SOMMARIO: Trieste torna all’Italia nel 1954 – Vitaliano Brancati – È morto Paolo Griseri – Lettere


Il 26 ottobre 1954 Trieste torno’ finalmente italiana dopo il disastro della II guerra mondiale. Rischio’ di diventare titina e jugoslava, pagando il trattato di pace del 1947, altamente punitivo, che previde forti mutilazioni al territorio nazionale del martoriato confine orientale. Chissà quanti italiani avranno ricordato l’anniversario di una data importante e ricorderanno il Presidente Giuseppe Pella che ebbe stroncata la carriera politica perché tenne una ferma e coraggiosa posizione su Trieste? C’è chi ha esposto in questi giorni la bandiera tricolore per riannodare la Vittoria del 4 novembre 1918 con Trieste nuovamente italiana e per ricordare il sindaco di Trieste Bartoli che espose il tricolore, malgrado il divieto degli alleati anglo – americani. E bisognerebbe ricordare i martiri di Trieste del 1952 uccisi dal piombo degli inglesi mentre, di ritorno da Redipuglia, manifestarono per l’italianità della terra di San Giusto. Anche la cantante Nilla Pizzi con “Vola colomba” ricordò agli italiani la dignità nazionale infranta. Il presidente Einaudi andò a Trieste come il Re Vittorio Emanuele III nel 1918. Era un‘Italia sconfitta che aveva rialzato la testa e non era più disposta a cedere ai ricatti. Chissà quanti l’avranno ricordata questa data storica?
bel libro su di lui di Salvatore Vullo, nulla è stato fatto a Torino di significativo . Un premio a lui intitolato ,dato a giornalisti torinesi a Pianezza non basta a ricordare Brancati, che ha pagato il fatto di essere stato un pannunziano non succubo della egemonia gramsciana.
Dalla parte di Lo Russo
A fine novembre si terrà a Torino l’assemblea dell’ANCI alla presenza del Presidente della Repubblica. In lizza saranno i sindaci di Napoli e di Torino e sui giornali appare una mobilitazione per vincere che in passato rimase sotto traccia. Lei cosa ne pensa?
sindaco di Napoli, venne eletto anche dai grillini. E tanto mi basta. Lo Russo da un certo tempo sta affrancandosi dall’ala demagogica della sua maggioranza che tanto danno provoca alla città e sta rivelando doti amministrative che il suo competitor come sindaco alle elezioni non ha mai avuto e continua a non avere.
Il casino continua. E’ impercorribile. Di chi la colpa? Elena Soffici
Le Residenze Reali e le sovrintendenze hanno organizzato una due giorni a livello internazionale dedicata a Umberto II e i suoi luoghi. Bella iniziativa anche se la presenza di Gentile (che offese in un libretto la Regina Elena che avrebbe avuto un’avventura con un dignitario di corte in assenza del re durante la Grande Guerra) appare del tutto inopportuna. Ma è stato bello che una parte di istituzioni si sia ricordata dei 120 anni della nascita del Re Umberto. Vittorio Raiteri
In una bella intervista inedita a Norberto Bobbio fatta dal gobettiano fedelissimo Bruno Quaranta Bobbio sostiene che Gobetti era un liberale, correggendo lo stesso Quaranta che lo definiva “anomalo”. Gobetti, che secondo Bobbio – avendo avuto un rapporto con il liberista liberale Luigi Einaudi – sarebbe stato coerentemente anti statalista e quindi antisocialista, contro Turati che fu anticomunista come Matteotti, in nome della libertà. Potrebbe essere oggetto di discussione il carattere liberale della gramsciana occupazione delle fabbriche torinesi, ma non può essere accolta l’interpretazione in chiave di “Rivoluzione liberale” della rivoluzione bolscevica sorta nel 1917 e quasi subito trasformatasi in una rivoluzione marxista – leninista che guardava al giacobinismo francese e alla Comune di Parigi oltre che ai testi di Marx . Diceva Hegel che “le teste non si tagliano come i cavoli”. Quella rivoluzione ha mietuto più teste che spighe perché il terrore giacobino e leninista insanguinò la grande Russia. Gobetti visse fino al 1926 e quindi ebbe tempo di vedere e di patire il fascismo, ma anche di conoscere sia pure indirettamente il comunismo sovietico.


LETTERE



Il divieto del corteo filo palestinese del 7 ottobre da parte del Questore di Torino non è stato rispettato da circa mille persone. Al di là del motivo della protesta filo palestinese, inneggiante al massacro di Israeliani del 7 ottobre dello scorso anno, e al di là dell’evidente e vergognoso antisemitismo esibito dai manifestanti, pacifici e violenti (senza distinzioni) che ha suscitato lo sdegno del Rabbino Capo, qui si pone in tutta evidenza un problema che ci fa tornare al ‘68, quando i cortei non autorizzati divennero la regola. È accettabile che un corteo vietato per comprovati motivi dal Questore venga svolto egualmente come se fosse normale infrangere i divieti? È normale che i partiti, i politici e le istituzioni non abbiano nulla da dire su queste trasgressioni che sono l’ anticamera del disordine, volendo usare una parola edulcorata? La democrazia è fatta anche di regole. Il fatto che in questi cortei siano feriti dei poliziotti in numero sempre più ampio non può lasciare indifferenti. Chi ha vissuto l’eterno ‘68 italiano sa per averli visti e sofferti i pericoli di queste trasgressioni tollerate. Trasgredire ad un divieto motivato e’ già un atto di violenza e di illegalità che non va sottovalutato.
La legge del 1992 sulla cittadinanza si è rivelata un’ottima legge, una delle poche ottime leggi. Infatti nessun governo della II Repubblica l’ha cambiata, ne’ quelli di destra, ne’ quelli di sinistra. Oggi tre gatti di finti radicali di + Europa e i residuati bellici di quello che fu il partito socialista hanno lanciato un referendum per ridurre da 10 a 5 anni i tempi per la cittadinanza italiana, approfittando della raccolta delle firme (sempre 500mila, pochissime!) per via elettronica. Hanno dimenticato che il voto implica ancora di recarsi ai seggi di persona e che i referendum non hanno da tempo raggiunto il quorum necessario e hanno fatto sprecare denaro pubblico inutilmente. L’abuso di referendum andati in fumo per mancanza del quorum ha depotenziato lo strumento, screditandolo. Questo referendum è meramente strumentale perché una cittadinanza non può essere un dono, ma essa deve essere legata al rispetto di certe condizioni stabilite dalla democraticissima legge del 1992. I finti radicali di Magi (che è tutto fuorché un leader) non sono affidabili e non possono essere confusi con Pannella che mai si è lanciato in un referendum farlocco come questo.
Ho visto fotografie della presidente Giorgia Meloni che parlava all’ONU davanti ad una sala semivuota. Che tristezza per l’Italia, assai poco considerata, se penso che il ministro degli Esteri Fanfani, unico italiano, divenne presidente eletto dell’Onu. Neppure il fluido inglese della Meloni è bastato. Tutto il suo impegno per la politica estera non ha dato frutti. Sono argomenti su cui meditare, se consideriamo che l’impegno estero l’ha distolta dai problemi italiani abbandonati a ministri spesso non all’altezza del compito. Floris ha esibito quelle fotografie alla inguardabile 7, io che pongo l’Italia sopra tutto, sono amareggiato.
Ho conosciuto don Ottaviano con cui ebbi scontri televisivi piuttosto aspri molti anni fa. Non era certo un diplomatico , era un credente molto convinto. Quando ci conoscemmo a tu per tu, capimmo che avremmo potuto andare d’accordo e così è stato per molti anni perché le cose che ci univano erano molte. So che tanti giovani e non giovani avevano per lui una venerazione e credo che l’uomo e il sacerdote lo meritasse per davvero. Io sono stato molto amico del filosofo e sacerdote ,docente in quello stesso liceo, don Luigi Lo Sacco. Lui, forse più ancora di 0ttaviano, andrebbe ricordato. A Lo Sacco ho voluto bene e l’amicizia è stata totale. Oggi esistono insegnantini di religione che non sono neppure comparabili con Ottaviano.
immediatamente. La partigiana titina appartiene ad un’altra storia, a quella degli infoibatori, dei persecutori, non degli oppressi. Questo è buonismo stupido e non in buona fede. Che la targa sia stata posta in una scuola appare una indecenza di cui il preside dovrebbe rispondere disciplinarmente.





