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Il Pd tra referendum e psicanalisi

Comunque vada il referendum c’è già uno sconfitto: il PD. Zingaretti è nel marasma più totale. Tutti, ma proprio tutti  i dem voteranno convintamente No. Vero, qualche eccezione c’è, come Martina o Del Rio. Mosche bianche.

Torino non vuole essere da meno con il Senatore Mauro Marino candidato dell’accoppiata Calenda Renzi con Bonino e riformisti e laici annessi. Mauro Marino da una vita è in politica con il sogno, neanche poi tanto nascosto di fare il Sindaco nella sua città. Ex repubblicano, fondatore di Alleanza per Torino confluito nel PD e passando per Rosi Bindi Renziano forse più della Boschi. Obbiettivo  andare al ballottaggio con il centro destra e vincere al secondo turno. Giusto per la cronaca Alleanza per Torino si invento’, insieme al Chiampa, Valentino Castellani che batte’ al ballotaggio il favorito Diego Novelli. Allora c’erano importanti ed altolocati sponsor come Enrico Salza tra camera di commercio e San Paolo, banca che contava decisamente. Magari la storia si ripete. Chi non ha paura del ridicolo è Chiaretta la peggiore Sindachessa dall’unita’ d’Italia, comunque almeno migliore per aplomb istituzionale dei suoi assessori inconsistenti. Ora non vuole più la chiusura totale del centro cittadino e se la piglia un po’ con tutti. Nel perfetto stile pentastellato da’ la colpa agli altri. Dai campi rom al mercatino  dell’ usato e alla viabilità il disastro è  assicurato. Persino il mio carissimo amico Juri Bossuto ha dovuto ammettere che votare Appendino al secondo turno è stata una stupidaggine, come è stata una stupidaggine Torino in comune ed il suo relativo fiasco elettorale. Ma Juri ce ne ha messo del suo combattendo come un leone perché l’intera lista di sinistra si schierasse per Appendino. Ma almeno per allora qualche speranza si poteva ancora avere. Visti all’opera ogni illusione si è frantumata nella durezza dei non-fatti.
Non vale più l’idea che voto il meno peggio. Non vale più l’idea che l’alleanza tra PD e pentastellati serve per arginare la destra salviniana. L’obbiettivo di Grillo è (mi sembra) salvare la Raggi ed ha chiesto (ottenendolo) un passo indietro alla nostra Chiaretta  di fatto salvandola da brutte e figure e garantendole posti di rilievo politico dove forse farà una riguarda migliore. Ma la domanda di tutte le domande è: che cosa porta a casa il PD?
Assolutamente nulla , anzi ci perde moltissimo,  visto che il primo a non capirlo è il suo popolo . Si può tentare un’analisi di tipo psicoanalitico. Forse roso dal complesso di colpa per avere l’accordo contro natura sta cercando un suicidio assistito. Al di là delle battute amare il Pd fondamentalmente non sa cosa vuole perché non sa che cosa vuole o può essere. Si inventa giorno per giorno il da farsi in nome del fatto che non gli va che si voti dando per scontato la vittoria del binomio Salvini Meloni.
Non si accorge o più precisamente non vuole accorgersi che in questo modo avvererà ciò che non vuole che avvenga. Dicevamo che Zingaretti come segretario nazionale vuole l’ accordo con i pentastellati in tutta Italia tranne che a Roma. Il PD locale a più riprese dice che non farà mai e poi mai accordi con l’Appendino.
Ed i penstallati localmente rifiutano ogni accordo con il pd tranne che in Liguria dove tutti danno per certa la conferma di Toti, anche perché il sindaco di Genova del centro destra dicono che ha gestito bene l’emergenza derivata dal crollo del ponte Morandi. E concretamente a Torino cosa succederà? Se il centrodestra azzecca il candidato non ci sarà partita già al primo turno. E se il PD si presenta con i pentastellati? Sicuramente non vincerà al primo turno ma probabilmente si giocherà il ballottaggio con Il candidato di Calenda Renzi e Bonino. Le opzioni possibili non sono finite. I pentastellati prenderanno a queste amministrative una scoppola. Tutti ne hanno la quasi certezza. Per loro ancora peggio se al Referendum vincessero i no. Dovranno stare muti come i pesci se vorranno salvaguardare il loro posto di lavoro e forse (sottolineo forse)  i vertici del PD si ravvederanno dicendo ai locali: fate voi. Se vinceranno i sì, invece? Determinante il rapporto percentuale tra i due schieramenti. Una cosa è certa:  anche a sinistra c’è il rompete le righe. Wilmer Ronzani è promotore di un appello per il No in quel di Biella. Persino Gilberto Pichetto lo ha firmato, lui  senatore di Forza Italia e storico leader del centrodestra  biellese. Marco Grimaldi scatenato pure lui per il no ed anche i Rifondaroli (per quel che contano) votano compatti per il no. Rimangono Fornaro e Bersani per il si.
Magari quest ultimo tenta di diventare Presidente della repubblica,  con decisamente scarse possibilità. Poche possibilità per la sinistra torinese  di ricomporsi. Effettivamente nulla in questo caos è impossibile, ma altamente improbabile, questo sì. Sempre disponibile nel fare mea culpa ed ammettere lo sbaglio. Ma mi sembra proprio che il Pd sia passato dall’essere partito ologramma all’evaporazione. Staremo a vedere, per ora (purtroppo) abbiamo avuto ragione.
Patrizio Tosetto

Costanzo (M5S): “Rivedere le misure nei confronti dei giovani antifascisti”

La deputata piemontese del Movimento 5 Stelle Jessica Costanzo si schiera al fianco di chi manifesterà il 4 settembre al Palazzo di Giustizia di Torino contro le misure comminate ai 31 giovani “antifascisti” che il 13 Febbraio 2020 in un’aula del Campus Luigi Einaudi furono denunciati dopo esser stati coinvolti in alcuni scontri da un gruppo di “neofascisti”, mentre cercavano di portare avanti un convegno autorizzato.

“Ogni forma di violenza deve essere condannata – spiega Costanzo – ma il contesto particolare di quel giorno deve essere valutato nella formulazione del giudizio nei confronti di quei ragazzi che si sono ritrovati, durante un convegno, costretti a difendersi da un gruppo di “neofascisti”. Il tutto davanti alle forze dell’ordine”.
“In modo pacifico e senza polemica nei confronti della magistratura – continua Costanzo – chiedo semplicemente di rivalutare le misure adottate nei confronti di questi ragazzi. Ora c’è stato il tempo di ricostruire quei momenti caotici. Spero che facendo chiarezza sulle dinamiche dell’evento si possa essere più clementi nei confronti di questi giovani”, conclude la deputata 5 Stelle.

Ruffino (Fi): “Bonus e assistenzialismo non salvano l’Italia”

“I dati Istat  danno un quadro desolante della situazione del Paese. La portata eccezionale della diminuzione del pil conferma più che mai la situazione di emergenza da cui l’Italia non riesce a risollevarsi.

Sarebbe necessario un colpo d’ala da parte di questo governo, da queste percentuali bisognerebbe ripartire costruendo una strategia politica per industria, lavoro e consumi mentre sembra voler perseverare nella sua politica assistenzialista. L’errore più grande dell’esecutivo è quello di  non avere la capacità di comprendere che con  i bonus senza sostenere adeguatamente la filiera produttiva ed imprenditoriale queste percentuali da incubo non diminuiranno. Se nel Dl Rilancio non saranno previste adeguate risorse per gli investimenti ma soltanto bonus e liquidità a pioggia utili per un consenso immediato, la ripresa rimarrà una chimera.” Lo dichiara in una nota Daniela Ruffino, deputata di Forza Italia.

Quando il ‘Capitano’ era una recluta

Consegnata a Matteo Salvini la tessera di socio onorario dell’Associazione Undicesimo Battaglione Fanteria Casale

 

Correva l’anno 1995 ed un giovanissimo Matteo Salvini venne a Casale come recluta dell’Undicesimo Battaglione Fanteria Casale.

A distanza di diversi anni mercoledì, mentre si trovata a Valenza per un appuntamento a sostegno della candidatura a sindaco di Maurizio Oddone, ha ricevuto dalla segretaria dell’Associazione Undicesimo Battaglione Fanteria Casale, Ester Patanella, una pubblicazione di Ettore Bongiovanni sulla storia del glorioso Battaglione, che ha terminato la sua attività nel 1999, e la tessera di socio onorario dell’Associazione.

A che punto è la notte

Dalla morte di Cesare Romiti ai 35 giorni alla Fiat il passo è breve. 40 anni giusti giusti. Si rientrava la terza settimana d’Agosto, visto che agli inizi di settembre incominciava la Festa dell’Unità al Parco Ruffini.

Concerti al Palasport ricordando di quando giocavamo a Basket. A 23 anni hai il mondo in mano. Magari ancora per poco. Stava cominciando la stagione delle disillusioni.
Qualcosa nell’aria si sentiva. Il vento era cambiato ma ammetterlo era dura. Nel 1979 alle politiche anticipate il Pci, per la prima volta nella storia repubblicana, ebbe meno voti della precedente. Alle amministrative dell’ 80 l’emorragia sembrava finita. In particolare a Torino  l’ effetto Diego Novelli si fece sentire. Se non ricordo male superò le 100 mila preferenze. In molte schede c’era solo il suo nome. Indubbiamente il Sindaco più popolare di Torino. La conosceva a menadito. Da Gianpaolo Pansa fu soprannominato “penna bianca”. Da noi figiciotti il Santo. Perché? In via Chiesa Della Salute 47, storica sede della Federarazione, 5 piani con relativi sottotetti adibiti ad uffici. Si votava fino alle 14. Poi iniziavano gli scrutini. Notoria l’efficienza della macchina organizzativa nella raccolta dei dati elettorali. Per le prime volte una ventina di seggi campione da dove il solerte compagno telefonava in federazione ogni 100 schede scrutinate. Concretamente, in tempo reale si capiva cosa stava succedendo. Verso le 16 si capiva che i comunisti vincevano, e verso le 18 che i comunisti stravincevano a Torino. Ed eccolo Diego Novelli comparire all’orizzonte reduce da Palazzo di Città. La via bloccata dalle tante persone che leggevano i risultati sulla bacheca. Per telefonini ed internet si sarebbe dovuto aspettare un decina di anni. Il Sindaco dovette scendere dall’auto “protetto” da un un cordone del mitico servizio d’ordine del PCI. Applausi a go go. Ad un certo punto un urlo di gioia. Uno solo, un solo un grido con mille significati. Diego bacia mio figlio. Avrà avuto dai tre ai quattro anni, issato dal padre, appunto per essere baciato. Novelli sorrise ed accarezzò il bambino. Indubbiamente aveva connaturato il senso del limite che non aveva il sottoscritto. Infatti, raccontando il tutto, un po’ ci ricamai sopra. Scherzavo con il fuoco, cercando di dissacrare un mostro sacro. Il numero uno in assoluto. Sovversiva la regola che vedeva nel segretario provinciale il numero uno. Renzo Gianotti che sarebbe diventato senatore della Repubblica. Già da alcuni anni si parlava della sua sostituzione. Due galli nel pollaio: Piero Fassino e Giuliano Ferrara. Pezzi da novanta perché allora Torino contava. Ugo Pecchioli propose al giovane Fassino di diventare segretario dei Giovani Comunisti, e dopo responsabile delle fabbriche. Giuliano Ferrara il rampollo per eccellenza. Troppo romano per diventare segretario di Torino. Il braccio destro di Novelli, Giancarlo Quagliotti, magari ci fece un pensierino. Due anni dopo, con il caso Zampini fu spazzato via ed addirittura sospeso e poi espulso dal PCI. Diego Novelli denuncio’ lo scandalo e pagò momentaneamente. Al congresso del pci era tra i candidati per essere eletto nel Comitato Centrale. Fu tutto rinviato e a nulla valse la sua decennale anicizia con Giancarlo Pajetta. Al sindacato Fausto Bertinotti addirittura segretario nazionale di Rifondazione comunista. Più che sindacalista sembrava un poeta. Sostitui’ Sergio Garavini anche lui sindacalista e soprattutto torinese. Alla Fiom Cesare Damiano, grande amico e sodale di Piero Fassino , futuro Ministro del lavoro e dell’industria. Ci si stava preparando ad uno “scontro all’ultimo sangue ” tra due forze opposte. Poi si seppe che c‘erano stati incontri segreti tra le parti con in nulla di fatto. All’inizio di settembre le idee non erano così chiare , almeno nella cosiddetta base.C‘era sempre la speranza che Fiat provocasse per alzare il prezzo di richiesta di contributi. Da lì a poco si capì’ che Cesare Romiti non scherzava. Tra l’amministratore delegato Fiat e il  Sindaco non ci fu mai un buon rapporto. Indubbiamente questione di stili diversi. Diego Novelli vide nel siluramento di Umberto Agnelli da parte di Cuccia la conferma che Cesare Romiti era solo un esecutore delle volontà della finanza capitanata da Mediobanca. Nulla di più distante da quella cultura del lavoro rappresentata dal PCI, dal sindacato e sicuramente da Diego Novelli -classe 1931- che aveva imparato la lotta di classe quando aveva ancora i calzoni corti. Per l’ennesima volta stavano cambiando i cosiddetti rapporti di forza tra padronato e classe operaia. Storicamente altalenanti. Ma stava anche cambiando Torino in modo irreversibile ed in modo irreversibilmente negativo per la nostra città. Diciamola in un altro modo. La ferocia dialettica e il conflitto tra capitale e lavoro portava due cose. Sviluppo della città e formazione di una classe dirigente su tutti e due i fronti. La Storia non si fa con i se ed i ma. I fatti, ad esempio, sono che le auto Fiat non si vendevano più come una volta. Secondo, che in questi ultimi 40 anni la classe operaia è ridotta ai minimi termini. Torino vive una crisi d identità e di rapprentanza politica totale. Per decenni ha cercato di costruire e costruirsi alternative credibili non riuscendoci. Oggi siamo oltre il viale del tramonto e il non funzionamento del Sistema del paese si concretizza nel non sviluppo del nostro non-sistema. Appunto l’incapacità a più livelli di proporre per poi decidere ed attuare, realizzare. Troppo presto per poter avere una memoria condivisa. Anzi , quasi sicuramente si sprecheranno giudizi di parte che partiranno dall’ideologia e non dai fatti. Molti, fin troppi , più preoccuoati di colpevolizzare l’avversario politico che capire del perché di certi processi economici, politici e sociali. L’ideologia è nemica della Storia. Anche l’ignoranza che produce, di fatto e concretamente,  l’incapacità di proporre, decidere e fare. Vero, oggi ci sono meno soldi di ieri. Ieri non c’era il drammatico problema dell’immigrazione non controllata e dunque selvaggia. Anche se (giusto per dovere di cronaca) il romanzo A che punto è la notte di Fruttero e Lucentini e’ decisamente chiaroveggenza su quello che sarebbe avvenuto in Fiat come sull’emigrazione. Editato nel 1979, giusto un anno prima del settembre 1980. Personalmente non vedo alternative. Chi ci governa dovrebbe conoscere e sapere. E l’intelligenza si abbina al sapere.  Su questo, ultimamente siamo decisamente debolucci sia Torino che Roma.
Patrizio Tosetto

Rom, Forzese (FdI): “Comune doppiogiochista”

“Apprendiamo con stupore che, dopo aver negato per quasi una settimana l’esistenza del problema, finalmente l’Amministrazione comunale si sia decisa ad intervenire per sgomberare il campo rom abusivo sorto dopo l’abbandono di via Germagnano.” Così Enrico Forzese di Fratelli d’Italia.

“Per primi, come Fratelli d’Italia, ci siamo recati sul posto per vedere la situazione con i nostri occhi ed ascoltare i residenti. L’Appendino aveva risposto alle sollecitazioni dell’opposizione sostenendo che, di fatto, ci fossero soltanto due roulotte abusive: ancora una volta ha mentito ai torinesi.” continua Forzese.

“Chiediamo chiarezza al Comune: quali misure saranno attuate per recuperare i 1000€ assegnati alle famiglie sgomberate in via Germagnano che non hanno rinunciato al nomadismo? Pretendiamo che quei soldi vengano recuperati coercitivamente, se necessario: si tratta di soldi e risorse dei torinesi che non possono esser buttate via nell’ennesimo regalo agli irregolari. Il Sindaco ci deve delle risposte e, per una volta, dovrà essere Chiara.” conclude Forzese.

Forza Italia: “Impegno per il tribunale dei brevetti”

Osvaldo Napoli e Daniela Ruffino, parlamentari piemontesi di Forza Italia intervengono Sulla candidatura di Torino per ospitare la sede del Trinunale europeo dei brevetti

”E’ scritta nella sua storia. Per questa ragione non esitiamo a riconoscerci nella richiesta avanzata nei giorni scorsi dall’assessore Sacco. Al di là delle ovvie distinzioni politiche, non possiamo non condividere la legittimità di una candidatura come quella di Torino, città dove è stata fondata l’Accademia delle Scienze e dove è stata inaugurata la prima sede dell’Ufficio italiano brevetti e marchi. Senza trascurare il fatto che a Torino hanno la loro sede i più importanti studi legali specializzati in proprietà intellettuale.”

Referendum, Di Maio ribadisce il proprio SI’

Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ribadisce il proprio sì e quello di M5S al referendum sul taglio dei parlamentari, in una intervista rilasciata a Fanpage: 

“L’obiettivo di questa riforma è portare il numero dei parlamentari italiani a quello della media europea: la Germania ne ha circa 700, la Francia circa 500, mentre  l’Italia ne ha 945. E’ un numero ampio perché questo Parlamento è stato disegnato dopo il fascismo, quando andava creato uno Stato.

Poi sono nati i consigli regionali, i consigli comunali. Oggi tagliare 345 parlamentari significa tornare a una normalità”.  Per Di Maio “Non è una battaglia di anti-politica, ma ci sono anche dei risparmi, mezzo miliardo nel complesso. Sono soldi che gli italiani risparmieranno. All’ultima votazione tutti i partiti l’hanno votata, e quindi ci aspettiamo un sostegno anche da chi l’ha votata in Parlamento”.

 

Referendum, Grimaldi (LUV): “Voglio farmi rappresentare meglio, non meno”

“Per questo voteremo NO”

“La nostra Costituzione è nata, tra gli altri scopi, per unire un Paese profondamente diviso, mentre il prossimo 20 settembre il Referendum sarà l’ennesima occasione per disgregarci – commenta Marco Grimaldi, capogruppo di Liberi Uguali Verdi in Regione. 

“Il taglio dei parlamentari ci rende tutti più distanti, e questo è d’altronde il ruolo del populismo: metterci sempre gli uni contro gli altri sotto slogan che non rappresentano la realtà: non possiamo farci sfamare continuamente dagli slogan populisti che equiparano un parlamentare ad uno spreco”.

“Noi – prosegue Grimaldi – da sempre ci battiamo per aumentare la qualità dei nostri rappresentanti: crediamo che si debba raggiungere la parità di genere in Parlamento e nei Consigli regionali e siamo convinti che ci voglia più rappresentanza. Sappiamo che ancora oggi molta parte della società non riesce a far sentire la propria voce nelle istituzioni e la diminuzione del numero dei parlamentari non risolve questo problema, lo esaspera e allontana ancora di più il Parlamento dai cittadini. Voglio farmi rappresentare meglio, non meno: per questo settembre noi voteremo NO”.

Flash mob radicale davanti al consolato della Bielorussia

Si è svolto oggi a Torino un flashmob di Radicali Italiani e dell’Associazione radicale Adelaide Aglietta di fronte al Consolato onorario della Bielorussia proprio mentre a Minsk infuriano le violenze del regime contro i manifestanti.

I militanti e dirigenti radicali avevano in mano fiori bianchi e rossi, i colori delle bandiere sventolate nella capitale della Bielorussia dai democratici che pretendono libertà e nuove elezioni.
Igor Boni, presidente di Radicali italiani, commenta:
“Il nostro regalo al dittatore liberticida, Aleksandr Lukashenko, che proprio oggi compie gli anni, mentre nella capitale i suoi militari reprimono con la forza le manifestazioni nonviolente che chiedono nuove elezioni, sono i fiori bianchi e rossi della bandiera storica della Bielorussia. Una bandiera che oggi significa democrazia e libertà dal giogo del regime. Serve un’Europa unita, con una politica estera e militare comune, per difendere gli amici bielorussi dalla repressione del loro dittatore e dall’ingerenza dell’espansionismo russo. Una vera e propria vergogna che di fronte a Putin, il quale candidamente dichiara di aver preparato le forze militari per un intervento in Bielorussia, non si levi una indignazione e una risposta adeguata.”