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Covid: Ruffino (Cambiamo!) “riaprire imprese che rispettano protocolli sicurezza”

“Ascoltare il grido d’allarme che proviene dal mondo dell’impresa è un dovere. In Italia pende un grande rischio: non prevedendo forme di sostegno e di apertura per ogni categoria, molte realtà saranno spinte verso l’indebitamento eccessivo e, dunque, nelle maglie del racket”.

Lo dichiara la deputata di Cambiamo! Daniela Ruffino. “Per questo, è necessario sin da subito coniugare risposta pandemica ad agibilità economica, dove possibile e permettere alle aziende che rispettano i protocolli di sicurezza sanitaria a riaprire. Aderisco perciò, con convinzione, alla petizione lanciata da parrucchieri ed estetisti ma in generale l’appello che arriva da tutte le categorie, dagli ambulanti ai bar ai ristoranti. Proseguendo sulla strada delle chiusure, infatti, si entrerà solo in un trend negativo per la vita delle imprese che sarà difficilmente reversibile”, conclude.

Una priorità assoluta: eliminare il regionalismo divisivo del titolo quinto

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni   Ho scritto già  oltre un anno fa un articolo sui limiti del regionalismo che compiva nel 2020 cinquant’anni. La pandemia ha quasi impedito i festeggiamenti programmati stoltamente in modo autocelebrativo , senza una riflessione storica o almeno storico- politica seria 

Le Regioni a statuto ordinario  si sono rivelate un sostanziale errore che era previsto dalla Costituzione ( uno dei limiti di quel testo ) e che la saggezza della Dc centrista aveva evitato all’Italia. Esse si sono rivelate uno spreco enorme di denaro pubblico  con la creazione di una pletorica burocrazia regionale che si è aggiunta a quella statale. Inoltre esse  non hanno affatto avvicinato lo Stato  al cittadino, come era stato promesso.
Il Federalismo sognato da Cattaneo durante il Risorgimento era un’utopia non compatibile con la storia italiana caratterizzata da secoli di divisioni. Cattaneo guardava alla Svizzera, una realtà non confrontabile sotto nessun punto di vista. Occorreva alla formazione dello Stato in Italia  o una monarchia unitaria o una repubblica di tipo mazziniano, altrettanto unitario. Cattaneo era un affascinante intellettuale, ma del tutto  incapace di fare i conti con la realtà, malgrado la sua cultura “politecnica“.  Solo ad un altro utopista abbastanza velleitario come Salvemini, un caso di giacobinismo professorale , come venne detto, Cattaneo apparve un realista a cui guardare per vincere le utopie ideologiche del marxismo. Nella stesura della Costituzione le regioni nacquero non tanto da un federalismo minoritario, quanto piuttosto da certo spirito antiunitario e antisorgimentale soprattutto  ben presente nella Dc, erede del partito popolare di don Sturzo e nell’azionismo che si richiamava a Cattaneo.  Comunisti e socialisti si rivelarono inizialmente contrari perché videro le Regioni come una minaccia allo Stato unitario. Altrettanto contrarie le forze liberali che sotto diverse denominazioni erano presenti all’ Assemblea Costituente, sia pure in netta minoranza . Il Titolo V della Costituzione nacque da una serie di compromessi e stabili’ un regionalismo lontano dalle follie visionarie  di Emilio Lussu, erede del partito sardo d’Azione, una delle figure più nefaste della politica e della cultura italiana che fini la sua variegata esperienza politica al servizio del PCI. Nel clima della Costituente era ben presente il Separatismo siciliano di Finocchiaro Aprile  e dei gravi pericoli da esso rappresentati. Il regionalismo venne anche visto come una scelta contraria allo Stato nato dal Risorgimento perché la maggioranza della Costituente era formata da forze estranee o nettamente contrarie al moto risorgimentale. In effetti però il titolo V rimase lettera morta e fu il centro – sinistra con socialisti e repubblicani a pretendere la costituzione delle Regioni a statuto ordinario , anche se erano già ben chiaro il pessimo
funzionamento del regionalismo siciliano. Bene o male dal 1970  le Regioni svolsero la loro funzione e in alcune zone  diedero anche prova di buongoverno.
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L’arrivo della Lega Nord di Bossi e del suo federalismo demagogico ed incolto ( il prof .  Gianfranco Miglio , unica testa pensante della Lega che esibiva il cappio in Senato , venne  quasi subito decapitato ) porto’ nel 2001 i partiti di centro – sinistra, nel tentativo maldestro di “svuotare” la Lega , di varare una riforma del titolo V che amplio ‘ i poteri delle Regioni e degli enti locali. Venne allora anche sancito che l’organizzazione e la gestione dei servizi sanitari venisse spartita tra Stato e Regioni , creando le premesse per 21 sistemi sanitari diversi  con inique diversità di trattamenti sanitari nelle diverse regioni . Le Regioni  incominciarono a spendere in maniera dissennata e si verificò la profezia di Malagodi che aveva previsto la finanza allegra delle Regioni. E in parallelo ci furono clamorosi scandali sulla gestione delle finanze regionali, a partire dalle spese pazze di molti consiglieri. La pandemia ha messo in palese evidenza che le regioni si sono rivelate e si rivelano un elemento disgregante che genera confusione nella lotta al virus , al di là’ del protagonismo e delle incapacità dei sedicenti governatori ( dizione del tutto arbitraria ).
Oltre agli errori del governo Conte e del ministro Speranza l’Italia deve combattere contro presidenti e assessori regionali che hanno peggiorato le cose creando confusione . La riforma del titolo  V e’ in tutta evidenza la causa prima del  gran bordello italiano che  non solo il VII centenario dantesco ha riportato di moda citare . Si è anche manifestata una classe politica regionale fatta  per lo più da piccoli personaggi. La Conferenza Stato – Regioni che dovrebbe il momento di raccordo, si rivela una quasi inutile cassa di risonanza di conflitti.
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Oggi sarebbe urgente che il Parlamento ponesse mano al titolo V , restituendo allo Stato i suoi poteri. Le regioni si rivelarono gia ‘ inadeguate a dar corso alla legge Basaglia n .  180 votata in un clima demagogico avvelenato perché anche in questo caso l’aver regionalizzato l’attuazione della legge fu un grave errore . Oggi solo chi non è in buona fede, può condividere la situazione che si è creata. Invece di muoversi con urgenza , c’è chi vuole lo ius soli , il voto ai sedicenni , una legge speciale contro l’omofobia come provvedimenti prioritari .
Basterebbe questa paranoia politica per capire come certi politici siano inadeguati e incapaci di capire i veri problemi del Paese che sono la pandemia , la crisi economica e la struttura unitaria che sta disfacendosi. A 160 anni dalla proclazione dello Stato unitario, l’Italia rischia di tornare indietro. E c’è gente che invece di vedere il gravissimo pericolo che abbiamo di fronte e che si è già rivelato causa di danni molto gravi ( pensiamo ai vaccini ) ritiene di rifare la verginità politica ai propri partiti con proposte quanto meno intempestive. Siamo all’assurdo che neanche più la Lega e’ per il federalismo . Ci fu una Lega persino secessionista , quella che suggeri’ la furbizia della riforma del titolo V , una colpa storica che la pandemia ha fatto comprendere anche alle anime candide o ai filibustieri che vogliono un’Italia divisa e conflittuale . Renzi con il suo referendum molto discutibile aveva visto lucidamente il problema di eliminare l’errore del 2001,ma troppi non hanno voluto capire che almeno quella riforma era importante ed oggi è urgentissima. Forse proprio un referendum abrogativo può essere la strada da percorrere per ristabilire il buon senso e l’interesse nazionale. E andrebbero anche  totalmente riviste le ragioni a statuto speciale, in primis la Sicilia , che sono uno stato nello Stato e che non hanno più una  giustificazione storica di sussistere. Sono quasi solo fonte di sperpero di denaro pubblico, di favoritismi, di assunzioni clientelari molto onerose e di inefficienza.

 Locatelli – Cilenti: “Regione responsabile della situazione incresciosa negli ospedali”  

Non c’è spiegazione, giustificazione, rassicurazione del giorno dopo che tenga. Se la situazione negli ospedali è la stessa, se non peggiore di un anno fa, tutta la responsabilità è in capo alla Regione Piemonte che ha completamente e scientemente mancato di intervenire per adeguare il sistema sanitario pubblico.

 

Una situazione incresciosa che denunciamo da tempo sulla base delle segnalazioni che ci pervengono da pazienti e dal personale sanitario. Una situazione che è il risultato di un anno di inettitudine e di chiacchiere a vuoto, di mancati interventi di potenziamento delle strutture sanitarie ed ospedaliera, di mancate assunzioni di personale oltre che di ritardi nell’attuazione del piano vaccinale. Sono il risultato di una sanità pubblica impoverita a favore di soldi dati al privato. Le scene dei malati lavati e curati in barella nei corridoi, nelle sale d’attesa, sui pianerottoli degli ospedali in assenza di privacy – “è come mostrarsi nudi a tutti ed essere al mercato” –  raccontate dai giornali sono indegne di un paese civile, sono scene che gridano vendetta. Invece che di cosiddetti blitz a uso e consumo propagandistico negli ospedali da parte di Alberto Cirio servirebbe un blitz in Regione per appurare responsabilità e inadempienze che sono all’origine di questa situazione drammatica.

     Ezio Locatellisegretario provinciale di Rifondazione Comunista To

     Franco Cilentidirettore mensile Lavoro e salute 

Panza (Lega): “Criteri oggettivi e condivisi per le risorse per la montagna”

Stiamo per entrare nel vivo della ripartizione dei 700 milioni destinati alla montagna:

mentre il Governo è al lavoro per cercare di aumentare la dotazione già messa in campo, adesso tocca alla Conferenza Stato-Regioni stabilire come distribuire i fondi – commenta l’europarlamentare Alessandro Panza, responsabile del Dipartimento Montagna della Lega -.
La posizione della Lega è quella di trovare una soluzione concreta e partecipata che non crei disparità e che dia una risposta adeguata a tutti i territori montani così duramente colpiti dalla mancata stagione invernale.
Auspico che ci sia un lavoro di squadra che trovi soluzioni reali e condivise per poter dare risposte adeguate a tutto il comparto della montagna italiana – conclude Panza.

Così in una nota l’europarlamentare Alessandro Panza, responsabile del Dipartimento Montagna della Lega

Pd: “La Regione Piemonte snobba i turisti svizzeri?”

La consigliera regionale Monica Canalis e il deputato Davide Gariglio: “Cosa aspetta la Regione Piemonte ad avviare un’interlocuzione con le ferrovie Federali Elvetiche e con Trenitalia?”

«Con il completamento della nuova galleria ferroviaria del Monte Ceneri e del tunnel del Gottardo le città svizzere sono ora iperconnesse con l’Italia, grazie al progetto Alptransit, progetto finanziato dai contribuenti elvetici.  Mentre la Lombardia e la Liguria sono pronte a sfruttare questa grande opportunità con collegamenti diretti e veloci verso le città di Milano e Genova, la Regione Piemonte appare totalmente assente. Non si sono attivate azioni per portare direttamente a Torino i treni che partono da Zurigo, sostenendo così il settore turistico»: lo affermano Monica CANALIS, Vicesegretaria PD Piemonte e Consigliera Regionale, e l’on. Davide GARIGLIO,
Capogruppo PD Commissione Trasporti alla Camera dei deputati.

«In risposta ad una mia Interrogazione sul tema-afferma la consigliera Monica CANALIS-gli assessori regionali Marco Gabusi e Vittoria Poggio hanno risposto che la ricerca di un accordo non compete alla Regione. Un segno di disinteresse, perché dopo il treno Zurigo-Genova vorremmo che si lavorasse anche su quello Zurigo-Torino. Cosa aspetta la Regione Piemonte ad avviare un’interlocuzione con le ferrovie Federali Elvetiche e con Trenitalia?».

Sanità, Radicali e +Europa: “Sprecati troppi soldi”

Il commento di Marco Cavaletto (Coordinatore +Europa Torino) e Igor Boni (Presidente Radicali Italiani)

“Si sono sprecati tempo e soldi inutilmente. Ora è il momento di decidere! Nell’ordine naturale delle cose ci si doveva attendere che la Regione Piemonte e la ASL TO5 dovessero PRIMA eseguire un’accurata indagine per individuare il sito ove costruire un ospedale e DOPO fare una perizia, sul sito individuato, per capirne le peculiarità.

Ma sulle irrazionalità e sulla carenza di capacità decisionale la Regione Piemonte è ormai nota in tutta Italia: basta guardare ai tempi che sono occorsi per realizzare l’ospedale di Verduno (19 anni, e non è ancora finito) oppure al grattacielo che dovrà ospitare i dipendenti della stessa Regione in via Nizza a Torino che ben si sa quando è stato iniziato ma nessuno sa quando sarà completato!

Insieme ai sindaci della ASL che si sono espressi, anche noi chiediamo a gran voce che la Regione completi entro poche settimane l’iter della seconda perizia per l’individuazione del sito, affinché l’ASL possa procedere con la progettazione esecutiva, elemento fondamentale per ottenere il finanziamento dell’INAIL; sarebbe utile conoscere dalla stessa INAIL il costo del finanziamento e la durata per capire in modo inequivocabile il costo definitivo dell’opera. Infatti, se la Regione ha scelto la soluzione del finanziamento INAIL è perché presume che questo sia più conveniente rispetto al finanziamento pubblico (tra Stato e Regione) con una partecipazione in “project financing” di privati, come era nei piani della Regione a guida Chiamparino – Saitta.

Una raccomandazione: che la seconda perizia commissionata dalla Regione sia meno approssimativa rispetto allo studio effettuato dai tre direttori regionali presentata alla giunta regionale in data 29 settembre 2016 che conteneva grossolani errori.

In ultimo vorremmo avere certezze che la Regione utilizzi parte dei 60 milioni già accantonati sul bilancio 2021 per la realizzazione del progetto esecutivo, senza il quale INAIL non concederebbe il finanziamento.

Senza le risorse a bilancio non si può procedere a redigere il progetto, ma il progetto si deve redigere avendo individuato il sito. Troppo tempo è passato invano, mentre i 320mila abitanti della ASL TO5 attendono da molti anni che si realizzi l’ospedale unico, consolidando nel frattempo su tutto il territorio le strutture per una medicina di base che durante la pandemia ha fatto vedere molte falle e carenze”.

Vaccini, Grimaldi (LUV): “40mila dosi al giorno per i prossimi dieci giorni”

“Adesso bisogna recuperare il tempo perduto”

«Il Piemonte deve fare la sua parte, l’obiettivo minimo per i prossimi 10 giorni è quello di vaccinare almeno 400mila persone; occorre recuperare il tempo perduto e mettere in sicurezza i più anziani e i più fragili. Sappiamo che il Piemonte finora non si è particolarmente distinto a livello nazionale, il 24% dei piemontesi che hanno ricevuto la prima dose e il 10% completamente vaccinati ci colloca poco più su della metà classifica, ma questo è il tempo di lasciare da parte le polemiche, ingranare la marcia alta e cominciare a correre: a partire dallo stress test odierno, e fino almeno al 9 maggio, ci aspettiamo che il numero dei vaccini giornalieri in Piemonte decollino» – è il commento di Marco Grimaldi, del Capogruppo di Liberi Uguali Verdi in Regione.

«Sappiamo che finora non è andato tutto bene – prosegue Grimaldi – il piano vaccinale della nostra Regione si scontra, tra le altre cose, con un algoritmo senza logica che finora ha lasciato almeno 17 mila ‘over 80’ senza neppure la prima dose, e una ampia platea di più fragili senza alcuna protezione, ma i prossimi giorni sono decisivi. Se è vero che il Piemonte, come gran parte del resto d’Italia, ha viaggiato sul filo della disponibilità di dosi, le consegne odierne – per il solo Piemonte ben 155.610 vaccini Pfizer – aprono scenari completamente diversi: il compito della nostra Regione è quello di mantenere per i prossimi 10/12 giorni livelli di inoculazione del vaccino molto alti, 40mila dosi al giorno, ben al di sopra della media attuale (nelle ultime due settimane di 25.089 dosi al giorno) per contribuire a raggiungere i 500 mila vaccini al giorno a livello nazionale».

Chi rappresenta oggi l’anti sistema?

Uno gli elementi politici – anche se era e rimane un autentico disvalore – maggiormente gettonato
nella storia democratica del nostro paese è sempre stata l’ideologia dell’anti sistema. Una deriva
che nella politica italiana è sempre esistita ed ha sempre avuto grandi estimatori e un seguito di
massa. Un consenso trasversale che alligna tanto nelle masse popolari con una antica, atavica e
radicata diffidenza nei confronti dello Stato e di tutto ciò che è riconducibile al pubblico e alle
istituzioni e, soprattutto, in settori massicci della borghesia illuminata che, in virtù di un incrollabile
moralismo e una strisciante ed ostentata “superiorità morale” ha sempre manifestato una forte e
massiccia ostilità nei confronti della politica e delle sue articolazioni, a cominciare dai partiti per
estendersi anche al Parlamento e ad altre istituzioni.

Ma, per fermarsi alla realtà contemporanea, è indubbio che c’è stato un partito che sull’onda di
una spietata cultura anti sistema in questi anni ha fatto fortuna. Politica ed elettorale. Una deriva
che si è trascinata dietro altri disvalori e altri elementi corrosivi della vita democratica e
costituzionale. Dal populismo alla demagogia, dal qualunquismo alla impronta anti parlamentare.
Elementi che hanno incrociato il disagio crescente di molti settori della pubblica opinione e che
sono alla base del profondo scollamento tra i cittadini e le istituzioni e del sostanziale discredito
dei partiti e dei politici. I 5 stelle, appunto, grazie a questi disvalori sono entrati nel Palazzo e se ne
sono impossessati. Ma, come quasi sempre capita, una volta entrati nel palazzo semplicemente
non si vuole più uscirne. E tutta la carica qualunquista, anti sistema, qualunquista e populista ha
ceduto il passo ad altri temi. Uno su tutti, come ci ricordano quasi tutti i giorni le cronache
politiche giornalistiche. E cioè, come fare per non uscire dal palazzo e, di conseguenza, dai
benefit e dai privilegi che tutto ciò comporta? Una battaglia su tutte: rimuovere quel “doppio
mandato” che era la regola scolpita nella pietra di quel partito per giustificare la profonda diversità
se non addirittura l’alternativa rispetto a tutti gli altri partiti esistenti – cioè alla fatidica “casta” –
che avrebbe “spadroneggiato e sgovernato” l’Italia per vari decenni. E, accanto a questo, la
simpatica trasformazione di quel partito da movimento populista, anti parlamentare e anti politico
a movimento addirittura “liberal moderato”.

Ora, al di là dei comportamenti e della prassi concreti di quel partito – che a tutt’oggi nessuno sa
che cosa realmente sarà nel futuro – resta una domanda a cui prima o poi occorrerà dare una
risposta seria e convincente. Ovvero, chi interpreterà, d’ora in poi, quella voglia di anti sistema
che, purtroppo, continua ad attraversare larghi settori della nostra vita pubblica? Oppure
pensiamo che con la mutazione genetica dei 5 stella sia stata definitivamente rimossa quella
deriva? Io credo, al riguardo, che proprio in questa stagione i partiti democratici – e non i partiti
personali o del capo o del guru o i banali cartelli elettorali – hanno il compito politico e culturale di
saper rinobilitare la politica e, di conseguenza, ridare credibilità ed autorevolezza alle stesse
istituzioni democratiche. Una responsabilità politica che non si può delegare a nessuno ma che
richiede, invece, da parte dei partiti una risposta precisa, chiara e netta. Qualsiasi tentazione di
assecondare, ancora una volta, la spirale populista e demagogica – presente tanto a destra
quanto, soprattutto, a sinistra – deve essere d’ora in poi battuta alla radice senza alcun
tentennamento. Sarebbe curioso se, dopo il lento tramonto del partito populista per eccellenza,
adesso toccasse agli storici partiti democratici, e di potere, assumere atteggiamenti populisti,
demagogici, anti politici e anti parlamentari pur di assecondare la spirale anti sistema. Sarebbe
non solo la fine della politica ma innescherebbe, ed è quel che più conta, anche la crisi
irreversibile della nostra democrazia.

Giorgio Merlo

Matrimonio rosso-giallo e altri pot pourri

Tutto ciò è pazzesco e abbastanza patetico.  L’80 % dei grillini non vuole fare l’ accordo con il pd e l’80 % del PD non vuole fare l’accordo con i pentastellati.

Appendino insiste sull’intesa, ed ora ci si mette anche Enrico Letta. Perché? Solo Dio lo sa. Dimenticavo,  tra i più accaniti sostenitori dell’accordo sono quelli della sinistra sbrindellata che, notoriamente, non sono del pd e neppure dei cinquestelle. Concretamente chi non c’entra niente con il matrimonio,  vuole mettere il becco su qualcosa che non lo riguarda direttamente.  Oggi,  in Italia e Torino si vive pericolosamente,  e non solo per il coronavirus. E Appendino? Mah,  fate un po’ voi . Ha promesso che rivoluzionava il trasporto e invece l’ hobby locale è lasciare monopattini ovunque. Ha promesso la riqualificazione delle periferie. Se c’ è qualcuno che ha notato qualcosa di positivo, cortesemente,  me lo comunichi.  E la chiusura del centro storico al traffico privato?  Nulla di ciò è avvenuto con i residenti e i commercianti arrabbiati come bufali. Sgombero campi Rom e spostamento del mercato del libero scambio? I campi Rom non sgombrati e l’abusivismo nel commercio continua (nonostante il covid). Ma Chiaretta è più furba della sua sodale romana Raggi. Fate voi, io non mi presento più. Chiamala fessa… e poi diciamocelo,  è troppo stressante. Intanto  molti del PD rilanciano le primarie.  Su cosa ? Solo sulla scelta dei candidati? Sulle alleanze? Sui programmi? Ma sì ma dai , facciamo un pot pourri Qualcosa ( forse ) ne verrà fuori.
Ammetto che  sono proprio curioso di vedere come questa sceneggiata si concluderà.
Patrizio Tosetto

Vaccini, Pd: “Dobbiamo fare meglio”

Il 31 marzo, sono state somministrate 18.107 dosi, di queste 8.639 sono seconde dosi.

Nei primi quindici giorni di marzo siamo stati sempre sotto le 10.000 al giorno. Poi la capacità è aumentata fino ad arrivare, solo negli ultimi giorni a cifre più alte, senza mai raggiungere 20.000.

È dunque definitivamente sfuggito l’obiettivo, rilanciato a mezzo stampa per un mese e mezzo, delle 20.000 dose inoculate al giorno e ribadito di fronte al generale Figliuolo nelle scorse ore.

Secondo i dati del Ministero, il Piemonte ha somministrato il 90,2 % delle dosi ricevute, collocandosi quattordicesimo in Italia. Poco sotto la media italiana del 90,7%.

Ma il dato delle dosi ricevute viene caricato con ritardo, per tutte le regioni, e quindi in realtà siamo più indietro. I dati nazionali non riportano, infatti, dosi ricevute già due giorni fa dalla nostra Regione e di cui il bollettino regionale già il 30 marzo dava fedelmente conto: 85.410 dosi ricevute in più di Pfizer e distribuite alle aziende. Il che porta il Piemonte ad aver somministrato solamente l’82,3% delle dosi ricevute.

Abbiamo somministrato 103.901 dosi di Astrazeneca su 191.400 (54%).

Abbiamo somministrato 36.177 dosi di Moderna su 63.400 (57%). E qui accantoniamo la giustificazione delle seconde dosi: sono state somministrate 26.640 prime dosi e 8.537 seconde dosi. Dobbiamo somministrare 18.103 seconde dosi, ma abbiamo in magazzino 27.223 dosi.

Abbiamo somministrato 669.185 Pfizer su 727.480 ricevute (91%).

Un’ultima nota: non ha senso confrontare i numeri assoluti, perché le Regioni hanno dimensioni diverse; né le percentuali rispetto alla popolazione, perché i vaccini vengono distribuiti secondo più criteri (ad esempio i numeri della popolazione anziana) e non solo in proporzione alla popolazione. Per questo le prestazioni delle regioni sono confrontabili solo in base alle percentuali di inoculo delle dosi ricevute.

La nostra Regione presenta ampi margini di miglioramento e le attuali prestazioni giustificano forti preoccupazioni sulla capacità del nostro sistema di far fronte al prossimo incremento delle dosi disponibili: man mano che la disponibilità si è ampliata, il Piemonte è scivolato indietro in classifica.

A queste difficoltà si sommano le false partenze, il più delle volte dettate dall’ansia da annuncio di questa Giunta: si vedano i disservizi causati dalla mancata partenza lunedì delle vaccinazioni negli studi dei medici di base o dal mancato coinvolgimento dei medici di base nei centri vaccinali che pure avevano dato disponibilità.

Aprile sarà il mese della “prova del 9”. Da un lato si allarga la platea agli ultra 60enni e dall’altra arriveranno anche le fiale del vaccino Johnson & Johnson. Riusciremo a raggiungere le 30.000 dosi al giorno annunciate? È ora di passare dalle parole ai fatti.

Domenico Rossi – Vicepresidente della Commissione Sanità

Daniele Valle – Coordinatore del Gruppo di lavoro Covid