IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni Ho scritto già oltre un anno fa un articolo sui limiti del regionalismo che compiva nel 2020 cinquant’anni. La pandemia ha quasi impedito i festeggiamenti programmati stoltamente in modo autocelebrativo , senza una riflessione storica o almeno storico- politica seria

Non c’è spiegazione, giustificazione, rassicurazione del giorno dopo che tenga. Se la situazione negli ospedali è la stessa, se non peggiore di un anno fa, tutta la responsabilità è in capo alla Regione Piemonte che ha completamente e scientemente mancato di intervenire per adeguare il sistema sanitario pubblico.
Una situazione incresciosa che denunciamo da tempo sulla base delle segnalazioni che ci pervengono da pazienti e dal personale sanitario. Una situazione che è il risultato di un anno di inettitudine e di chiacchiere a vuoto, di mancati interventi di potenziamento delle strutture sanitarie ed ospedaliera, di mancate assunzioni di personale oltre che di ritardi nell’attuazione del piano vaccinale. Sono il risultato di una sanità pubblica impoverita a favore di soldi dati al privato. Le scene dei malati lavati e curati in barella nei corridoi, nelle sale d’attesa, sui pianerottoli degli ospedali in assenza di privacy – “è come mostrarsi nudi a tutti ed essere al mercato” – raccontate dai giornali sono indegne di un paese civile, sono scene che gridano vendetta. Invece che di cosiddetti blitz a uso e consumo propagandistico negli ospedali da parte di Alberto Cirio servirebbe un blitz in Regione per appurare responsabilità e inadempienze che sono all’origine di questa situazione drammatica.
Ezio Locatelli, segretario provinciale di Rifondazione Comunista To
Franco Cilenti, direttore mensile Lavoro e salute
“Stiamo per entrare nel vivo della ripartizione dei 700 milioni destinati alla montagna:
mentre il Governo è al lavoro per cercare di aumentare la dotazione già messa in campo, adesso tocca alla Conferenza Stato-Regioni stabilire come distribuire i fondi – commenta l’europarlamentare Alessandro Panza, responsabile del Dipartimento Montagna della Lega -.
La posizione della Lega è quella di trovare una soluzione concreta e partecipata che non crei disparità e che dia una risposta adeguata a tutti i territori montani così duramente colpiti dalla mancata stagione invernale.
Auspico che ci sia un lavoro di squadra che trovi soluzioni reali e condivise per poter dare risposte adeguate a tutto il comparto della montagna italiana – conclude Panza.
Così in una nota l’europarlamentare Alessandro Panza, responsabile del Dipartimento Montagna della Lega
Pd: “La Regione Piemonte snobba i turisti svizzeri?”
La consigliera regionale Monica Canalis e il deputato Davide Gariglio: “Cosa aspetta la Regione Piemonte ad avviare un’interlocuzione con le ferrovie Federali Elvetiche e con Trenitalia?”
«Con il completamento della nuova galleria ferroviaria del Monte Ceneri e del tunnel del Gottardo le città svizzere sono ora iperconnesse con l’Italia, grazie al progetto Alptransit, progetto finanziato dai contribuenti elvetici. Mentre la Lombardia e la Liguria sono pronte a sfruttare questa grande opportunità con collegamenti diretti e veloci verso le città di Milano e Genova, la Regione Piemonte appare totalmente assente. Non si sono attivate azioni per portare direttamente a Torino i treni che partono da Zurigo, sostenendo così il settore turistico»: lo affermano Monica CANALIS, Vicesegretaria PD Piemonte e Consigliera Regionale, e l’on. Davide GARIGLIO,
Capogruppo PD Commissione Trasporti alla Camera dei deputati.
«In risposta ad una mia Interrogazione sul tema-afferma la consigliera Monica CANALIS-gli assessori regionali Marco Gabusi e Vittoria Poggio hanno risposto che la ricerca di un accordo non compete alla Regione. Un segno di disinteresse, perché dopo il treno Zurigo-Genova vorremmo che si lavorasse anche su quello Zurigo-Torino. Cosa aspetta la Regione Piemonte ad avviare un’interlocuzione con le ferrovie Federali Elvetiche e con Trenitalia?».
Sanità, Radicali e +Europa: “Sprecati troppi soldi”
Il commento di Marco Cavaletto (Coordinatore +Europa Torino) e Igor Boni (Presidente Radicali Italiani)
“Si sono sprecati tempo e soldi inutilmente. Ora è il momento di decidere! Nell’ordine naturale delle cose ci si doveva attendere che la Regione Piemonte e la ASL TO5 dovessero PRIMA eseguire un’accurata indagine per individuare il sito ove costruire un ospedale e DOPO fare una perizia, sul sito individuato, per capirne le peculiarità.
Ma sulle irrazionalità e sulla carenza di capacità decisionale la Regione Piemonte è ormai nota in tutta Italia: basta guardare ai tempi che sono occorsi per realizzare l’ospedale di Verduno (19 anni, e non è ancora finito) oppure al grattacielo che dovrà ospitare i dipendenti della stessa Regione in via Nizza a Torino che ben si sa quando è stato iniziato ma nessuno sa quando sarà completato!
Insieme ai sindaci della ASL che si sono espressi, anche noi chiediamo a gran voce che la Regione completi entro poche settimane l’iter della seconda perizia per l’individuazione del sito, affinché l’ASL possa procedere con la progettazione esecutiva, elemento fondamentale per ottenere il finanziamento dell’INAIL; sarebbe utile conoscere dalla stessa INAIL il costo del finanziamento e la durata per capire in modo inequivocabile il costo definitivo dell’opera. Infatti, se la Regione ha scelto la soluzione del finanziamento INAIL è perché presume che questo sia più conveniente rispetto al finanziamento pubblico (tra Stato e Regione) con una partecipazione in “project financing” di privati, come era nei piani della Regione a guida Chiamparino – Saitta.
Una raccomandazione: che la seconda perizia commissionata dalla Regione sia meno approssimativa rispetto allo studio effettuato dai tre direttori regionali presentata alla giunta regionale in data 29 settembre 2016 che conteneva grossolani errori.
In ultimo vorremmo avere certezze che la Regione utilizzi parte dei 60 milioni già accantonati sul bilancio 2021 per la realizzazione del progetto esecutivo, senza il quale INAIL non concederebbe il finanziamento.
Senza le risorse a bilancio non si può procedere a redigere il progetto, ma il progetto si deve redigere avendo individuato il sito. Troppo tempo è passato invano, mentre i 320mila abitanti della ASL TO5 attendono da molti anni che si realizzi l’ospedale unico, consolidando nel frattempo su tutto il territorio le strutture per una medicina di base che durante la pandemia ha fatto vedere molte falle e carenze”.
“Adesso bisogna recuperare il tempo perduto”
«Il Piemonte deve fare la sua parte, l’obiettivo minimo per i prossimi 10 giorni è quello di vaccinare almeno 400mila persone; occorre recuperare il tempo perduto e mettere in sicurezza i più anziani e i più fragili. Sappiamo che il Piemonte finora non si è particolarmente distinto a livello nazionale, il 24% dei piemontesi che hanno ricevuto la prima dose e il 10% completamente vaccinati ci colloca poco più su della metà classifica, ma questo è il tempo di lasciare da parte le polemiche, ingranare la marcia alta e cominciare a correre: a partire dallo stress test odierno, e fino almeno al 9 maggio, ci aspettiamo che il numero dei vaccini giornalieri in Piemonte decollino» – è il commento di Marco Grimaldi, del Capogruppo di Liberi Uguali Verdi in Regione.
«Sappiamo che finora non è andato tutto bene – prosegue Grimaldi – il piano vaccinale della nostra Regione si scontra, tra le altre cose, con un algoritmo senza logica che finora ha lasciato almeno 17 mila ‘over 80’ senza neppure la prima dose, e una ampia platea di più fragili senza alcuna protezione, ma i prossimi giorni sono decisivi. Se è vero che il Piemonte, come gran parte del resto d’Italia, ha viaggiato sul filo della disponibilità di dosi, le consegne odierne – per il solo Piemonte ben 155.610 vaccini Pfizer – aprono scenari completamente diversi: il compito della nostra Regione è quello di mantenere per i prossimi 10/12 giorni livelli di inoculazione del vaccino molto alti, 40mila dosi al giorno, ben al di sopra della media attuale (nelle ultime due settimane di 25.089 dosi al giorno) per contribuire a raggiungere i 500 mila vaccini al giorno a livello nazionale».
Chi rappresenta oggi l’anti sistema?
Uno gli elementi politici – anche se era e rimane un autentico disvalore – maggiormente gettonato
nella storia democratica del nostro paese è sempre stata l’ideologia dell’anti sistema. Una deriva
che nella politica italiana è sempre esistita ed ha sempre avuto grandi estimatori e un seguito di
massa. Un consenso trasversale che alligna tanto nelle masse popolari con una antica, atavica e
radicata diffidenza nei confronti dello Stato e di tutto ciò che è riconducibile al pubblico e alle
istituzioni e, soprattutto, in settori massicci della borghesia illuminata che, in virtù di un incrollabile
moralismo e una strisciante ed ostentata “superiorità morale” ha sempre manifestato una forte e
massiccia ostilità nei confronti della politica e delle sue articolazioni, a cominciare dai partiti per
estendersi anche al Parlamento e ad altre istituzioni.
Ma, per fermarsi alla realtà contemporanea, è indubbio che c’è stato un partito che sull’onda di
una spietata cultura anti sistema in questi anni ha fatto fortuna. Politica ed elettorale. Una deriva
che si è trascinata dietro altri disvalori e altri elementi corrosivi della vita democratica e
costituzionale. Dal populismo alla demagogia, dal qualunquismo alla impronta anti parlamentare.
Elementi che hanno incrociato il disagio crescente di molti settori della pubblica opinione e che
sono alla base del profondo scollamento tra i cittadini e le istituzioni e del sostanziale discredito
dei partiti e dei politici. I 5 stelle, appunto, grazie a questi disvalori sono entrati nel Palazzo e se ne
sono impossessati. Ma, come quasi sempre capita, una volta entrati nel palazzo semplicemente
non si vuole più uscirne. E tutta la carica qualunquista, anti sistema, qualunquista e populista ha
ceduto il passo ad altri temi. Uno su tutti, come ci ricordano quasi tutti i giorni le cronache
politiche giornalistiche. E cioè, come fare per non uscire dal palazzo e, di conseguenza, dai
benefit e dai privilegi che tutto ciò comporta? Una battaglia su tutte: rimuovere quel “doppio
mandato” che era la regola scolpita nella pietra di quel partito per giustificare la profonda diversità
se non addirittura l’alternativa rispetto a tutti gli altri partiti esistenti – cioè alla fatidica “casta” –
che avrebbe “spadroneggiato e sgovernato” l’Italia per vari decenni. E, accanto a questo, la
simpatica trasformazione di quel partito da movimento populista, anti parlamentare e anti politico
a movimento addirittura “liberal moderato”.
Ora, al di là dei comportamenti e della prassi concreti di quel partito – che a tutt’oggi nessuno sa
che cosa realmente sarà nel futuro – resta una domanda a cui prima o poi occorrerà dare una
risposta seria e convincente. Ovvero, chi interpreterà, d’ora in poi, quella voglia di anti sistema
che, purtroppo, continua ad attraversare larghi settori della nostra vita pubblica? Oppure
pensiamo che con la mutazione genetica dei 5 stella sia stata definitivamente rimossa quella
deriva? Io credo, al riguardo, che proprio in questa stagione i partiti democratici – e non i partiti
personali o del capo o del guru o i banali cartelli elettorali – hanno il compito politico e culturale di
saper rinobilitare la politica e, di conseguenza, ridare credibilità ed autorevolezza alle stesse
istituzioni democratiche. Una responsabilità politica che non si può delegare a nessuno ma che
richiede, invece, da parte dei partiti una risposta precisa, chiara e netta. Qualsiasi tentazione di
assecondare, ancora una volta, la spirale populista e demagogica – presente tanto a destra
quanto, soprattutto, a sinistra – deve essere d’ora in poi battuta alla radice senza alcun
tentennamento. Sarebbe curioso se, dopo il lento tramonto del partito populista per eccellenza,
adesso toccasse agli storici partiti democratici, e di potere, assumere atteggiamenti populisti,
demagogici, anti politici e anti parlamentari pur di assecondare la spirale anti sistema. Sarebbe
non solo la fine della politica ma innescherebbe, ed è quel che più conta, anche la crisi
irreversibile della nostra democrazia.
Giorgio Merlo
Matrimonio rosso-giallo e altri pot pourri
Tutto ciò è pazzesco e abbastanza patetico. L’80 % dei grillini non vuole fare l’ accordo con il pd e l’80 % del PD non vuole fare l’accordo con i pentastellati.
Vaccini, Pd: “Dobbiamo fare meglio”
Il 31 marzo, sono state somministrate 18.107 dosi, di queste 8.639 sono seconde dosi.
Nei primi quindici giorni di marzo siamo stati sempre sotto le 10.000 al giorno. Poi la capacità è aumentata fino ad arrivare, solo negli ultimi giorni a cifre più alte, senza mai raggiungere 20.000.
È dunque definitivamente sfuggito l’obiettivo, rilanciato a mezzo stampa per un mese e mezzo, delle 20.000 dose inoculate al giorno e ribadito di fronte al generale Figliuolo nelle scorse ore.
Secondo i dati del Ministero, il Piemonte ha somministrato il 90,2 % delle dosi ricevute, collocandosi quattordicesimo in Italia. Poco sotto la media italiana del 90,7%.
Ma il dato delle dosi ricevute viene caricato con ritardo, per tutte le regioni, e quindi in realtà siamo più indietro. I dati nazionali non riportano, infatti, dosi ricevute già due giorni fa dalla nostra Regione e di cui il bollettino regionale già il 30 marzo dava fedelmente conto: 85.410 dosi ricevute in più di Pfizer e distribuite alle aziende. Il che porta il Piemonte ad aver somministrato solamente l’82,3% delle dosi ricevute.
Abbiamo somministrato 103.901 dosi di Astrazeneca su 191.400 (54%).
Abbiamo somministrato 36.177 dosi di Moderna su 63.400 (57%). E qui accantoniamo la giustificazione delle seconde dosi: sono state somministrate 26.640 prime dosi e 8.537 seconde dosi. Dobbiamo somministrare 18.103 seconde dosi, ma abbiamo in magazzino 27.223 dosi.
Abbiamo somministrato 669.185 Pfizer su 727.480 ricevute (91%).
Un’ultima nota: non ha senso confrontare i numeri assoluti, perché le Regioni hanno dimensioni diverse; né le percentuali rispetto alla popolazione, perché i vaccini vengono distribuiti secondo più criteri (ad esempio i numeri della popolazione anziana) e non solo in proporzione alla popolazione. Per questo le prestazioni delle regioni sono confrontabili solo in base alle percentuali di inoculo delle dosi ricevute.
La nostra Regione presenta ampi margini di miglioramento e le attuali prestazioni giustificano forti preoccupazioni sulla capacità del nostro sistema di far fronte al prossimo incremento delle dosi disponibili: man mano che la disponibilità si è ampliata, il Piemonte è scivolato indietro in classifica.
A queste difficoltà si sommano le false partenze, il più delle volte dettate dall’ansia da annuncio di questa Giunta: si vedano i disservizi causati dalla mancata partenza lunedì delle vaccinazioni negli studi dei medici di base o dal mancato coinvolgimento dei medici di base nei centri vaccinali che pure avevano dato disponibilità.
Aprile sarà il mese della “prova del 9”. Da un lato si allarga la platea agli ultra 60enni e dall’altra arriveranno anche le fiale del vaccino Johnson & Johnson. Riusciremo a raggiungere le 30.000 dosi al giorno annunciate? È ora di passare dalle parole ai fatti.
Domenico Rossi – Vicepresidente della Commissione Sanità
Daniele Valle – Coordinatore del Gruppo di lavoro Covid