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Dalla mazurca a Mozart, Garazzino regala musica ai passanti

DAL PIEMONTE / Capita spesso d’incontrare tra le vie della città artisti di strada in particolare suonatori che ci donano un po’ d’allegria.

Si tratta a volte di veri artisti che, non avendo ancora ottenuto un lavoro sicuro, si adattano a questo ruolo da non considerare umiliante poiché è un modo di esprimere le proprie capacità e trovare riscontro in chi ama la musica.

E’  il caso di Silvano Garazzino, nato a Castagnole Lanze nel 1964, il cui “Teatro all’aperto” è costituito dalla zona presso piazza Castello e via Roma a Casale Monferrato. Diplomato presso il Conservatorio Statale Vivaldi di Alessandria in flauto traverso, ha proseguito gli studi con il grande Severino Gazzelloni, è stato primo flauto presso l’orchestra civica di strumenti a fiato del comune di Milano, ha partecipato a diverse trasmissioni della Rai.

Gli piace ricordare, essendo legato alla cultura langarola, che a Santo Stefano Belbo ha frequentato Pinolo Scaglione, suonatore di clarino nelle fiere paesane, divenuto famoso perché coprotagonista della “Luna e i falò” di Cesare Pavese che lo riteneva rappresentante del proprio mondo mitico dell’infanzia. Anche Garazzino a volte è nostalgico ma prevale il piacere di suonare che scaccia la tristezza e trasmette ai passanti spensieratezza con allegri valzer e mazurche.

Quando però si cimenta magistralmente in musica colta che, da polistrumentista, interpreta con fisarmonica, flauto, saxofono, chitarra, ci trasporta al di sopra della quotidianità; ci immerge in una sfera magica e spirituale con brani di Mozart, Beehtoven, con gli adagi di Albinoni, Benedetto Marcello, e del concerto di Aranjuez di Rodrigo. Recentemente è stato promosso un suo video per partecipare a “Tu si que vales” a Canale 5.

Giuliana Romano Bussola

 

(Nelle foto piccole Garazzino con Alessandro Meluzzi e Giuliana Romano Bussola)

“Dare voce al silenzio” contro il bullismo e la violenza sulle donne

IL RISPETTO COME ANTIDOTO ALLA VIOLENZA

“Non si può tornare indietro, ma possiamo agire prima”

7 – 25 novembre: al via la campagna “Prima di” contro il bullismo e la violenza sulle donne organizzata da “Dare voce al silenzio” Onlus 

Appello alle scuole aperto a tutti gli istituti del Piemonte per l’anno scolastico 2023\2024.

Dare Voce al Silenzio Onlus” organizza una campagna denominata “Prima di…” contro il bullismo e la violenza sulle donne, e più in generale sui temi legati al rispetto, con lancio nelle giornate di martedì 7 e sabato 25 novembre.

La campagna ha l’obiettivo di coinvolgere le scuole piemontesi (studenti dai 12 ai 17 anni), iniziando martedì 7 novembre alle ore 9 dalConvitto Nazionale Umberto I, in via Bligny, 1, in cui verranno proiettati i tre video ideati e realizzati dal regista Giuseppe Bisceglia e dall’attore Max Liotta, che hanno l’obiettivo di sensibilizzare gli studenti e i docenti sulle due tematiche della violenza e del rispetto. 

Prenderanno parte all’incontro gli studenti e le studentesse delle 2e e 3e classi del Liceo Classico Europeo, Liceo Classico Cambridge, Liceo Economico Sociale, Liceo Scientifico Cambridge e Liceo Scientifico Internazionale. Posti limitati: per prenotazioni scrivere all’indirizzo e-mail dell’associazione. 

Successivamente, verranno coinvolte altre scuole, a cominciare dal Liceo Regina Margherita con gli studenti del Liceo Scienze Umane, Liceo Economico Sociale e Liceo Linguistico.

L’appello alle scuole per aderire alla campagna è aperto: per tutti gli istituti che volessero partecipare, coinvolgendo i propri studenti e professori, questi sono i contatti: 

 

darevocealsilenzio@gmail.com

 

 

Il video che verrà lanciato il 7 novembre, a tema bullismo, ci racconterà la drammatica storia di Sara:

https://vimeo.com/870578515/6c8bbaf735

 

La storia si intreccia poi con altri due video che completano la narrazione, relativi alla sensibilizzazione per la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne che verranno diffusi sabato 25 novembre: seguirà comunicato stampa con dettagli dell’evento.

La Onlus inizierà con una introduzione dei concetti principali con breve lezione frontale seguita dalla proiezione dei video concepiti ad hoc, da cui fare partire l’interazione con i ragazzi per stimolare il dialogo, il confronto e la partecipazione attiva. I temi saranno trattati valorizzando le esperienze personali, le opinioni, i punti di vista, le emozioni dei partecipanti evitando generalizzazione e giudizi di merito. 

Il Progetto Dare Voce al Silenzio nasce nel 2014 dall’incontro di un gruppo di professionisti che opera da anni nell’ambito dei diritti delle donne e dei minori, accomunati dal desiderio e dalla volontà di operare efficacemente per la tutela di tali fasce deboli. L’idea di partire dalle scuole per “denunciare” casi di maltrattamenti tra minori nasce da un dato che, sia a livello regionale, che nazionale è allarmante: la percentuale di sottorilevazione delle segnalazioni di violenza interpersonale o abuso a livello nazionale è del 94% (proiezione nazionale sulla base delle stime effettuate a livello regionale) il che significa che solo 6 casi su 100 vengono presi in carico e il minore tutelato. Poiché la violenza sui minori è nel 90% dei casi intra-familiare, solo l’insegnante può avere la percezione e la sensibilità per vedere comportamenti o segnali che possono essere indicativi di un abuso o di violenza.

In questi anni, nel solco della Mission, l’Associazione ha organizzato incontri con gli Insegnanti di Scuola dell’Infanzia, Primaria e Secondaria raggiungendo circa 2700 Insegnanti provenienti da 472 Istituti di Torino e del Piemonte, erogando 6290 ore di formazione agli insegnanti.

Sono attive collaborazioni e attività con l’Ordine degli Avvocati (Convegno sulle Separazioni conflittuali), la Polizia di Stato e il Nucleo di Prossimità della Polizia Municipale di Torino.

Obiettivo principe di tutte le attività dell’associazione è quello di educare al rispetto come antidoto alla violenza: trasmettere ai giovani l’importanza di non ricorrere alla violenza nell’ambito delle relazioni, cercando di coinvolgere e sensibilizzare, affrontando e cercando di ridurre tutti quegli stereotipi che possono creare solo tensioni, privilegiando la diffusione di una cultura alternativa alla violenza. 

A Torino presentazione del libro “L’evoluzione delle donne”

IL SAGGIO DI MARIA RITA MOTTOLA

Un lungo viaggio che conduce a una domanda che è anche la domanda da cui è possibile partire: siamo giunti al punto di non ritorno? L’atmosfera che si respira negli ultimi mesi non lascia spazio a dubbi. Stiamo attraversando un guado, andando verso un oltre. Sta a noi scegliere in che direzione andare, se fermarci per pensare e progettare il futuro, affrontarlo a testa alta ma insensatamente, o analizzare con onestà ciò che è stato e ciò che siamo, ciascuno e tutti, per affrontare una sfida che sconcerta e spaventa, emoziona e sprona a procedere, a non fermarsi, a costruire un mondo nuovo, vero e vitale. Questa sfida non può essere affrontata da soli e men che mai uomini contro donne armati, e viceversa. Solo insieme con umile consapevolezza, vestiti di coraggio e determinazione, forti della conoscenza di storia e pensiero filosofico, armati degli strumenti del diritto e della scienza potremmo procedere, insieme verso la cima della montagna.
Il saggio  è un viaggio e un percorso personale di ricerca e studio offerto a donne desiderose di comprendere e di lottare con e per le altre e gli altri, senza voltarsi indietro e senza prescindere da ciò che è stato; suggerito a uomini audaci e impazienti di riacquistare un ruolo decisivo nella creazione della società in cui vivono, capaci di costruire senza prevaricazioni e senza arroganza. Spunti di riflessione, brani di testi e saggi, giurisprudenza e sociologia, pensiero filosofico e religioso, raccontando si intrecciano e si intersecano a formare una ragnatela che tutto collega. Il puzzle piano, piano si perfeziona e l’immagine si fa più nitida e chiara. Non vuole essere la fine di un lungo e complesso lavoro ma un inizio e una provocazione per i lettori. Una agorà, un luogo di incontro e confronto.
Una premessa (Per chi, perché e come Incontri Letture Ricerche) e 14 capitoli.
Suddiviso in Parti (sei) a loro volta suddivise in capitoli e alla fine di ogni capitolo un paragrafo “Tiriamo le fila” che fa il punto per riassumere e preparare la lettura successiva.
Gli argomenti PARTE I La politica; PARTE II La famiglia; PARTE III La cosmesi dei diritti; PARTE IV La salute; PARTE V l’evoluzione e il progresso; PARTE VI DonnaDonne.

Maria Rita Mottola si racconta

Nata a Novara vivo per 40 anni a Vercelli, ove ho rivestito la carica di Vicesindaco, anni ’90. Avvocato Cassazionista, ora vivo a Moncalvo con mio marito Giancarlo e con lui condivido la passione per la bellezza. La nostra Onlus culturale gestisce un bel museo della nostra città, sollecita l’amore per bellezza e arte nei giovani, pubblica quale casa editrice. Parte attiva di molte associazioni, Italia Nostra (faccio parte del gruppo nazionale legale); Lions Club (gruppo di studio nazionale affido familiare); socio onorario FIRST e Contrajus; socio fondatore Sipcp,  Anziani terzo millennio, Persona&Danno (editing sin dagli albori), DM coordinatore per Piemonte e Valle d’Aosta. Nata professionalmente come giuslavorista ho trovato sulla mia strada il prof. Paolo Cendon ed è stato facile convertirmi, per credo religioso e familiare, al sostegno e cura dei soggetti fragili. Esercito a Vercelli, Casale ed Asti, sono mediatore sin dagli esordi dell’istituto, gestore della crisi, AdS. Ho pubblicato monografie ed opere collettanee e trattati,  relatrice a convegni e tavole rotonde, ne ho curato la realizzazione. Scrivo anche per diletto, ma questa è un’altra storia. Amo la giustizia e la ribellione ad ogni sopruso è la mia cifra culturale. Ciò è pericoloso ma io non ho paura.

Il libro sarà presentato a Torino martedì al Circolo dei Lettori ↘️

Nankurunaisa

Parola giapponese (なんくるないさ), ancora poco conosciuta,che può essere tradotta con “il tempo sistema tutto”. Attenzione, però: sarebbe lontano dal vero significato considerarlo come un invito ad abbandonarsi al fatalismo, all’atarassia perché, comunque, le cose andranno come devono andare.

Il senso corretto di questa frase è piuttosto quello che nulla succede mai per caso, che per tutto c’è un senso.

In Italia c’è un proverbio che dice “Non va mai male ad uno, senza che vada bene ad un altro” perché evidentemente da qualche parte si è voluto così.

Occorre, tuttavia, osservare l’evento dall’alto, nel suo insieme universale, anziché analizzarlo nelle sue componenti singole perché più lo scomponiamo e meno lo capiamo, meno ci rendiamo conto del tutto.

In altre parole, è un invito ad avere fiducia nell’esistenza, nel creato perché se le cose vanno così un motivo c’è: quante volte leggiamo di qualcuno che ha perso l’aereo, mandando così in fumo una trattativa miliardaria, salvo poi scoprire che l’aereo aveva un incidente e, grazie al ritardo, quella persona si è salvata?

Nella nostra quotidianità diamo troppo peso alle scelte individuali, come se fossero in grado di mutare il corso degli eventi; attenzione, però: non è necessario seguire la filosofia orientale, lostile di vita dei Paesi asiatici per imparare.

Anche la Bibbia lo insegna: in Romani 8,28 “Omnia in bonum”, Tutto è per il (nostro) bene, come pure in 1 Tessalonicesi 5:18 “In ogni cosa rendete grazia”.

E’ evidente che il nostro tentativo, ormai diventato prassi, di avere tutto sotto controllo sia evidentemente errato, che ciò che accade sia o solamente positivo o solamente negativo, che esistano solo il bianco ed il nero e non infinite sfumature di grigio ognuna delle quali con pari diritto di esistenza.

Con questo, però, non voglio dire che occorra arrendersi all’evidenza e lasciarsi portare dalla corrente in piena senza provare a nuotare o arrendersi proni agli eventi; così anche guardare troppo avanti, anziché voltarsi e guardarsi alle spalle rischia di farci perdere di vista l’obiettivo e fornirci una prospettiva errata.

Qualcuno ricorderà, a questo proposito, il discorso che Steve Jobstenne il 12 giugno 2005 all’Università di Stanford, utilizzando undisegno che acquista un senso solo quando si saranno uniti tutti i puntini che lo compongono: “[..] non potete sperare di unire i puntini guardando avanti, potete farlo solo guardandovi alle spalle: dovete quindi avere fiducia che i puntini che ora vi paiono senza senso possano in qualche modo unirsi nel futuro.”

Chi dice che “volere è potere” probabilmente sta ancora cercando di decollare agitando le braccia e dando la colpa al sovrappeso o di vivere un mese senza bere; in realtà il senso di nankurunaisa è ben più profondo: pensare alla natura come ad un qualcosa di perfettamente bilanciato, dove tutto ha un senso preciso e nulla è fuori posto. Quindi se da un lato c’è quel “volere è potere”, dal lato opposto troviamo l’immobilismo, la rassegnazione che il fato sia ineluttabile e, dunque, nulla si possa fare a nostro vantaggio.

Avete presente il rafting, lo sport dove una canoa viene condotta tra le rapide di un torrente? Ecco: momento per momento dobbiamo adeguarci alla corrente, ai massi, ai rischi che la navigazione comporta, senza la certezza che comunque arriveremo, ma senza avere paura, ogni momento, che qualcosa debba andare male.

Sergio Motta

A Riga l’illustrazione italiana racconta l’Europa dei popoli

È stata inaugurata oggi presso la sede del Comune di Riga in Lettonia la mostra Europa. L’illustrazione italiana racconta l’Europa dei popoli, il progetto promosso dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e dalla Fondazione Torino Musei, in collaborazione con Città di Torino, Regione Piemonte e Palazzo Madama.

Attraverso le opere realizzate da 16 illustratori italiani di fama internazionale, l’esposizione, organizzata in Lettonia dall’Ambasciata d’Italia insieme al Comune di Riga, racconta i valori dell’Europa: dalla libertà alla democrazia, dallo stato di diritto alla tutela dell’ambiente.

Gli illustratori coinvolti e i temi trattati sono: Matteo BertonPalazzo MadamaRita PetruccioliI trattati di Roma; Gio QuasirossoVentotene;  Camilla FalsiniLibertàElisa SeitzingerRispetto della dignità umanaAndrea SerioUguaglianzaAnna PariniDemocraziaFrancesco PoroliStato di dirittoIrene RinaldiRispetto dei diritti umani; Lucio Schiavon, FratellanzaAle GiorginiLavoroEmiliano PonziCulturaBianca BagnarelliPaceMarina Marcolin, AmbienteGianluca Folì, ScienzaGiulia ConoscentiInclusione.

La mostra sarà visitabile a Riga fino al 26 gennaio 2024. La tappa di Riga di Europa si inserisce in una lunga circuitazione che ha portato l’esposizione in tutto il mondo, con 42 esposizioni organizzate nei cinque continenti con il coordinamento della Direzione Generale per la Diplomazia Pubblica e Culturale della Farnesina.

Il progetto è stato presentato per la prima volta a Torino nel 2022, in occasione dell’evento conclusivo del semestre della Presidenza italiana del Consiglio d’Europa.

“La nostra Europa è prima di tutto unione nella diversità. Una comunità di nazioni che si riconosce nella pacifica convivenza di una molteplicità di linguaggi, sensibilità e valori in costante dialogo tra loro. Eppure quelle stesse diversità, in un passato non troppo lontano, avevano spinto l’Europa nell’abisso della violenza e dell’ingiustizia. I comuni valori della democrazia e dello Stato di diritto le hanno trasformate in fonte di benessere comune per i cittadini europei e di speranza per il resto dell’umanità. Questa mostra ce lo ricorda con la sintesi e la creatività dell’illustrazione italiana contemporanea – racconta l’Ambasciatore d’Italia in Lettonia, Alessandro Monti – Siamo grati al Comune di Riga per aver accolto la nostra proposta, il cui scopo è festeggiare l’amicizia tra Italia e Lettonia ed esaltare il ruolo delle città nel processo di integrazione europea”.

“Sedici grandi creativi italiani per narrare il farsi dell’Europa tramite valori che dovrebbero essere universali. Scelti ciascuno per la propria originalità ed eccezionalità e per le potenzialità dell’illustrazione che, con questa installazione già presentata in 42 paesi del mondo dei cinque continenti, ha ribadito il formidabile potere del suo medium dialogando con un amplissimo pubblico, potendo superare lo steccato della Torre di Babele: facendosi mediatore culturale, incrementando gli scambi culturali tramite quelle suggestioni che il linguaggio non può dire – afferma il direttore di Palazzo Madama – Museo Civico d’Arte Antica di Torino Giovanni Carlo Federico Villa –  Il progetto Europa è una narrazione silenziosa che non ha bisogno di parole: è chiara, si fa ponte tra contenuto e forma, etica ed estetica, comunicazione e informazione, in un’alchimia di talento e responsabilità”.

 

Nasce il Baby Pit Stop di Villa della Regina

Dal 1° dicembre 2023 Villa della Regina ospita un Baby Pit Stop UNICEF, un ambiente dedicato
all’allattamento e alla cura del bambino, realizzato grazie all’impegno di Soroptimist International Club di
Torino. Se nei Pit Stop delle gare automobilistiche i piloti effettuano il cambio delle ruote e il rifornimento di
carburante, nei Baby Pit Stop si può provvedere al cambio del pannolino e a fare il pieno di una sana poppata di
latte.
Le mamme che allattano sono da sempre benvenute a Villa della Regina, ma ora potranno disporre anche
di uno spazio appositamente dedicato, una piccola sala tranquilla e riservata, collocata al piano terra
della residenza sabauda.
La mamma vi troverà una comoda seduta e il fasciatoio, a pochi passi dai servizi. L’ambiente è pensato per
accogliere anche bambini più grandi, in un momento di pausa dalla visita per tutta la famiglia. Ospita infatti un
tavolino con due piccole sedie per riposare e giochi generosamente offerti dalla Quercetti.
L’allestimento, curato da Chiara Teolato referente per l’accessibilità della Direzione regionale Musei Piemonte, è
stato realizzato grazie al sostegno di Soroptimist International Club di Torino, nell’ambito delle iniziative
promosse in Italia dall’Associazione.
Il Soroptimist International, fondato nel 1921 negli Stati Uniti, è un’associazione mondiale di donne impegnate
nella promozione dei diritti umani e nel sostegno all’avanzamento della condizione femminile nella società e nel
mondo del lavoro. L’Unione Italiana, che conta attualmente circa 160 club locali, ne è da sempre una delle
componenti più attive.
Con questa iniziativa, Villa della Regina, sito della Direzione regionale Musei Piemonte, dal 2024 potrà
essere accreditata al circuito dei musei Nati con la cultura, un progetto ideato da Fondazione Medicina a
Misura di Donna e promosso da Abbonamento Musei, per un museo Kids & Family Friendly. L’iniziativa
comporta anche l’adozione del Passaporto Culturale, che consente alle famiglie l’ingresso gratuito in
museo durante il primo anno di vita del bambino.
Il Baby Pit Stop è tra le iniziative realizzate dall’UNICEF per garantire i diritti sanciti dalla Convenzione sui
Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, in particolare l’art. 24 che tutela il diritto alla salute e si inserisce
nell’ambito del Programma UNICEF “Ospedali & Comunità Amici dei Bambini”. Grazie al Protocollo d’intesa tra il
Comitato Italiano per l’UNICEF – Fondazione Onlus e il Soroptimist International d’Italia, si sta contribuendo in
maniera significativa alla creazione di nuovi Baby Pit Stop, che si aggiungono a quelli già attivi in tutta Italia ma
con la peculiarità di essere realizzati in luoghi di cultura altre strutture espositive destinate alla pubblica fruizione.
L’inaugurazione si terrà venerdì 1 dicembre 2023 alle ore 11.00 al piano terra della residenza sabauda.
All’evento interverranno Elena De Filippis, Direttrice regionale Musei Piemonte, Chiara Teolato, Direttrice di
Villa della Regina, Erica Varese Baulino Presidente del Soroptimist Club di Torino e Antonio Sgroi, Presidente
del Comitato Provinciale di Torino per l’UNICEF.

Impossibile essere atei

Partiamo dal presupposto che per “Dio” intendo un qualsiasi ente (participio presente del verbo essere, cioè “ciò che è”) nel quale credere, al quale mostrare devozione, in nome del quale propugnare le proprie idee, e non quell’anziano con la barba bianca ed il forcone in mano o altre rappresentazioni analoghe.

Tutti gli uomini, da sempre, hanno bisogno di qualcosa in cui credere, qualcosa che ne giustifichi la presenza sulla Terra, che li gratifichi se si sono comportati in un certo modo e che, per contro, reprima le loro condotte deviate, agendo anche come deterrente.

Nella storia dell’uomo di fianco alla religione, o più spesso al posto di questa, abbiamo avuto fazioni schierate per questo o quel Dio, intendo con questo termine l’oggetto di devozione del singolo o di gruppi.

Ecco, dunque, che andiamo dall’adorazione del fuoco, che permetteva di scaldarsi, cuocere, difendersi dagli animali feroci e dai nemici e di illuminare l’ambiente a quella per l’acqua (il dio Poseidone) passando per Manitù, Giano, Giove, Anubi, Osiride e molti, molti altri.

Alcuni, vuoi perché scaturiti dall’immaginazione umana, vuoi perché considerati antropomorfi per assimilazione o perché vi sono state testimonianze dirette sono stati tramandati a noi attraverso icone, dipinti e sculture: Gesù, Buddha, Zaratustra e tutti gli altri; di altri sono più note le manifestazioni in loro onore: la pace, la non violenza, l’antifascismo, l’antisemitismo, la tifoseria sportiva, la new age e così via decine di altri oggetti di culto.

Anche se apparentemente lontani tra di loro, tutti i soggetti (anche astratti) citati sopra hanno in comune una cosa: raccolgono adepti che, nel nome di quella divinità, compiono atti e misfatti che poco li distinguono tra i seguaci complessivamente intesi.

Pensiamo, ad esempio, all’Inquisizione ed alle Crociate perpetrate dai seguaci di una Chiesa che predica amore e uguaglianza, salvo poi mettere sulla graticola l’ostetrica romana Finnicella ed elevare all’onore degli altari (è diventato Santo nel 1450) quel Bernardino da Siena che la fece arrostire; o, ancora, condannare per eresia quel Galileo Galilei che venne riabilitato soltanto dopo oltre 350 anni da Papa Giovanni Paolo II ma soltanto dopo che la Pontificia accademia delle scienze riconobbe che fu un errore condannarlo sulla base delle conclusioni alle quali pervenne un’apposita commissione di studio da lui istituita nel 1981; non bastava leggere un libro di geografia o di scienze delle superiori? Oppure pensiamo alle nefandezze compiute da alcune tifoserie, da estremisti politici di tutti gli schieramenti (vedi il comizio dell’On. Saccucci a Sezze, nel 1976).

E’ evidente che, pur con motivazioni diverse e finalità molto distanti tra di loro, tutti questi comportamenti, queste appartenenze hanno in comune un dato: chi vi aderisce ha bisogno di un qualcosa (o, astrattamente, qualcuno) in cui credere, per il quale compiere determinati gesti, attraverso il quale realizzarsi e sentirsi così a posto con sé stessi piuttosto che con gli altri.

Chi di voi era già almeno adolescente negli anni ’70 ricorderà i cortei e le manifestazioni contro la guerra in Vietnam, per la riforma dell’istruzione contro il Ministro Malfatti, prima ancora nell’autunno caldo del 1969 dal quale nacque lo Statuto dei lavoratori e potrei citare molti altri esempi.

Va notato che tutti questi idoli hanno in comune, troppo spesso, il fanatismo: chi si schiera da una parte inevitabilmente lotterà strenuamente contro chi è schierato sul fronte opposto mentre quasi sempre lascerà senza considerazione chi non è, almeno ufficialmente, schierato anziché scambiare con altri le proprie opinioni e, soprattutto, ascoltare le ragioni altrui: solo gli stolti, infatti, non cambiano mai idea.

Sembra insito nell’animo umano non tollerare dissensi o contraddizioni arrogandosi il diritto di essere seduti dalla parte della ragione, una specie di pregiudizio della convenienza sempre identico.

Io sostengo sempre che è meglio sedersi dalla parte del torto perché vi sono più posti liberi, visto che tutti vogliono sedersi dalla parte della ragione; credere di avere sempre ragione si manifesta in molti modi diversi, ma mai costruttivi: dai litigi condominiali alle separazioni coniugali, alle cause civili fino alle guerre dove ogni parte sostiene che è il suo diritto ad essere stato violato, e non il contrario.

Sono convinto che se ognuno di noi agisse secondo la propria coscienza, in totale umiltà, accettando che non sempre la ruota giri a tuo favore molte divinità cesserebbero di avere senso.

Sergio Motta

Intelligenza artificiale, rischi e vantaggi

Se ne discute martedì 14 novembre in piazza dei Mestieri alla presenza di  Carlo Giacometto e Claudia Porchietto

Obiettivo Piemonte presenta il libro dal titolo “INTELLIGENZA ARTIFICIALE E NOI? UNA SFIDA ALLA NOSTRA UMANITÀ”. La sede di presentazione sarà Piazza dei Mestieri,  in via Jacopo Duranti nella Sala Polifunzionale, martedì 14 novembre alle ore 18.30.

Parteciperanno Carlo Giacometto, presidente di Obiettivo Piemonte, Claudia Porchietto, presidente diSmartCommunitiesTech, Antonio Palmieri, Fondatore e presidente Fondazione Pensiero Solido. Moderatrice la giornalista Cinzia Gatti.

Si tratta di una raccolta di venticinque contributi chiari e comprensibili a tutti, testi brevi, che focalizzano i punti chiave del rapporto tra l’uomo e l’intelligenza artificiale. Pensatori laici e religiosi, accademici,  ricercatori, esponenti  delle grandi aziende tecnologiche, ricercatori sociali,  tecnologi, imprenditori, professionisti e manager si sono confrontati su questo tema rispondendo a domande quali il modo in cui possiamo orientarci tra scenari apocalittici e concezioni salvifiche della tecnologia. Ci si è  interrogati anche sul modo di capire potenzialità e rischi dell’intelligenza artificiale.

Mara Martellotta

Con Don Gallo (e De André), osando la speranza

Sono passati dieci anni da quando il cuore generoso di Don Gallo ha cessato di battere. Don Andrea, partigiano e “prete di strada” si spense nel suo letto della Comunità genovese da lui fondata a San Benedetto al Porto, assistito dai suoi ragazzi.

Il suo ricordo fa affiorare le memorie degli incontri con il Don, gli insegnamenti della sua straordinaria umanità. Don Andrea Gallo, angelicamente anarchico, ha sempre lottato dalla parte giusta: quella degli sconfitti, dei respinti e dei disperati, di chi non ha voce e potere ed è stato relegato ai margini di una società sempre più spietata e genuflessa davanti alle logiche delle banche e dell’economia. Dalla comunità di San Benedetto al Porto Don Gallo guardava il mondo, coinvolgeva tutti e non escludeva mai nessuno. Sapeva dare forza e speranza. “Bisogna sempre osare la speranza”, ripeteva spesso, e spronava a non smettere mai di “sperare l’impossibile”, di inseguire l’utopia. Citava l’uruguaiano Eduardo Galeano (il giornalista che scrisse un libro meraviglioso, Le vene aperte dell’America Latina) dicendo: “L’utopia sta all’orizzonte, mi avvicino di due passi, lei si allontana dieci passi più in là. Per quanto io cammini, non la raggiungo mai. Quindi, a che serve l’utopia? Serve a questo: a camminare”. E in fondo questo era lo spirito del Don. Mettersi in cammino e non rassegnarsi, attraversare il nostro tempo adoperandoci, nonostante tutto, per costruire un altro mondo possibile, più libero e più solidale. Lui camminava con il Vangelo in una mano e la Costituzione repubblicana nell’altra. Come il suo grande amico Fabrizio De André, trasmetteva con passione e concretezza la sua umanissima e libertaria buona novella. Erano entrambi mossi dall’amore per gli ultimi, i reietti. Negli anni del liceo Fabrizio era l’alunno del cugino di Don Gallo, Giacomino Piana, che insegnava religione mentre il Don era viceparroco nella chiesa della Madonna del Carmine, a poche decine di metri dalla famosa Via del Campo. Il 14 gennaio del 1999, tre giorni dopo la morte di De André, Don Gallo scrisse una lettera aperta all’amico di sempre che vale la pena leggere per intero: “ Caro Faber,da tanti anni canto con te, per dare voce agli ultimi, ai vinti, ai fragili, ai perdenti. Canto con te e con tanti ragazzi in Comunità. Quanti «Geordie» o «Michè», «Marinella» o «Bocca di Rosa» vivono accanto a me, nella mia città di mare che è anche la tua. Anch’io ogni giorno, come prete, «verso il vino e spezzo il pane per chi ha sete e fame». Tu, Faber, mi hai insegnato a distribuirlo, non solo tra le mura del Tempio, ma per le strade, nei vicoli più oscuri, nell’esclusione. E ho scoperto con te, camminando in via del Campo, che «dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior». La tua morte ci ha migliorati, Faber, come sa fare l’intelligenza. Abbiamo riscoperto tutta la tua «antologia dell’amore», una profonda inquietudine dello spirito che coincide con l’aspirazione alla libertà. E soprattutto, il tuo ricordo, le tue canzoni, ci stimolano ad andare avanti. Caro Faber, tu non ci sei più ma restano gli emarginati, i pregiudizi, i diversi, restano l’ignoranza, l’arroganza, il potere, l’indifferenza. La Comunità di san Benedetto ha aperto una porta in città. Nel 1971, mentre ascoltavamo il tuo album, Tutti morimmo a stento, in Comunità bussavano tanti personaggi derelitti e abbandonati: impiccati, migranti, tossicomani, suicidi, adolescenti traviate, bimbi impazziti per l’esplosione atomica. Il tuo album ci lasciò una traccia indelebile. In quel tuo racconto crudo e dolente (che era ed è la nostra vita quotidiana) abbiamo intravisto una tenue parola di speranza, perché, come dicevi nella canzone, alla solitudine può seguire l’amore, come a ogni inverno segue la primavera [«Ma tu che vai, ma tu rimani / anche la neve morirà domani / l’amore ancora ci passerà vicino / nella stagione del biancospino», da L’amore, ndr]. È vero, Faber, di loro, degli esclusi, dei loro «occhi troppo belli», la mia Comunità si sente parte. Loro sanno essere i nostri occhi belli. Caro Faber, grazie! Ti abbiamo lasciato cantando Storia di un impiegato, Canzone di Maggio. Ci sembrano troppo attuali. Ti sentiamo oggi così vicino, così stretto a noi. Grazie. E se credete ora che tutto sia come prima perché avete votato ancora la sicurezza, la disciplina, convinti di allontanare la paura di cambiare verremo ancora alle vostre porte e grideremo ancora più forte per quanto voi vi crediate assolti siete per sempre coinvolti. Caro Faber, parli all’uomo, amando l’uomo. Stringi la mano al cuore e svegli il dubbio che Dio esista. Grazie. Le ragazze e i ragazzi con don Andrea Gallo, prete da marciapiede”. Rileggendola ora, cinque lustri dopo, mantiene intatta l’attualità e la carica di denuncia morale. E a noi, cosa resta? Non ci resta altro da fare che continuare a camminare, ognuno per come sa e per come può, in direzione ostinata e contraria. Don Andrea Gallo ha costruito ponti nella chiarezza dei fondamenti della Costituzione italiana che ha sempre difeso con passione, e nella linearità ideale del  Vangelo che ha vissuto come vita donata e ricevuta senza avere in cambio nulla. Nei miei ricordi di famiglia, grazie al nonno, si rammentava la storia di un italiano caduto sul finire degli anni trenta in difesa della Repubblica spagnola sull’Ebro. L’epigrafe sulla sua tomba, nella sua essenziale semplicità e dignità, diceva tutto di lui: “Aquì esta un hombre”. Qui c’è un uomo. Anche per Don Gallo varrebbero le stesse parole, ascoltando la sua voce che invitava a costruire un futuro, a proseguire il cammino, senza scordare che “chi sceglie un’ideologia può anche sbagliare; chi sceglie i poveracci, i senza voce, i fragili, non sbaglia mai”.

Marco Travaglini

A CioccolaTò Francesco La Rocca presenta “Le Perifantaferìe” con Petunia Ollister

LE PERIFERIE DI TORINO RACCONTATE… DOLCEMENTE!

Venerdì 27 ottobre, ore 20. Casa CioccolaTò, piazza San Carlo

Cartella stampa completa scaricabile QUI

Le storie di Mirafiori, Lingotto, Barriera e Vanchiglia si ispirano a dicerie misteriose, leggende metropolitane, finti documenti storici; parlano di luoghi che potrebbero esistere, ma anche no…

Le periferie di Torino arrivano nel cuore della città, in piazza San Carlo, per l’appuntamento Dolci Letture, il format letterario di CioccolaTò, la grande kermesse dedicata al cioccolato in programma dal 27 ottobre al 5 novembre. A raccontarle in modo audace e creativo, venerdì 27 ottobre alle ore 20 a Casa Cioccolatò, è il giovane autore torinese Francesco La Rocca con il suo Le Perifantaferìe, un esperimento letterario che risponde al bisogno delle periferie di essere raccontate fuori dalla cronaca. Un viaggio che conduce il lettore in un gioco fantastico alla riscoperta della bellezza sorprendente che si nasconde in tutti i luoghi vissuti e amati, in qualsiasi città del mondo.

Ad accompagnare l’autore nella presentazione di queste cronache dell’assurdo in forma narrativa c’è la bookblogger Stefania Soma, conosciuta sul web come Petunia Ollister (nella foto).

L’appuntamento di Dolci Letture con Francesco La Rocca è ad ingresso libero fino ad esaurimento posti.

www.cioccola-to.events