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Il bossing

Il bossing, con un termine derivato dall’inglese boss, capo, è una forma di mobbing attuato, in ambito lavorativo, scolastico o associativo, da un superiore o da chi sia investito di una qualche forma di responsabilità.

E’ a tutti gli effetti una forma di violenza psicologica attuata per motivi diversi, a seconda dell’ambito in cui si sviluppa, dal genere delle parti coinvolte, e dalle ragioni per cui insorge.

Elemento comune a tutte le forme di bossing è il risultato atteso: le dimissioni, il trasferimento o l’allontanamento della vittima.

In ambito lavorativo, specie in Italia dove per il licenziamento occorrono, nella maggior parte dei casi, una giusta causa ed un giustificato motivo si assiste ad una forma di mobbing mirante alle dimissioni spontanee di un soggetto per permettere l’assunzione di qualcuno raccomandato, per eliminare qualcuno scomodo per le sue idee politiche o per la sua attività sindacale o, semplicemente, perché ragionando con la propria testa ridicolizza l’operato e le decisioni dall’alto spesso prive di utilità per l’azienda.

Talvolta, però, il bossing ha come scopo le dimissioni del mobbizzato quando il licenziamento, ove possibile, comporterebbe per l’azienda il pagamento di indennità notevoli mentre le dimissioni spontanee (per modo di dire) consentirebbero di aggirare l’ostacolo.

In alcuni casi, il bossing è praticato nei confronti di un soggetto che non ha ceduto alle richieste sessuali del (o della) superiore che mette in atto una serie di comportamenti tesi a punire la subordinata per vendicarsi del rifiuto: il film Rivelazioni, con Michael Douglas vittima del mobbing attuato da Demi Moore è un esempio eclatante di tale comportamento.

Questa forma di violenza, però, può essere messa in atto anche nei confronti di un allievo da parte di un docente, di un socio di un‘associazione da parte dei membri del direttivo, di un militare da parte di un superiore gerarchico e le motivazioni possono essere, anche in questo caso, di natura sessuale o, più spesso, di antipatia verso la vittima.

Poiché tale atteggiamento è posto in essere, appunto, da chi ha funzioni apicali o incarichi di responsabilità nell’organizzazione è molto difficile che trovi ostacoli nella sua attuazione da parte di chi assiste agli episodi di bossingo da chi, comunque, ne sia a conoscenza, rendendo difficile punire tali atti persecutori.

Talvolta il mobbing non giunge alla molestia vera e propria, alla vessazione ma si limita ad un demansionamento della vittima, portandola così ad una riduzione dell’autostima, alla depressione perché costretta spesso a vere sinecure o a lavori demotivanti; il risultato atteso, però, non cambia.

Non sempre la legislazione o, nel caso del lavoro, gli accordi sindacali consentono alla vittima di chiedere, ed ottenere, giustizia per la violenza subita; spesso, infatti, risulta davvero difficile dimostrare dove finisca la normale attività gerarchica, con suggerimenti, rimproveri ed eventuali ammonizioni, e dove cominci il bossing. Inoltre, troppo spesso, le vittime evitano la querela nei confronti del boss o dell’azienda temendo ritorsioni ulteriori.

Per comprendere il bossing dal punto di vista della vittima, è importante tenere conto che la molestia sul luogo di lavoro èrappresentata da tutte le condotte improprie in grado di offendere la persona nella sua dignità e integrità psicofisica. Esse comprendono parole e azioni ma anche comportamenti, sottintesi, allusioni, omissione di informazioni e mancata fornitura di strumenti e/o documentazione essenziali per svolgere il lavoro in tempi congrui.

L’abuso di potere, che viene subito percepito, si accompagna a volte ad una manipolazione attuata in modo subdolo, non immediatamente visibile e per questo inizialmente sottovalutata.Frecciate e scherzi di cattivo gusto vengono presi alla leggera e sottovalutati, dando priorità al fatto di mantenere il lavoro e quindi la fonte di sostentamento.

Il risultato è che ogni sera si rientra a casa sfiniti, umiliati e con la sensazione di essere “usati” o di essere presi in giro. In genere non è l’episodio isolato a definire la molestia (a meno che non sia particolarmente grave) ma il ripetersi nel tempo delle stesse condizioni di disagio che innalzano il livello di ansia della vittima. Si innesca allora un circolo vizioso che porta la vittima a stare sulla difensiva provocando e “giustificando” agli occhi dell’aggressore, nuovi attacchi.

Il rifiuto della comunicazione diretta posticipando o negando colloqui, assegnando gli incarichi con comunicazioni scritte o attraverso intermediari, lo screditamento attraverso la svalutazione di qualsiasi iniziativa, l’isolamento attraverso la mancata comunicazione di informazioni o novità importanti, la molestia sessuale (che si esplicita in vari modi che possono sottendere molestia di genere o comportamento seduttivo o ricattatorio ecc), sono alcune delle condotte più frequenti.

In un conteso in cui si pensa che i lavoratori o gli studenti debbano accettare tutto pur di conservare il lavoro o superare un esame, le condotte moleste sono spesso “socialmente accettate”, ritenute parte normale della quotidianità e quindi difficili da sradicare.

Tutto questo ha un costo sia per l’individuo che per l’azienda e, in una società come quella italiana in cui l’intera famiglia viene solitamente coinvolta nei problemi riguardanti il lavoro dei suoi membri, i risvolti negativi si amplificano ulteriormente con i famigliari stessi che risentono del clima negativo e a volte finiscono per stancarsi e colpevolizzare la stessa vittima. Livelli costantemente elevati di ansia, il relativo rilascio continuo deivari ormoni dello stress crea una serie di ripercussioni sul fisico che costringe il lavoratore a periodi sempre più lunghi di assenza dal lavoro, per disturbi che vanno dalle emicranie ai dolori alla schiena, alle ulcere gastro duodenali, alle forme depressive ecc… Se all’inizio lo stress è l’adattamento fisiologico dell’organismo ad una forma di aggressione e quindi una normale reazione di sopravvivenza, nel caso di situazioni di disagio protratte nel tempo i danni diventano inevitabili. Di fronte ad una situazione stressante, di solito, si può scegliere tra la fuga e la lotta ma nel caso di un lavoratore o uno studente o altra situazione di subordinazione, la risposta immediata è la “resistenza” che prima o poi porta allo sfinimento.

Che fare quando si è vittima di tale violenza?  

Sporgere denuncia è l’unico modo per mettere fine alle molestie. E’ un passo che richiede coraggio e determinazione poiché determina la rottura del rapporto di lavoro e non vi è certezza che la denuncia venga accolta né che l’iter giudiziario si concluda con un esito positivo da parte del lavoratore.

Fondamentale, per far valere i propri diritti, è raccogliere elementi che possano provare il dolo (l’intenzione di danneggiare), il nesso di causa tra la molestia e il danno subito, la violazione di un diritto garantito dalla Costituzione e il danno stesso (il peggioramento della qualità della vita).

Se non siamo noi, oggi, le vittime dirette del bossing, non dimentichiamoci che potremmo essere tali domani e senza alcun motivo né preavviso. Per questo è importante combattere sempre e comunque qualsiasi forma di molestia e l’arma più efficace è portarla alla luce, smascherarla senza timori poiché in questi casi, chi tace diventa complice e incentiva il ripetersi di situazioni analoghe.

Sergio Motta

Cristiana Francesia

Al via i progetti del Pnrr sociale per i disabili

La Giunta comunale ha approvato la convenzione con il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali per l’avvio dei 5 progetti, articolati in 10 piani operativi, rivolti alle persone con disabilità rientranti nel PNRR sociale di cui è la Città è titolare.

I progetti accoglieranno 60 persone con disabilità attraverso percorsi individualizzati, di abilitazione, autonomia e formazione-lavoro, riqualificando, al tempo stesso, spazi comunali e del privato sociale. Gli interventi, che si concluderanno entro marzo 2026, hanno ottenuto un finanziamento PNRR di 3.575.000 euro, ai quali si aggiungono 546mila euro di risorse comunali necessarie per riqualificare immobili comunali particolarmente degradati.

Gli immobili pubblici interessati dalla convenzione odierna, nell’ambito dell’investimento ‘Percorsi di autonomia per persone con disabilità’, sono: corso Sicilia 53, l’ex Mulino Cavoretto di corso Moncalieri 266, via Onorato Vigliani 104, via Rubino 82, via Sordevolo 1 angolo via Bologna 90, via Roccavione 11, via degli Abeti 12 e piazza Astengo 10, corso Casale 85, via Ghedini 2. Gli immobili degli enti del terzo settore sono una porzione del convitto Alfieri Carrù di via Accademia Albertina 14 e una unità abitativa in via Monte Albergian 23 bis. Gli edifici pubblici saranno assegnati in concessione agli enti del privato sociale, mentre su quelli privati sarà apposto un vincolo di destinazione d’uso.

Nell’ambito del PNRR sociale, la Città ha candidato 19 progettualità rivolte, oltre che alla disabilità, a persone anziane, minori e in condizioni di marginalità e fragilità, con un finanziamento potenziale di oltre 15 milioni di euro nel prossimo triennio.

Tutti gli interventi sono stati ideati dalla Città insieme agli organismi del Terzo settore attraverso un’ampia procedura partecipativa, che ha coinvolto circa 150 enti del privato sociale, con il costante accompagnamento del Forum del terzo settore, delle organizzazioni sindacali, dell’ASL Città di Torino, dell’Università, del Politecnico e delle rappresentanze di secondo livello.

Secondo l’assessore al Welfare e la vicesindaca con questi progetti si ottiene un doppio risultato: da un lato sostenere le persone con disabilità e le loro famiglie, e dall’altro riqualificare edifici pubblici oggi degradati, a beneficio del territorio e della comunità.

Se la “C” di un imbecille stroppia il nome di una via e di un paese

Diario minimo urbano…vedere e ascoltare per credere

D’accordo. Qualcuno di voi potrà anche dirmi, alla maniera del grande Proietti, ma sì, ma so’ rragazzi! Perché tanto rumore per nulla?. E va bene. Certo non è un gesto terroristico (ci mancherebbe!) con quello che si sente e si vede oggi in giro per il mondo! Ma un gesto da imbecilli, sì. Consentitemelo. Epperbacco! Quando ci vuole ci vuole. Me lo conferma anche Dario, che mi passa vicino, mentre occhi in su osservo il “vil gesto”: Certo che la madre degli imbecilli è sempre incinta, mi sorride e rassicura citando il celebre detto latino Stultorum mater semper gravida. Ma veniamo ai fatti. Ore 9,30 di ieri mattina, solita strada per andare al solito amico bar, a bermi il solito amico caffè. Via Nicola Fabrizi a Torino, attraverso gli assolati (troppo assolati) giardini di piazza Risorgimento dedicati a Francesco Lomonaco (il “Plutarco italiano”), scrittore, filosofo e patriota da Montalbano Jonico precursore dell’Unità d’Italia, imbocco la via Rosta che in un centinaio di metri porta al trafficato corso Francia per lasciarmi all’angolo con via Giacomo Medici, dove appunto mi attende il piacevole dehor, con tanto di simpatiche amicizie acquisite nel tempo, del “mio” caffè. Via Rosta è una bella via, tenuta bene (come suol dirsi), belle e appena appena attempate case e palazzi, gente per bene dal sorriso e dal saluto facile. Mi piace percorrerla. Con calma e attenta curiosità. Mi infilo la FFP2. Alzo gli occhi all’insù e (che é?) resto per un attimo basito. Non può essere! Avrò sbagliato strada? Ma no. Mi guardo intorno con aria perfino un po’ rincoglionita (più del solito) e mi accorgo che tutto è al solito posto. Che io sono anche oggi al solito posto. In via Rosta. Ma, signori miei, via Rosta ha da oggi cambiato nome. Possibile? Via Rosta è diventata, all’angolo con via Vincenzo Nazzaro, via “Crosta”. Proprio così! L’imbecille o gli imbecilli di zona sono tornati a colpire, penso, dopo aver recuperato lo smarrimento. Non di rado capita. Di trovare qualche loro estemporanea esibizione di “street art” per strade e vie di Campidoglio. Dario conferma e alza le braccia al cielo. Imbecilli”! Sì, sì. Però che pena! Possibile che apporre con una pennellata una “C” davanti a Rosta, possa dare tanta soddisfazione e divertimento! Da applausi. Magari il coglione se li aspetta, pure: mi dico. L’avrà fatto nottetempo? O nelle vuote giornate del recente mese vacanziero? Certo non da solo. La targa viaria è almeno a tre metri s. l. m., sul livello del marciapiede. Qualche altro geniale “compagno di merenda” gli avrà fatto scaletta o l’avrà aiutato nell’eroica impresa sorreggendolo su palestrate spalle. Chissà? Ma, intanto, penso qualcuno adesso dovrà provvedere a eliminare quell’obbrobrio. Che magari è lì chissà da quando e non me n’ero mai accorto. Già qualcuno. Chi? Il Comune? Il Quartiere? La Circoscrizione? Saranno già stati interpellati? Magari hanno rimosso. Capita nelle migliori famiglie. Quasi quasi – penso – raccatto uno spazzolone dal lungo manico e ci penso io. Mi prenderebbero per matto. Certo se io abitassi in via Crosta, pardon via Rosta, o fossi un rostese doc, un po’ m’incazzerei a veder trattato così il mio bel paesino, fra i più suggestivi del Torinese, a un tiro di schioppo dalla “Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso” (voluta nel XII secolo dal conte Umberto III di Savoia) e ai piedi del Musiné. Ma tant’é. Chissà per quanto ancora resterà quell’ingombrante “C”?. Sarebbe bello – penso ancora – che sopraffatti da un improbabile rigurgito di vergogna, provvedessero a cancellare il misfatto proprio loro: gli esecutori imbecilloidi compagni di merenda. Magari nottetempo come fatto nella messa in atto dello strategico piano”. Il che mi pare assai utopico. Vedremo. Per intanto mi dirigo, bofonchiando qualche insulto, al bar.

Gianni Milani   

L’Ultima cena tra pubblicità e blasfemia

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

La pubblicità televisiva di una compagnia di intermediazione assicurativa che ironizza sull’Ultima cena con un’allusione alla cattiva compagnia di Giuda e ridicole e leggere battute sulla pasta alla carbonara, sulla pancetta e sul guanciale mi sembra totalmente fuori luogo. Prosegue la serie di Cesare e Bruto che pugnalo’ Giulio Cesare a cui aveva regalato dei coltelli molto taglienti, ma mentre ironizzare sull’omicidio di Cesare non può suscitare reazioni neppure nei sostenitori del cesarismo, il riferimento all’ultima cena di Gesù Cristo, presa a pretesto per delle battute profane, non può non infastidire, se non offendere, la sensibilità non solo dei credenti, ma di chiunque abbia rispetto per i sentimenti religiosi delle persone. L’ultima cena fu un passo drammatico della vita di Gesù prima della passione e della crocifissione durante la quale istituì il sacramento dell’ Eucarestia che durante ogni Messa viene ricordato e, secondo i credenti, rinnovato sull’altare con la consacrazione del pane e del vino.
Viene anche ripresa in maniera anch’essa caricaturale l’ultima cena di Leonardo, un capolavoro dell’arte di ogni tempo. Questa pubblicità rivela un degrado morale generalizzato che consente tutto, anche l’irrisione e la strumentalizzazione commerciale di eventi che per milioni di persone rappresentano qualcosa di molto importante. Questa non è laicità, è qualcosa che rasenta la blasfemia. E come tale va denunciata.
I laici separano il sacro dal profano, la Chiesa dallo Stato, e non accettano la mercificazione di ogni cosa. Questo non è neppure volgare laicismo.
E’ un consumismo indifferente ai sentimenti.
Esiste un codice deontologico della pubblicità che delimita in modo chiaro i confini di ciò che è concesso. Sotto certi punti di vista con intenti diversi, è paragonabile alle vignette anti islamiche della rivista francese” Charlie Hebdo “che provocò un attentato gravissimo per iniziativa di gruppi islamici infuriati. Allora solidarizzai con “ Charlie” ma dissi chiaramente che non è lecito confondere la satira con l’offesa. L’ultima cena merita rispetto per ciò che rappresenta non solo per i credenti.

Il parroco e il papa

“Vado a Roma per incontrare il mio Papa”

Quel “mio” non è solo riferito al fatto che chi mi parla porta la tonaca; si sente che è un possessivo che va al di là del puro “rapporto gerarchico”.
Non sono un brillante conversatore in treno (siamo sull’Intercity che parte da Torino per Roma), ma questa volta sono incuriosito.
“Guardi che è anche il mio papa”, gli dico con un tono volutamente provocatorio.
Voglio proprio vedere fin dove si spingerà questo parroco di campagna (chissà perché si fanno certe classificazioni così drastiche; ma questo è proprio un parroco di campagna); tracagnotto, sorridente, accaldato nella sua tonaca nera.
Mi guarda soddisfatto, si vede che gli fa piacere che il Papa abbia “incontrato”; ma non demorde di un pollice dalla sua posizione: “Questo Papa è mio e vado a Roma a rivederlo. Mi riceverà e gli ricorderò la mia predizione”.
Oggi siamo tutti disincantati in fatto di predizioni; in Italia ci sono più veggenti che contabili  è tutta una variegata umanità che interpreta gli astri, legge le carte ed i fondi di caffè, ha le visioni e comunica con gli extraterrestri.
Ma questo parroco di campagna (non c’è niente da fare, più lo guardo più mi convinco che si tratta proprio di un parroco di campagna) ha qualcosa di diverso dagli altri: è semplice, spontaneo, non cerca facile gloria, vive il suo momento di felicità e si accontenta di poterlo comunicare ad un viaggiatore del treno Torino-Roma.
E così viene fuori la storia bella di un parroco che ha l’avventura di conoscere il cardinale Luciani ad un congresso eucaristico e di parlargli per due giorni nel 1977.
“E’ un uomo che affascina, è proprio l’uomo che ci vuole adesso. Io gliel’ho detto subito, perché l’ho sentito: gli ho detto: “Eminenza, fra un anno sarà Papa”. Proprio così, gli ho detto, ne ero sicuro ed adesso vado a ricordarglielo”.
Mi guarda e capisce che sono almeno perplesso; ma non importa.
“Non capita mica tutti i giorni di conoscere il Papa prima che lo eleggano, sapendo che sarà il Papa, ma a me è capitato, l’ho proprio sentito “.
Si ferma e tira fuori un fazzolettone per asciugarsi il sudore sulla pelata. Siamo quasi a Roma, ma il tempo non è cambiato; anche in Lazio è sempre un brutto respirare con questa umidità che ti si incolla addosso.
Siamo arrivati a Termini; lui va dal “suo” Papa ed io rientro nella folla anonima, accontentandomi di rivedere Giovanni Paolo in televisione.
Certo, invidio un po’ don… ma come si chiamava quel parroco di campagna?
Ecco, abbiamo viaggiato insieme per tante ore, mi ha reso partecipe della sua straordinaria esperienza, ma non mi ha neanche detto il suo nome.
Cercarlo alla stazione sarebbe follia, sarebbe più facile ritrovare un portafogli nel Sahara.
Addio, buon vecchio parroco di campagna, salutami il Papa e fagli sapere che è anche il “mio” Papa.
Anche se non lo sapevo prima.

GIANLUIGI DE MARCHI

demarketing2008@libero.it

Inviato dall’app Tiscali Mail.

Con Aief la cartoleria è solidale

Anche quest’anno torna la CARTOLERIA SOLIDALE AIEF, con oltre 100 cartolibrerie del Piemonte che hanno già aderito alla cartoleria sospesa per sostenere il diritto allo studio.

Quaderni, colle, matite, colori… fino alla metà di settembre si raccoglie materiale scolastico per chi non ne ha presso le cartolibrerie che hanno aderito all’annuale campagna CARTOLERIA SOLIDALE AIEF.

Quest’anno, in oltre 100 cartolibrerie del Piemonte, sono presenti le scatole AIEF per la CARTOLERIA SOSPESA, all’interno delle quali è possibile lasciare tutto quanto può essere utile per la scuola.

Anche quest’anno i volontari AIEF si occuperanno di organizzare il raccolto in pacchi di cartoleria mista, pronti per essere distribuiti a famiglie in difficoltà con figli in età scolare, individuate grazie alla rete che AIEF ha sviluppato sul territorio torinese e piemontese con altri enti del terzo settore e con gli oratori. Parte del materiale di quest’anno sarà riservato per i bambini ucraini che si apprestano a frequentare la scuola in Piemonte.

“Per molte famiglie quest’anno il rientro a scuola sarà un salasso, a causa dei rincari del materiale didattico e non solo. Aumento dell’inflazione significa una stangata complessiva per tutte le famiglie, in termini di aumento del costo della vita e di perdita del potere d’acquisto. Ai nuclei familiari che vivevano già situazioni di difficoltà economica si aggiungono i tanti colpiti da questa crisi.” – commenta la Fondazione AIEF per l’infanzia e l’adolescenza – “La campagna CARTOLERIA SOLIDALE AIEF cerca di dare una risposta concreta di solidarietà con la distribuzione di pacchi di materiale scolastico al fine di tutelare e garantire il diritto allo studio a tutti i bambini. Ringraziamo tutti i volontari impegnati in questa campagna, Cart srl e le cartolibrerie che hanno aderito all’iniziativa solidale. Contiamo sulla generosità di tanti cittadini per poter distribuire più aiuti possibili”.

Sul sito della Fondazione AIEF,
al link https://fondazioneaief.org/sportello-sociale-e-solidale/#cartoleria, è possibile trovare l’elenco di tutte le cartolibrerie che hanno aderito.

Si ringrazia Cart Srl per aver contributo significativamente alla realizzazione della campagna 2022.

Camminautismo a Santiago 2022

Gli ultimi dettagli sono stati messi a punto, gli zaini sono pronti e riempiti dello stretto indispensabile.

Lunedì, dieci minuti dopo la mezzanotte 13 ragazzi autistici partiranno con operatori, accompagnatori e genitori dal Mulino di Sambuy di San Mauro, destinazione Santiago di Compostela. Il ritorno è previsto lunedì 12 settembre.

“Camminautismo” è il nome del progetto ideato e portato avanti da Graziano Lomagistro dell’associazione Mulino Sambuy, che permetterà ai giovani di conoscere e percorrere un tratto del cammino più conosciuto e frequentato al mondo.

Il gruppo si è allenato progressivamente, con inizio ad aprile fino ad arrivare ai 18 km di domenica scorsa, ultimo test prima della partenza. Il cammino totale sarà di 114,2 km e le tappe varieranno dalla più breve di 14 km fino a quella più lunga di 24,8 km.

Lungo il tragitto avranno al loro fianco dei body guards speciali: la Guardia Civil spagnola con 7 agenti a piedi e 2 a cavallo. Ma l’iniziativa avrà altri accompagnatori speciali.

Una troupe di Mediaset delle Iene seguirà tutto il cammino, faranno parte del team la Iena torinese Luigi Pelazza e Carlotta Bizzarri.

Un progetto che è stato sostenuto dagli sponsor Ferrino, che ha fornito la zaino Finisterre e dai supermercati Borello. Camminautismo è stato patrocinato da Comune di Torino, Regione Piemonte, Comune di San Mauro Torinese, Comune di Castiglione Torinese, Comune Settimo Torinese, Città Metropolitana di Torino, ASL Città di Torino, ASL TO4.  Sono state coinvolte le associazioni ed enti Ri-Ciclistica Settimese, Uisp Piemonte, Angsa Torino, Angsa La Spezia, Cooperativa F.i.aba,  F.I.ABA, Cooperativa Animazione Valdocco, Insieme per Vincere Amici di Cinzia Onlus, Fondazione della Comunità di Mirafiori ONLUS, Ordine TSRM-PSTRP ToAOAlAt.

A Torino suona la campanella nel primo college internazionale per oltre 200 studenti

LA PRIMA BOARDING SCHOOL DEL PIEMONTE

Ospitata anche una ragazza ucraina grazie ad una borsa di studio

WINS – World International School of Torino. Via Traves 28, Torino

Immagini in alta definizione: http://www.maybepress.it/comunicati/326/

Mentre gli studenti italiani si godono gli ultimi giorni di vacanze, il primo settembre la campanella suonerà in tutta Europa in molte scuole del percorso internazionale IB®, dall’infanzia al diploma.

Si siederanno il 1° settembre nei banchi anche gli oltre 200 studenti che a Torino frequentano la WINS – World International School of Torino, la scuola internazionale della città. Con una grande novità: grazie all’apertura della Boarding House (la residenza per gli studenti), che accoglierà ragazzi di tutto il mondo che hanno scelto Torino per la loro istruzione, WINS si trasforma in un vero e proprio college all’americana, da vivere 7 giorni su 7.

Il primo Boarding Campus del Piemonte è dedicato a tutti i ragazzi che desiderano intraprendere un percorso di studi internazionale dall’alto valore accademico, sia a coloro che arrivano dall’estero sia agli studenti che vivono fuori città, troppo lontani dalla scuola per viaggiare, sia agli studenti atleti che, per ragioni agonistiche, vengono a vivere a Torino, anche dall’estero, e sono lontani dalla famiglia. Wins sostiene con forza tutti gli studenti atleti e offre loro percorsi di studio personalizzati che permettono di conciliare allenamenti, gare e studio.

Durante la settimana gli studenti ospiti della Boarding House frequenteranno le lezioni insieme ai compagni e saranno impegnati in attività di doposcuola o extra curriculari, avranno accesso a tutte le strutture sportive di WINS, come i campi polisportivi all’aperto e al coperto e la piscina.

All’interno della Boarding House saranno presenti educatori per guidare e sostenere i ragazzi nella loro routine quotidiana, monitorare i progressi scolastici e organizzare attività al di fuori dell’orario scolastico.

WINS Boarding House, aperta da settembre a giugno, è in grado di ospitare fino a 86 studenti. Si trova nel campus della WINS, in Via Traves 28 a Torino, in un moderno edificio di 4 piani decorato dai murales degli artisti dello studio Truly Design.

WINS Boarding House dispone di 40 camere doppie e 6 camere singole, tutte dotate di bagno privato, balcone e aria condizionata; aree comuni attrezzate per il tempo libero, connessione wi-fi gratuita, servizio di mensa – con un’attenzione particolare ad una alimentazione sana ed equilibrata – lavanderia e servizio di sorveglianza 24/7.

“Siamo pronti ad accogliere – spiega Giulia Mazzocchi, school manager di WINS – gli studenti italiani ed internazionali che hanno scelto Torino per i loro studi. Quella che offriamo è una straordinaria esperienza di apprendimento a 360 gradi che combina lo studio alla sfida di vivere autonomamente in un ambiente multiculturale, accogliente e familiare. Nasce oggi un nuovo polo internazionale, un punto di riferimento per i ragazzi dai 13 anni e le loro famiglie per vivere, studiare e crescere insieme a coetanei di diverse provenienze geografiche, in una struttura d’eccellenza.

Con orgoglio sarà con noi nella Boarding House Anastasiia, dall’Ucraina, una ragazza di 16 anni in arrivo da Karhiv che ci ha scritto qualche mese fa, con grande motivazione e coraggio, chiedendo una nuova opportunità di eduzione lontana dalla guerra. Per lei la Fondazione Wins ha istituito una borsa di studio totale, che le consentirà di proseguire i suoi studi qui da noi.

Proprio oggi è arrivato anche Hernan, dall’Ecuador mentre nei prossimi giorni si uniranno Aryadipta dall’India e altri studenti da Cina, Stati Uniti pronti per iniziare una nuova avventura accademica insieme.”

www.worldinternationalschool.com

Elisoccorso, Croce Rossa, infermieri: il lato umano e vincente della sanità

Di Augusto Grandi

Ma chi l’ha detto che la sanità pubblica è un disastro? Un’urgenza in un piccolo paese sulle montagne valdostane. Al 112, gentilissimi, ti spiegano che il medico più vicino non c’è. Ma nessun problema. Mandano immediatamente una ambulanza e pure l’elisoccorso. Perché se bisogna andare all’ospedale di Aosta si risparmia molto tempo…

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L’impoverimento del linguaggio

Il linguaggio è rappresentativo della cultura di un popolo; gli antichi romani, con il latino, esprimevano concetti che noi oggi non sappiamo più esprimere.

Il nostro idioma, sviluppato a partire dal volgare e reso famoso nel mondo da scrittori del calibro di Manzoni, Verga, Montale, Gozzano e molti, molti altri ha saputo esprimere concetti, disegnare attraverso i suoi vocaboli e le proprie costruzioni lessicali concetti che altre lingue nemmeno possono sognare.

L’involuzione della società, l’impoverimento dell’offerta formativa scolastica e, per ultima, la tecnologia hanno portato il nostro idioma ad una lenta, inesorabile malattia che ha come agenti patogeni proprio gli studenti ed i giovani che dovrebbero affiancare i neologismi alla lingua consolidata e non sostituirli insieme allo slang giovanile portando il linguaggio ad una morte preannunciata.

Il recente concorso per l’ingresso in magistratura è più eloquente di mille parole: il 95% dei candidati è stato escluso dopo la prova scritta per aver dimostrato assenza di logica e, soprattutto, incapacità di scrivere correttamente; xkè al posto di perché ed altre perle simili si commentano da sole.

Quando ormai vent’anni fa insegnai (Sergio Motta) nella casa circondariale di Torino mi accorsi subito che il linguaggio dei miei allievi era piuttosto povero di termini, e non soltanto da parte degli stranieri, spesso in Italia da poco tempo; la spiegazione era da ricercare nelle scarse opportunità di esprimere concetti elaborati potendo stare al telefono solo pochi minuti al mese e potendo incontrare pochissime persone esterne.

Il deterioramento dell’insegnamento scolastico a partire dalle elementari è dipeso da programmi scolastici demenziali che hanno eliminato educazione civica, storia dell’arte ed esami a favore di test a risposta multipla, tablet sterili che hanno impresso un’accelerata a questo processo involutivo, ma è certamente nell’ambito familiare che va ricercato il maggior responsabile.

Adolescenti (quando non bambini) lasciati da soli per ore, con una TV che trasmette programmi diseducativi, che fomentano una competitività violenta, dove urla e insulti prendono il posto di dialoghi e monologhi costruttivi non sono sicuramente idonei nell’instillare, in tutti ma in particolare in chi stia formando il carattere e la propria cultura, un linguaggio articolato, completo fatto di sinonimi, contrari, figure retoriche e sillogismi.

Osservo spesso gli studenti di alcuni istituti situati vicino a casa mia: sono certo che tra molti di essi il buon Darwin avrebbe trovato l’anello mancante tra uomo e scimmia a lui tanto caro; all’analfabetismo dei nostri nonni, per sanare il quale il compianto Alberto Manzi ideò la trasmissione “Non è mai troppo tardi” si è passati ora all’analfabetismo funzionale: giovani che non sanno comprendere il senso di un testo scritto e che non sanno riassumere un brano appena ascoltato; praticamente sono i moderni schiavi che, a differenza di quelli  de Il gladiatore che anelavano la libertà sapendo di essere schiavi,  non sanno di esserlo, si ritengono liberi ed autonomi, e rifiutano ogni tentativo attuato per aiutarli in senso positivo.

La moda degli SMS e dei messaggi in chat, la scarsa padronanza del linguaggio (o oppure ho?) e una disaffezione supportata dalla scuola nei confronti della cultura in generale riducono il linguaggio a pochissimi vocaboli: a fronte di circa 47000 vocaboli del lessico comune, il vocabolario di base si riduce a 6500 lemmi, ma la maggior parte dei giovani ne usa circa 1500.

Non parliamo poi di congiuntivi, condizionali, consecutio temporum e, soprattutto, di distinguere congiunzioni e preposizioni dalle voci verbali perché lì il discorso peggiora ulteriormente.

E’ evidente come le persone con una scarsa cultura e con un vocabolario molto limitato abbiano minori, per non dire nulle, possibilità di far valere i propri diritti e di perorare una causa in proprio favore e questo torna sicuramente utile a chi da questo trae un vantaggio: se non comprendi i tuoi diritti non li fai valere, se non comprendi un contratto che ti sottopongono per la firma difficilmente di rifiuti di farlo.

Analizzando l’argomento dal punto di vista degli studiosi di neuroscienze, è evidente che pensiero e linguaggio siano strettamente correlati ed intrecciati in modo tale da ricevere continue influenze reciproche, e che entrambi siano in continua evoluzione tanto a livello individuale che sociale.

Benjamin Lee Whorf sostiene che il pensiero dipenda dal linguaggio e che la struttura peculiare di una lingua determini il pensiero e la percezione del mondo.

Per Jean Piaget il linguaggio esprime ciò che è già presente nel pensiero e il livello di complessità di entrambi dipende dall’intelligenza (“donata” in modo del tutto casuale dalla peculiare combinazione di geni di ciascuno).

Jerome Seymour Bruner sostiene che pensiero e linguaggio coincidano in quanto il linguaggio è il mezzo che abbiamo a disposizione per comunicare il nostro pensiero.

Per Lev Semënovič Vygotskij pensiero e linguaggio hanno origini indipendenti e si influenzano reciprocamente per cui si può avere un buon livello intellettivo (misurabile attraverso test intellettivi “non verbali”) ed esprimere la propria intelligenza senza usare il linguaggio così come si può usare il linguaggio con un livello intellettivo sotto la norma.

Anche Noam Chomsky ha espresso la sua opinione affermando che le strutture del linguaggio sono talmente complesse e specifiche da non poter che essere innate. Sarebbe impresa ardua doverle apprendere tramite esperienza. Il bambino non apprende semplicemente un numero consistente di parole, non sentirà un adulto dire “ho faciuto”. Al massimo un adulto potrà ridere bonariamente di fronte ad una tale espressione frutto di principi linguistici innati, che sono parte dell’intelligenza e che verranno modulati, nel corso dello sviluppo, attraverso l’acquisizione di regole sintattiche convenzionali specifiche delle varie lingue.

A proposito del linguaggio, Ludwig Wittgenstein afferma che “L’uomo possiede la capacità di costruire linguaggi, con i quali ogni senso può esprimersi, senza sospettare come e che cosa ogni singola parola significhi. – Così come si parla senza sapere come i singoli suoni siano emessi. Il linguaggio comune è una parte dell’organismo umano né è meno complicato di questo.”

Infine, per fugare dubbi e timori di chi, trovandosi a convivere con quelle neurodiversità che riguardano proprio l’apprendimento el’espressione del linguaggio, stia leggendo questo articolo, mi piace (Cristiana Francesia) citare le parole di A. Einstein relativamente alla personale percezione dei rapporti tra il suo pensiero e il linguaggio che usa per esprimerlo:

“Sembra che le parole o il linguaggio, così come sono scritti o detti, non abbiano alcun ruolo nei miei meccanismi di pensiero. Le entità psichiche che sembrano fungere da elementi, nel pensiero, sono certi segni e certe immagini – più o meno chiare- che possono essere “volontariamente” riprodotti e combinati. Naturalmente c’è un legame tra quegli elementi e i concetti logici permanenti. E’ chiaro anche che il desiderio di arrivare a concetti logicamente connessi è la base emotiva (nell’essere umano ragione ed emozione non hanno soluzione di continuità, ndr) di questo gioco un po’ vago con gli elementi prima citati. […] Gli elementi prima invocati sono, nel mio caso, di tipo visivo e… muscolare. La laboriosa ricerca di parole convenzionali o di altri segni deve avvenire solo in uno stadio successivo, quando il gioco di associazione cui facevo accenno è sufficientemente stabilito e può essere riprodotto a volontà”.

L’importanza del linguaggio e la complessità dei rapporti e delle influenze reciproche tra intelligenza, pensiero, linguaggio, creatività, istruzione, supporti tecnologici, relazioni umane, è tale da suscitare costantemente l’attenzione degli studiosi di svariate discipline, dalle neuroscienze alle scienze sociali.

Alla luce di quanto riportato sopra e nella consapevolezza della grandezza del patrimonio culturale che, grazie al linguaggio, parlato e scritto, viene messo a disposizione di tutti, crediamo sia di fondamentale importanza, per qualunque società, prendersi cura delle forme linguistiche e della loro evoluzione per prevenirne l’impoverimento e incentivarne un’evoluzione migliorativa.

Sergio Motta

Cristiana Francesia