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La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

SOMMARIO: La cittadinanza con lo sconto – Giorgia all’Onu – Lettere

La cittadinanza con lo sconto
La legge del 1992 sulla cittadinanza si è rivelata un’ottima legge, una delle poche ottime leggi.  Infatti nessun governo della II Repubblica l’ha cambiata, ne’ quelli di destra, ne’ quelli di sinistra. Oggi tre gatti di finti radicali di + Europa e i residuati bellici di quello che fu il partito socialista hanno lanciato un referendum per ridurre da 10 a 5 anni i tempi per la cittadinanza italiana, approfittando della raccolta delle firme (sempre 500mila, pochissime!) per via elettronica. Hanno dimenticato che il voto implica ancora di recarsi ai seggi di persona e che i referendum non hanno da tempo raggiunto il quorum necessario e hanno fatto sprecare denaro pubblico inutilmente. L’abuso di referendum andati in fumo per mancanza del quorum ha depotenziato lo strumento, screditandolo. Questo referendum è meramente strumentale perché una cittadinanza non può essere un dono, ma essa deve essere legata al rispetto di certe condizioni stabilite dalla democraticissima legge del 1992. I finti radicali di Magi (che è tutto fuorché un leader) non sono affidabili e non possono essere confusi con Pannella che mai si è lanciato in un referendum farlocco come questo.
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Giorgia all’Onu
Ho visto fotografie della presidente Giorgia Meloni che parlava all’ONU davanti ad una sala semivuota. Che tristezza per l’Italia, assai poco considerata, se penso che il ministro degli Esteri Fanfani, unico italiano, divenne presidente eletto dell’Onu. Neppure il fluido inglese della Meloni è bastato.  Tutto il suo impegno per la politica estera non ha dato frutti. Sono argomenti su cui meditare,  se consideriamo che l’impegno estero l’ha distolta dai problemi italiani abbandonati a ministri spesso non all’altezza del compito. Floris ha esibito quelle fotografie alla inguardabile 7, io che pongo l’Italia sopra tutto, sono amareggiato.
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Corso Maroncelli e Italia ‘61

Una della arretratezze di Torino è  il caso della rotonda di corso Maroncelli e di Italia ‘61 che provoca lunghe code a tutte le ore. Cosa vogliono fare i sindaci di Torino e di Moncalieri? Non si può continuare così.  Elvira Ferraris

L’unico modo per togliere le code è un sottopasso tra Torino e Moncalieri, di cui si parla da anni,  ma non sembra sia in programma. Un sindaco competente come Lo Russo credo che comprenda il problema, anche per il collegamento strozzato con l’autostrada e la tangenziale; il sindaco di Moncalieri, invece, si sta baloccando con una Ztl collinare che davvero fa sorridere, se non facesse piangere, per non parlare della cultura dove sta disfacendo il lavoro decennale dell’assessore Pompeo.

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Don Ottaviano

Don Piero Ottaviano morto nel 2005 era un salesiano che insegnò religione al liceo Segre’ di Torino , pur avendo fatto studi alla Facoltà di Matematica forse senza conseguire la laurea . Aveva un grande carisma ed era un trascinatore. Andrebbe ricordato: io fui suo allievo.     Filippo de Sanctis

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Ho conosciuto don Ottaviano con cui ebbi scontri televisivi piuttosto aspri molti anni fa. Non era certo un diplomatico , era un credente molto convinto. Quando ci conoscemmo a tu per tu, capimmo che avremmo potuto andare d’accordo e così è stato per molti anni perché le cose che ci univano erano molte. So che tanti giovani e non giovani avevano per lui una venerazione e credo che l’uomo e il sacerdote lo meritasse per davvero. Io sono stato molto amico del filosofo e sacerdote ,docente in quello stesso liceo, don Luigi Lo Sacco. Lui, forse più ancora di 0ttaviano, andrebbe ricordato. A Lo Sacco ho voluto bene e l’amicizia è stata totale. Oggi esistono insegnantini di religione che non sono neppure comparabili con Ottaviano.

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Cossetto
Ho saputo che è stata inaugurata una targa che accomuna la martire delle foibe Norma Cossetto, medaglia d’oro al valor civile e una giovane partigiana comunista titina uccisa dai tedeschi. Mi sembra un accostamento del tutto improprio, anzi vergognoso.   Curzio Filippi
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Concordo con  Lei e con la indignazione della sorella di Norma Cossetto. Fui io a proporre al presidente  Ciampi la medaglia d’oro a Norma che Ciampi  conferì immediatamente. La partigiana titina appartiene ad un’altra storia, a quella degli infoibatori, dei persecutori, non degli oppressi. Questo è buonismo stupido e non in buona fede. Che la targa sia stata posta in una scuola appare una indecenza di cui il preside dovrebbe rispondere disciplinarmente.

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

SOMMARIO: Perché non sono andato per Pannella – Da Gramsci a Guerri – Lettere


Perché non sono andato per Pannella

Stare in piedi per un certo periodo è ancora per me un lusso che non mi posso concedere perché sono ancora convalescente da una lunga malattia .Magari forse avrei anche tentato uno sforzo e sarei andato all’inaugurazione della passeggiata dedicata a Marco Pannella a Torino. Ero stato tra i primi a proporre l’intitolazione. Poi chi si e’ voluto impossessare addirittura di Pannella in esclusiva e la presenza di Littizzetto e di Chiambretti ieri sono state le gocce che hanno fatto un po’ traboccare il vaso e mi hanno portato a starmene a casa. Ringrazio il sindaco Lo Russo e la presidente Grippo per aver realizzato la passeggiata, dedicandola a Marco. Io che ho avuto una discreta amicizia con Pannella, avrò mille altri modi per ricordarlo, come già ho fatto in questi anni senza mescolarmi con “cattive” compagnie vip che mi sono estranee.  E mi spiace che il pur esagerato Silvio Viale non abbia avuto riconosciuto il ruolo che ha avuto.

Da Gramsci a Guerri

Il dibattito sulla egemonia culturale ripreso di recente va subito ridimensionato. E’ un’idea di Gramsci portata alle estreme e soffocanti conseguenze dai marxisti a partire dal 1945 in Italia. L’egemonia comunista ha soffocato la cultura italiana, applicando un criterio che più che illiberale si rivelò sovietico. Solo pochi seppero ribellarsi da Silone a Vittorini, da Pannunzio alla cultura liberale. Io personalmente mi ritengo una vittima dell’ egemonia culturale della sinistra che ha tentato di ostacolarmi in tutti i modi con il fine di tacitarmi.

Oggi c’è chi tenta ad associare Gramsci a Gentile che ebbe degli influssi sull’ intellettuale sardo il quale invece si oppose a Croce. Direi di non creare inutili polveroni polemici su personaggi ormai tramontati. In ogni caso Gentile era di remote origini liberali conservatrici che lo portarono ad aderire al fascismo a cui diede una linea culturale che esso non aveva. Gentile a cui si deve la riforma della scuola italiana, l’unica riuscita, nelle sue attività culturali fu un intellettuale abbastanza tollerante che fece collaborare alle sue imprese anche antifascisti ed anche ebrei. L’uccisione a tradimento di Gentile da parte dei Gap rivelò l’odio dei comunisti verso un uomo che non si può associare a Gramsci per nessun motivo.

L’ intellettuale organico fu un’invenzione gramsciana praticata con cinismo e persino con ferocia da Togliatti e imposta dal PCI al mondo intellettuale , accademico ed editoriale italiano come una camicia di forza. Chi oggi cerca di recuperare la parola egemonia, non conosce le sue origini storiche che sono incompatibili con la cultura liberale nelle sue diverse manifestazioni. Bobbio ha scritto in materia pagine conclusive sulla cultura del dubbio, antitetica a quella fondata sulle certezze manichee e inossidabili dell’ideologia marxista. Chi pensa di recuperare Gramsci e Gentile non ha capito nulla del passato e rivela incapacità a rapportarsi con il presente che può vedere in intellettuali come Giordano Bruno Guerri esempi di una cultura davvero libera . Lui e non altri doveva essere il ministro della cultura. Anche Dagospia si è accorta dell’errore di tenere “relegato” al Vittoriale Guerri che ha rivelato doti e coraggio che andrebbero posti al servizio dell’intera comunità nazionale.

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I saltafossi

Il terzo polo non c’è più e i saltafossi devono essere dimenticati La fine di Renzi che vuole andare con il Pd e i 5 Stelle che non lo vogliono è davvero ridicola. Quella di Calenda abbandonato da tutti appare una patetica conclusione di un uomo pieno di spocchia. Cosa ne pensa?     Gabriella Luperini

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Concordo con Lei. Il centro nel sistema italiano oggi non ha più un ruolo autonomo come lo ebbe in modo egregio la Dc che seppe governare il Paese per decenni insieme ai partiti laici e socialisti. Quel sistema finì con Tangentopoli per un golpe giudiziario. Il centro di Renzi e Calenda è ben misera cosa, specie se si accasa con 5 stelle e l’estrema sinistra; i pochi voti che raccoglieranno non allargheranno il campo perché si tratta di gente ormai squalificata politicamente, non più credibile.

Avrei anche dei dubbi sui voltagabbana che abbandonano Calenda dopo altre giravolte poco limpide. Questi voltagabbana dovrebbero essere abbandonati a se’ stessi e dimenticati. La politica deve andare oltre i saltafossi della seconda repubblica da Casini in poi.

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La fine del mito emiliano

Gli allagamenti di questi giorni dopo quelli di un anno fa rivelano che la Regione Emilia Romagna, portata come ottimo esempio di buongoverno, ha delle gravi pecche idrogeologiche e nella tenuta dei corsi d’acqua, malgrado il “buongoverno della sinistra”.   Vittorio Raiteri

 

Credo che Lei abbia ragione. I disastri che hanno travolto interi paesi rivelano responsabilità e disattenzioni che forse solo Bersani che fu presidente di quella Regione, non capisce o non vuole ammettere. Il mito della Regione rossa è davvero finito nel fango.

Salone dell’Auto occasione di rilancio. Ma più attenzione alla sicurezza

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

Il Salone dell’auto nelle vie del centro e’ subito sembrato un evento che poteva segnare un rilancio di immagine di una città in crisi, per non dire in decadenza come Torino. Le auto in centro in una città che la Fiat ha privato delle auto, sembravano una bella risposta, un segnale forte per guardare avanti ad un futuro che sarà comunque molto difficile ricostruire dopo che le vicende e le scelte degli Elkann hanno umiliato e retrocesso questa città, con complicità di una classe politica non adeguata. L’incidente accaduto che ha provocato feriti a causa di un’auto finita fuori controllo rischia di macchiare il salone o almeno il modo non sicuro e un po’ inprovvisato di organizzarlo, apparso con evidenza. Noi siamo forse prevenuti perché non possiamo dimenticare il disastro creato in piazza San Carlo dal pressappochismo con cui venne organizzata la proiezione di una partita di calcio nel giugno 2017 con delle vittime. Il vicesindaco grillino di allora, cinque anni fa, si auguro’che la grandine sulle auto in mostra determinasse la fine del Salone al Valentino ed ottenne il suo scopo senza disastri meteo. Ieri ha espresso il suo plauso al nuovo salone in centro. Il suo consenso non ha portato fortuna. Oggi si pone il problema della sicurezza al di là dell’incidente che è accaduto. Torino ancora una volta non si è putroppo rivelata all’altezza. Peccato.  Speriamo che il Salone resista alle inevitabili polemiche già divampate.  Esso si può rifare con maggiore sicurezza il prossimo anno. Le improvvisazioni non pagano e per questi eventi sono assolutamente da evitare. La storia torinese esige impegni concreti che diano certezze ad una città che ha premiato il Salone con una straordinaria partecipazione di pubblico.

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

SOMMARIO: Auguri a Piero Bianucci – Chiambretti – Rete 4 non convince – Lettere

Auguri a Piero Bianucci

Piero Bianucci ha compiuto 80 anni ed Alberto Sinigaglia ha scritto su di lui in modo impareggiabile. Letterato e uomo di scienza, Piero è un unicum che va oltre anche a Piero Angela con cui ha collaborato. Io lo ricordo acuto critico letterario alla “Gazzetta del Popolo” dove anch’io ho esordito. Ma alla “Stampa” Bianucci ha superato se’ stesso diventando giornalista scientifico di straordinario valore. Si dice spesso che umanesimo e scienza non si tengono insieme. Invece Piero è l’interprete più autorevole e significativo dello spirito leonardesco che fa di lui un signore del Rinascimento.

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Chiambretti

Io vado spesso nei ristoranti di Chiambretti, ma l’esordio della sua trasmissione su Rai 3 mi ha confermato tutte le riserve che avevo da tanti anni su di lui, che si rivela sempre un uomo di parte che confonde la satira con forme assai discutibili di finto ribellismo. Aver presentato Gene Gnocchi travestito da generale di divisione con tanto di stellette come una satira al militare Vannacci diventato leghista, e’ un’ esagerazione irrispettosa dell’uniforme dell’Esercito che non consente di scherzare impunemente, quando la si indossa . Quelle sue stellette “son disciplina”, cantavano i soldati nella Grande Guerra. E Gnocchi deve evitare di indossarla per fare le sue battute. Soprattutto le stellette! Chiambretti, a corto di argomenti, ha anche riproposto un’attempata Alba Parietti che non è cambiata nell’emettere con una certa presunzione sentenze sempre partigiane che rivelano superficialità e ideologismo vecchio di decenni . E’ meglio frequentare i ristoranti di Chiambretti che vedere la sua nuova trasmissione.
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Rete 4 non convince

Rete 4 con Del Debbio si è avventurata con eccessiva insistenza sulla signora Boccia con l’intento di massacrarla, senza accorgersi forse che questi attacchi finiscono di aggravare la situazione del ministro Sangiuliano. Forse un po’ di silenzio su questa vicenda sarebbe utile. E magari un po’ di attenzione sul nuovo ministro alla cultura De Giuli non sarebbe fuori luogo perché il personaggio rivela delle ombre e suscita delle perplessità che andrebbero chiarite. Del Debbio, denunciando la situazione di pericolo attorno alla stazione centrale di Milano, fa sicuramente un’opera socialmente utile, anche se i toni usati creano paura e allarmismo. Non basta denunciare, occorre ascoltare e mettere alle strette in Tv il ministro degli Interni, il prefetto e il questore di Milano per sapere cosa intendano fare per rendere di nuovo sicura la stazione. Il problema ovviamente non è solo milanese, ma di tante città. Del Debbio usa parole e commenti come se ai vertici del Governo ci fosse la sinistra. Una deformazione professionale incredibile. Sta di fatto che un vero giornalismo televisivo è cosa diversa sia da Rai 3 sia da Rete 4. Quando potremo assistere a qualche trasmissione pluralista, in cui non ci siano solo degli esagitati che urlano?

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Il principe di Piemonte  Umberto
120 fa nasceva a Racconigi l’ultimo re  d’Italia Umberto II. Lei lo ricordo’ qualche mese fa nell’anniversario della sua morte nel 1983 proprio a Racconigi. Cosa è previsto per ricordare il principe?  Gino Sclavini
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 Non sono al corrente di particolari iniziative pubbliche, se non un raduno degli insigniti degli Ordini cavallereschi  sabaudi sabato 14 settembre  che si è concluso in un grande pranzo con uno speciale  menù. Domenica 15 invece l’ufficio turistico di Racconigi ha promosso una visita guidata al Castello e all’ala abitata da Umberto quando era principe di Piemonte. Una bella iniziativa aperta al pubblico a partire dalle 15,30.
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La Ferrovia in Liguria  
È ‘ stato costituito ad Albenga un comitato  contro lo spostamento a monte della ferrovia  con soppressione delle stazioni di Borgio Verezzi, Loano, Ceriale e  Laigueglia e l’allontanamento dal centro di altre stazioni come Alassio ed Albenga. Il danno prodotto dallo spostamento della ferrovia nell’imperiese e ‘ del tutto evidente perché le stazioni sono distanti dal centro abitato.  Anche il turismo verrebbe gravemente penalizzato.  Anche i torinesi che usano il treno dovrebbero essere  allertati.
Gino Delfino
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Sono d’accordo con Lei. Il progetto dello spostamento a monte della ferrovia va bloccato. Le elezioni regionali saranno l’occasione per avviare un dibattito adeguato. Chi usa il treno si troverebbe fortemente penalizzato. Tra il resto lo spostamento non consente l’alta velocità in Liguria. Grazie per la segnalazione. E’ tema importante che rischia di essere trascurato.

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

SOMMARIO: Audiatur et altera pars – Le case al mare in Liguria perdono valore e le vacanze sono care, provinciali  e mediocri – Lettere

Audiatur et altera pars
La locuzione latina ampiamente adottata nel linguaggio giuridico significa: sia ascoltata anche l’altra parte, cioè sia dato spazio nel dibattito non solo ad una parte. E’ una regola che andrebbe sempre applicata per garantire il confronto tra le diverse tesi.
Nel campo giuridico nessuno si sottrarrebbe ad esso per garantire il principio del contraddittorio. Se applichiamo la frase al campo storico il discorso diventa invece  difficile. Se essa venisse invocata da un anticomunista sotto attacco  credo che nessuno si sottrarrebbe. Se invece l’altera pars è il fascismo ci si chiude a riccio nell’antifascismo stupido ed  eterno di Scurati ed altri estremisti perché il fascismo va solo combattuto. Il discorso, diceva il focoso Pajetta ,con il fascismo lo abbiamo chiuso il 25 aprile 1945 . La sua era una battuta polemica da comizio umanamente compatibile con la sua storia personale in cui pago’ con dieci anni di carcere la sua lotta politica. Capirlo per poterlo giudicare con il necessario distacco  è un lusso che non è consentito perché c’è sempre l’evocazione macabra di piazzale Loreto e della plebe inferocita che non rispetta neanche i cadaveri. Ma questa non è storia. Lo dicevano già Delio Cantimori ed Armando Saitta storici di sinistra. Una storia schierata a senso unico non è storia, è quella che De Felice definiva come una “vulgata” fatta di generici slogan ideologici. Possibile che dopo 80 anni non si voglia comprendere la verità togliendo l’esclusiva ai faziosi che ritengono di essere gli unici a possederla? E confondono i tribunali della storia con le piazze dei cortei vivacizzate dalle sole bandiere rosse  e dalle pastasciutte antifasciste?
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Le case al mare in Liguria perdono valore e le vacanze sono care, provinciali  e mediocri
Non è solo la fine della bolla edilizia che ha fatto arricchire a dismisura impresari senza qualificazione professionale e senza scrupoli, ma anche le cattive amministrazioni comunali e anche la Regione che hanno impoverito il territorio di iniziative, a determinare la non attrattività delle cittadine liguri che in un passato molto lontano avevano un loro stile. Pensiamo ad Alassio con Mario  Berrino che fece esplodere l’estate. Oggi il modello medio è Borghetto Santo Spirito. Neppure Varigotti si è salvata dal casino provinciale. Mentre il Sud è progredito con una  clientela internazionale di qualità – pensiamo al Salento – la Liguria, se escludiamo le Cinque Terre, si è rivelata un gambero surgelato, neppure di qualità. Anche la ristorazione fa acqua da tutte le parti e non ha più locali adeguati pur mantenendo prezzi esosi e a volte senza ricevuta, l’associazionismo socioculturale  è  ridotto al mondo dei carugi  maleodoranti ed è formato da ridicoli personaggi quasi ottantenni  molto patetici e premiati dal Conune come a Carrù fanno con il bue grasso  che celebrano, a loro volta  uno dei preti più discussi, don Gallo di Genova, il prete di estrema sinistra, amico di De Andrè e di Giuliani  aggressore di un  carabiniere. Giornalistini creano incontri letterari con scrittorelli senza notorietà. Anche Toti, se escludiamo il ponte Morandi che era un  dovere minimo rifare in fretta, ha lavorato male, privando del pronto soccorso territori liguri che oggi non garantiscono più il diritto alla salute. La Liguria del presente, turisticamente, è tornata all’anno zero. Meglio andare al mare al Sud, magari a Capri (dove sono andato per anni con grande piacere) e lasciare ai liguri lo sfascio che loro stessi hanno creato. Toti va archiviato e processato almeno politicamente  non solo per eventuali illeciti , ma per il modo grigio, anzi opaco, di condurre la Regione da parte di  uno che riteneva, poverello, Novi Ligure in Liguria e non in Piemonte.
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Scurati a Venezia
A Venezia verrà celebrato il film  televisivo in 7 puntate tratto dal romanzo di Antonio Scurati “M. Il figlio del secolo” seguito da altri due tomi. Non avevano altro di meglio  da portare a Venezia? Scurati non è uno storico, ma un attivista politico. Cosa ne pensa? Vittorio Fedeli
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Lei sfonda porte aperte, Scurati è stato beneficiato da Mussolini che gli ha dato la notorietà che mai avrebbe raggiunto. A lui Mussolini è servito. Sarà un malloppone inguardabile. E’ sconcio spendere soldi pubblici per queste cose.
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In difesa di Povia
E’ un cantante che non mi entusiasma, ma il divieto del sindaco di Nichelino  al concerto di Povia  è sconcertante.   Luisa Miale
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D’accordo con lei. La censura operata dal sindaco di Nichelino è una manifestazione di faziosità intollerabile. Agli antisemiti quel sindaco non avrebbe mai vietato nulla. Povia ha cantato a Sanremo, ma a Nichelino non gli è consentito. Si vergogni questo sindaco che ruba la libertà dei suoi cittadini, decidendo lui la musica consentita  nel suo Comune espressione della peggiore area metropolitana  torinese.

De Gasperi era anticomunista

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni

Il prof. Pier Franco Quaglieni

C’è chi ha fatto notare che la segretaria del Pd avrebbe potuto anche riservare una qualche attenzione ai 70 anni dalla morte di Alcide De Gasperi oltre che dedicare la tessera 2024 ad Enrico Berlinguer  a  40 anni dalla morte. Se il Pd venne fondato nel 2007 come sintesi delle due culture politiche cristiano-democratica e  post comunista rimeditate attraverso i decenni della storia italiana, non dovrebbe sembrare così assurda un’attenzione anche a De Gasperi che “Avvenire” e “Famiglia Cristiana” hanno liberato  in questi giorni dal suo anticomunismo che lo portò già nel 1947 a scaricare dal Governo i comunisti, poi battuti il 18 aprile 1948 , data che i due giornali cattolici ignorano, parlando di De Gasperi, che viene esaltato solo per il suo antifascismo: una operazione storicamente ignobile come fu fatto anche per Giacomo Matteotti, considerato solo come martire antifascista e non anche come fermo oppositore del comunismo italiano e russo.

Quello di celebrare De Gasperi come antifascista e non come l’uomo che salvò l’Italia dal comunismo, difendendone la libertà appena riconquistata, è un’operazione strumentale che rivela anche come i cattolici nel Pd attuale siano considerati dei semplici portatori d’acqua. Infatti,  ciò’ apparirebbe oggi del tutto fuori luogo perché anche solo l’accostamento di De Gasperi a Berlinguer apparirebbe assurdo. Il giovane  Berlinguer ebbe con De Gasperi nel 1950 una dura polemica quando disse che i giovani italiani si sarebbero rifiutati di combattere contro l’Urss. Il presidente del Consiglio rispose  con durezza al pupillo di Togliatti, il quale accusò De Gasperi di “aver tradito lui la patria   consegnandola agli Americani”. Come si vede una polemica piuttosto arroventata. Deanticomunistizzare  De Gasperi appare un’operazione ardita  che forse solo il cardinale Zuppi puo’ pensare di poter fare. La battaglia anticomunista fu la punta di diamante dell’impegno politico e civile di De Gasperi, che solo certi cattolici diventati umili servitori del Pd possono pensare di poter sbianchettare.
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Quello di De Gasperi fu un impegno dedicato alla difesa della libertà e dell’Occidente ,senza cedimenti di sorta. Con Dossetti e i professorini non ebbe nulla da spartire: essi erano già allora considerati dei comunistelli di sagrestia. Anche sulla questione di Trieste, che Tito voleva annettersi, seppe avere la necessaria fermezza. Egli fu un grande italiano e uno dei pochissimi statisti dopo Cavour e Giolitti. È comprensibile che egli venga ignorato, ma non è accettabile che venga falsato nei suoi  aspetti più salienti di politico e di statista che suscitò l’ammirazione di Benedetto Croce. Riscrivere la storia nell’interesse del presente e’ un atto spesso inutile e in questo caso persino ridicolo. Cambiare il passato rivela solo la cattiva coscienza di chi vuol barare anche con la storia perché le argomentazioni politiche sono latitanti.

De Gasperi, Togliatti e l’Italietta di oggi

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

L’Italia dovrebbe ricordare in questi giorni i 70 anni dalla morte  di De Gasperi e i 60 anni da quella  di Togliatti. Questi anniversari, insieme a tanti altri fatti, dovrebbero anche far meditare sulla crisi politica in cui siamo precipitati. Se pensiamo che la figura di De Gasperi è  oggi affidata al ricordo di Angelino Alfano, presidente della Fondazione a lui intitolata, abbiamo il senso del disfacimento dell’Italia politica odierna e la totale mancanza di una cultura politica con una qualche dignità. Il grande statista di Trento che ha guidato 8 Governi, senza ricorrere all’artificio delle  mitizzazioni antistoriche, si rivela un gigante rispetto ai pigmei  comprendendo ovviamente tra questi ultimi anche i politici  dell’opposizione. De Gasperi ebbe un’idea alta della politica intesa a riscattare il Paese dalle conseguenze di una guerra perduta. La sua fu una  visione strategica di grandi vedute che indirizzò il futuro dell’Italia democratica. Rispetto anche ai democristiani del suo tempo e di quello successivo, malgrado una opposizione molto agguerrita, seppe fare della Dc l’architrave della democrazia, sapendo individuare come il male più insidioso sarebbe derivato dalla ingovernabilità  a cui nel 1953 cercò di porre rimedio con il premio di maggioranza, che non era una legge-truffa come diceva Pajetta.
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De Gasperi aveva colto cosa dovesse essere uno Stato liberal – democratico al di la’ dei tentativi di leggere la Costituzione in chiave progressiva da parte del fronte socialcomunista.  Questi aspetti non vengono neppure percepiti da Alfano che al Governo non è andato oltre, come tanti, dall’intento  di conservare la poltrona ministeriale. Anche l’anniversario di Togliatti, che seppe guidare il PCI su una via legalitaria, malgrado gli arsenali conservati dopo la Resistenza. Togliatti era un uomo smaliziato e anche molto fazioso come tutti i comunisti, ma era anche un uomo colto che conosceva la storia. Ci sono episodi della sua vita non giustificabili ma, ad esempio, la svolta di Salerno che impedì alle mosche cocchiere del Partito d’ Azione di sabotare il Regno del Sud impegnato seriamente  nella Guerra di Liberazione, fu un grande gesto di responsabilità nazionale che non fu una mera esecuzione degli ordini di Stalin.
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All’indomani del referendum istituzionale l’amnistia di Togliatti  fu un contributo destinato  a placare gli animi esacerbati e incattiviti da una terribile guerra civile. Togliatti, con la sua autorevolezza, trattenne gli estremisti del suo partito che avrebbero voluto fare una rivoluzione dagli esiti fallimentari per gli stessi comunisti. Per un uomo vissuto a Mosca rischiando la vita sotto il terrore sanguinario di Stalin, non era cosa da poco. Nessuno dei suoi eredi nel PCI puo’ essere confrontato con lui, a partire dal successore Luigi Longo.
Togliatti ebbe grande attenzione verso i cattolici e votò l’art . 7 della Costituzione inserendo i Patti Lateranensi nel testo della Carta. Ma egli non imbrogliò il discorso politico, dicendo esplicitamente: “Vano sarà aver scritto nella nostra Carta il diritto di tutti i cittadini al lavoro , al riposo e così via se poi la vita economica continuerà ad essere retta secondo i principi del liberalismo sulla base dei quali nessuno di questi diritti mai potrà essere garantito”.  E‘ un discorso chiaro senza ambiguità. L’eurocomunismo di Berlinguer barava al giuoco, creando confusione su scelte fondamentali di libertà e democrazia a cui dette credito solo Massimo Salvadori che vide l’approdo della storia contemporanea nell’eurocomunismo pieno zeppo di ambiguità.
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Oggi il discorso di Togliatti suscita imbarazzo e studiati silenzi nei suoi lontani eredi del Pd, se si eccettuano i  personaggi come Fratoianni che ancora ripetono le litanie musicate dal Migliore. E in effetti fu davvero il  migliore rispetto ad un esagitato come Pajetta, un violento come Secchia, un dottrinario dogmatico  come Ingrao e un ex  borghese molto snob come Amendola che architettò la strage di Via Rasella, un grossolano incolto come Longo.

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

SOMMARIO: Radere al suolo il carcere Lorusso Cotugno – Ritorno a Bardo – Il Pap’occhio – Lettere

Radere al suolo il carcere Lorusso Cotugno 

La visita di ferragosto al carcere torinese ha offerto l’opportunità ad un Pd ormai di sole donne al comando di uscirsene con dichiarazioni faziose e demagogiche aprioristicamente a favore dei carcerati, anche di quelli che hanno distrutto e saccheggiato il “Ferrante Aporti”, ignorando le gravissime imputazioni formulate dalla Magistratura che prevedono pene di molti anni di carcere. Ma una donna del Pd ha superato tutti, dicendo che “il carcere va raso al suolo e rifatto”.

Fosse almeno una esperta, ma è una insegnante di Latino sempre che non sia in aspettativa per mandato regionale. Non c’è neppure il senso del ridicolo: l’importante è difendere sempre e comunque i carcerati . Con questo personale politico il Pd non vincerà mai le elezioni. Pannella era un’altra cosa, oggi rimasto senza eredi e continuatori. Solo il garante dei carcerati Mellano evidenzia con obiettività che al “Ferrante Aporti” sono stati commessi gravi reati durante la rivolta che vanno considerati. La vice direttrice invece di tacere davanti ad un’indagine in corso rilascia una dichiarazione che suona quasi  come giustificatrice  dei rivoltosi. Incredibile, ma vero. Nessun pubblico funzionario l’avrebbe fatto.

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Ritorno a Bardo

Sono tornato dopo un anno a Bardonecchia che si è risollevata da sola dai devastanti danni dell’alluvione,  senza aiuti che finora non sono arrivati.

La presentazione del saggio su Matteotti del prof Quaglieni a Bardonecchia

I valligiani hanno saputo rimboccarsi le maniche come i veri piemontesi cantati da Nino Costa. Altri piemontesi, assai poco piemontesi, si occupano solo di carceri. La vita a Bardo è tornata normale dopo l’alluvione dello scorso anno e una conferenza riempie oggi una sala di un pubblico attentissimo, un segno del ritorno alla normalità della vita.

Io avevo proposto al mio Lions di intervenire con un service, ma il periodo feriale fece naufragare tutto: un cattivo esempio di inefficienza che mi aveva molto ferito perché questi club intervengono in Africa ma snobbano il Piemonte. Una pagina nera spero conclusa con una delle presidenze peggiori. L’importante è che Bardonecchia sia viva e piena di turisti fiduciosi. La Santanché a suo tempo non si interessò del caso, dimostrando la sua inadeguatezza come altri ministri piemontesi.

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Il Pap’occhio
Rai 3, la solita, eterna Rai 3, ha riproposto il film “Il Pap’occhio” di Renzo Arbore con un  acerbo Benigni in atto di  eterna venerazione  di Gramsci. Il film venne sequestrato nel 1980 per oltraggio alla religione e al Papa Wojtyla portato di brutto nel film. Rivisto oggi esso è un oltraggio alla libera intelligenza ed è un inno alla noia. Un contributo devastante alla figura di Arbore che poi per sua fortuna  fece anche qualcosa di meglio. Se fosse per quel film, difeso allora da tutto il culturame con toni concitati, il nome di Arbore sarebbe finito male. Adesso è apparso nel filmato introduttivo il diploma di cavaliere di gran croce esibito  goffamente da Arbore,  è sperabile, non concesso per quel suo filmetto da strapazzo  oggi come nel 1980 non guardabile senza suscitare noia e disprezzo per un ‘ironia forzata e fuori luogo.

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Il Regio di Torino

Vorrei capire come mai la Fenice di Venezia e il Petruzzelli di Bari sono stati ricostruiti come erano mentre il Regio di Torino è stato rifatto secondo l’estro di Carlo Mollino, un genio un po’ pazzo che ignorò con superbia il vecchio e storico teatro. Come mai?    Cinzia Turati

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Mollino non era adatto a ricostruire, lui voleva lasciare il segno. Non fece un brutto teatro, ma tradì la storia di Torino. I veri responsabili del tradimento furono i politici che scelsero quella strada. Quando la politica invade campi non suoi, fa errori.

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L’eroe di Giaveno

Ho appreso da un’ intervista del figlio 81 enne di Cordero di Pamparato che non fu Lei, professore, insieme al Rettore Bertolino ad ottenere una targa ricordo su palazzo Campana che svelasse il mistero di quel nome. Eppure io ricordo i suoi molti articoli in merito al Pamparato. Dovette subire la opposizione della Facoltà di Matematica. Zanone scrisse che se Pamparato veniva ricordato a Torino era merito del Prof. Quaglieni, cosa che adesso il figlio del tenente giavenese dimentica. Lei come l’ha presa?      Giovanni Ramello

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Non avevo letto l’intervista e l’amnesia del figlio non mi stupisce. È persona che evito di definire. E quasi quasi mi pento di aver perorato una causa che nessuno voleva sostenere. Poi ho capito il perché e a Giaveno lo sanno bene. Non confondiamo Pamparato con Montezemolo che fu un vero eroe. Anche chi riceve la stessa onorificenza non è uguale ad altri caduti come Montezemolo, il cui nome è sui libri di storia e non è circondato dall’oblio.

Il Ferragosto profano

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

Scrivendo un augurio per i suoi 80 anni al vescovo Alfonso Badini Confalonieri, gli ho anche augurato buon Ferragosto,  ma il presule che risiede a Bardonecchia, mi ha ricambiato parlando di Festa dell’Assunta. Ferragosto è festa pagana anche se in effetti è difficile pensare alla festa della Vergine Assunta il 15 d’agosto. Questa che viviamo non è una società laica, ma profana, involgarita da tutte le aberrazioni sessuali che hanno intaccato anche le basi minime della civiltà occidentale. Questa è la civiltà edonistica ed iper permissiva fondata sul nichilismo relativistico. Una società ludica che ha perso ogni valore morale. È il modello di Vattimo e di Murgia iperesaltato da una stampa sempre più illeggibile. Oggi parlare di Festa dell’Assunta appare persino un qualcosa di irreale. Meglio stare ai carnai nudisti delle spiagge e alle mangiate di cibi sempre più lontani dal buon gusto italiano e alle bevute smodate, accompagnate dalla droga che si vorrebbe naturalmente libera. Questo è il punto di arrivo di una scuola dell’eterna vacanza che lascia i giovani senza guida e senza buoni esempi. In questo contesto anche solo una festa famigliare diventa sempre più rara perché  le coppie aperte hanno distrutto l’idea stessa del matrimonio che viene scelto da una minoranza, malgrado esista oggi un divorzio lampo che scioglie rapidamente ogni legame a prescindere dai figli. Gli esempi da beatificare sono Da Andre’ e Vasco Rossi, i miti nefasti dei nostri giovani indotti da ex giovani che non hanno avuto orizzonti culturali più alti da trasmettere alle nuove generazioni e che dedicano piazze a De Andre’ teorico e praticante della trasgressione e della illegalità. Questo è il Ferragosto 2024, dominato da una società in caduta libera,  destinata a sfaldarsi. Con i miti retro’ del fascismo e dell’antifascismo di 80 anni fa si fomentano le polemiche e si rinverdiscono gli odi,  non si costruisce nulla di serio e duraturo perché si guarda solo al passato e non al futuro.

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

SOMMARIO: Quando la rozzezza non si ferma neppure di fronte alla morte – Mario Cervi – Il “Ferrante Aporti” devastato – Pinot Gallizio – Lettere

Quando la rozzezza non si ferma neppure di fronte alla morte
Pubblico questa mail inviata da un noto sodalizio torinese attraverso la segreteria avente per oggetto:
Comunicazione decesso

Buonasera a tutti,

d’ordine del Delegato, comunico con tristezza la dipartita del dott.
( omissis )
Per coloro che fossero interessati ad un ultimo saluto Rosario e funerale (omissis )

Buona serata a tutti.

 Il Segretario

Il burocraticismo, la mancanza di un minimo di delicatezza, l’augurio finale di buona serata, l’assenza di una parola di cordoglio da parte del delegato rivelano una rozzezza assoluta. Una barbarie ragionieristica che rivela i tempi schifosi a cui siamo condannati e che dimostra un associazionismo in crisi totale di identità. Il Fondatore, un grande giornalista di Milano, si rigirerebbe nella tomba, vedendo in che mani è caduto il suo club.

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Mario Cervi

Negli ozi marini trovo nella Biblioteca della casa al mare un libro di Mario Cervi sul Duca d’Aosta, invitto comandante della III Armata nella Grande Guerra, un libro che rivela imprecisioni e cadute storiche da parte dell’autore. Ho deciso di far spazio e di buttarlo. Su Cervi avevo tratto un pessimo giudizio quando lo conobbi a Torino: commisi infatti l’errore grave di invitarlo a ricordare Montanelli e lui si attribuì da vero maramaldo il merito quasi esclusivo della storia d’Italia scritta con Indro.

Adesso capisco i limiti di un’opera storica, notissima ma dimenticata, che si devono attribuire a Cervi. Dopo la penosa ed egocentrica conferenza che tenne, lo invitai a cena al “Cambio”, dopo essere andato ad attenderlo al binario per portarlo in taxi. Anche la conversazione privata fu grigia e mediocre perché si rivelò per dirla con Musil, un uomo senza qualità. Riportandolo in stazione, mi chiese 50 euro come rimborso spese per il taxi notturno che lo avrebbe riportato dalla stazione di Milano a casa. Il biglietto gli era già stato anticipato. Un ottantenne avido di soldi e senza stile. Anche al “Giornale” ci sono direttori cosi’. Per un anno non lessi più il giornale diretto da un rancino peggiore di Govi che lo faceva solo in teatro e non nella vita.

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Il “Ferrante Aporti” devastato
Il “Ferrante Aporti” devastato: milioni di danni scrivono i giornali .Cosa fa lo Stato per recuperare il danno inferto al carcere minorile torinese dai suoi “ospiti”? Guai se non fossero minori! Avrebbero distrutto tutto. E i reati commessi da questi manigoldi chi li persegue? Buonismo  fuori posto e luogo, davvero intollerabile.

Occorre l’autorità della legge ! Lo direbbe anche Beccaria. Un carcere non è un albergo a tre stelle. Chi sta dalla parte dei piccoli energumeni sta dalla parte sbagliata e oggi l’Italia deve recuperare autorità nelle carcere. Il sovraffollamento non è un argomento che possa giustificare la violenza e la rivolta. Su questo tema il dissenso con Marco Pannella che ho molto amato, è stato sempre abbastanza evidente. Mi spiace, io la penso così alla maniera di Carlo Casalegno.

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Pinot Gallizio

Il pittore e farmacista di Alba Pinot Gallizio manco’ nel 1964. Mio padre era un suo estimatore, mentre mia madre lo detestava. Qualche sua opera è  rimasta in casa. La sua presenza artistica è stata considerata provocatoriamente rivoluzionaria. Oggi la sua opera è dimenticata e tale deve restare. Non ho trovato il modo di vendere i quadri che tengo nel solaio. Più che un artista europeo fu un provinciale langarolo, malgrado l’impegno incredibile per farsi conoscere.

Fece anche per tre mandati il consigliere comunale di Alba per il Pci anche dopo l’invasione dell’Ungheria. Un altro segno dei limiti dell’uomo che oggi non merita nessuna attenzione. Spero  di liberarmi presto dei suoi quadri non gratis perché mio padre li pagò  profumatamente dall’artista che non disdegnava affatto l’agiatezza come anche l’eccentricità del vestire, così comune negli artisti senza talento.

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LETTERE scrivere a quaglieni@gmail.com

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La ruota panoramica
Ogni tanto qualche gianduiesco personaggio che ritiene che il turismo abbia sostituito l’industria dell’auto, propone la ruota panoramica che la Sovrintendenza consente appena per 6 mesi, impedendo di ammortizzare le spese di impianto. E’ una ruota formato tascabile che qualcuno fa paragonata a quella londinese alta più del doppio  e che sarebbe alta un terzo del grattacielo Salza del San Paolo e un quarto di quello della Regione e più bassa di trenta metri della Mole. Cosa ne pensa?      Ing. Gigliola Franchi
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Penso che sia una ruota per un Luna Park. Il sindaco annuncia il bando ad agosto, dicendo che è una scommessa. Non commento. Tutta l’opera della mini ruota poco panoramica appare proprio una scommessa. Quanto costerà non è dato a sapere.
La strage del Martinetto
Ho letto del docufilm prodotto da alcuni dei più faziosi esponenti dell’ Istoreto  sulla “strage” dei partigiani del Martinetto e la testimonianza antifascista degli eredi dei martiri che in realtà è una sola persona; il Martinetto seguì  ad un regolare processo sia pure troppo breve, ma  non fu una strage perché in quel processo ci furono degli assolti o condannati al carcere a vita. Fusi, che venne assolto per insufficienza di prove, scrisse per fortuna nostra  la più alta e veritiera delle ricostruzioni senza astio che sono l’esatto opposto  del docufilm di questi  giovani dell’Istoreto. Non macchiò con il fanatismo ideologico il sacrificio del Martinetto. Io che sono stato un partigiano cattolico non posso tollerarlo. Lei che fu un grande amico di Fusi cosa ne pensa?  
G. R.
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Sono indignato come lei  con questi propagandisti fanatici senza credibilità che strumentalizzano una ottantenne figlia di un partigiano caduto. Il nome di Fusi, del nostro Fusi, deve restare fuori. L’aria creata è irrespirabile.