece di rifiutare posso proporre di visitare Pisa o Lucca o Pistoia, motivando la mia proposta con il minor afflusso turistico, il minor costo degli hotel o semplicemente dicendo che Firenze mi ha stufato e quindi voto contro quella proposta. Non avete idea di come le persone ammirino chi ha le idee chiare e le sa mostrare con fermezza.

La stessa cosa vale per la scelta dei locali per la cena fuori o per il film; se non conosco il locale posso provare e, in caso rimanga scontento, già al termine della cena farò sapere agli amici che su questo locale facciamo una croce. Per il film, se non è il nostro genere meglio dirlo subito e, al contempo, proporre un film di nostro gradimento. Non so che amici frequentiate voi ma so che le “immense compagnie” cantate dagli 883 sono scomparse da decenni. Se per una volta vi separaste a guadagnarci sarebbe soprattutto la vostra amicizia perché al successivo incontro avreste qualcosa in più di cui parlare.

Come ho scritto sopra, tutto sta ad iniziare; dopo le cose vengono automatiche.

Sergio Motta