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La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

SOMMARIO: Il nuovo libro di Gianni Oliva – Walter Chiari – Lettere

Il nuovo libro di Gianni Oliva

Gianni Oliva

Tra i tanti libri lucidi e coraggiosi di Gianni Oliva, diventato anche un astro televisivo senza assumere la boria del successo, l’ultimo dal titolo “45 milioni di antifascisti” ed . Mondadori è davvero un libro da leggere perché mette a nudo le falsità e le ipocrisie della vulgata antidefeliciana, dando ampio riconoscimento al maestro che dedicò al fascismo un’opera ciclopica, per anni odiato da Tranfaglia e ostacolato perfino nel far lezione da una ciurmaglia di contestatori violenti e  storicamente incolti. La verità è una sola: i conti con il fascismo non sono stati fatti e la mancata o blanda epurazione seguita dall’amnistia Togliatti del 1946 ha fatto sì che ci sia stata una sorta di equiparazione tra i crimini fascisti e quelli dei partigiani. Dell’amnistia fruirono persino i  sicari di Matteotti. Già dopo il 25 luglio 43 milioni di italiani da un giorno all’altro diventarono d’incanto  antifascisti: come scriveva Ernesto Rossi all’esule Salvemini nascosero la cimice fascista nel pugno chiuso. Nell’avvicinarsi della Liberazione lo stuolo dei partigiani crebbe a dismisura e anche quello delle staffette . Diventare comunisti rappresentò il  facile salvacondotto per una transizione senza difficoltà dal fascismo all’ antifascismo verboso a costo zero del dopoguerra. L’antifascismo del Ventennio fu una cosa seria, a partire da Matteotti, Amendola, Gramsci, Gobetti, Don Minzoni; quello successivo fu fatto di parole d’ordine e di bandiere rosse volte a cancellare la Resistenza non comunista. Il libro di Oliva è un atto di coraggiosa ricerca storica che fa giustizia dei vari Battaglia, Quazza  e altri minori che da anni scrivono le stesse banalità. Oliva prosegue la strada di Claudio Pavone e la porta a conclusione. L’era dei De Luna  e dei vari Franzinelli e dei piccoli Gobetti negazionisti delle foibe è finita. Oliva mette in luce che anche al di là dell’amnistia Togliatti ci fu un paese che mancò di spina dorsale e accettò ogni trasformismo, anche il più vergognoso: quello di Gaetano Azzariti  presidente del tribunale della razza poi  nominato giudice costituzionale da Gronchi e divenuto presidente della Corte Costituzionale è solo il caso più clamoroso di troppi fascisti giunti a ricoprire incarichi incompatibili con il loro passato, con la complicità di comunisti e democristiani, socialisti e liberali. Solo Pannunzio denunciò certi scandali che l’ex fascista Scalfari non poté mai permettersi.

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Walter Chiari

Oggi avrebbe compiuto cent’anni. Aveva uno stile unico, una capacità straordinaria di catturare il pubblico sollecitandone il sorriso con garbo a naturalezza. Se pensiamo alla stazza e alla ilare volgarità di Bramieri, abbiamo chiaro chi fosse Chiari.  Andò  con Mussolini a Salò e si lasciò sedurre dalla cocaina come molti altri attori. Ebbe un tramonto triste. Lo ricordo in un teatro Alfieri semi vuoto: una grande tristezza. Eppure fu uno dei più grandi comici italiani. Dimenticarlo oggi appare meschino oppure è il segno dei tempi bui che viviamo. Fu tanto più grande di D’Apporto e di Campanini anche loro dimenticati. Chiari fu secondo solo a Rascel.  In Tv era molto meglio della coppia Vianello-Mondaini e anche della coppia Tognazzi – Vianello. Tutti provenienti dalla Rsi e transitati in Rai senza problemi. Solo Nuto Navarrini ebbe difficoltà a “riciclarsi” . Ma Walter Chiari oltre ad essere un grande professionista ebbe anche le fierezza intima di rimanere sé stesso senza mai eccedere. Era la raffinatezza del teatro di Terenzio rispetto a quello di Plauto infarcito di battute dozzinali estranee al repertorio di Chiari.

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LETTERE scrivere a quaglieni@gmail.com

 

quaglieni penna scritturaLe segrete cose monarchiche
Lei è troppo buono con il  “prof”   M o l a:  repubblicano anche dopo la morte di Umberto II, di cui ha insultato la memoria nel 1983, alla corte di Vittorio Emanuele per quasi un “ventennio” e poi, dal 2001, “avvocato” del cugino Amedeo e in processo con i suoi “amici” dell’Umi. Questo “gentiluomo” nel 2001, quando ha tradito Vittorio Emanuele, ha dimenticato di restituirgli le decorazioni da lui sollecitate nell’ambito della Consulta dei Senatori del Regno n. 1, prima che lui stesso ne fondasse un’altra con fini diametralmente opposti e cioè deporre il principe Vittorio. Sul sito dell’Umi è sparita la rubrica “Consulta”: http://www.unionemonarchicaitaliana.it/index.php/senatori-del-regno. Perchè? W la coerenza!
Giorgio Vicini 
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Non sono addentro alle segrete cose monarchiche e non so risponderLe. Il prof.  M o l a   con o senza virgolette, è persona che non apprezzo umanamente  dopo averlo conosciuto abbastanza bene. Rispetto un ottuagenario ormai a riposo  ed evito le polemiche sterili perché fatte tra persone che non possono intendersi perché troppo diverse. Se penso a  esponenti della corte sabauda  come Vittorio Prunas Tola o Umberto Provana  di Collegno che conobbi in passato e vedo gli attuali cortigiani rabbrividisco.

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Associazionismo di oggi e di domani

Appartengo ad un noto club e mi rivolgo a lei per esternare il mio disagio nel restare in un club di servizio che ha un prestigioso radicamento internazionale. Le elenco il mio disagio: 1) ci sono solo più soci molto anziani e i pochi giovani sono superficiali e incolti, molto vezzeggiati perché giovani. Tra i 40 e i 50 c’è il vuoto. 2) la cultura è considerata come qualcosa di secondario rispetto alla ossessiva raccolta di fondi. 3) ogni iniziativa prevede il pagamento di qualcosa per cui la quota sociale costituisce un benefit totale del club. Il socio che non è un semplice bancomat, dovrebbe pur avere un ritorno di qualcosa. In un altro club in Lombardia dove è socia mia cugina, nella quota sono comprese le cene. Ma sicuramente ci sono delle cariche che vengono retribuite alla faccia del volontariato da quanto mi dicono. 4) mi infastidisce sempre di più l’uso dell’inglese anche da parte di gente che non conosce neppure l’Italiano. È stato anche abolito perfino il suono dell’Inno nazionale all’inizio dei meeting. 5) La cosa che più mi fa letteralmente incazzare  non trovo un verbo idoneo per esprimere il mio dissenso e chiedo scusa) è quella della catechesi, dell’educazione alla vita del club con una sorta di studio di una banale filosofia buonista di basso profilo culturale che si vorrebbe imporre in ogni circostanza perfino con “esercizi spirituali” che si chiudono per fortuna con un pranzo. In questi esercizi spirituali ci sono i maestri che insegnano a vivere secondo l’etica del club. Questa è una forma di integralismo non laico che mi fa impazzire. Io ho idee ben radicate, per quanto non sia laureato, sempre disposto a discutere con tutti, ma assolutamente contrario a subire tentativi di “formarmi”. Gli esercizi spirituali posso farli in chiesa, ma non in altre sedi. Sembra quasi di appartenere ad una loggia non segreta, ma pur sempre portatrice di idee e valori imposti con un pizzico di fanatismo. Queste cose riguardano solo me stesso e la mia coscienza. Neppure il PCI pretendeva che gli iscritti aderissero al marxismo, anche se esistevano le “Frattocchie” per i militanti .Io ho amato i club settecenteschi dei libertini con scambi di cultura straordinaria davvero cosmopolitica . Forse sono io a non aver capito nulla , ma io non accetto un quasi tentativo di lavaggio del cervello per cui devo anche pagare profumatamente. Un’associazione libera non può farsi portatrice di visioni etiche , altrimenti cadiamo nelle sette del passato. In questo caso, se così fosse, preferisco la vita di parrocchia: meno costosa e meno invasiva. Sono quasi certo che anche lei, che pure sembrerebbe uno spirito libero, cestinerà questa mia esternazione come hanno fatto altri.    Lettera firmata

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Avrei preferito che lei avesse deciso di uscire allo scoperto con tanto di firma, ma io pubblico la Sua lettera egualmente, senza toccare una virgola, al di là del fatto di condividere o non condividere le sue riflessioni che possono riferirsi, penso, all’associazionismo Lionistico, Rotaryano o di qualche altra sigla minore. I Suoi toni mi sembrano ingenerosi anche perché nessuno è obbligato a rimanere socio e tutti i Suoi problemi – se reali – Lei li risolve con una bella letterina di dimissioni. Io vado spesso volentieri a parlare, ospite di questo associazionismo e mi sono sentito sempre a mio agio e non ho mai subito dei veti o delle restrizioni. Sono luoghi di libero dibattito. Se qualche esponente di quell’associazionismo, vuole intervenire, sarei lieto di pubblicare delle repliche. Non c’è bisogno di nessuna difesa d’ufficio da parte mia. Faccio solo una riflessione oggettiva: l’associazionismo nel suo insieme purtroppo è in crisi. Io fui socio in passato di un club di circa 150 soci molto autorevoli. Forse quell’esperienza appartiene al passato. Il Covid, il pc, la vita professionale e sociale di oggi hanno inciso pesantemente. Quale sarà l’associazionismo del futuro? Non saprei rispondere, ma credo che la necessità di ritrovarsi insieme tra uomini e donne in libertà in un clima di amicizia sia destinata a vivere anche nel futuro. Nessun collegamento a distanza potrà sostituire l’incontro tra persone. Creda a me, lasci stare i club libertini del ‘700 tanto amati da Scalfari: io li ho studiati all’Università con Venturi e non sono un modello né per l’oggi né per il futuro.

Delusione finale di un estremista moderato

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni
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Pier Franco Quaglieni

Mi sono sempre interessato di politica senza mai perdere la mia autonomia di  giudizio e sono stato per decine d’anni il più giovane iscritto all’ordine dei giornalisti di cui temo di essere oggi  uno dei decani. Debbo dire che da tempo mi sento sempre più confuso e restio a qualsiasi impegno politico, anche se a mio modo mi sento impegnato per tante cause controcorrente e divisive a cominciare da quella di Israele: sono sincero, più esse  sono divisive più mi piacciono, pur odiando da sempre anche solo l’idea di andare in piazza o ogni forma manichea e ogni estremismo. Semmai mi sento un estremista moderato. Sentirmi diviso dalla massa acefala mi fa sentire meglio. Oggi, leggendo la solita mazzetta on  line di giornali cartacei, debbo dire che il mio malessere ha superato i limiti della moderazione che di norma mi impongo, non ritenendo giornali e politica così importanti da rovinarmi fin dal mattino  la  mia vita serena  di studioso e di piccolo agricoltore che conduco da anni dopo aver lasciato senza nostalgia  l’insegnamento. A questo proposito le notizie che continuo a leggere sull’università danno l’idea di un ambiente divenuto  oggi invivibile con invidie e gogne molto peggiori di quelle del ‘68.  Aprendo i giornali nei titoli di prima  mi appare la parola “manganello” evocatrice di un certo clima di cent’anni fa e della celere di Mario Scelba,  autore, per altro, della famosa legge  volta a reprimere l’apologia  del fascismo. A prescindere da cosa sia veramente  accaduto a Pisa e a Roma (sarà la magistratura a stabilirlo), leggo e sento  un vero e proprio odio verso le forze di polizia che mi riportano al ‘68  e all’identificazione tra poliziotti e fascisti,  dimenticando anche cosa scrisse  Pasolini in difesa dei questurini. Torna anche  il titolo “La rabbia degli studenti” vecchio di oltre mezzo secolo: gli studenti in primis dovrebbero studiare e non occuparsi di cose che non conoscono e che alcuni prof.  impongono loro con gli slogan antisemiti di sempre, abusando della cattedra per fini di parte. Ma è tutto fiato sprecato perché questi prof. non sanno insegnare altro se non il fanatismo, anticamera della violenza. Non sanno cosa sia la storia che loro identificano con l’ideologia dell’odio. In tutt’altra  direzione ci appare intollerabile il presidente ucraino che dice che in Italia ci  sono troppi sostenitori di Putin, dimostrando ingratitudine verso un paese che lo sostiene   e  commettendo  un’interferenza incomprensibile. Il presidente ucraino non è un bel personaggio ed è molto rozzo e arrogante. Sto dalla sua parte solo perché detesto Putin e ne vedo i pericoli. Il solito don  Ciotti in un altra pagina dice la sua sui migranti, tema stantio su cui ha già detto mille volte il suo pensiero, sempre uguale come  se lui stesso fosse il Vangelo. Gli articoli sulle elezioni sarde vogliono dar l’idea della confusione che regna nell’isola e dei litigi tra partiti. Il vero malcelato timore è che la sinistra perda. Vedremo cosa accadrà , ma gli articoli non aiutano a capire e sono scritti per giustificare un’eventuale sconfitta. Un’altra influencer vuol farci credere che a decidere  su vita,  morte e amore debba essere la Consulta, mentre c’è innanzi tutto la nostra coscienza individuale e civica e il  Parlamento sovrano a cui la Consulta non può sostituirsi. Se leggo certe affermazioni, penso al presidente Giovanni Conso che si rigira nella tomba. Si riesce anche a far dire  con un titolo cose banali a Luca Ricolfi, divenuto operaista e nostalgico delle tute blu. C’è persino uno svergognato Pietro Morello che afferma testualmente che “Gli atti vandalici sono uno sfogo sociale”, frase indecente  che non merita neppure una confutazione. Infine c’è un’eccezionale intervista  con Marcello Veneziani, considerato un fascista ancora oggi, affidata ad una giornalista che di norma si occupa non di filosofia, ma di cose frivole. E infatti non è un vero Veneziani, ma una sua fotocopia. Ho solo citato le cose più eclatanti,  attinte da diversi giornali e dalla “Stampa” che quanto a faziosità non è seconda a nessuno. Dedicare del tempo a queste bazzecole mi infastidisce sempre di più.  Penso che dedicherò lo stesso tempo,  facendo in primavera  una salutare passeggiata,  anche se il vicino Valentino è diventato pericoloso per le pessime frequentazioni e per  l’incuria in cui è stato abbandonato. Le letture mattutine dei giornali non sono più la preghiera del laico, come diceva  Hegel, ma una presa in giro da parte di chi avrebbe come obbligo quello di informare e non di censurare il pensiero di chi non è uniformato alla vulgata o stravolgere la verità con mezzucci adatti a menti leggermente   sottosviluppate che giungono a credere  che gli atti vandalici possano essere davvero “uno sfogo sociale”.

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

SOMMARIO: Matteotti assassinato – Pompeo dà fastidio? – Lettere

Matteotti assassinato
Il 10 giugno cadrà l’anniversario del rapimento di Giacomo Matteotti e le iniziative in ricordo del suo assassinio  del 1924 sono numerose. Io stesso sono coinvolto nel lavoro di storicizzazione di un evento drammatico della vita italiana come fu l’omicidio destinato a segnare la storia successiva. Stupisce che il comitato nazionale per le onoranze a Matteotti (affidato ad un anziano storico, allievo del marxista ortodosso Ernesto Ragionieri e a una segretaria con esperienze precedenti che nulla hanno a che vedere con Matteotti perché l’ultimo Francesco Forte,  con cui fu in amichevoli rapporti, era  un sostenitore della destra berlusconiana  e  perfino del monarchico Sogno) usi il termine morte e non omicidio o assassinio o delitto, gli unici termini storicamente corretti. Matteotti non morì nel suo letto, almeno questo credo che gli vada riconosciuto. Morì tra atroci sofferenze inferte dai suoi sicari all’interno dell’auto in cui fu costretto dopo il rapimento. Matteotti è un grande personaggio della storia d’Italia, per tanti decenni  disconosciuto dalla sinistra e dalla destra e non apprezzato dal mondo cattolico, un grande italiano che va  finalmente fatto conoscere agli Italiani.  Questo lavoro dovranno in larga parte  farlo altri, anche se il Comitato per il centenario della “morte” ha avuto un cospicuo  finanziamento di cui dovrà rendere conto e siamo curiosi di apprendere come vorranno utilizzare i fondi pubblici loro affidati.

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Pompeo dà fastidio?
Il sindaco di Moncalieri Montagna ha avuto vicende non proprio esemplari, anche se viene considerato da molti  un ottimo sindaco. Finirà il suo mandato decennale nel 2026 e solo in questi giorni, dopo anni,  ha scelto il suo vice sindaco. Di norma tutti i sindaci nominano subito   un vicesindaco, ma Montagna non ha mai fatto la scelta, anche se c’è chi pensa che questa recente ed improvvisa nomina sia una sorta di investitura del possibile successore quando Montagna non potrà più candidarsi. Ci sono dei sindaci che cercano di far eleggere dopo il decennio un loro pupillo, magari  ottenendo per sè un incarico da assessore e perfino da vicesindaco.  Molti hanno  anche interpretato la scelta tardiva del vice come un modo per intralciare la discesa in campo  dell’assessore Laura Pompeo, da quasi dieci anni attivissima  assessora alla cultura e unico volto noto e di prestigio tra gli attuali amministratori di Moncalieri. La carica da vicesindaco sarebbe toccata da subito a Pompeo, la più votata con oltre mille preferenze, ma Montagna non volle un vice, neppure una vice donna, come oggi è quasi d’obbligo per la parità. Pompeo dovrebbe prossimamente  candidarsi in Regione  come consigliere sicuramente eletto e potrebbe essere la nuova assessora regionale alla cultura, anche se i margini di vittoria del Pd – 5 stelle sono  ridotti. Con Valle presidente, sarebbe una bella  opportunità per la Regione avere un’assessora con una esperienza decennale. Dopo Leo e Oliva sarebbe la prima con competenze anche universitarie   di prim’ordine e grande  lavoro sul campo.
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Equidistanza
Ho partecipato ad un dibattito su Israele e Palestina ed ho notato la prudente equidistanza di molti, direi di troppi. C’è gente che equipara il genocidio di 6 milioni di ebrei con un falso, immaginario genocidio di palestinesi. C’è gente che non condanna il terrorismo di Hamas e la bestialità dell’attacco del 7 ottobre. Io voglio ribadire che, non ebreo, sono da sempre dalla parte di Israele e non voterò più Pd per l’equidistanza  pavida di quel partito. Anche molti ebrei italiani sono contro Israele, una scelta abominevole.       Maria Pia Enrico  
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Qui si è giunti oggi  ad un antisemitismo che assomiglia a quello nazifascista di ieri. E’ triste doverlo riconoscere. Anch’io come Lei sono stato e sono dalla parte di Israele almeno dal  1967, quando incominciai a ragionare politicamente. Già prima ascoltavo mio padre, che di problemi internazionali era un grande esperto, che diceva di essere stato sempre filo israeliano e che  disprezzava la politica  filo araba  di Moro e Andreotti. Anche Craxi non gli piaceva per la sua posizione filo araba, lontana da quella di molti  grandi socialisti  non succubi del PCI. Detestava anche Scalfari filo arabo. Sono rimasto orgogliosamente suo figlio. E gli ebrei filo palestinesi li considero degeneri. Israele, unica democrazia in Medio Oriente, è uno stato laico che lotta per la sopravvivenza ogni giorno e i suoi cittadini rischiano quotidianamente di morire per causa  del terrorismo palestinese che da mai tregua. Ogni giorno dell’anno. Detto questo, credo che i diversi governi (l’Onu di fatto è scomparsa  come la Società delle Nazioni prima della II guerra mondiale: un parallelo allarmante!) debbano contribuire a favorire una via di pace sicura per il Medio Oriente, possibile polveriera di Guerra. Ma la via percorribile non è certo quella dei due Stati  che creerebbe gravissimi problemi di tensione internazionale senza risolvere quello della convivenza dei due popoli. Lo stesso fallimento dell’Autorità palestinese lo indica. Solo i ragazzi che non sanno nulla di storia  o i vecchi faziosi di sempre che bruciano le bandiere di Israele per le strade  possono pensare certe corbellerie politiche e condividere certe farneticazioni che neppure i più superficiali utopisti oggi oserebbero affermare dopo il massacro del 7 ottobre che costituisce un ante e un post non dimenticabile.

Diritti dei carcerati e diritti dei cittadini

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

Condivido da sempre l’attenzione del partito radicale di Pannella (che non ha nulla da spartire con +Europ*) verso il problema delle carceri italiane, della dignità di vita dei carcerati,del sovraffollamento che rende difficile la detenzione e impossibile il recupero (un tempo si diceva la redenzione) dei detenuti. Non credo però che sia solo un problema di sovraffollamento, come leggo spesso. E non credo, come scrive Donatella Stasio in un articolo leggermente esagitato, che il compito del carcere sia solo quello del recupero, come scrive la giornalista che dimentica che Cesare Beccaria non era un buonista, ma un giurista. Non voglio disconoscere nessuno dei diritti dei carcerati sanciti dalla Costituzione, ma ritengo che il disinteresse dell’ opinione pubblica verso il problema delle carceri trovi una motivazione nel rifiuto crescente di una delinquenza che compromette la nostra libertà di cittadini normali e che ormai ha superato tutti i limiti. La Stasio sicuramente avrà scritto sui femminicidi parole di fuoco senza invocare le attenzioni che manifesta per i carcerati e ovviamente chiedendo l’inasprimennto delle pene, non pensando ovviamente al recupero di chi delinque.  La gente è stufa di micro e macro criminalità e non è attratta dai temi delle carceri che dovrebbero non solo recuperare i condannati i quali avrebbero anche il “dovere” di scontare la pena interamente senza facili sconti, come avviene oggi. Troppa demagogia è stata profusa a partire dalla legge Gozzini, il catto-comunista che inizio’ a introdurre in carcere trattamenti di favore inconcepibili. Da Gozzini in poi una visione “buonista” del carcere ha voluto evidenziare i soli diritti dei carcerati. Un po’ come è accaduto per tutti i cittadini che rivendicano solo diritti e non doveri.  Inoltre spesso si dimenticano due aspetti non secondari: il diritto alla presunzione di innocenza di chi è in carcere in attesa di processo e sarà macchiato a vita anche da pochi giorni di detenzione e la discrezionalità di certi magistrati nell’ evitare il carcere a chi delinque, in alcuni casi vanificando il lavoro delle Forze dell’ Ordine. Per non parlare poi di chi esprime un tardo e logoro positivismo nel considerare colpa della ingiustizia della società la delinquenza, come sosteneva qualche scrittore ottocentesco che negava di fatto la responsabilità individuale.  Appare strano che nessuno si curi del sovraffollamento degli ospedali e dei pronto soccorsi in cui si ritrova la fascia debole e indifesa. Di questo nessuno si occupa. Persino il tribunale del malato sembra non esistere più. Queste amare riflessioni di fine anno forse appariranno indigeribili ai soliti noti, ma questo purtroppo è ciò che sente, vive e soffre, la gente comune,  quella che lavora, paga le tasse e vive nella insicurezza.

Lions, caso Vannacci: l’incontro salta. Quel sottile confine tra opportunità e libertà di opinione

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni


Alla fine il più’ “pulito” e’ il CRAL  dei dipendenti comunali che ha coperto le vergogne con la foglia di fico del fatto che la presentazione del libro  del “generalissimo” Vannacci non potrà tenersi perché il CRAL è riservato ai suoi soci e non al Lions che ne aveva affittato i locali per Vannacci. Salta così la piccola e meteorica “follia” della beneficenza in nome di ciò  che nel dibattito suscitato dal libro,  più di un commentatore ha accostato a razzismo e omofobia da caserma, di qualche provincialotto in cerca di effimera notorietà. Il Lions non fa marcia indietro neppure di fronte alla interferenza politica del sindaco che ignora forse la cultura vera, ma parrebbe voler intimidire il CRAL comunale in modo barbino, ancora una volta supino alla CGIL e alla sua faziosità sovietica un po’ datata. Ma questa non è difesa della libertà di opinione, ma incapacità di decidere cosa debba essere il Lions. Vannacci deve essere libero di presentare la sua Bibbia dove ritiene, ma il Lions International deve statutariamente 
restare al di sopra della politica di parte, e ha il dovere di riprendere con sanzioni il club “degenere” che ha avuto l’idea becera e qualunquista di presentare Vannacci, ignorato quando comandava la “Folgore“ ed esaltato oggi per il suo libro. Il Lions dovrebbe intervenire ufficialmente a livello dirigente ai livelli più alti per chiarimenti con un gruppo di soci che hanno confuso il club per una bocciofila di paese. Persino il CRAL ha capito la lezione sia pure in modo  un po’ confuso. Che tristezza! Se poi penso che il Golf Club di Garlenda intenderebbe ospitare Il generale  su iniziativa di ambienti notoriamente “nostalgici” monta una rabbia civile senza confini . Il grande Golf Club di fama internazionale vorrebbe fare ciò che neppure un CRAL ha ritenuto invece di rivedere, sia pure in zona Cesarini, temendo le ire del sindaco.

I sostenitori di certe tesi devono uscire allo scoperto e non nascondersi dietro ai CRAL e ai circoli sportivi. Con il loro inquietante ghigno di sempre comunque camuffato. E questo lo scrive uno che ha sempre difeso le ragioni profonde di storicizzare il fascismo senza demonizzare nessuno. Ma quando il discorso tocca circoli storici, bisogna denunciare con fermezza quanto accade senza viltà e conformismi. Il Lions in particolare deve essere se’ stesso con la sua storia umanitaria e libera che non ha nulla da spartire con certe idee e teorie.

Il generale al Lions e il sindaco

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

Continuano sul “Corriere della Sera” le polemiche per la cena con conferenza del gen. Vannacci al CRAL comunale organizzata da un Lions femminile. Appare preoccupante che il sindaco Lo Russo si sia mosso per sapere della conferenza  al CRAL, non condividendo egli i contenuti del libro. Non sapevamo che lo Russo avesse interessi culturali che non hai manifestato, ma il suo muoversi in questa occasione suona come una censura nei confronti del CRAL comunale. E’ inaccettabile una interferenza di questo tipo, come è, secondo tradizione, l’attacco volgare e goffo della CGIL all’iniziativa.  Il generale deve essere libero di presentare il suo libro senza che politici pongano divieti preventivi. Escluderei solo le sedi militari per ovvie ragioni, avendo egli in corso una contestazione disciplinare proprio per il libro.

Stefano Lo Russo, sindaco di Torino

Confermo invece il giudizio sul Lions che usa il libro per raccogliere soldi per beneficenza. Un club di donne potrebbe scegliere di meglio. Ma se il sindaco si muove in modo forse poco decoroso, il Lions centrale tace. Tace perché vicino alle idee del generale o perché rispetta le idee del suo club femminile e non vuole interferire? Sono domande a cui si dovrebbe trovare una risposta. La sola idea di usare un libro di quel tipo per fare beneficenza, appare aberrante. La cultura è altra cosa. Come è altra cosa il contenuto del libro del generale che ha scelto di usare la penna come una scimitarra. Donne del Lions, almeno a Natale, siate pacifiche!

PS: i Lions si trovano di norma al CRAL a cena?

Con Israele

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

L’aggressione dei terroristi arabi contro Israele è un fatto gravissimo che tutti o quasi in Italia, per la prima volta, hanno condannato.La convivenza arabo- israeliana è da sempre un problema gravissimo. Più guerre hanno caratterizzato la storia di Israele che ha dovuto sostenere l’attacco aperto e atti di terrorismo da parte dei Palestinesi. Chi vive in Israele vive con l’ansia di saltare in aria, camminando per strada o prendendo un bus. Oggi quello che sta avvenendo è  il tentativo di scatenare una guerra, prendendo spunto da Israele. C’è chi torna a parlare di III guerra mondiale anche in rapporto alla Russia di Putin e all’Iran che vorrebbe cancellare lo Stato di Israele. Stiamo vivendo un momento molto difficile,  ma non si può dimenticare che la cultura liberaldemocratica da sempre è schierata in difesa dello Stato di Israele come lo fu Pannunzio nel 1967, quando ruppe con Scalfari che divenne filo arabo. Israele è l’unico stato democratico nel Medio Oriente e come tale va difeso. Anche Israele ha commesso i suoi errori, ma la scelta di fondo, la scelta di civiltà è per Israele attaccata ferocemente da un terrorismo che vuole scatenare una guerra.  La violenza araba e’ una minaccia grave. Dobbiamo tutti reagire, anche se è facile pensare che qualcuno che finora è stato silenzioso avrà il “coraggio” di parteggiare per gli Arabi. Qualche centro sociale andrà sicuramente in piazza contro Israele. I democratici di ogni orientamento devono testimoniare subito la loro solidarietà per Israele e il proprio impegno per la pace.

La volgarità intollerabile

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

Il  f a t t o  quotidiano non rispetta più nessuno, neppure i morti.  La vignetta che riproduciamo bolla a caratteri di fuoco l’indecenza di un disegnatore e di un direttore responsabile che oltraggiano il  cadavere del presidente emerito Napolitano, pensando di suscitare ilarità. Solo animi volgari non sanno trovare un limite di fronte al mistero della morte. Non è una questione politica, ma una questione etica che va ben oltre il cattivo gusto. Per molto meno Giovannino Guareschi venne condannato per vilipendio del Presidente della Repubblica perché pubblico’ una vignetta con il Presidente Einaudi che passava in rassegna dei Corazzieri fatti a bottiglia di vino con riferimento a quello prodotto dai Poderi Einaudi.


Questa vignetta del giornale travagliato o travagliesco che sia, rivela un imbarbarimento sconcertante che segna davvero la fine della civiltà politica. La satira deve essere libera, ma i morti e la morte vanno rispettati sempre. Anche gli antichi avevano rispetto per i morti. Solo Achille trascino’ nella polvere il cadavere di Ettore. Oggi il direttore del “Fatto” si rivela fuori da ogni regola civile e deontologica . L’Ordine dei Giornalisti dovrebbe intervenire con la necessaria chiarezza perche‘ quella vignetta non esprime assolutamente la libertà di stampa, ma la dozzinale volgarità di chi cerca la notorietà nella offesa dei valori più intangibili.

Il ritorno della Festa del IV novembre

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni

L’aula del Senato ha approvato il ritorno della Festa del IV novembre che il governo di solidarietà nazionale  presieduto da Giulio  Andreotti provvide ad eliminare. Era la festa della Vittoria e la stessa denominazione dava fastidio ai catto-comunisti,  ostili al Risorgimento di cui la Grande Guerra rappresentò il coronamento con Trento e Trieste e i territori del confine orientale. Era la vittoria del 4 novembre 1918 che segnava la fine della guerra iniziata il 24 maggio 1915.
Neppure per il centenario nel 2018 il governo ripristinò la festa. Può anche essere festa dell’Unità nazionale e delle Forze Armate, ma  essa è soprattutto la festa in cui gli Italiani festeggiano il tricolore su San Giusto a Trieste e sul Castello di Trento dove vennero martirizzati Cesare Battisti e altri eroi irredenti. Mio nonno nel cinquantenario del martirio di Battisti e di Damiano Chiesa nel 1916, mi portò a Trento.
Un’esperienza unica  alla vigilia del ‘68 che avrebbe messo sotto i piedi l’idea di Patria. Con il ripristino della festa del 4 novembre sarà possibile riprendere nel modo più adeguato il ricordo di una data che uni’ tutti gli Italiani dopo la sconfitta di Caporetto. Non si tratta di essere militaristi perché ricordare i Caduti in guerra al suono della Leggenda del Piave non rappresenta nessuna forma di  bellicismo. Chi ha combattuto nelle guerre ha maledetto le guerre molto più di chi nelle retrovie sabotava a parole la guerra o addirittura con atti eversivi nell’agosto torinese del 1917 tentò una sorta di rivoluzione russa come fece in grande dopo la Vittoria.
Chi è vissuto nel fango delle trincee o sulle altitudini ghiacciate delle Alpi pati’  la durezza della guerra e  spesso affrontò il sacrificio della vita. Onorare i caduti è un dovere civile. Onoriamo i caduti di tutte le guerre e di tutti i fronti, ma nel rispetto della storia storia nazionale che trovò il suo punto più alto nel 4 novembre con l’esercito austro-ungarico in fuga dopo tre anni di guerra con esiti alterni.

Privacy è libertà

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni
Sabato scorso ho partecipato insieme  a Franco Pizzetti, Agostino Ghiglia, Mario Camisani Calzolari, Roberto Sarcinelli,  con la sapiente moderazione di Alberto Culatina,  ad un convegno su “Privacy e’ libertà” organizzato dall’Universita’ di Pavia. Pur con punti di vista diversi tutti i relatori hanno concordato sui pericoli che corre la libertà in assenza di una reale ( e forse oggi  impossibile ) tutela della privacy che soprattutto  internet rende molto problematica. Una società trasparente non concepisce la riservatezza e neppure uno iato tra vita pubblica e vita privata. I giornalisti alla  T r a v a g l i o  sono una delle cause maggiori della violazione della dignità della persona messa a repentaglio da chi  divulga notizie magari talvolta senza tutte le verifiche del caso,  distrugge prima di un processo l’immagine di chi apprende di un avviso di garanzia a suo carico  dai giornali (come di recente è capitato ad un noto deputato del PD )  e usa  intercettazioni  che dovrebbero rispettare il segreto istruttorio. L’abuso delle intercettazioni, per non dire dei trojan,  viola la stessa Costituzione e io mi auguro il Ministro Nordio vada avanti deciso nel realizzare la sua riforma liberale  della Giustizia. Nel convegno l’avv. Sarcinelli ha ricordato il saggio di Orwell “1984“ uscito a puntate sul” Mondo “ di Pannunzio nel 1950. Esso fu preceduto da un intervento di Benedetto Croce sul “Mondo” dal titolo “La città del Dio ateo” uscito l’anno precedente in cui il filosofo della libertà metteva in  evidenza come il totalitarismo staliniano era uno stravolgimento “più vasto e più forte della  caduta della  civiltà greco- romana“ . Croce fu tra i pochi a considerare “1984” la denuncia coraggiosa di un sistema oppressivo che negava la stessa dignità umana. Un qualcosa di simile aveva scritto Gustaw Herling in “Un mondo a parte “ in cui parlava dei gulag  sovietici dove era stato prigioniero. Il libro “1984” non venne considerato dalla cultura italiana schierata a sinistra e Togliatti così si espresse con il suo solito linguaggio astioso che cozza vistosamente con la sua fama di raffinato intellettuale : “Il libro e’ una buffonata informe e noiosa, strumento di lotta che uno spione ha voluto aggiungere al suo arsenale anti comunista apparsa in una sedicente rivista liberale“.  L’attacco togliattiano ad Orwel e al “Mondo“ ci dice molto sulle posizioni della sinistra di allora. Il fatto che la Privacy nella Costituzione sia prevista in modo esplicito solo per la corrispondenza e’ un elemento sufficiente per comprendere che  i tempi non erano maturi, ma che anche molti costituenti non erano assolutamente sensibili ad un tema che in altri paesi era invece già ben presente. Un Togliatti, un Dossetti, forse anche  un Moro  non avevano nessuna sensibilità al tema. Il fatto che la tutela della privacy sia stata affidata inizialmente ad un giurista come Stefano  R o d o t a’  che nella sua giovinezza scriveva sul “Mondo” e divenne deputato eletto dal PCI e fu il primo presidente del PDS non è stato certo un buon inizio: il suo giacobinismo illiberale era evidente, persino esibito con arroganza da una persona sicuramente  colta  che aveva smarrito per strada il liberalismo originario. Negli ultimi anni divenne la caricatura di se’ stesso e venne candidato alla presidenza della Repubblica dai grillini.