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Perché dopo non sarà come prima

Ci ricorderemo a lungo l’inizio di Primavera 2020. Ce ne ricorderemo per sempre. Difficile, anzi impossibile, dividere i destini individuali da quelli collettivi

Ci ricorderemo non solo del coronavirus. Ci ricorderemo delle reazioni di una classe politica e di una società civile che ha fatto fatica nel capire questo fenomeno.

Il governo preso in mezzo dall’allarme degli scienziati o
virologi che volevano chiudere tutto da oltre un mese e gli operatori economici che non volevano
chiudere niente. Ci ricorderemo di gente che ha immediatamente applicato le regole e chi se ne è
altamente sbattuto.

Verissimo, non è un bello spettacolo vedere  l’esercito intervenuto in Barriera di Milano.
Non perché l esercito sia sinonimo di golpismo. Perché è intervenuto per far rispettare regole,
appunto non rispettate. Sappiamo che questa settimana sarà decisiva. Speriamo che questa
settimana sia decisiva per il meglio. Indubbiamente ci sono stati errori e impreparazione
(forse) non solo dalla politica. Esempio: in Piemonte mancano i tamponi per le analisi del caso.
Non c’è stato il dovuto coordinamento tra Stato e Regioni. Ma le polemiche, almeno per ora ,
sono inutili e pretestuose. Dunque fuorvianti.

Ci si mettono  i seriali produttori di notizie false: da Crotone con i 300 sanitari messi in mutua
dopo 1 giorno di lavoro, al prelievo nei conti correnti privati per pagare il debito verso Germania
e Francia. Il falso che serve per dire che loro avevano ed avranno sempre ragione. Ora più che
mai è attuale: chi semina vento raccoglie tempesta. Poi ci si mette l’ideologia. Sempre pronta
nel dare una mano agli stupidi. Sostenere che la sinistra era contenta per la moria in Lombardia
ne è un un’esempio.

O che la destra è forte perché Berlusconi dona 10milioni di euro e la
sinistra è cattiva visto che non ci sono notizie di donazioni di Romano Prodi. L’unica reazione
logica sarebbe: non ti curar di loro ma guarda e passa. Ma mi rendo conto che è difficile non
replicar . Se poi la replica è: Cina Russia e Cuba ci aiutano perché comunisti, mi pare inefficace
ed abbastanza puerile.

Al tempo stesso fa riflettere che qualcuno ci aiuti e chi ci ha deriso, da
Trump alla Spagna passando per Francia ed Inghilterra ora stiano peggio di noi. Fa riflettere
perché dopo non sarà come prima. Con i soliti dubbi verso alcuni potenti della terra. Si sta
fermando l’economia mondiale e non vengono chiuse le Borse. Deciso  appositamente perché
i soliti noti ci guadagnino a scapito dei tanti, così non potenti? Con la solita certezza : pochi ci
guadagnano e molti ci perdono.

E un’ altra (ahimè) certezza: che botta avrà l economia mondiale, con il solito dubbio,
privilegiare la finanza o privilegiare il lavoro. Non sono un economista ma la risposta sta nella
seconda opzione. Privilegiare gli investimenti che producono lavoro.

Ovvio no? Dipende da noi se questa crisi verrà usata dall’Uomo per migliorarsi.
Il professor Alessandro Barbero , in una sua lezione sulla peste in Inghilterra spiegò come
persino una epidemia può essere occasione per una mobilità sociale positiva per lo sviluppo
economico. Sappiamo che non dipende solo da noi. Dipende soprattutto dalle scelte che
verranno fatte dalla politica.

Politica che non deve prendere ordine dalla finanza o dall’economia. Sempre più che mai, cosa
decisamente acclarata, le scelte fatte debbono essere fatte (scusate il bisticcio di parole) per
il bene comune, per il bene collettivo. Il tutto è semplicemente logico. Capito questo siamo a
buon punto per essere migliori di prima.

 

Patrizio Tosetto

 

Nosiglia ringrazia i sacerdoti: “Come medici, infermieri, psicologi”

L’arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia, ha scritto ai sacerdoti della diocesi una lettera di ringraziamento : “non è una delle solite lettere pastorali o omelie”, ha detto

“I preti sono chiamati a un ministero simile a quello di medici, infermieri, psicologi.  La gente si rivolge loro con fiducia e con speranza, in cerca di aiuto o anche soltanto di una parola di sostegno, di accompagnamento. In questo tempo difficile e certamente molto doloroso per voi e i vostri fedeli  vorrei essere con voi vescovo, padre e amico: siamo pastori e Gesù ci ricorda che il buon pastore di fronte al lupo non ha paura e non fugge come un mercenario ma difende il suo gregge”. “Soffriamo tutti – scrive Nosiglia – per la mobilità ridotta, i contatti personali inesistenti, è vero. Ma la vita della Chiesa è una storia delle ricchezze che proprio le difficoltà hanno stimolato e fatto crescere. Restare connessi fra noi, oggi, è anche un sfida alla nostra intelligenza e alla nostra ingegnosità…”

“Quando la passeggiata non è un capriccio: chi controlla sia preparato”

Per le persone con certe forme di autismo, con certe disabilità intellettive, con certi disturbi psichiatrici o affette da certe patologie la “boccata d’aria” può essere un’impellente necessità: le autorità diano le giuste indicazioni alle Forze dell’Ordine preposte ai controlli affinché sappiano gestire nella maniera migliore questi casi. Ci sono Comuni che hanno concesso passeggiate a piedi o in bicicletta alle famiglie con ragazzi autistici: una misura che approvo

C’è una parte della nostra società per la quale uscire per una breve passeggiata non è un capriccio al quale rinunciare in queste settimane di emergenza: è invece una reale, precisa e quasi vitale necessità, a maggior ragione in condizioni di stress.  Diversi sono i messaggi di testimonianza che mi stanno pervenendo sia da Associazioni sia da singoli cittadini: per alcune famiglie la fatica che tutti stiamo vivendo è ancora più difficile e pesante; i familiari di persone con autismo o con disabilità, che si sono trovati da un giorno all’altro senza assistenza domiciliare e con la sospensione di tutte le attività, sanno bene a che cosa mi riferisco. Le mutate condizioni e la forzata permanenza a casa possono risultare, per alcune persone, condizioni intollerabili. Le conseguenze coinvolgono loro e i loro cari.

Urge una regolamentazione per garantire momenti di uscita, sempre nella più totale sicurezza e nel rispetto meticoloso di tutte le precauzioni necessarie alla salvaguardia della salute di tutti, a coloro per i quali una “boccata d’aria” ogni tanto è una necessità e non un lusso. Ci sono Comuni (per esempio Treviso) che si sono già mossi in questa direzione: condivido la scelta. Il mio appello al Governo, al Presidente Cirio e alla Sindaca Appendino: si diano le giuste indicazioni ai Pubblici Ufficiali addetti ai controlli, affinché siano preparati a gestire casi di questo tipo. Le persone con autismo siano equiparate, nel diritto a uscire, alle persone con gravi e comprovati problemi di salute: tuteleremo così una fascia già fragilissima della popolazione.

Silvio Magliano – Presidente del Gruppo Consiliare dei Moderati presso il Consiglio Regionale del Piemonte e Capogruppo dei Moderati in Sala Rossa

Le scuse di chi viene sorpreso per strada

Dal “…Vado ad aprire la seconda casa…”, al “facciamo volantinaggio” sino al paradossale: “…vado a fare qualche lavoretto in nero”

Queste alcune delle giustificazioni raccolte nel fine settimana dalla Guardia di Finanza di Torino che, dopo l’ultima stretta del Governo per fronteggiare il “COVID19”, ha intensificato i controlli in città ed in tutta la provincia.

Oltre 200 i Finanzieri giornalmente impegnati sulle principali arterie stradali, all’interno dei parchi cittadini e nei maggiori luoghi di aggregazione.

Solo nell’ultimo fine settimana sono state oltre 400 le persone identificateuna trentina quelle denunciate, prevalentemente per essere state soprese a “spasso” senza una giustificazione. Circa 2.000 gli esercizi commerciali controllati.

C’è stato lo spazio anche per un arresto. I Finanzieri della Tenenza di Lanzo Torinese hanno sorpreso nella tarda sera di ieri, un trentenne pluripregiudicato che si aggirava nei pressi della stazione ferroviaria; peccato che fosse ricercato in quanto nei suoi confronti pendeva un ordine di custodia cautelare in carcere per vari reati.

Sempre i Finanzieri di Lanzo hanno sorpreso un uomo che candidamente ha ammesso di approfittare del momento “…per fare qualche lavoretto in nero…”, oppure il gruppetto di giovani che, non curanti della situazione, distribuivano volantini nelle case.

I Finanzieri del Nucleo di Polizia Economica-Finanziaria, hanno invece denunciato il titolare di una cartoleria di un comune della prima cintura torinese che, in barba a tutti i divieti, svolgeva in maniera pressoché normale la sua attività. Oltre alla denuncia rischia la sospensione dell’attività commerciale.

Ticket reddito, proroga esenzione fino al 31 marzo 2021

Il cittadino può presentare l’autocertificazione in via telematica, attraverso il sistema pubblico di identità digitale (SPID) o in alternativa con credenziali di tessera sanitaria con microchip (Tessera sanitaria – Carta nazionale dei servizi) o qualsiasi altra Carta Nazionale Servizi

PER L’EMERGENZA COVID-19, PROROGATA SINO AL 30 GIUGNO 2020 L’ESENZIONE E02 PER I DISOCCUPATI E I LORO FAMILIARI A CARICO

 

Su proposta dell’assessore alla Sanità, Luigi Icardi, la Giunta regionale ha confermato fino al 31 marzo 2021 la validità delle autocertificazioni di esenzione per reddito dalla compartecipazione alla spesa sanitaria per la specialistica riguardanti le seguenti categorie:

  • cittadini di età inferiore a sei anni e superiore a sessantacinque anni, appartenenti ad un nucleo familiare con reddito complessivo non superiore a euro 36.151,98 (il minore al compimento del sesto anno non potrà più usufruire di tale esenzione); codice E01

  • titolari di assegno (ex pensione) sociale e loro familiari a carico; codice E03

  • titolari di pensioni al minimo di età superiore a sessant’anni e loro familiari a carico, appartenenti ad un nucleo familiare con un reddito complessivo inferiore a euro 8.263,31, incrementato fino a euro 11.362,05 in presenza del coniuge ed in ragione di ulteriori euro 516,46 per ogni figlio a carico; codice E04

In considerazione dell’emergenza Covid 19 e quindi della necessità di evitare gli affollamenti agli sportelli delle Asl, la Giunta regionale ha deciso la proroga sino al 30 giugno 2020, per i cittadini in possesso dell’autocertificazione di esenzione con il codice E02: disoccupati e  loro familiari a carico, con un reddito complessivo inferiore a euro 8.263,31, incrementato fino a euro 11.362,05 in presenza del coniuge ed in ragione di ulteriori 516,46 euro per ogni figlio a carico, in possesso di auto-certificazione valida sino al 31 marzo 2020.

Il cittadino può presentare l’autocertificazione in via telematica, attraverso il sistema pubblico di identità digitale (SPID) o in alternativa con credenziali di tessera sanitaria con microchip (Tessera sanitaria – Carta nazionale dei servizi) o qualsiasi altra Carta Nazionale Servizi.http://www.sistemapiemonte.it/cms/privati/salute/servizi/924-autocertificazione-esenzioni-da-reddito)

Si precisa che, in caso di eventuale perdita dei requisiti di reddito che danno diritto all’esenzione, l’assistito è tenuto a darne tempestiva comunicazione all’ASL, anche attraverso la funzionalità telematica, per la cessazione del diritto all’esenzione e, pertanto, a non utilizzare più il certificato di esenzione per reddito.

Si ricorda che eventuali abusi di utilizzo del certificato di esenzione, in mancanza dei requisiti prescritti dalla legge, comportano responsabilità amministrative e penali.

Inquinamento urbano e coronavirus: un rapporto troppo stretto

Come non si dice che, oltre al Covid, ci sono anche le cavallette, nuova piaga faraonica, figlia dello squilibrio dell’ecosistema.
Non è Jahvè stavolta a mandare piaghe e diluvio, ma Madre Natura, dal maschile al femminile, in un video che fa il giro del web e getta una luce apocalittica sull’epidemia…

… CONTINUA A LEGGERE SU ELECTOMAG:

Inquinamento urbano e coronavirus: un rapporto troppo stretto

 

Lo straordinario valore dell’oro blu

Di Marco Travaglini     Non saranno sempre le “chiare, fresche e dolci acque” della famosa poesia del Petrarca ma restano (e sempre di più saranno) il principale oggetto del desiderio per tanta parte dell’umanità. “Acqua, tu non hai sapore, né colore, né aroma. Non si può nemmeno descriverti. Ti si beve senza conoscerti. E non è vero che sei indispensabile per la vita: tu stessa sei la vita” .

Così scriveva, con senso premonitore (morirà nel Mediterraneo, inabissandosi con il suo aereo) Antoine de Saint-Exupéry, autore de “Il Piccolo Principe”. La parola acqua, di per se, “suona” bene. Suscita, senz’ombra di dubbio,  sentimenti positivi. Chi può negare che l’acqua è il presupposto insostituibile per una vita sana e l’elemento in assoluto più importante? Allo stesso tempo, c’è il rovescio della medaglia.

Infatti, l’acqua può significare anche grande dolore, minaccia, paura. Basta pensare alla siccità, alla mancanza d’acqua, all’inquinamento delle falde, per non parlare di alluvioni, frane e smottamenti. Dunque, l’acqua è vita ma può anche rappresentare la morte. Da sempre l’acqua porta in sé questo potenziale contrario: maledizione e benedizione. Il 71 % della superficie terrestre è coperta da acqua. Il 97% di questa massa d’acqua è composto da acqua salata. Del rimanente 3% la maggior parte è irraggiungibile, imprigionata nelle calotte polari, in profonde falde, in ghiacciai e nuvole. Meno dello 0,5% è disponibile come acqua dolce potabile ed è distribuito in maniera estremamente ineguale sul globo. L’acqua è insufficiente in molti paese. E’ così in Israele, India, Cina, Bolivia, Ghana. Ma anche in Canada, Messico e Stati Uniti. Le guerre dell’acqua non sono più un prevedibile evento del futuro. Sono già una realtà. Che si tratti del Punjab ( la “terra dei cinque fiumi”, nell’ovest dell’India) o della Palestina, spesso la violenza politica nasce dalla competizione per appropriarsi delle scarse e vitali risorse idriche. Molti di questi conflitti sono “sotto traccia”, poco visibili. Chi controlla il potere preferisce mascherare le guerre dell’acqua, facendole apparire come scontri etnici o religiosi, anche se in realtà le regioni lungo i fiumi sono per lo più abitate da società pluralistiche che presentano una grande diversificazione di gruppi umani, lingue e usanze. “Le guerre dell’acqua“, come ci raccontava nell’omonimo libro l’economista indiana Vandana Shiva , premio Nobel per la pace nel ’93, sono il volto peggiore della silenziosa deregulation e della privatizzazione di un bene che – al contrario – ha sempre svolto, in ogni epoca, un ruolo di pacificazione. Ovunque i beni preziosi sono distribuiti in maniera diseguale e anche nel caso dell’acqua potabile, ci sono grandi problemi di rifornimento e una spaccatura netta tra poveri e ricchi. Nel corso del ‘900 il fabbisogno d’acqua raddoppiò rispetto alla popolazione mondiale.  Negli ultimi 50 anni è quadruplicato.

E cresce sempre di più. Il 70% del consumo di acqua dolce ricade sull’agricoltura intensiva, il 20% sull’industria e solo il 10% sull’uso privato (in Europa: 26% agricoltura, 53% industria e uso privato 19%). L’esplosione demografica e lo spreco d’acqua fanno ridurre in modo drammatico le riserve d’acqua. Diversamente dal petrolio, gas o uranio , l’acqua e l’aria sono le uniche risorse che non si possono sostituire in alcun modo. Nel 2050, secondo le stime dell’ONU, la popolazione mondiale sarà di circa 9,7 miliardi e sfiorerà gli 11 a fine secolo. Così, nell’arco di 150 anni, si sarà  sestuplicata. L’Organizzazione Mondiale della Sanità dichiara che oggi quasi la metà della popolazione mondiale soffre per mancanza d’acqua e che questa sarà nei prossimi anni la più grave minaccia per la produzione di generi alimentari. L’acqua potrebbe diventare molto presto più preziosa dell’oro. Già oggi almeno un quinto della popolazione terrestre non ha alcun accesso diretto ad acqua potabile e pulita; un terzo dell’umanità non conosce alcun impianto sanitario né sistemi per la depurazione dell’acqua. Sempre i rapporti dell’OMS attribuiscono la causa dell’80% delle malattie nel terzo mondo all’acqua inquinata e nella carenza di sistemi per lo smaltimento delle acque reflue. Ogni anno, per queste cause legate all’acqua inquinata e contaminata, muoiono dieci volte più persone che nelle guerre, nella fattispecie più di cinque milioni di persone, di cui oltre due milioni di bambini (circa seimila al giorno). La metà dell’umanità vive in realtà che devono condividere il loro sistema idrografico con i paesi confinanti. Più di duecento grandi fiumi scorrono attraverso due o più stati. Solo di rado la divisione e la gestione della acqua internazionali sono regolate in maniera precisa. I conflitti più evidenti di questi anni si sviluppano, ad esempio, nelle zone condivise del Nilo, del Giordano, dell’Eufrate e del Tigri (Turchia, Israele, Palestina, Giordania, Egitto, Sudan, Etiopia, Siria, Irak). Ogni singolo funzionamento dello sciacquone nei paesi industrializzati utilizza la stessa quantità d’acqua che in un giorno serve ad una persona in un paese in via di sviluppo per bere, cucinare, lavarsi, ammesso che possa averla a disposizione. Non ci si può nascondere una verità, tanto grande quanto scomoda: solo quando ciascun individuo avrò lo stesso accesso all’acqua potabile ci sarà anche per i paesi poveri la possibilità di pensare a uno sviluppo sostenibile. E questo sarà possibile a condizione che l’acqua rimanga un bene veramente pubblico sotto la protezione degli utenti e dei governi, ai vari livelli. Tema molto “hard” da trattare considerando come le multinazionali che si ritengono l’ “OPEC dell’acqua” litigano già oggi per commercializzare questo bene tanto prezioso e così scarso.  “A causa dell’inquinamento e del crescente bisogno le scorte d’acqua naturali sono in pericolo anche lì dove sarebbero sufficienti o addirittura in eccesso” ammoniva il segretario generale dell’ONU Kofi Annan in occasione dell’anno internazionale dell’acqua, nel lontano 2003. Da allora siamo stati spettatori di un disastro dopo l’altro e gli unici fiumi che hanno continuato a scorrere sono stati quelli di parole.

L’ONU prevede che tra cinque anni, nel 2025, due persone su tre soffriranno per la drammatica carenza d’acqua. Soprattutto in Africa, Asia, Medio Oriente. Le riserve idriche di 17 paesi, falde comprese, sono già allo stremo, ma la crescente domanda di acqua e i cambiamenti del clima aggraveranno la situazione.  E’ evidente che le riserve d’acqua dolce, di fatto insostituibili, sono da annoverare tra i beni maggiormente in pericolo. Da anni sono in corso accesi dibattiti sulle riserve idriche. E qui entrano in gioco anche le montagne. Più di metà della popolazione mondiale dipende dall’acqua che sgorga dalle montagne. Le montagne sono i “serbatoi d’acqua” e rivestono un ruolo chiave nel ciclo globale dell’acqua. A  titolo di esempio sono circa cinque i milioni di persone che dipendono dal rifornimento di acqua proveniente dal Lago di Costanza. E si tratta, a tutti gli effetti, di acqua delle Alpi. Quest’ultime rivestono per l’Europa una funzione centrale nel rifornimento. Qui nascono importanti fiumi come il Reno, il Rodano e il Po oltre a decine di importanti affluenti del Danubio. Senza questa massiccia immissione idrica il rifornimento d’acqua di grandi parti d’Europa sarebbe impensabile. Le acque interne e sorgive forniscono ,ad esempio, in Svizzera l’80% e in Austria addirittura il 99% dell’acqua potabile.  “Disfa li monti e riempie le valli e vorrebbe ridurre la Terra in perfetta sfericità, s’ella potesse”. Quando Leonardo da Vinci scrisse questa frase, riferendosi all’acqua, il paesaggio alpino era pressappoco intatto da millenni. E fino alla prima metà del XX° secolo, valli, fiumi e laghi non erano che il risultato di fenomeni geologici, climatici e biologici. In pochi decenni tutto è mutato, quasi sempre in peggio. Con i loro oltre 13 milioni d’abitanti, sette Stati, 83 Regioni e 6.187 Comuni, le Alpi (che sono state definite “il bastione acquifero” d’Europa) sono sottoposte a una pressione ambientale senza precedenti. Oltre alla fitta ragnatela d’infrastrutture, pesa moltissimo il massiccio sfruttamento idrogeologico. “Nelle Alpi non esistono quasi più corsi d’acqua naturali”, denunciò qualche anno fa Helmuth Moroder  di Cipra Italia, l’associazione che si occupa dell’ambiente dei paesi alpini. E aggiunse che  “meno del 10 per cento dei fiumi è ancora in condizioni di naturalità”. Gli ultimi corsi d’acqua con almeno 20 chilometri non toccati dalla mano dell’uomo erano il Gail nella Lasachtal (Austria), il Metnitz e il Wimiz in Carinzia, la Stura di Demonte in Piemonte e l’Esteron in Francia. Ora la realtà è peggiorata. I grandi massicci fanno confluire enormi quantità d’acqua in un bacino di 143.000 km quadrati, attraverso il quale corrono verso le valli ben duecento miliardi di metri cubi d’oro blu. “La qualità delle acque alpine è potenzialmente eccellente, ma è sempre più minacciata dall’inquinamento e dalla cattiva gestione, che insieme causano danni irreversibili”, si legge ancora in un rapporto della Cipra. Un’altra grave minaccia è rappresentata dal riscaldamento climatico che interessa particolarmente le Alpi. Il manto nevoso e i ghiacciai non sono più quelli di una volta: rispetto al 1850 si sono già ridotti della metà. Tuttavia, le risorse d’acqua potabile delle Alpi sono ancora considerevoli. Tanto che fioriscono progetti di vendita e d’esportazione. Per quanto riguarda l’Italia, spesso sotto accusa sono le scelte dell’Enel, responsabile della maggior parte delle derivazioni che alimentano le centrali idroelettriche ma prosciugano i fiumi. Finora a poco sono valse le disposizioni legislative che obbligano a “liberare” l’acqua nei loro corsi naturali. “Se imponessimo il rilascio di un minimo deflusso”, secondo la Cipra, “la produzione d’energia elettrica ne risentirebbe, a livello nazionale, solo per l’1 per cento”. Viceversa, i benefici a livello ambientale nell’immediato e a breve periodo anche economico sarebbero innegabili. In una realtà come quella dell’alto Piemonte,dove la produzione dell’energia idroelettrica è un’attività più che secolare, questa situazione è particolarmente avvertita. C’è poi il problema dello spreco. Nei Paesi europei le perdite sono stimate in media intorno al 30 per cento e giungono fino al 70-80 per cento in alcune città. Soltanto il 2 per cento circa dell’acqua potabile è effettivamente utilizzato per il consumo umano. La stessa Convenzione delle Alpi finora non ha prodotto grandi risultati. Esistono direttive europee  risalenti a più di vent’anni fa (nel febbraio 1998)  che raccomandavano una “gestione integrata e sostenibile degli ambienti acquatici”. In Italia, la legge Galli del 1994 imponeva “il livello di deflusso necessario alla vita negli alvei…”. Analogo impegno veniva imposto dalla legge che istituiva le Autorità di bacino. Come sono andate le cose? Attualmente il 98 % della popolazione è servita da acquedotti con servizi spesso scadenti. Il 34% degli abitanti serviti non hanno acqua a sufficienza e il 44% non beve l’acqua del rubinetto.

Non parliamo di bazzecole: i problemi – e le opportunità – legati alla “economia dell’acqua” sono un fatto importante. Si va dagli impianti di regimazione alla gestione dell’acqua per usi potabili ai progetti idroelettrici per colmare il pauroso deficit (in Piemonte sfiora il 50%) d’energia elettrica in tutto il settore alpino, alla utilizzazione del diporto lacuale (l’alto Piemonte è anche la zona dei laghi Maggiore, Orta e Mergozzo, ai quali vanno aggiunti i canavesani laghi di Viverone, Candia e Sirio, quelli di Avigliana e altri minori) e a tutte le attività sportive connesse alla vita fluviale.Il sistema alpino produce quasi 50 miliardi di metri cubi d’acqua: un’immensa risorsa naturale che, almeno in parte, va trasformata in risorsa economica. Si tratta di sperimentare e di diffondere – accanto a modalità di consumo e distribuzione che puntino all’efficienza, al risparmio e al minor impatto ambientale possibile – modalità di produzione energetica incentrate sulle energie rinnovabili, che possono anche costituire delle filiere economiche “brevi”, come nel caso del legno. E’ necessario promuovere l’attivazione di progetti e di risorse ad hoc da parte del sistema pubblico degli Enti locali ( dalle Regioni in giù) , capaci di coinvolgere anche i privati. Nessuno può negare che sono “risorse delle montagne”, ma è un fatto che alle montagne non ritorna praticamente niente. Le regioni del Nord-Ovest “producono” complessivamente almeno 30 miliardi di metri cubi d’acqua. Più della metà defluisce al mare inutilizzata. Ma la parte usata assume, presso i “consumatori finali”, valori interessanti. Dai pochi centesimi al metro cubo dei consumi agricoli si sale ai 45/80 centesimi per i consumi industriali e idropotabili, fino ai 200/300 euro al metro cubo nel caso si tratti d’acque minerali. Ci sono leggi regionali sul ciclo idrico (come quella piemontese) che stabiliscono in perecentuale un ritorno minimo alle comunità locali ( le ex-comunità montane, ad esempio) sul valore finale dei consumi idropotabili, utilizzando le risorse per rafforzare l’assetto idrogeologico “friabile” di molti territori. E così  “usare” meglio l’acqua, affinché una risorsa “di tutti” serva davvero “a tutti”. Il lungo periodo di crisi economica e sociale ha determinato un forte incremento dell’utilizzo dell’acqua potabile, con la scelta dell’acqua di rubinetto per bere che è salita a tre quarti della popolazione. Un dato evidente, legato a una politica di “risparmi”, che emerge da una ricerca fatta qualceh tempo fa da CRA Nielsen in collaborazione con Aqua Italia, associazione che unisce le imprese che si occupano del trattamento delle acque primarie. Acqua che, dopo il referendum sulle risorse idriche del giugno 2011 ( in cui sono state abrogate le leggi che parlavano di una sua privatizzazione) sarebbe dovuta passare dalle società private al settore pubblico. Passaggio in gran parte non avvenuto a causa di ricorsi in Cassazione e al TAR, decreti legge e vuoti normativi. Così è stata in parte minata la vittoria del fronte dell’acqua pubblica nel 2011 che portò circa 27 milioni di persone a votare per il referendum sulla privatizzazione dell’acqua. Grazie a quel risultato l’acqua va considerata un bene pubblico ma nei fatti non si sono determinati dei concreti cambiamenti. In realtà l’acqua adesso costa di più , con perdite stimate in circa due miliardi e mezzo di metri cubi all’anno, vale a dire un buon terzo del totale. E con l’autorizzazione alla revisione delle tariffe, concessa già qualche anno fa  dall’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico si sono visti degli aumenti sensibili nelle bollette ( il 3,9% in più nel 2014 , il 4,8% in più nel 2015, tanto per fare degli esempi). Con gli investimenti che sono rimasti fermi al palo e ora la prospettiva di una forte recessione dovuta alla diffusione virale del Covid19 e al rallentamento complessivo dell’economia,  in una nazione dove si hanno dei picchi di dispersione dell’acqua distribuita pari al 50% nel sud e in cui il 15% della popolazione vive in zone prive di rete fognaria, il quadro è preoccupante. La lotta dell’acqua di tutti e per tutti, lungi dell’essere un tema marginale, è quanto mai attuale.

Parchi vuoti, qualche coda ai supermercati

Sembrano funzionare  piuttosto bene  a Torino i nuovi provvedimenti del governo per contenere i contagi da coronavirus

Ieri e oggi sono poche le persone e le auto in giro per le strade. E  nei giardini e nei parchi  non si vedono più i gruppi di persone che nei giorni scorsi avevano fatto scattare l’allarme.

Le aree verdi sono pattugliate dalla polizia municipale, come in piazza d’Armi, alla Pellerina e  al Valentino dopo il blocco alle attività all’aria aperta. Alcune code si vedono invece nei pressi dei grandi supermercati in periferia, a causa degli ingressi scaglionati. Poche code nei supermercati più piccoli in città.

 

Il senso del momento

PAROLE ROSSE di Roberto Placido   Ha fatto molto parlare, specialmente a sinistra o presunta tale, la somma, dieci milioni di euro, che Silvio Berlusconi e, per fortuna anche altri, ha destinato al sostegno dell’azione delle istituzioni per combattere la pandemia di Corona Virus

L’elenco è lungo e comprende singoli, appunto Silvio Berlusconi, e aziende come Ferrero, dieci milioni, la famiglia Agnelli, altri dieci, la Reale Mutua, cinque milioni, Giovanni Rana, il Gruppo Miroglio con la produzione, donata alla Regione Piemonte di 700.000 mascherine ed è stato, cosa importante, lo stimolo per altre aziende a riprendere la produzione di mascherine chirurgiche quanto mai necessarie in questo momento.

E poi ancora il Gruppo Generali Assicurazioni, con un fondo di 100 milioni di euro, Apple, Pirelli, Snam, Benetton, Moncler, Barilla, UBI Banca, Novartis, Amadori, Unipol, giocatori di calcio e di altri sport, e tanti altri ancora con un elenco che si allunga sempre di più. Le critiche, dico subito che non condivido, specialmente rivolte a Berlusconi, che nonostante i suoi 84 anni ha dimostrato ancora una volta di essere veloce e di cogliere l’attimo essendo stato il primo dell’elenco sopra indicato. Qualche giornale, il Fatto Quotidiano, ha elencato alcune delle “grandi evasioni” o leggi ad personam che hanno favorito lui, le sue aziende o la sua famiglia, confondendo a mio parere, le cose ed i momenti, definendola carità pelosa. Non si tratta di azioni caritatevoli pur nel rispetto del senso cristiano di carità e dell’essere una delle virtù teologali. Non è nemmeno e non potrebbe comunque esserlo un’indulgenza come fece nel lontano 1515 Leone X che, per pagare la costruzione della Basilica di San Pietro a Roma, decise di venderle in tutta la Germania. In tanti ne approfittarono convinti così di acquistare, dopo la morte, il lasciapassare per il Paradiso. Per i reati, sia quelli fiscali, che quelli penali, servono condoni ed amnistie. Per i secondi se ne sta parlando con sempre maggiore insistenza e quanto prima ci sarà sicuramente. Il nostro paese non è in grado, in questo momento, di gestire troppe emergenze. Tornando al tema, quanto fatto è un’azione di solidarietà in un momento drammatico per l’Italia. La solidarietà, lo sa bene chi è di sinistra, non è solo un sostantivo, ma un impegno etico-sociale in determinati momenti e situazioni. Con dieci milioni non si cancellano le leggi ad personam e tutto il resto per Silvio Berlusconi, non si cancellano le responsabilità per il crollo del ponte Morandi per il Gruppo Benetton e così via. Di queste e di altre vicende se n’è occupata e se ne occuperà la magistratura. Ora è il momento della solidarietà e della coesione a tutti i livelli e non dei distinguo e delle polemiche. In una situazione così drammatica non ce lo possiamo permettere. Arriverà il momento per ragionare sui ritardi del governo, della Protezione Civile, delle Regioni, dei singoli cittadini che non rispettano, sciaguratamente, le disposizioni, che vive lo stare in casa come un sacrificio insopportabile dimostrando la fragilità di milioni di italiani mentre tutto il sistema sanitario, medici, infermieri, paramedici e tanti altri fanno i veri sacrifici. Ogni cosa a suo tempo. Ora è il momento dell’impegno e della solidarietà e ben vengano sottoscrizioni come quella lanciata, oltre quattro milioni di euro, da Chiara Ferragni e da Fedez, o da quotidiani ed emittenti televisive. L’Italia ha bisogno che prevalga la parte migliore, ha bisogno, oltre che di solidarietà, di unità.

Onesti e inadeguati

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni / Abbiamo ascoltato per molto tempo che la virtù più importante del politico  e’ l’onestà. Noi abbiamo spesso confutato questa tesi, sostenendo che l’onestà è un semplice prerequisito e che il politico onesto, ma incapace non può adempiere ai suoi doveri verso la comunità e i cittadini

Stiamo drammaticamente vivendo un momento in cui la inadeguatezza politica rivela i suoi limiti in modo disastroso ed allarmante, non soltanto in Italia. L’emergenza del Coronavirus manifesta in modo clamoroso la inadeguatezza della classe politica di molti paesi.
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Ritorna alla mente ciò che scriveva Benedetto Croce: “Quando si tratti di curare i propri malanni o sottoporsi ad un’operazione chirurgica, nessuno chiede un onesto uomo, ma tutti chiedono medici e chirurghi, onesti o disonesti che siano, purché abili in medicina e chirurgia, forniti di occhio clinico e di abilità operatoria”. Al contrario, continua Croce, appare strano che nelle cose della politica si chiedano invece, non uomini politici, ma onest’uomini.
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Oggi forse siamo governati da “onest’uomini”, ma certo non da uomini politici capaci. La vera onestà politica – sosteneva Croce –  è la capacità politica che richiede esperienza, cultura, genio politico. “L’insipienza condita da buone intenzioni”, per usare ancora  parole di Croce, non potrà  mai portare  a buoni risultati. Questi sono i pensieri preoccupati se non disperati  di un cittadino, a distanza di un mese dalla emergenza, quasi improvvisamente dichiarata in Italia, dopo un gran tempo in cui si  sono sprecati gli inviti a non allarmarsi e a vivere con normalità perché si trattava di poco di più che di un’influenza.
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Se ascoltassimo i discorsi e le dichiarazioni di molti politici prima del 21 febbraio,  ci renderemmo conto   di una situazione paradossale creata da persone superficiali e inette che dovrebbero abbandonare la vita politica al fine di non procurare altri danni. Di onesti di questo tipo Dio ce ne scampi e liberi, siano essi italiani, inglesi , americani, spagnoli, tedeschi, francesi. Sempre ammesso che siano onesti …