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Giovanni Gentile: sarebbe possibile parlarne oggi a Torino?

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni  Ho promosso a Torino due incontri su Giovanni Gentile, di cui uno nel 2004 all’Università. Mi domando e voglio domandare se a Torino oggi sarebbe ancora possibile riunirsi pacificamente a discutere di Giovanni Gentile su cui presentai anche un bel libro controcorrente. La  solita, intollerante vulgata lo permetterebbe o farebbe subito una vigorosa protesta sul fascista Gentile, impedendo la libera discussione ?

Mi Immagino quali sarebbero le reazioni delle nuove generazioni antifasciste negazioniste persino del Giorno del ricordo delle foibe. Hanno una carica di fanatismo che le rende inconsciamente  un po’ fasciste. Il 15 aprile 1944 venne assassinato in modo proditorio  a Firenze sull’uscio di casa Giovanni Gentile, uno dei più grandi pensatori europei del secolo scorso, ministro della PI, autore della riforma della scuola italiana , grande organizzatore di cultura, pensiamo alla” Treccani“ a cui chiamò a collaborare tanti antifascisti. Aderì al fascismo, rompendo l’amicizia con Benedetto Croce , aderì riluttante alla RSI, cercandosi la morte , anche se a lui non si possono attribuire atti di violenza , ma semmai il velleitario ma nobile tentativo di una pacificazione tra italiani. Ho partecipato per anni alle giornate gentiliane di Castelvetrano, la sua città di origine che contribuirono a sdoganarne il ricordo, con la partecipazione persino del sindaco di Palermo Orlando che in privato e’ una squisita persona. Gentile e’ stato un grande e la cultura e la scuola gli debbono moltissimo. La sua riforma della scuola in parte regge ancora oggi la scuola italiana  anche per l’incapacità dei  suoi successori a riformarla. Restano due punti sui quali non si può concordare con lui: lo stato etico – a cui neppure Mussolini pensava perché guardava a Machiavelli  – alternativo allo stato laico – liberale cavouriano e l’idea che il Fascismo fosse il completamento e il coronamento  del Risorgimento, mentre ne fu l’antitesi. In origine Gentile era un liberale conservatore come ce n’erano molti alla fine dell’800. Forse aveva  subito  il fascino delle critiche giornalistiche di Alfredo Oriani , per dirla con Adolfo Omodeo . Poi con la I Guerra mondiale il suo pensiero svoltò nettamente  a destra e sfociò naturaliter nel fascismo. Ogni osservazione negativa su di lui non giustifica però  il suo assassinio voluto dai GAP. Anche il CLN di Firenze formato anche da suoi ex allievi, condanno’ la vile aggressione. E’ sepolto fra i grandi italiani nel tempio di Santa Croce a Firenze in una posizione secondaria. Una volta vidi un aspirapolvere e oggetti per la pulizia depositati sulla sua tomba. Una cosa vergognosa, forse opera dei piccoli  nostalgici dei gappisti che lo uccisero.
Scrivere a quaglieni@gmail.com

Luigi Resegotti, una grande perdita per la scienza e la cultura

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

E’ mancato a 90 anni  l’ematologo  di fama internazionale prof  Luigi Resegotti, già primario ospedaliero alle Molinette

E’ stato uno scienziato e un uomo di rara umanità che sapeva condividere la sofferenza con il malato. Lo proposi a Ciampi per la commenda al Merito della Repubblica che gliela conferì con motu proprio, ma Resegotti,da vecchio piemontese, era legato ai Savoia ed era anche commendatore mauriziano. Era un uomo che amava sobriamente anche la gioia di vivere, era un gastronomo raffinato che sapeva mettersi ai fornelli.  Le serate passate a casa sua restano indimenticabili, sempre con  ospiti di primo piano. Ricordo le serata con mons. Peradotto,  la contessa e medico Provana di Collegno, la farmacista Ricotti Platter, il Conte Balbiano d’Aramengo   e l’avvocato Cagna, l’assessore regionale Bajardi,  tanto per citare qualche nome. D’estate si andava la domenica  in Val Sesia a Carega nella vecchia casa di famiglia,un luogo di rara suggestione.  Il professore ,quando dirigeva il Reparto di Ematologia, non si staccava mai dai suoi malati anche d’estate,  rinunciando alle ferie che si riducevano a pochi giorni trascorsi in famiglia a Carega, come faceva il Presidente Viglione che andava a Ferragosto tre giorni in un un albergo io di  Santo Stefano al mare. Anche lui andava via la vigilia della festa dell’Assunta ed era già di ritorno per san Rocco,  una generazione di medici che scompare con Gigi .
Resegotti ha  scritto libri importanti di storia e di varia umanità che ci danno la cifra intellettuale del medico di gran nome che ha una profonda cultura umanistica , secondo la tradizione dei suoi maestri  i grandi fratelli Dogliotti che scrissero una stagione della storia della medicina. Aveva arricchito il Centro “Pannunzio”  e altre associazioni tra cui il Lions (che condivideva con i comuni  amici prof. dal Piaz , principe del Foro e con il prof. Abeatici ) con brillanti conferenze molto seguite ed apprezzate perché sempre arricchite di intelligente ironia. Era un cattolico laico con una robusta  cultura storica legata al nostro Piemonte. Era orgoglioso del figlio Paolo che aveva scelto la vocazione religiosa ed è  parroco a Grugliasco , una parrocchia di frontiera. Pur malato, anche quest’anno con la moglie Nuccia,  raffinata scrittrice e il figlio dottor Andrea Resegotti con la moglie Elisabetta Rusina’, volle rinnovare l’iscrizione al Centro , un ultimo atto di amicizia. Dovevamo rivederci il 14 marzo  dello scorso anno a palazzo Carignano a rendere omaggio insieme a Vittorio Emanuele II , il Padre della Patria. Non fu possibile a causa del COVID.
Peccato perché tra di noi uno dei motivi della nostra amicizia consisteva proprio nell’amore per il Risorgimento . Noi eravamo persone fatte così, che  amavano disperatamente, malgrado tutto,  l’Italia, la vecchia Italia con la sua storia. Continueremo nel suo ricordo e sul suo esempio  a cercare di essere  buoni italiani.

Dimissioni di Speranza una prospettiva di serenità per gli italiani?

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

Il ministro della Sanità Roberto Speranza è forse per il ruolo che ricopre il maggiore responsabile dei gravi errori e degli imperdonabili ritardi dell’Italia di fronte alla pandemia.

E’ colui che a settembre 2020 pubblico’ un libro ( bloccato in extremis nelle librerie a causa della seconda ondata della pandemia, ovviamente non prevista dal ministro) su come lui aveva vinto la pandemia.
Speranza è un piccolo funzionario vetero -comunista lucano, protetto da Bersani e D’Alema.
Un personaggino così andava cacciato molto prima, anzi non avrebbe avuto titolo per un ministero. Non ne aveva i titoli, ma l’irresponsabile Conte lo nomino’ per avere il voto di Leu , quattro gatti di paleo-comunisti guidati dal giustizialista Grasso e da quanto c’ è più di retrivo nel comunismo italiano.  Neppure Rizzo, capo dei comunisti italiani, approvo’ quella scelta che ha sempre criticato con veemenza e lucidità. Adesso sembra che Draghi offra un’uscita dignitosa a Speranza con un incarico europeo roboante, ma privo di poteri. Bisogna far sì che si avveri il cambio della guardia al ministero della Sanità o della Salute dove occorre non un politicante da strapazzo, ma una persona seria e preparata. In tempi di grave emergenza non possiamo permetterci gente come Speranza che, in altri tempi, avrebbe già avuta tagliata la testa dalla ghigliottina per la rabbia popolare indotta dai suoi comportamenti irresponsabili e al contempo arroganti che hanno compromesso la lotta al virus in modo adeguato in combutta con Conte. E questo lo scrive un liberale che odia il giacobinismo ed ha orrore per la ghigliottina, ma detesta ancor più l’incompetenza di Speranza.

Oliva e Quaglieni su Fb per il Giorno del Ricordo

In programma lunedì 12 aprile alle ore 18

SUL CANALE CENTRO PANNUNZIO DI FACEBOOK gli storici  Gianni Oliva e Pier Franco Quaglieni parleranno sul tema: 
“CANCELLARE IL 10 FEBBRAIO GIORNO DEL RICORDO DELLE FOIBE E DELL’ESODO ?”
Parteciperà il Presidente dell’ANVGD di Torino Antonio Vatta.

Vogliono cancellare il 10 febbraio Giorno del ricordo

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni / Un libercolo di tal Eric Gobetti (che intende minimizzare e persino giustificare le foibe) e adesso il solito, stantio manifesto di intellettuali, neppure troppo qualificati, volto a chiedere alle massime istituzioni italiane un ennesimo riconoscimento dei crimini di guerra commessi dall’Esercito italiano in Jugoslavia durante la seconda guerra mondiale, appaiono due elementi di uno stesso, evidente disegno politico : quello di cercare di cancellare dal nostro calendario civile il Giorno del Ricordo, quel 10 febbraio (che sempre meno è oggi  motivo di manifestazioni pubbliche), istituito nel 2004  per non dimenticare le foibe e l’esodo Giuliano – Dalmata e Fiumano 

Noi che tra i primi abbiamo sostenuto la legge istitutiva del Giorno del Ricordo avremmo mille motivi infatti  per denunciare il fatto che amministrazioni pubbliche e scuole statali  snobbano la data e non organizzano nessuna iniziativa in proposito. Forse la data scelta del 10 febbraio 1947 ,quando venne firmato l’iniquo Trattato di pace la cui ratifica venne osteggiata da uomini come Benedetto Croce,  fu errata perché non realmente rappresentativa del dramma degli italiani dell’Adriatico orientale. Croce, all’Assemblea Costituente tenne una vera e propria grande lezione di storia che fece comprendere il dramma della guerra in una dimensione che pochi avevano capito, travolti dagli eventi o accecati dalle ideologie. Il filosofo,  che aveva combattuto il fascismo ed aveva espresso ovviamente la sua contrarietà all’ingresso in guerra nel 1940, non esitò a sostenere che quella guerra sciagurata l’avevano perduta tutti gli italiani ,anche quelli che vennero perseguitati dal regime, perchè quella guerra, ”impegnando la nostra patria impegnava, senza eccezioni, anche noi che non possiamo distaccarci dal bene e dal male della nostra patria, né dalle sue vittorie né dalle sue sconfitte“. Il patriota Croce prevaleva su tutto il resto, ma il filosofo contestava, dopo aver ricordato che ”la guerra è una legge eterna del mondo che si attua al di là da ogni ordinamento giuridico“, contestava la legittimità di umiliare i vinti con un Trattato di pace che metteva l’Italia in ginocchio . Egli si espresse anche contro il Tribunale di Norimberga.  Un discorso che certamente i firmatari del manifesto odierno non solo non hanno mai letto, ma non ne conoscono neppure l’esistenza. Oggi c’è chi afferma che fu un grave errore non aver fatto una Norimberga anche in Italia, dimenticando, ad esempio, l’amnistia voluta da Togliatti nel 1946 per fascisti e partigiani. Ma non basta. Va ricordato che anche in Italia ci furono Tribunali militari (oltre a quelli improvvisati del popolo che avallarono fucilazioni  senza processo) che affrontarono il tema dei crimini di guerra commessi da italiani. Nel 1951la Procura Generale Militare  archiviò le istruttorie non in base a cavilli, come è stato scritto, ma al fatto che la Jugoslavia di Tito rifiutò la reciprocità nel perseguire  i crimini di guerra contro cittadini italiani, in primis le foibe. In questi decenni, scomparsa la Jugoslavia dopo una guerra civile mostruosa che ha rivelato ancora una volta la violenza atroce  di quelle genti, tutto è stato fatto a livello internazionale per sanare le ferite di tanti anni fa. Oggi le vicende di quel passato sono superate da una prospettiva europea che, per quanto faticosa e contraddittoria, ci ha liberati dai nazionalismi nefasti di 80 anni fa.  Solo gente un po’ fanatica e del tutto priva di quel senso della storia  di cui parlava Omodeo,   può sostenere come fa Gobetti, che i fatti della seconda guerra mondiale “pesano come un macigno sulla memoria collettiva italiana“. Come ha ricordato Gianni Oliva, uno storico che fra i primi ha scritto di foibe e delle atrocità commesse dal nostro esercito durante la seconda guerra mondiale , con gli ultimi due nostri Presidenti della Repubblica è stato fatto tutto quanto era possibile per un’opera di pacificazione tra italiani, croati e sloveni. Addirittura nel 2020 è stata conferita la più alta onorificenza dello Stato ad un poeta ultracentenario  che continua a negare le foibe. Ma se ci mettiamo sul piano delle contrapposizioni frontali, io non posso allora dimenticare, ad esempio, che la Medaglia d’Oro al V. M . , conferita motu proprio dal Presidente Ciampi nel 2001 , al libero comune in esilio di Zara, la Dresda d’Italia per i bombardamenti subiti e città martire per le vittime provocate da Tito , non venne mai consegnata  per l’opposizione del tutto illegittima del governo croato. L’Italia ha chiuso quei conti dopo il Trattato di pace del 1947, dopo il martirio di Trieste tornata italiana solo nel 1954, con il Trattato di Osimo che sancì per sempre la cessione a Tito di altro territorio italiano. L’antifascista originario di Fiume Leo Valiani definì infame quel trattato voluto dalla peggiore diplomazia democristiana. Speravamo che fosse più o meno da tutti considerato in qualche modo  superato il dramma di una storia lacerante. Invece non è così e gli italiani che non negano la loro storia dovranno continuare a presidiare il Giorno del Ricordo messo in discussione dai nostalgici di Tito. Le chiassate polemiche  di Eric Gobetti non sono storia, ma sono gli ultimi residuati  di una ideologia che pensavamo finita proprio perché condannata dalla storia. E’ triste doversi intrattenere a discutere di un omonimo di un grande con il quale condivide soltanto casualmente il cognome.

La villeggiante triste a Portofino, i vip e la gente normale

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni / La Pasqua e la Pasquetta di quest’anno sono state, almeno in termini psicologici, persino peggiori di quelle dello scorso anno. Oggi, dopo mesi di sacrifici, vediamo situazioni allarmanti, mentre il vaccino va a rilento.

I negozi e i bar sono  rimasti chiusi e  oggi non c’è spazio  per chi voglia vivere come se niente fosse. Siamo arrivati al momento più difficile.
L’aver concesso di andare all’estero con due tamponi e cinque giorni  di quarantena ( senza controlli  ) ha creato un fortissimo malumore nelle persone, a partire dagli operatori alberghieri e ai ristoratori italiani che stanno soffrendo le pene dell’inferno. Milioni di italiani sono rimasti a casa e i trasgressori sono stati un numero limitato. Ha creato un certo sconcerto apprendere da un’intervista a “Repubblica“ ,testata di famiglia, che la contessa Antonella  Camerana, imparentata con gli Agnelli e partecipe delle  loro fortune  finanziari, si sia sentita  “triste “ ( il titolo di “Repubblica“ diceva  “prigioniera“, parola poi smentita) nella sua casa, con vista sulla piazzetta, a Portofino che le è apparsa “un deserto dove non c’è nessuno”. La contessa era in fuga dalla tristezza di Milano dove abita  e dove presiede un ente benefico.  Forse si aspettava con una certa ingenuità una Portofino brulicante di gente allegra, con negozi, bar e ristoranti zeppi di clienti festanti. Un’isola di beatitudine nella tempesta del Covid. Sul web questa intervista ha scatenato l’inferno e la contessa è stata letteralmente aggredita e derisa. Il clima sociale che si respira diventa ogni giorno più difficile e l’intolleranza e l’invidia  si fanno sempre  più palpabili. La signora Camerana, villeggiante triste, è stata lapidata, in fondo, per aver fatto delle considerazioni banali che chiunque avrebbe potuto fare, andando in posti meno chic di Portofino. Sembra infatti che anche a Borghetto Santo Spirito l’atmosfera non fosse molto più allegra. Sarebbe invece  interessante sapere dov’erano  i tanti vip che avevano deciso di spassarsela all’estero ed  avere rassicurazioni certe (non alla Speranza,tanto per intenderci)  che le loro vacanze non siano causa di un’ulteriore diffusione del Covid e  motivo per ulteriori restrizioni per chi è rimasto a casa sua,  come  ha fatto, sia pure malvolentieri, la contessa Camerana.

Una priorità assoluta: eliminare il regionalismo divisivo del titolo quinto

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni   Ho scritto già  oltre un anno fa un articolo sui limiti del regionalismo che compiva nel 2020 cinquant’anni. La pandemia ha quasi impedito i festeggiamenti programmati stoltamente in modo autocelebrativo , senza una riflessione storica o almeno storico- politica seria 

Le Regioni a statuto ordinario  si sono rivelate un sostanziale errore che era previsto dalla Costituzione ( uno dei limiti di quel testo ) e che la saggezza della Dc centrista aveva evitato all’Italia. Esse si sono rivelate uno spreco enorme di denaro pubblico  con la creazione di una pletorica burocrazia regionale che si è aggiunta a quella statale. Inoltre esse  non hanno affatto avvicinato lo Stato  al cittadino, come era stato promesso.
Il Federalismo sognato da Cattaneo durante il Risorgimento era un’utopia non compatibile con la storia italiana caratterizzata da secoli di divisioni. Cattaneo guardava alla Svizzera, una realtà non confrontabile sotto nessun punto di vista. Occorreva alla formazione dello Stato in Italia  o una monarchia unitaria o una repubblica di tipo mazziniano, altrettanto unitario. Cattaneo era un affascinante intellettuale, ma del tutto  incapace di fare i conti con la realtà, malgrado la sua cultura “politecnica“.  Solo ad un altro utopista abbastanza velleitario come Salvemini, un caso di giacobinismo professorale , come venne detto, Cattaneo apparve un realista a cui guardare per vincere le utopie ideologiche del marxismo. Nella stesura della Costituzione le regioni nacquero non tanto da un federalismo minoritario, quanto piuttosto da certo spirito antiunitario e antisorgimentale soprattutto  ben presente nella Dc, erede del partito popolare di don Sturzo e nell’azionismo che si richiamava a Cattaneo.  Comunisti e socialisti si rivelarono inizialmente contrari perché videro le Regioni come una minaccia allo Stato unitario. Altrettanto contrarie le forze liberali che sotto diverse denominazioni erano presenti all’ Assemblea Costituente, sia pure in netta minoranza . Il Titolo V della Costituzione nacque da una serie di compromessi e stabili’ un regionalismo lontano dalle follie visionarie  di Emilio Lussu, erede del partito sardo d’Azione, una delle figure più nefaste della politica e della cultura italiana che fini la sua variegata esperienza politica al servizio del PCI. Nel clima della Costituente era ben presente il Separatismo siciliano di Finocchiaro Aprile  e dei gravi pericoli da esso rappresentati. Il regionalismo venne anche visto come una scelta contraria allo Stato nato dal Risorgimento perché la maggioranza della Costituente era formata da forze estranee o nettamente contrarie al moto risorgimentale. In effetti però il titolo V rimase lettera morta e fu il centro – sinistra con socialisti e repubblicani a pretendere la costituzione delle Regioni a statuto ordinario , anche se erano già ben chiaro il pessimo
funzionamento del regionalismo siciliano. Bene o male dal 1970  le Regioni svolsero la loro funzione e in alcune zone  diedero anche prova di buongoverno.
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L’arrivo della Lega Nord di Bossi e del suo federalismo demagogico ed incolto ( il prof .  Gianfranco Miglio , unica testa pensante della Lega che esibiva il cappio in Senato , venne  quasi subito decapitato ) porto’ nel 2001 i partiti di centro – sinistra, nel tentativo maldestro di “svuotare” la Lega , di varare una riforma del titolo V che amplio ‘ i poteri delle Regioni e degli enti locali. Venne allora anche sancito che l’organizzazione e la gestione dei servizi sanitari venisse spartita tra Stato e Regioni , creando le premesse per 21 sistemi sanitari diversi  con inique diversità di trattamenti sanitari nelle diverse regioni . Le Regioni  incominciarono a spendere in maniera dissennata e si verificò la profezia di Malagodi che aveva previsto la finanza allegra delle Regioni. E in parallelo ci furono clamorosi scandali sulla gestione delle finanze regionali, a partire dalle spese pazze di molti consiglieri. La pandemia ha messo in palese evidenza che le regioni si sono rivelate e si rivelano un elemento disgregante che genera confusione nella lotta al virus , al di là’ del protagonismo e delle incapacità dei sedicenti governatori ( dizione del tutto arbitraria ).
Oltre agli errori del governo Conte e del ministro Speranza l’Italia deve combattere contro presidenti e assessori regionali che hanno peggiorato le cose creando confusione . La riforma del titolo  V e’ in tutta evidenza la causa prima del  gran bordello italiano che  non solo il VII centenario dantesco ha riportato di moda citare . Si è anche manifestata una classe politica regionale fatta  per lo più da piccoli personaggi. La Conferenza Stato – Regioni che dovrebbe il momento di raccordo, si rivela una quasi inutile cassa di risonanza di conflitti.
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Oggi sarebbe urgente che il Parlamento ponesse mano al titolo V , restituendo allo Stato i suoi poteri. Le regioni si rivelarono gia ‘ inadeguate a dar corso alla legge Basaglia n .  180 votata in un clima demagogico avvelenato perché anche in questo caso l’aver regionalizzato l’attuazione della legge fu un grave errore . Oggi solo chi non è in buona fede, può condividere la situazione che si è creata. Invece di muoversi con urgenza , c’è chi vuole lo ius soli , il voto ai sedicenni , una legge speciale contro l’omofobia come provvedimenti prioritari .
Basterebbe questa paranoia politica per capire come certi politici siano inadeguati e incapaci di capire i veri problemi del Paese che sono la pandemia , la crisi economica e la struttura unitaria che sta disfacendosi. A 160 anni dalla proclazione dello Stato unitario, l’Italia rischia di tornare indietro. E c’è gente che invece di vedere il gravissimo pericolo che abbiamo di fronte e che si è già rivelato causa di danni molto gravi ( pensiamo ai vaccini ) ritiene di rifare la verginità politica ai propri partiti con proposte quanto meno intempestive. Siamo all’assurdo che neanche più la Lega e’ per il federalismo . Ci fu una Lega persino secessionista , quella che suggeri’ la furbizia della riforma del titolo V , una colpa storica che la pandemia ha fatto comprendere anche alle anime candide o ai filibustieri che vogliono un’Italia divisa e conflittuale . Renzi con il suo referendum molto discutibile aveva visto lucidamente il problema di eliminare l’errore del 2001,ma troppi non hanno voluto capire che almeno quella riforma era importante ed oggi è urgentissima. Forse proprio un referendum abrogativo può essere la strada da percorrere per ristabilire il buon senso e l’interesse nazionale. E andrebbero anche  totalmente riviste le ragioni a statuto speciale, in primis la Sicilia , che sono uno stato nello Stato e che non hanno più una  giustificazione storica di sussistere. Sono quasi solo fonte di sperpero di denaro pubblico, di favoritismi, di assunzioni clientelari molto onerose e di inefficienza.

Un nuovo libro di Bruna Bertolo sulle donne e la follia

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni /Il tema della follia mi ha sempre molto turbato, pur non avendo fortunatamente  mai avuto contatti con situazioni, anche solo comparabili con essa.
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Ricordo però con turbamento la storia di un nostro contadino  sfociata in un ricovero da cui non uscì vivo. Ero bambino, ma le parole dei grandi mi lasciarono ricordi che non ho mai dimenticato.
Va detto che la malattia mentale è stata una dura  e costante realtà nei secoli  – sarebbe inevitabile il contrario- e continua a serpeggiare anche nella società d’oggi. Il modo in cui essa venne affrontata nel passato  va storicizzato come tutto il resto, va cioè  capito e valutato, sforzandoci di evitare giudizi sommari che sono l’esatto opposto della storia il cui compito è quello di “intelligere”. La psichiatria contemporanea è invece una materia che forse più di ogni altra si è prestata ad interpretazioni politiche che poco storicizzano il dramma della follia.
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Se rimaniamo a Torino, la costruzione per iniziativa di Carlo Alberto (che pochi conoscono come re riformatore) del Regio manicomio di via Giulio
rivela un’attenzione indiscutibile ad un problema medico e sociale grave. E ci sarebbero tante altre osservazioni che non danno ragione a chi ha finito di ridurre un problema drammatico molto complesso al nome di un noto psichiatra che ispirò una legge che decise la chiusura dei manicomi alla fine degli anni Settanta del secolo scorso  L’aver avuto nel Piemonte tardo ottocentesco e positivista un’egemonia che non esiterei a definire soffocante, da parte di Cesare Lombroso, celebratissimo scienziato,  ha sicuramente avuto anche  delle ripercussioni nefaste che hanno imperversato non solo nel campo della medicina.
Tornando a tempi recenti,   io ricordo con piacere gli psichiatri Fiorentino Liffredo,  Mario Fulcheri, Donato Munno, tutti e tre miei cari amici, che non ebbero forse la notorietà che meritavano , ma io non posso dimenticare che la loro disponibilità umana verso il malato di mente non si lasciò condizionare da militanze che sentivano intimamente incompatibili con il loro essere medici. Altri preferirono fare scelte diverse ed ebbero tutto sommato in Piemonte una notorietà abbastanza relativa. Si tratta di persone degnissime ed anche coraggiose  e benemerite, da cui però mi sento lontano.
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La legge a cui tutti fanno riferimento,  è quella intitolata al mai abbastanza celebrato Basaglia che certo pose fine a situazioni inumane e “medievali“ intollerabili , senza tuttavia prevedere delle alternative percorribili. Il dramma di molte famiglie che convissero con dei congiunti malati di mente resta un grumo di quella storia penosa e terribile che non può essere trascurato.
Bruna Bertolo nel suo documentatissimo libro “Le donne e la follia in Piemonte“, edito da Susalibri, ricostruisce la storia delle donne ricoverate negli ospedali psichiatrici piemontesi, dopo un lavoro di tre anni di ricerca. Era un lavoro che mancava.

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La realtà che balza fuori dal libro  è una storia fatta anche di miseria e di arretratezza della società e della cultura medica del tempo. Sarebbe stato un grave errore fare dell’anacronismo storico ,giudicando con i criteri di oggi la realtà di ieri e dell’altro ieri, come hanno fatto spesso coloro che si sono occupati  giornalisticamente di questi temi. Il libro di Bruna Bertolo scava nella storia di tante donne, interessata in primis alla situazione umana perché la malattia mentale, più che altre patologie, fa risaltare questa situazione.  Tra le storie di donne anonime abbandonate dalle famiglie che non erano comunque in condizione di offrire nessuna cura (non dobbiamo mai dimenticare che l’Italia fino agli anni Sessanta del secolo scorso era un Paese povero prima di dare giudizi etici), balzano all’attenzione quelle di donne in qualche modo note come la moglie dello scrittore Emilio Salgari che l’autrice tratteggia con maestria. Ma è la vicenda umana delle tante donne fino ad ora dimenticate quella che dà al libro un valore storico corale e gli conferisce un’alta dignità morale. Oltre al manicomio di via Giulio, il libro offre un ampio e dettagliato resoconto dei manicomi di Collegno, Savonera , Racconigi,Grugliasco. Un grande interesse ha il capitolo dedicato alla struttura denominata “Casa di convalescenza per le dimesse dal manicomio” creata per le donne considerate “guarite” dalla malattia.

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Il capitolo dedicato a Grugliasco e il fascismo ha una particolare valenza storica perché il manicomio durante il fascismo ( e in verità non solo durante il Ventennio ) venne usato, sostiene l’autrice , come strumento per affrontare la devianza,  il dissenso, il
“disturbo “attraverso una rigida applicazione della legge giolittiana del 1904 che rimase in vigore fino al 1978  La causa delle tante situazioni  situazioni negative, che il libro riporta con dovizia di documentazione e’, a parere  dello scrivente, il permanere ben oltre il fascismo la legge Giolitti  degli albori del secolo , frutto di una cultura medica e giuridica riconducibile al secolo precedente . Il vero scandalo è questa sopravvivenza del tutto ingiustificata sotto qualunque punto di vista che chiama in causa per intero la classe politica che fece la Costituzione , ma dimenticò di applicarla ad una fascia debole e indifesa di cittadini . L’opera della Bertolo ci porta in evidenza  lo strazio dell’elettroshock e cosa accadeva nei manicomi degli anni Sessanta e Settanta del
Novecento.  Qualche grave responsabilità politica locale e nazionale ed anche medica ci sembra inevitabile  evocarla .Annibale Crosignani ha denunciato il comportamento indegno di alcuni medici in servizio nei manicomi che avrebbero meritato il licenziamento immediato  e la radiazione dall’Ordine.

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Mi è piaciuto leggere che la Bertolo abbia citato l’Assessore alla Sanità del Comune di Torino e medico di chiara fama Filippo Franchi, che era ben consapevole della gravità della situazione di via Giulio e premeva per cambiare . Filippo Franchi era un liberale che aveva capito – me lo
disse una volta nel 1968 – che la legge del 1904 era già illiberale quando nacque ed ora era diventata anche una ”legge inumana“.

Viaggi all’estero consentiti mentre in Italia il turismo muore

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

Questa idea balzana di consentire agli italiani di andare all’estero e di vietare ogni movimento, ghettizzandoci tutti in casa a Pasqua è un’ altra follia della accoppiata Di Maio- Speranza, i due ministri sopravvissuti del Conte 2.

Il solito Speranza, causa di tanti errori commessi che hanno aggravato la pandemia in Italia. Per farci digerire gli arresti domiciliari a Pasqua, ci annunciano l’immunità di gregge in luglio, una boutade propagandistica che non fa onore al governo Draghi. Ma l’idea di poter andare con facili due tamponi all’estero supera ogni immaginazione ed è una presa per i fondelli per gli albergatori e i ristoratori italiani. Una vera provocazione per gente che non riesce più ad andare avanti . Pensiamo a Venezia, Firenze, Roma diventate un deserto.Anche l’idea di riaprire prima le scuole e dopo i ristoranti appare una stupidaggine perché ormai l’anno scolastico è compromesso e nulla si è fatto per garantire trasporti e distanziamento degli studenti.  Io continuo ad avere grande fiducia in Draghi, ma continuo a richiedere le dimissioni di Speranza,un piccolo politicante senza arte né parte a cui scioccamente qualcuno ha affidato le nostre vite . Quest’anno l’agnello da sacrificare a Pasqua in modo simbolico e incruento e’ il piccolo lucano che ci ha provocato guai infiniti.Questa dei viaggi concessi all’estero non può passare come l’uovo di Pasqua che il proletario ministro della Salute concede agli italiani con i soldi ,come avrebbe detto il ministro stesso, quando imparava il mestiere di demagogo alla scuola di Bersani.

Quaglieni: “L’Italia chiusa e gli Italiani in spiaggia all’estero. Assurdo”

Caro direttore, il consentire  agli Italiani di andare durante le festività pasquali all’estero in vacanza e tenere agli “arresti domiciliari” gli altri  cittadini con regole ferree che impediscono persino di andare nelle seconde case e fanno dell’intero paese una sorta di caserma, appare aberrante ed incomprensibile.

E’ una  scelta  anche moralmente orrenda a vantaggio di categorie privilegiate e non colpite dalla crisi economica che umilia il turismo italiano che sta boccheggiando. Il Centro Pannunzio denuncia questa scelta assurda che non trova giustificazioni di sorta ed è solidale con operatori turistici e ristoratori colpiti dalla crisi ed ancora privi di aiuti reali. Il due pesi e due misure che si sono visti persino per i vaccini, appartengono ad una logica incompatibile con la serietà imposta dalla pandemia. L’Italia chiusa e gli Italiani  in spiaggia all’estero  con due tamponi, è l’immagine più orrenda di questa Pasqua.
Pier Franco Quaglieni  direttore del Centro Pannunzio