IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni
Gli Aosta
IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni
Non posso credere che la Real Casa di Savoia (sic) abbia fatto un necrologio per l’anniversario della scomparsa di Amedeo di Savoia -Aosta, presentato come Duca di Savoia, senza riferimento alcuno al ramo di appartenenza, gli Aosta che hanno avuto un ruolo più che importante nella storia italiana tra Ottocento e Novecento. Cosa significa omettere il richiamo agli Aosta? L’intento nel necrologio è fin troppo evidente: far passare la tesi che l’erede al trono fosse diventato il duca Amedeo, per iniziativa di una presunta Consulta dei senatori del Regno creata da un ex preside della Provincia cuneese, in concorrenza con l’altra Consulta, l’unica legittima, voluta dal re Umberto II contro cui l’ex preside di Torre San Giorgio scrisse un articolo, dichiarandosi contrario all’eliminazione dell’esilio dalle norme transitorie della Costituzione, un testo che meriterebbe una ripubblicazione. Io ho troppo rispetto per i morti per aprire una polemica in questa circostanza, ma va detto che questa” usurpazione “di titoli almeno oggi appare di pessimo gusto. Al di là delle speculazioni politiche e alle ambizioni personali di alcuni, resta il fatto che il legittimo erede è il figlio del re Umberto II che nessuna congiura di un palazzo, tra l’altro, inesistente può cancellare. Una Consulta di Senatori (sic) che decide sulla successione e’ un’anomalia e un ossimoro repubblicano più che monarchico che può esistere solo nel guazzabuglio italiano di oggi, senza suscitare ilarità. Parlando dei nostalgici dei Borbone, Benedetto Croce, descrisse un mondo in decadenza fuori dai tempi. Molte espressioni di Croce si attaglierebbero a questi “ valdostani”.
Io sarò a Superga il 3 giugno su invito dell’Associazione internazionale Regina Elena e del Principe Sergio di Jugoslavia nipote di Umberto II a ricordare i Savoia sepolti a Superga, compreso il Duca d’Aosta morto un anno fa. Ma ricordero’ soprattutto a ottant’anni dalla morte in prigionia a Nairobi il Duca d’Aosta eroe dell’Amba Alagi, il principe che fu vice Re d’Etiopia e fu un asso dell’aviazione italiana, il principe guerriero che, come disse Carlo Delcroix, mori’ da santo come visse da eroe. Lui resta un grande e nobile esempio della storia italiana, un esempio di soldato fedele al giuramento prestato, che volle condividere con i suoi soldati una prigionia che lo ha portato alla morte a 44 anni. A Lui tutti gli italiani dovrebbero guardare perché vedrebbero l’esempio di un dovere civile portato con fierezza e sacrificio oltre la morte come fu quello del re Umberto II che, per evitare una nuova guerra civile, il 13 giugno 1946 scelse la via dell’esilio che durò crudelmente fino alla sua morte.
I filippini, nuovi veri torinesi
IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni
Si è svolta domenica pomeriggio un’imponente processione della Comunità Filippina di Torino per Maria Ausiliatrice e Don Bosco nella festa dell’Ascensione. Una grande lezione di civiltà di una comunità laboriosa e disciplinata che è davvero una risorsa per Torino, una città sempre più scristianizzata e profana (non laica, il che sarebbe tutt’altra cosa) che ha perduto i grandi valori espressi dai suoi Santi ottocenteschi, una Torino imbarbarita e violenta che stento a riconoscere, piena zeppa di spacciatori e di gentaglia, per usare un’espressione del mio amico Giovanni Ramella.
Antonio Martino l’ultimo grande liberale
IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni
Io che sono stato molto amico di Valerio Zanone, dovetti ricredermi su Antonio Martino dipintomi come un liberista più che un liberale. Non sempre il liberismo coincide con il liberalismo, come ci ha insegnato Benedetto Croce. Quando lo conobbi a Messina per iniziativa del comune amico Girolamo Cotroneo, andai un po’ prevenuto e discutendo con lui giunsi a dirgli che anche la Cina comunista pratica il liberismo economico più sfrenato.
Il conformismo ci sta travolgendo
Le polemiche, prendendo a pretesto un manifesto forse non proprio felice, ma che certo non è una “vergogna”, come dice l’ANPI, sul Giorno del ricordo delle vittime delle foibe e dell’esodo Giuliano- Dalmata, si ripetono per il secondo anno di fila dopo l’uscita lo scorso anno di un fazioso libello giustificazionista del dramma del confine orientale dal 1943 al 1945.
IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni
Le elezioni dei presidenti della Repubblica in Italia non sono quasi mai state edificanti.
Ma le prime votazioni per il successore di Mattarella hanno rivelato una classe politica davvero di infimo
ordine, forse persino impensabile. Eleggere un presidente arbitro, super partes, per iniziativa dei giocatori e’ sempre apparso un obiettivo difficile, se non impossibile.Ma le polemiche che si sono ascoltate rivelano l’abissale incapacità di buona parte del mondo politico a rappresentare gli interessi dei cittadini, in un momento
storico come quello della pandemia che richiederebbe responsabilità da parte di tutti. La prima cosa stonata si e’ rivelata la candidatura di Silvio Berlusconi che, non fosse altro per motivi di età, doveva subito accantonare un desiderio legittimo, ma irrealizzabile. E ovviamente e’ apparso fuori luogo anche l’antiberlusconismo rampante, risorto più forte che mai. La sinistra, da Scalfaroin poi, ha sempre egemonizzato l’elezione del Presidente, quasi fosse un suo diritto sceglierlo aprioristicamente e deciderlo.
La faziosità di Letta, anche questa volta, si è rivelata intollerabilmente arrogante. Il rifiuto a priori della possibile candidatura della Presidente Casellati con la minaccia di far saltare subito il Governo di emergenza nazionale appare davvero incompatibile con la responsabilità di un politico degno di questo nome. Ma non è meglio il sedicente centro-destra che dopo il ritiro di Berlusconi non ha saputo finora esprimere una strategia di un qualche respiro. Dopo la proposta di una rosa di rispettabili candidati (Pera, Moratti e Nordio) ieri Fratelli d’Italia si sono subito smarcati votando Crosetto , una scelta sicuramente di …grande peso, ma politicamente ridicola. Una smargiassata che rivela l’infantilismo di una certa destra che si sta rivelando di cortissimo respiro, invotabile per un futuro governo. Grandi elettori che si dimostrano piccoli piccoli, forse si sono finora rivelati non degni di eleggere un presidente. Si tratta per lo più di politicanti mai eletti, ma scelti dai vertici dei partiti, anche se l’abnorme gruppo misto rivela l’atomizzazione di una realtà politica in stato comatoso che ha evidenzia sia la crisi del verticismo
partitico sia dell’antipolitica grillina ormai archiviata. Pensare all’incapacità dimostrata e al protagonismo verbale di molti fa quasi venire il voltastomaco. Un discorso a parte meriterebbe il presidente Draghi che ha rivelato ambizioni e modalità di auto- candidatura incompatibili con l’immagine che ci aveva offerto in precedenza. Una grande delusione per molti
italiani che avevano visto in lui una sorta di uomo della Provvidenza. Ci troviamo in una situazione difficilissima per la pandemia, per una crisi economica evidente, per i venti di guerra che sono tornati a sibilare con prepotenza. Pensare ad un presidente adeguato che duri sette anni diventa molto difficile. Una delle scelte peggiori ( l’elezione di Scalfaro) avvenne in un momento drammatico della storia italiana tra l’inizio di Tangentopoli e la strage di Capaci. La nostra situazione è sicuramente più difficile di quella che porto’ in modo scriteriato a votare Scalfaro.
Cosa succederà oggi o domani? Ci vuole un miracolo per riuscire ad ottenere una votazione che porti ad una scelta decente.In un’altra emergenza si trovo’ l’intesa su Sandro Pertini che, pur con i suoi limiti, fu un presidente che restituì la fiducia agli Italiani, disorientati dalle accuse false ed infondate rivolte al Presidente Leone, poi solo molto tardivamente riabilitato. Certo è difficile far comprendere ai politici che galleggiano sulla loro mediocrità, la necessità di un’assunzione di responsabilità che moderi gli egoismi settari incompatibili con gli interessi nazionali. Troppi interessi particolari finora sono prevalsi. Occorre un atto estremo di responsabilità. Sarà possibile? Chi ama l’Italia ,deve augurarselo , deve disperatamente augurarselo. Sarebbe davvero paradossale che la soluzione del problema fosse Casini, passato attraverso la Dc , il centro -destra e il centro -sinistra. Dalla prima Repubblica che ebbe una sua dignità, a questa Italia “scombinata “come disse Salvemini, per non citare Prezzolini che machiavellicamente parlò di una “cara e porca Italia”.
Cacciari torna all’ovile?
IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni
Il prof. Massimo Cacciari si e’ sottoposto alla terza dose del vaccino antiCovid.
Considerando le polemiche aspre di cui e’ stato ascoltato protagonista ,sono rimasto sorpreso perché il professore ha scritto tutto il male possibile contro il modo in cui il Governo Draghi ha affrontato la situazione . Non ricordo parole tanto dure con il Governo Conte che meritava invece tutte le critiche possibili .Per rendersene conto, basta sfogliare i giornali o riascoltare le trasmissioni a cui ha partecipato, che hanno contribuito a creare un movimento no vax molto combattivo ed a volte anche violento. Le parole sono pietre , diceva Carlo Levi, e lui e’ responsabile di aver contribuito a dare forza al ribellismo velleitario e gravemente dannoso di questi mesi che si è aggiunto all’esercito degli irresponsabili senza mascherine. Adesso dice di essere come Socrate e di rispettare le leggi, quasi il vaccino fosse la cicuta. In verità, quando bombardava le persone con le sue denunce – senza avere nessuna competenza in materia -, contemporaneamente si sottoponeva alla prima e alla seconda dose. Anch’io amo la libertà , forse più di Cacciari che come comunista militante e parlamentare del PCI forse non l’hai mai amata con la stessa passione dei liberali. Ma so distinguere il limite invalicabile che va rispettato: la mia libertà finisce dove inizia la libertà degli altri cittadini e viceversa. Questa è la concezione della libertà responsabile che si differenzia dalla licenza individualistica e anarcoide che in tempi di pandemia non è una semplice e innocua opinione, ma un tradimento e un attentato al bene comune. Tutti quelli che senza mascherina vanno in piazza a protestare trovano nella sua autorevolezza di professore una sorta di legittimità che li differenzia dai seguaci dell’ ex generale Pappalardo. Forse per Cacciari la parola Patria è qualcosa di sconosciuto o di disdicevole.La Patria che per me non è mai nazionalismo, rappresenta invece il patto solidale tra cittadini che impone nei gravi pericoli nazionali (e in questo caso mondiali) il senso di una autodisciplina incompatibile con quello che in tempo di guerra sarebbe disfattismo.
Oggi, siamo in guerra e se non siamo giunti a Caporetto, lo si deve ai tanti medici, infermieri , farmacisti , volontari che, invece di parlare ,di pontificare. di litigare , si sfiancano negli ospedali e negli studi medici . Che il professore veneziano a loro non abbia neppure pensato, è grave . Anche gli uomini di cultura devono dare una mano solidale. Non c’è da evocare Socrate , un esempio sbagliato che non gli si addice perché ha assunto il vaccino per vivere e non per morire come il filosofo ateniese. Da ex comunista adesso sembra quasi essere diventato un libertino , certamente non un liberale perché i liberali hanno il senso dello Stato: sub lege libertas. Alla stregua di Gianni Vattimo che ha contribuito al nichilismo distruttore di ogni valore morale. Mi compiaccio invece per il fatto che sotto sotto si sia vaccinato, pur negando per mesi la necessità del vaccino. Chissà che Cacciari non stia tornando all’ovile della ragionevolezza , magari portando con se’ tante pecore disperse. Meglio tardi che mai. I cattivi maestri a volte potrebbero diventare dei buoni pastori.
Sorpresa in via San Tommaso
IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni
Sono affezionato al Convitto Nazionale Umberto I di Torino dove ho insegnato per breve tempo, e dove il direttore generale del Miur Romano Cammarata (che venne a Torino ad insignirmi della Medaglia d’oro di benemerito della scuola) avrebbe voluto affidarmi la direzione del nascituro e sperimentale liceo europeo che continua ad avere un grande successo.
I miei impegni erano incompatibili con quella allettante proposta e declinai il generoso invito. Anima del Convitto che ricreo’ dopo un periodo di sbandamento, era il Rettore prof. Giovanni D’Inca’ con cui naturaliter divenendo molto amici anche sul piano personale. In occasione di un anniversario einaudiano D’Inca’ volle scoprire all’ingresso di Via Bligny una grande lapide in ricordo del primo Presidente della Repubblica che fu convittore illustre. Tocco’ a me dettare l’iscrizione della lapide e feci venire a inaugurarla il figlio Mario Einaudi, tornato in Italia dopo un lungo insegnamento negli Stati Uniti. Non riuscii a trascinare il mio amico Valerio Zanone che allora era sindaco liberale di Torino, ma stava ormai pensando di tornare in Parlamento, commettendo un grave errore politico che gli fu fatale.
Fu una bella cerimonia. Si fecero anche tante belle iniziative con il centro Pannunzio nell’Aula Magna del Convitto. Poi persi i contatti e D’Inca’ lascio’ il rettorato per ritirarsi a Parma. Passando in via San Tommaso ho avuto la bella sorpresa di vedere che il logo attuale del Convitto che fu Regio, e’ tornato lo stesso delle sue origini storiche con tanto di scudo sabaudo. Una scelta coraggiosa in una città che ha perso il senso delle sue origini e che va ad onore di chi attualmente regge il Convitto che è in pieno sviluppo, fino ad occupare una succursale in via San Tommaso. Con quel logo il Convitto che fu inizialmente convitto militare, indica ai suoi allievi la strada della memoria storica, un insegnamento molto importante soprattutto nella classica modernità degli insegnamenti che si impartiscono in quelle aule.
IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni
Debbo premettere di non aver mai avuto una particolare simpatia per Enzo Bianchi, fondatore della Comunità interreligiosa di Bose, personaggio celebratissimo anche dall’attuale Pontefice che però in tempi recenti lo ha allontanato in modo brusco da Bose. L’ho ascoltato qualche volta e ho avuto modo anche di parlargli. Non mi ha mai convinto, se non per il suo tentativo di tenere aperto un dialogo con protestanti e ortodossi apprezzato anche dal cardinale Ravasi che è la testa più colta e pensante della Chiesa d’oggi. Mi è sembrato sempre un grande affabulatore, anche se appare evidente una sua incultura di fondo rappresentata da un diploma in ragioneria e una frequenza non terminata con una regolare laurea della Facoltà di Economia e commercio. Bianchi ha vissuto intensamente la stagione del Concilio Vaticano II, rimanendo nella Chiesa senza gli estremismi allora frequenti delle comunità contestative di Firenze, di Torino, di Roma e di altre città che ebbero dal cardinale Pellegrino un qualche appoggio clandestino come quello concesso all’ex abate di San Paolo dom Franzoni. Il nettissimo orientamento a sinistra di Bianchi ne ha fatto il fiore all’occhiello dei cattolici progressisti. Articoli di giornale, conferenze, libri hanno reso noto Bianchi anche in televisione. In una recente intervista, dopo le polemiche con il Papa per il suo allontanamento da Bose, ha detto testualmente : “Io a Bose avevo provato a cambiare le preghiere. Avevo trasformato il linguaggio di molte di esse per renderlo più attuale. Più vicino ai giovani, più moderno. E non è che questa scelta mi abbia portato così tanta fortuna …”. Ed ancora : “Ai giovani la liturgia che oggi viene offerta in chiesa e ‘ molto lontana, troppo perché essi ne siano ancora attratti. Io faccio fatica ad accettare liturgia ed Eucarestia così come vengono celebrate oggi. Le preghiere si ripetono in un linguaggio che non dice più nulla. I social e non soltanto hanno cambiato il modo di comunicare e l’Eucarestia e le preghiere devono parlare anche ai giovani che sono sempre meno nelle nostre chiese “. Io non ho una sufficiente conoscenza del mondo protestante, ma mi sembra che Bianchi parli ormai come tale. Certamente non ha una cultura neppure teologica, ma parlare così delle preghiere e soprattutto dell’Eucarestia appare imbarazzante. Può sembrare strano che un laico credente come chi scrive, debba ricordare a “padre “ Bianchi che il “Padre nostro” è la preghiera insegnata da Gesù. E “l’Ave Maria “sublimata dalla poesia dantesca, e’ una preghiera che nessun Bianchi può permettersi di toccare o ritoccare. E’ la preghiera che don Bosco consigliava di recitare ogni sera prima di addormentarsi ai suoi giovani. E tanto basta. Stiamo davvero perdendo il senso della misura e delle proporzioni. Nessuno sente la necessità di una riforma da parte di Enzo Bianchi. Se lo confrontiamo ai grandi eretici come Lutero, abbiamo la vera dimensione parolaia del fondatore di Bose. Non esiste un Cristianesimo per i giovani e uno per gli anziani. I secoli della storia della Chiesa appartengono ad una tradizione che forse Bianchi non è neanche in grado di capire. Siamo nella novena di Natale e il canto del “Regem venturum dominum”appartiene ad una suggestione ineffabile che anche l’ateo Massimo Mila ammirava.
La scuola degli asterischi
IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni
Il liceo classico e musicale “Cavour”di Torino è balzato improvvisamente alle cronache per aver introdotto l’asterisco che sostituisce le desinenze maschili e femminili nelle comunicazioni ufficiali
Quindi non più studenti e studentesse, ma student*. Questa sarebbe una scelta contro il sessismo, per la parità di genere e l’attuazione niente di meno che dell’articolo 3 della Costituzione. Non è una novità quella del liceo “Cavour” perché già prima il Tecnico Industriale “Avogadro“ e il convitto nazionale “Umberto I“ di Torino avevano battuto sul tempo il liceo che oggi vive il suo quarto d’ora di notorietà con articoli giornalistici di un imbarazzante conformismo. Solo una deputata di Fratelli d’ Italia ha sollevato delle obiezioni, mentre c’è stato un altrettanto imbarazzante silenzio da parte di chi dissente da una scelta che appare discutibile e che ha preferito tacere. Ho raccolto un po’ di opinioni tra docenti, presidi e opinionisti. Un quotato professore di chiara matrice progressista mi ha scritto lapidariamente che si tratta di una “cosa demenziale“. Un capo d’Istituto di una città del Piemonte orientale è stato meno laconico e mi ha detto :”E’ ridicolo, penoso, una stupidità elevata a sistema, anche diseducativo, sotto molti aspetti. Sono gli estremismi del politically correct …”.
Un noto esponente radicale milanese va giù pesante: “ io non ne posso più di queste cazzate che giudico diseducative e sbagliate. Spero che questa ventata di irrazionalità finisca al più presto.”Un’ autorevole dirigente di un ‘istituzione culturale laica molto prestigiosa non esita a scrivere : “Non riesco a crederci! Uno dei più quotati licei di Torino si riduce a queste bestialità invece di insegnare correttamente la lingua italiana“.
Un’ insegnante (ma per coerenza si dovrebbe scrivere insegnant*, togliendo anche l’apostrofo) pur comprendendo il problema alla base della scelta, afferma che “un conto sono le persone per le quali è d’obbligo il rispetto e un altro la lingua italiana. Non credo di offendere nessuno scrivendo al maschile un sostantivo o un aggettivo che sono tali per la nostra grammatica. La lingua cambia con l’uso e non con le forzature burocratiche”. Un noto ex allievo del liceo torinese mi ha detto di essere “incazzato” per la notizia e per il modo becero in cui è stata data dai giornali. Non si riconosce più nel suo liceo a cui era sentimentalmente molto legato.
Tutto questo dimostra che su quel tema il manicheismo settario non è proponibile. Sarebbe interessante sapere come esprimeranno l’asterisco nella comunicazione orale che pure deve adeguarsi a quella scritta. Vorrei che qualcuno me lo spiegasse.
Appare chiaro un fatto: non si tratta di parità uomo/donna che non solo nella scuola andrebbe sempre rispettata senza ridursi a risolvere il problema con un banale asterisco perché il problema è molto più complesso. Il vero punto è che si vuole introdurre un terzo genere oscillante tra il maschile e il femminile, anticipando il ddl Zan proprio nella scuola. Ma in questo caso bisogna avere il coraggio di dirlo esplicitamente, assumendosi tutte le responsabilità. Io mi rifiuto di credere che un provvedimento definito dai giornali “ rivoluzionario“ non abbia suscitato discussioni e contrarietà.Ma c’è stato finora un assordante silenzio.
Le poche conversazioni che ho avuto e la lettura di giudizi sui social dimostrano che si tratta di una scelta certamente divisiva che va ben oltre la politica .
Chi ha una certa idea di cosa debba essere la formazione educativa che ,a parere dello scrivente ,non può mai cadere nel cinico e nichilistico rifiuto di ogni regola morale,laica o religiosa che sia , non può entusiasmarsi di fronte ad una scelta destinata a dividere. Se penso ai grandi presidi del Liceo “Cavour “ che furono miei amici, da Luigi Vigliani a Ludovico Griffa o penso ad un illustre docente come Mario Gliozzi ,provo una profonda tristezza , ricordando l’ idea di scuola laica che ebbero e che misero in atto,facendo coraggiose scelte controcorrente .