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Risorgimento, Quaglieni e Sodini commentano i moti carbonari

Domenica  21 marzo alle ore 18 sulla piattaforma Facebook del Centro “Pannunzio”, il prof. Pier Franco Quaglieni, storico del Risorgimento e la prof. Carla Sodini, storica militare,

ricorderanno a 200 anni dagli eventi storici che segnarono l’inizio del Risorgimento, i moti carbonari del 1821 e Santorre di Santarosa. L’attrice Ornella Pozzi lèggerà’ l’ode civile di Alessandro Manzoni “ Marzo 1821”.

Coordinerà Adriana Rizzo.

La giornata per le vittime del Covid evoca una sconfitta

Nessuno avrebbe  mai pensato nel 1917 di dedicare una giornata alla rotta di  Caporetto . I nostri nonni attesero Vittorio Veneto nel 1918 per festeggiare la Vittoria del 4 novembre.

In questa Italia  “scombinata“, come la definiva Salvemini, tutto è diventato possibile, anche le assurdità più incredibili. Ricordare nel pieno della pandemia con centomila mila vittime e una media di 500 morti al giorno con una giornata dedicata alle  Vittime del Covid con particolare riferimento a quelle  di  un anno fa con gli effetti macabri e terribili dei camion  carichi di morti a Bergamo appare una vera e propria follia . Un disastro di questo genere , tutt’altro che finito , andrebbe dimenticato dalla retorica occasionale  , perché si è conficcato in modo  indelebile nelle nostre vite e nelle nostri menti nei nostri ricordi più sconvolgenti .” Non urlate“ più scriveva disperato Ungaretti, rivolgendosi a chi esaltava ,alzando la voce,  le giornate della guerra civile perché i morti vanno rispettati con il silenzio e ,aggiungo io, con la preghiera dei credenti . Basta giornate in ricordo di tragedie . I giorni disponibili sono solo 365 e sono quasi tutti occupati dalle giornate più strampalate. Questa nuova giornata del 18 marzo che evoca il disastro del COVID e’ una scelta sbagliata . Servirà a ricordare , ad imperitura memoria , il presidente Conte , il ministro Speranza , il presidente lombardo e il suo tragicomico  assessore . Ogni 18 marzo  ricordero ‘ questi nomi  infausti per la storia italiana e per la nostra vita che è uscita stravolta dal vedere quei camion pieni di morti. Noi abbiamo bisogno di guardare avanti, non sopportiamo più discorsi commemorativi, abbiamo necessità di luce e di vita , non di chiacchiere più o meno paludate che creano terrore , depressione , addirittura altri morti che non hanno più la forza di vivere così.
scrivere a quaglieni@gmail.com

Il venerdì dello scrittore Incontro con il Prof. Quaglieni

Venerdì 19 marzo Ore 18 – Pagina facebook della biblioteca civica Arduino @bibliomonc

Cofondatore e vicepresidente del Centro Pannunzio, docente e saggista di storia risorgimentale e contemporanea, venerdì 19 marzo Pier Franco Quaglieni sarà ospite della rassegna Il Venerdì dello scrittore, e dialogherà a tutto campo con l’assessore alla Cultura di Moncalieri, Laura Pompeo.

L’appuntamento sarà alle 18 sulla pagina facebook della Biblioteca Civica Arduino @bibliomonc.
Il filo della discussione sarà dato da 4 recenti pubblicazioni del professor Quaglieni: “Mario Pannunzio. La civiltà liberale”, “Mario Soldati. La gioia di vivere”, “Grand’Italia” e “Figure dell’Italia civile”.

Pier Franco Quaglieni è pubblicista dal 1968. È conferenziere invitato in tutta Italia e all’estero. All’età di 47 anni è stato insignito dal presidente della Repubblica Scalfaro della Medaglia d’oro di I classe di Benemerito della Scuola, della Cultura e dell’Arte. Ha vinto, tra gli altri, i premi Voltaire, Tocqueville, Popper e Venezia. Nel 2006 è stato presidente del comitato scientifico del Comitato nazionale per il centenario della nascita di Mario Soldati presso il MiBACT.

“Come Assessorato alla Cultura siamo sempre ben lieti di dare spazio nella nostra biblioteca all’opera e alle riflessioni del prof. Quaglieni – spiega soddisfatta l’assessore Laura Pompeo – Non è la prima volta che ospitiamo un suo intervento ed è sempre un piacere ascoltarlo”.

 

Se l’orologio della politica va a ritroso

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni

La politica italiana mette indietro gli orologi della storia e il ritorno di Letta alla politica attiva e’  in effetti un ritorno al passato. Letta ha un buon curriculum e non è  certo l’odontotecnico Zingaretti prestato alla politica attraverso  l’apprendistato nell’ attività delle vecchie cellule del PCI. Come presidente del Consiglio delle larghe intese non ha fatto male, certo molto meglio di Conte 1 e 2
Ha esordito come segretario del Pd lanciando, o meglio, rilanciando delle  idee piuttosto stantie che non hanno aiutato il suo esordio se non verso quella parte di Pd di estrema sinistra appiattita ancora sul redivivo Bersani di cui Letta fu temporibus illis vicesegretario. Invece di porsi il problema di una rinascita di una sinistra moderna capace di parlare nuovi linguaggi  si è affievolito su vecchi slogan che non convincono neppure più i militanti. Riproporre lo ius solis, neppure, lo ius culturae sul quale si potrebbe anche discutere, appare una provocazione intollerabile in momenti in cui le priorità di cittadini e partiti sono la lotta al virus e alla conseguente crisi economica. Deviare il discorso da questi due obiettivi esclusivi  a cui Draghi si sta adoperando anima e corpo, e’ da irresponsabili. L’altra  proposta del voto ai sedicenni è, a dir poco, risibile. Ha diritto di votare chi contribuisce con le sue tasse alla vita dello Stato, non  studentelli che in larga misura vivono alle spalle della famiglia e di politica sanno poco o nulla. C’è da domandarsi la ratio che ha mosso Letta ad avanzare due proposte assolutamente impopolari. L’ unica risposta plausibile  è quella di blandire immigrati e sedicenni al fine di ottenerne il voto. Un ragionamento del tutto astratto ,come dimostra la sonora sconfitta di Fanfani quando volle abbassare il voto a 18 anni. La gente oggi vorrebbe più che mai lavoro sicuro e i giovani vorrebbero una scuola che oggi ha chiuso i battenti causa COVID e che richiederebbe una seria riforma di stampo europeo. Non inizia bene la nuova segreteria del Pd  perché Letta, per ottenere il consenso delle correnti più demagogiche del suo partito, ha dovuto imbellettare il suo discorso con quel sinistrese che piace tanto ad alcuni, ma non porta consensi reali. Letta ha dimenticato una nuova legge che reprima il diritto di opinione, quasi non bastasse la legge Mancino.  Ma, siamone certi, molto presto ritirerà dal cassetto i progetti illiberali già elaborati. A star poco sereni questa volta saranno gli Italiani che non hanno bisogno di movimentismo , ma di serietà e di dedizione assoluta alle vere emergenze di un Paese che da un anno vive sull’orlo del  precipizi. Neppure i grillini vogliono lo Ius soli , un segnale significativo di come Letta sia totalmente   fuori strada. L’Italia ha bisogno di una sinistra moderna e di un nuovo centro- sinistra che va totalmente reinventato. Ma non sono queste le idee che consentano una rinascita per dirla con il titolo della rivista di Togliatti , uno dei pochi veri leader della sinistra in Italia.

Nel 1861 a Torino venne proclamato il Regno d’Italia

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

A Santena stamane verrà celebrata la “Giornata dell’Unita’nazionale, della Costituzione, dell’Inno e della Bandiera” istituita da una leggina opera di un sottosegretario del Governo Monti che vantava conoscenze storiche in verità molto superficiali

 

In primis il 17 marzo 1861 venne proclamato il Regno d’Italia e non l’Unita’ per raggiungere la quale mancavano il Veneto, Roma capitale,  Trento, Trieste e le terre italianissime dell’Adriatico Orientale . Una possibile festa della Costituzione esiste già il 2 giugno, anniversario del referendum del 1946 e dell’elezione dell’Assemblea Costituente. La festa dell’Inno sarebbe la sola legittima, mentre la festa della Bandiera tricolore è fissata il 7 di gennaio anche se non sempre non viene celebrata . L’Inno nazionale andrebbe studiato obbligatoriamente in tutte le scuole di ogni ordine e grado, più che festeggiato il 17 marzo. Solo una volta, al termine di una mia lezione sulla Grande Guerra a Trapani, ascoltai con sorpresa e commozione gli allievi di un intero istituto cantare in piedi l’Inno di Mameli.


E’ giusto rendere omaggio alla tomba di Cavour, il più grande statista italiano ed europeo della sua epoca che mise il suo genio politico e diplomatico al servizio del Risorgimento italiano . Ha ancora più valore sapere che anche in tempi di pandemia il Prefetto di Torino si recherà a Santena per ricordarlo solennemente.  Molti suoi precedessori non lo fecero.  Ma non si deve mai dimenticare che Cavour era un convinto monarchico è un fedele servitore di Casa Savoia che fu iniziatrice e protagonista del Risorgimento a partire dal 1848 quando Carlo Alberto , con lo Statuto e il Tricolore con lo scudo di Savoia , iniziò la I Guerra di indipendenza. Il Risorgimento è un fatto storico inscindibile da Casa Savoia che fu il fulcro su cui fecero leva anche molti repubblicani come Garibaldi. Solo l’oscuro sottosegretario di Savona tento’ di occultare questa verità storica che ad alcuni può dare anche fastidio, facendo una vera e propria insalata russa. Il Presidente Napolitano andò nel 2011 a rendere omaggio al Pantheon alla tomba del Padre della Patria ,così come Ciampi in visita a Torino andò davanti al monumento al Re Galantuomo. Solo il presidente Mattarella lo scorso anno ignoro’ totalmente il bicentenario della nascita di Vittorio Emanuele ll.
Almeno in Piemonte non si può però ignorare l’apporto dei Savoia all’Unita ‘ d’Italia, a quello che Benedetto Croce definiva il “ Sorgimento” . Sono le nostre radici che nessuno ha diritto a recidere.

La brutta fine di +Europa

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

+ Europa non mi ha mai convinto perché Emma Bonino, fin dalla rottura con Marco Pannella, aveva fatto delle scelte che non avevano più quasi nulla del radicalismo liberale pannelliano.

L’aver scelto un voltagabbana come Della Vedova (radicale , Fi , Monti e forse qualche altro giro di valzer ) in qualità di segretario ha aggravato il mio giudizio negativo . Se poi guardo i rappresentanti locali del microscopico partitino rabbrividisco .
Contavano elettoralmente il 2 per cento , un’inezia . Invece di pensare ad alleanze politiche si assiste oggi alla scissione dell’atomo per beghe interne che sembra riguardino anche il tesoriere e il mancato congresso . Bonino dice di andarsene perché non vuole lasciarsi infangare “per qualche leggerezza “ che pero’ non precisa . Dalla Vedova si dimette da segretario , ma non certo da sottosegretario agli Esteri , una carica del tutto immeritata e ingiustificata. La Bonino si è invece dichiarata disposta a lasciare il seggio in Senato in uno scatto di dignità che le fa onore. +Europa era una piccola combriccola di amici che è mai riuscita a decollare ed ebbe bisogno dell’alleanza con l’ex Dc Tabacci ,anche lui imbarcato come sottosegretario nel Governo Draghi .
Nacquero da un pasticcio consociativo perché non erano in grado di raccogliere le firme e sono andati avanti in modo ancor meno lineare . Già sul Governo Conte si spaccarono e la sola Bonino voto‘ contro al governo giallo – rosso. La politica italiana non perderà nulla dalla fine di un’esperienza fallita . Spiace che la Bonino chiuda così la sua lunga carriera politica che, pur tra errori , non è stata priva di dignità . Io ricordo che, quando era ministro degli Esteri, un sabato pomeriggio mi telefono’dall’ufficio per ragguagliarmi del caso di un giovane di Albenga ingiustamente detenuto nelle carceri indiane . Un ministro di sabato pomeriggio al suo posto di lavoro rappresenta un esempio molto raro, direi quasi risorgimentale .
Mi auguro che Bonino non lasci il Senato perché la sua presenza ha un’importanza di per se’ , mentre non nutro ne’ fiducia ne’ stima per i suoi compagni di avventura.Tra tanti senatori inadeguati Bonino risalta per competenza quasi come un extra- terrestre. I torinesi del partitino che ha finito la sua corsa sono persone estranee ad una certa storia. Uno proviene da Lotta Continua ed ha mantenuto l’intolleranza illiberale che gli deriva dal marchio di fabbrica. In Regione avevano conquistato un seggio con una candidata molto per bene, Elena Lowenthal,  ma poi Chiamparino si beccò lui quel seggio che non ha nessuna intenzione di cedere malgrado l’età.

La Resistenza, Pansa e Colombini

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni 

In seguito al mio articolo “ Anche Colombini però’ … “ sono stato fatto oggetto di attacchi feroci che mi hanno fatto passare per un fascistoide e un ignorante.  Dopo aver letto il libro  ”Anche i partigiani però …” di Chiara Colombini avevo ritenuto di dover difendere le ragioni di Giampaolo Pansa dalla critica frontale che il libro ribadisce e dettaglia, riprendendo quelle già avanzate da D’Orsi e De Luna

Ho dovuto ricordare di essere stato amico di tanti resistenti, da Bonfantini a Fusi , da Mauri a Valiani e far presente a chi mi citava Fusi come se io non sapessi della sua esistenza , che il curatore dell’ultima edizione di “Fiori rossi al Martinetto “ sono stato io. Ho curato anche “Partigiani penne nere” di Mauri , ma quest’ultimo libro mi è sembrato del tutto sconosciuto al mio interlocutore . Hanno criticato il mio articolo lettori di chiare ed inequivocabili simpatie paleo -comuniste. Forse io stesso nell’articolo ho usato qualche aggettivo di troppo e mi sono lasciato trascinare dalla polemica . Di questo chiedo scusa, ma la necessità di difendere Pansa per me rappresenta un dovere morale perché io l’ho sempre stimato perché egli ha colmato l’omertà degli storici che mai avevano scritto del “sangue dei vinti “. Cercare di confutare Pansa perché i suoi libri sono privi di note mi è sempre sembrato un atto di disonestà intellettuale perché Il giornalista si è dovuto basare su fonti orali che ha raccolto con infinita pazienza e scrupolo, come dimostra il suo archivio.

Stasera ho ascoltato su Facebook con interesse ed attenzione la presentazione del libro della Colombini da parte dell’autrice . Devo e voglio riconoscere che mi è sembrata una studiosa equilibrata e intelligente, anche se troppo radicata su posizioni difficilmente condivisibili.Ha fatto un discorso complessivo interessante sulla violenza e sulla guerra civile che non posso non condividere . Il conduttore , dirigente dell’Anpi in Toscana , e gli interlocutori hanno tenuto il discorso su certi binari prestabiliti e gli attacchi a Pansa sono stati contenuti anche se ripetitivi.

Io che pure mi sono trovato ad essere ospite a parlare all’Istoreto in alcune circostanze , non conoscevo se non superficialmente la Colombini per alcune letture che avevo fatto . Mi è sembrata una persona con cui mi piacerebbe discutere perché ascoltandola ho capito che non appartiene a quegli ambienti intolleranti che io considero espressione di un fascismo rosso incompatibile con le regole della democrazia e del pluralismo. Detto questo, andrebbe chiarito il perché non ha parlato di fatti incontestabili di criminalità commessi da partigiani comunisti prima e dopo il 25 aprile , restando invece sulle generali. Parlare di “ ruba galline “ appare, in verità, un po’ riduttivo . Ci sono episodi che non si possono solo contestualizzare e magari finire di giustificare , ma vanno anche condannati senza incertezze .

Un personaggio come Francesco Moranino, condannato all’ergastolo con sentenza definitiva per sette omicidi di partigiani non comunisti, non può essere difeso perché è indifendibile . Anche piazzale Loreto e’ un episodio indifendibile . Non fu solo responsabilità della folla inferocita , come dice la Colombini,  ma anche di chi consenti’ quell’atto che trasgredisce ogni regola più elementare di umanità . Condannarlo a posteriori non è lecito moralmente mi disse una volta con coraggio autocritico Leo Valiani. Inoltre, se e’ vero che i comunisti hanno dato un contributo decisivo alla Resistenza,  non si può non riconoscere il loro tentativo, pienamente riuscito, di monopolizzarla. Se l’Anpi si spaccò e nacque la Fvil , non è solo a causa della guerra fredda. L’Anpi in particolare in questi ultimi anni,  da quando non è più diretta da partigiani , e’ un’organizzazione che fa politica di parte spesso in modo faziosissimo .

Sono d’accordo con Colombini che la storia e’ complessa ,ma allora il manicheismo ideologico e’ incompatibile con essa, come disse Raimondo Luraghi storico e partigiano che mi onoro ‘ della sua amicizia.  Condannare l’amnistia di Togliatti, ad esempio, dimenticando di dire che copriva anche reati commessi da partigiani e non solo da fascisti, mi sembra sbagliato . Togliatti fece una scelta che andava oltre la guerra civile che semmai può essere criticata perché diede involontariamente spazio all’interno del PCI a chi fu protagonista dei delitti del Triangolo della morte.

Non voglio tediare il lettore con altri esempi . Aggiungo un fatto che mi ha colpito : a precisa domanda di un partecipante se Gianni Oliva fosse uno storico credibile la Colombini non ha risposto.  E qui ritorna il discorso che mi ha portato ad accomunare Eric Gobetti alla Colombini . Forse non si perdona ad Oliva di aver squarciato il velo del silenzio sulle foibe . A distanza di oltre 75 anni bisogna storicizzare e storicizzare significa andare oltre le convinzioni politiche.  Dico un’eresia per cui verrò di nuovo messo sul rogo , ma la dico lo stesso : e’ possibile una storia del fascismo non pregiudizialmente antifascista ? De Felice aveva aperto degli spiragli di rigore storiografico che non hanno avuto eredi . E questo non è colpa della Colombini che legittimamente esprime le sue idee in modo garbato, come ho potuto constatare di persona ieri sera.

Liberali cercansi

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

L’esigenza di un forte centro liberal-democratico nella politica italiana è qualcosa di molto sentito o almeno sembra . Il Governo Draghi, per molti versi, può creare il clima idoneo per un progetto politico nuovo che riequilibri la politica, facendo del centro il suo baricentro .Ma parlare di centro non significa di per se’ parlare di centro liberal-democratico o centro liberale

C’ è stato alla fine di febbraio un appello con molte firme di persone non conosciute ,se si eccettua Franco Debenedetti,ex Senatore del pds , ed Oscar Giannino la cui immagine per le note vicende di lauree esibite mai conseguite, non appare riprensibile. Non vedo le firme di Stefano De Luca e di Enzo Palumbo ,esponenti autorevoli di quel partito liberale che eroicamente ha resistito in questi anni a tutte le turbolenze ,così come non vedo esponenti autorevoli della cultura liberale italiana. Questi ultimi non sono moltissimi ,ma qualche testa pensante c’è. Cercando tra i collaboratori di “Libro aperto “: rivista fondata da Malagodi e diretta da Antonio Patuelli, si possono trovare persone di sicura tradizione liberale. Un figura intellettuale come Lorenzo Infantino sarebbe di vitale importanza .

Per altri versi , pur con tutti i limiti e gli errori commessi, oggi l’unico partito di centro che esista in Parlamento è Forza Italia che non si è rivelato particolarmente liberale ,pur avendo promesso niente di meno che una rivoluzione liberale mai neppure iniziata.
La Fondazione “Luigi Einaudi “ di Roma ha dato prova di una vitalità davvero significativa che non ha il Centro “Einaudi “ di Torino.
C’è stato un periodo in cui in Italia fu di moda dirsi liberali anche se le provenienze politiche originarie erano molto lontane dal liberalismo.

Il partito liberale italiano e’ finito nel 1994 con una chiusura ingloriosa per iniziativa del suo ultimo segretario, Raffaele Costa, che ottenne la riconferma a deputato e addirittura ministro da parte di Berlusconi.  Costa tentò di salvare le apparenze ai primi del 2000, creando i circoli del liberalismo popolare ,un banale ossimoro , che finirono in una bolla di sapone .Il vero liberalismo è per sua natura elitario,non popolare.

Abbiamo vissuto per anni nella speranza di un Risorgimento liberale, per dirla con la testata del quotidiano di Pannunzio . Ma la diaspora liberale con i suoi personalismi ha impedito di dar vita ad un progetto di rinascita. La stessa presenza elettorale di Forza Italia lo ha impedito . Molti hanno creduto al “partito liberale di massa “, un progetto seducente, ma non realizzabile .

Oggi c’è un nuovo tentativo di formare un centro liberal- democratico affidato a Carlo Cottarelli che dovrebbe provvedere alla stesura di un documento programmatico . Cottarelli si limiterà a scrivere, avendo già precisato un suo disimpegno politico.Per altri versi, appare una novità un Cottarelli liberale, così come Cottarelli non è certo un potenziale leader politico neppure parzialmente attrattivo .

Fare l’esame del sangue politico è quanto di più illiberale ci possa essere, ma c’è da chiedersi se Calenda e la stessa Bonino si possano considerare dei liberal- democratici che pure è una forma di liberalismo life. Radicali italiani hanno tra i loro esponenti gente profondamente illiberale.  Il liberalismo avrebbe tanto da dire e potrebbe contribuire a dare un contributo alla ricostruzione di questo Paese,ma forse anche questa volta si è partiti non nel modo migliore . Il liberalismo sarebbe oggi il miglior antidoto al populismo e al sovranismo.

Valerio Zanone poco prima di morire scrisse che ormai il liberalismo si era esaurito con la fine del secolo scorso e il primo decennio del nuovo .Io conservo una sua lettera in proposito molto eloquente.  Ma di fronte alla crisi del Pd e dei Cinque Stelle forse il discorso può cambiare. Occorrerebbero capacità organizzative che non ci sono e andrebbero messi al bando i personalismi che hanno caratterizzato sempre i liberali nel corso di tutta la loro storia costellata da continue scissioni. In passato ci fu persino una discussione sulla differenza tra liberal-democratici con o senza trattino. Oggi con i Debenedetti e i Giannino queste raffinatezze sono superate.  Anch’io mi auguro la creazione di un grande centro laico e cattolico,liberale e democratico, aperto ad un socialismo riformatore che è parte storica del sistema politico italiano ,ma nutro forti dubbi sulla fattibilità del progetto . Soprattutto occorrerebbe un contenitore dei moderati che non c’è .

Spero di sbagliarmi nel mio pessimismo e mi auguro che Cottarelli possa essere il nuovo maitre a penser del nuovo pensiero liberal- democratico ,capace di allargare il suo perimetro ideale ad un’area di centro in senso più ampio che deve guardare anche a Renzi e persino ad una parte ,sia pur minima, del Pd post zingarettiano. Marcucci, capogruppo del Pd in Senato, pochi lo sanno o lo ricordano, fu temporibus illis, un deputato liberale .

L’8 marzo: parità, merito e demagogia

 IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni  Anche quest’anno ho scorso sui giornali  le solite banalità femministe di stampo boldriniano, opera  di quelli che non si indignano perché un professore di Siena offende una donna politica, rivelando una volgarità sessista  intollerabile

Comprendo che il femminismo abbia rappresentato una spinta propulsiva in anni di maschilismo intollerabile ,anche se non ho mai condiviso gli eccessi di Emma Bonino che vedeva nell’aborto una conquista civile, sottovalutando il dramma e il trauma che rappresenta per una donna. Non ho mai condiviso l’egualitarismo, ma da liberale ho sempre ritenuto che le differenze siano  un valore e una ricchezza. Quindi l’eguaglianza tra uomo e donna ( fatti salvi i diritti ) e’ una sciocchezza che solo una minoranza ancora sostiene: sono le vedove settantenni del ‘68.
Uomini e donne non sono eguali e guai se lo diventassero, anche se l’abbigliamento mascolino, il fumo, l’uso di certe parole hanno rappresentato per molte donne una sorta di ascensore che le portava ad essere eguali agli uomini. Io mi ostino ad avere interesse per le donne femminili, quelle che piacevano all’avvocato Agnelli, tanto per capirci. Sono invece da sempre impegnato per la parità uomo-donna nella famiglia e nel lavoro e per il riconoscimento dei meriti individuali che vanno garantiti in pari misura ai due sessi. Ho apprezzato il direttore d’orchestra che ha rifiutato l’appellativo boldrinesco di direttrice o direttora. Ho apprezzato l’ intervento del Presidente del Senato Maria Elisabetta Casellati per l’8 marzo: “Per parlare oggi di parità di genere, occorre riconoscere di fatto e non solo a parole, che il potenziale femminile è espressione di un valore economico oltre che sociale: il capitale umano delle donne che sono la colonna vertebrale della famiglia e della società, vale più di un punto di pil”. Non a caso il Presidente si rivolgeva alla Fondazione dedicata ad una delle donne più esemplari del secolo scorso: Marisa Bellisario che costruì una grande carriera con le sue capacità e che si arrese solo di fronte alla crudeltà di una  morte prematura. Io conobbi Marisa e la vidi come un esempio di donna che certo non ebbe bisogno del femminismo, delle quote rose o della sua bellezza seduttiva per emergere. Chi si balocca con il termine sindaca abbiamo visto che fine sta facendo anche perché si è circondata di collaboratori maschi incredibili. Nella politica ci sono spesso donne mediocri se dobbiamo ancora citare come dei grandi esempi Jotti  e Anselmi. La mediocrità di Livia Turco ha fatto scuola e io ricordo come Fassino fosse timoroso del suo femminismo arrabbiato . Non parliamo poi di Rosy Bindi ,una donna la cui faziosità è simile a quella della Boldrini. Nelle amministrazioni comunali – escluse Roma e Torino, sia chiaro – invece si vedono sempre più frequenti donne capaci , operative , senza grilli ideologici in testa che riescono ad essere ottime amministratrici della cosa pubblica e ottime madri e mogli. L’assessore alla cultura di Moncalieri, l’archeologa Laura Pompeo, ne è un esempio significativo. Nelle recenti elezioni ha battuto tutti con un numero di preferenze che nessun uomo è stato in grado di emulare. L’ex assessore alle politiche sociali di Albenga Simona Vespo che di recente ha  inspiegabilmente lasciato l’assessorato, malgrado la messe di voti e di simpatie, ha rappresentato per molti anni un esempio di ottima  amministrazione e di dedizione assoluta al bene della sua città. Sono donne che hanno l’umiltà di saper ascoltare e la grinta di saper decidere.
Laura e Simona non hanno mai avuto bisogno di quote rosa e non ne avranno mai bisogno perché la loro capacità sa imporsi  sulla politica politicante e spesso inadeguata, per lo più saldamente rappresentata da uomini che non sanno rispettare le donne, come si è visto nella scelta della rappresentanza femminile nel Governo Draghi.

Anche Colombini, però…

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni  Dopo il maldestro tentativo di giustificare le foibe da parte di un vero e proprio carneade come tal Eric Gobetti ( con il grande Piero non c’entra nulla), adesso  ci prova un’altra carneade, anch’essa torinese, tal Chiara Colombini con l’in tento di smontare i libri di Giampaolo  Pansa dedicati ai misfatti  cruenti dei partigiani comunisti  dopo il 25 aprile 1945 . Grande regista delle due operazioni e’ Laterza, la tipografia barese che  Benedetto Croce trasformò, pubblicandovi i suoi libri, in una prestigiosa casa editrice, oggi caduta  così in basso da essere divenuta l’editrice di fiducia  dell’Anpi che sta facendo una politica che è molto simile a quella del partito comunista di Togliatti, anzi di Pietro Secchia , il più violento ed ottuso capo comunista 

L’Anpi vuole tornare a  ridurre la Resistenza alla vulgata di  Roberto Battaglia che era una agiografia e non una storia. Era un grosso volume che nominava di passaggio  una sola volta Martini Mauri , il capo della Resistenza autonoma che comandava oltre cinquemila patrioti  e ignorava totalmente  le inevitabili ombre della guerra partigiana. Essere dalla parte giusta non poteva giustificare ogni azione , anche se   ferocemente delittuosa. Battaglia, figlio dell’era in cui la mitologia e l’interesse ideologico  dovevano prevalere su tutto, poteva anche essere comprensibile, ma il suo libro appare da tempo  un pezzo di un‘archeologia resistenziale improponibile. Gli storici successivi tacquero sui misfatti commessi dai partigiani comunisti   in nome del più vieto e interessato conformismo. Solo un partigiano che era stato fascista, Davide Lajolo, dopo una cena insieme, incominciò a narrarmi certi episodi  di cui  –  mi disse – non si doveva scrivere perché altrimenti si faceva il gioco dei fascisti. Erano gli anni in cui non si doveva neppure parlare di guerra civile , espressione diventata lecita dopo che un uomo di sinistra  come  Claudio Pavone inizio‘ a parlarne, suscitando delle aspre  critiche  dalla sua parte politica. Solo Bobbio ebbe l’onestà di dire che la Resistenza fu anche guerra civile. Poi venne un giornalista coraggioso che si era laureato con Alessandro Galante Garrone con una tesi sulla Resistenza e che era un giornalista di sinistra, Giampaolo Pansa e incominciò a parlare di sangue dei vinti , documentando quelle drammatiche vicende  successive alla Liberazione del 25 aprile in modo rigoroso e inoppugnabile. L’unica replica – ridicola – venne da  Angelo  d’Orsi che non seppe  far altro che obiettare che il libro di Pansa  non era storico perché privo di note.   Non seppe smentire nulla di quanto scritto da Pansa che non ebbe neppure smentite o querele dai parenti dei personaggi sotto accusa per reati infamanti. Neppure l’altro santone Giovanni  de Luna seppe replicare ai fatti raccontati da Pansa che non voleva sostituirsi agli storici , ma voleva far conoscere fatti che gli storici avevano nascosto per decenni, come avevano fatto con le foibe. Un’omertà vergognosa. Pansa venne insultato e sbeffeggiato dai soliti faziosi che cercarono anche di impedirgli di presentare i suoi libri. Pansa era un uomo onesto e scelse di scrivere certi libri come atto di doverosa onestà intellettuale, non priva di profonda eticità  civile. Il libro della Colombini vorrebbe contestualizzare i fatti narrati da Pansa, in effetti il suo obiettivo vero e’ quello di giustificarli  o minimizzarli . Ha un titolo provocatorio “Anche i partigiani però“. L’ho letto , ma mi rifiuto di recensirlo. E’ un lavoro con un  intento  meramente propagandistico  ed è  un’aggressione  proditoria a Pansa ad un anno dalla sua morte. Se Colombini avesse scritto con Pansa in vita sarebbe stato diverso, ma forse non ne aveva il coraggio. Contestualizzare non significa giustificare , questo è un principio storico su cui non si può transigere . Persino l’infame episodio di Piazzale Loreto con la plebaglia che piscia e caga sui cadaveri di Mussolini e della Petacci viene visto in una luce diversa. Per me sono cose inconcepibili proprio perché l’antifascismo  e’ una scelta che rispetta quei valori umani che i fascisti avevano calpestato. Piazzale Loreto e’ ingiustificabile sotto ogni punto di vista. Parri parlò di “bassa macelleria sudamericana“. Ripeto un’altra volta la battuta di Flaiano: i fascisti sono di due tipi: i fascisti e gli antifascisti. Il libro, come quello di Gobetti, mi ha fatto tornare  alla mente Flaiano. Che tristezza che nel 2021 non si riesca a parlare con serenità e distacco storico del nostro passato, ma stia venendo fuori una generazione di faziosi che ci ripropone idee che ritenevamo archiviate per sempre  dopo il crollo del muro di Berlino.
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