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Crisi aziendali, Berutti scrive al Ministro Giorgetti

“subito un tavolo al Mise per definire risposte e strategie”

Roma, 18 marzo 2021 – “Sul nostro territorio continuano a presentarsi crisi aziendali complesse e dalle genesi diverse, ogni caso deve essere trattato con le dovute attenzioni e mettendo in campo interventi specifici per salvaguardare i lavoratori, che non devono essere l’unico soggetto che paga le difficoltà strutturali e congiunturali”. Lo dichiara in una nota il Senatore di Cambiamo, Massimo Berutti. “Al fianco delle attenzioni e degli interventi specifici, penso, ad esempio, a quelli necessari per la Cerutti di Casale Monferrato, ma anche per la Freudenberg di Mombello, serve una strategia nazionale. Sul primo fronte, il Governo deve riconoscere ai lavoratori Cerutti la cassa integrazione Covid e aprire un tavolo al Ministero dello Sviluppo economico sia sull’azienda casalese che sulla Freudenberg di Mombello Monferrato. Sul fronte della strategia più di prospettiva, il Ministero del lavoro e quello dello Sviluppo economico devono muoversi quanto prima, sia nel sostegno alle realtà storiche, che nel creare le condizioni perché lo shopping a buon prezzo dei marchi cui troppo spesso assistiamo venga evitato. Queste crisi – prosegue Berutti – hanno un impatto terribile sui territori. Pensiamo al caso della Val Cerrina, su un’area come quella, la perdita di centinaia di posti di lavoro è evidentemente insostenibile. È quindi fondamentale attivarsi quanto prima. So che attraverso atti di indirizzo per chiedere azioni concrete lo stanno facendo molti Consiglieri comunali. È in questa direzione che dobbiamo lavorare. Anche in vista delle risorse del PNRR, serve una strategia concreta che metta fine alle contrapposizioni tra territori e che ponga le imprese in condizione di competere anche a livello globale, senza i limiti che troppo spesso ne vincolano le sorti al di là delle caratteristiche delle produzioni. Su questi fronti occorre agire subito, per questo ho scritto al Ministro dello sviluppo economico affinché si attivi quanto prima”.

Valle (Pd): “A rischio il villaggio olimpico di Bardonecchia”

“Nell’anno del COVID la cooperativa che gestisce il Villaggio Olimpico di Bardonecchia ha dovuto pagare 1 milione di euro di affitto a fronte di entrate praticamente inesistenti, questa situazione rischia di far chiudere la struttura e lasciare a casa i circa 100 dipendenti” dice il Consigliere Regionale Daniele Valle.

“Ho presentato una interrogazione al Presidente Cirio, visto che la proprietà della struttura è anche regionale. Non possiamo accettare che una delle poche eredità olimpiche a funzionare come si deve (il Villaggio Olimpico rappresenta da solo circa il 50% dei posti letto alberghieri di Bardonecchia) chiuda i battenti per fallimento proprio quando iniziamo ad intravedere la fine di questa emergenza sanitaria”.

La struttura del Villaggio, così come tutte le altre strutture olimpiche, è stata data in concessione trentennale alla società Parcolimpico srl, in cui le istituzioni del territorio partecipano per il 10%, mentre il 90% è detenuto dalla società GL Events.

“La cooperativa ha giustamente chiesto una riduzione del canone per il 2020, anche a fronte del fatto che, in virtù della sua compagine sociale, non ha ricevuto ristori dal governo, ma non è ancora stato trovato un accordo con Parcolimpico, e la cooperativa è stata costretta a pagare tutto per non perdere la concessione. Ora però, con la stagione invernale completamente saltata, i conti sono in profondo rosso – conclude Valle – un’eventuale chiusura del Villaggio Olimpico sarebbe una tragedia per il comparto turistico di Bardonecchia, che vedrebbe svanire le 100.000 presenze ospitate dalla struttura annualmente nel periodo pre-covid, con conseguenze durissime per tutto il comparto”.

Donat-Cattin, il magistero che non tramonta

Carlo Donat-Cattin è scomparso 30 anni fa ma il suo magistero politico, culturale, sociale ed istituzionale continua ad essere moderno. Anzi, addirittura attuale.

 

E questo per una semplice ragione. E cioè, quando un leader politico è anche espressione di una cultura politica – e nel caso di Donat-Cattin dotato di un coraggio e di una determinazione non comuni – è quasi scontato che il suo magistero continui ad essere un punto di riferimento anche per le giovani generazioni.

Innanzitutto, per tutti coloro che continuano ad individuare nel cattolicesimo sociale e nel
cattolicesimo popolare una risposta concreta ai problemi, a volte drammatici, che si affacciano di
fronte a noi. E questo, tra gli altri, per almeno 3 motivi di fondo.

Il primo è la costante nel difendere e nel farsi carico, sempre, delle istanze e delle esigenze dei
ceti popolari. Non nella propaganda elettorale o negli slogan quotidiani, ma nella concreta azione
politica. Nel Parlamento come nella società civile, nel partito come nel dibattito culturale. E questo
è stato il leit motiv dell’azione di Donat-Cattin nel suo lungo e fecondo magistero politico ed
istituzionale. I ceti popolari non vanno mai blanditi o ipocritamente strumentalizzati per fini politici.
I problemi che pongono vanno affrontati e risolti e, su tutto, i ceti popolari – per dirla proprio con
Donat-Cattin – “vanno trasformati da ceti subalterni a classe dirigente del nostro paese. E lo
strumento per centrare questo obiettivo era il partito.

Ecco perchè, ed è la seconda considerazione, il partito resta lo “strumento democratico per
eccellenza” dei ceti popolari e di tutti coloro che si battono per una emancipazione politica,
sociale e culturale. E quindi il partito, che non sarà mai un fine dell’azione politica, non può e non
deve mai trasformarsi in un “banale partito di opinione” o in un brutale “partito del capo”. E le
battaglie, infinite e sempre trasparenti, condotte in prima persona e con la sua corrente della
sinistra sociale di Forze Nuove nella Democrazia Cristiana sono sempre e solo state ispirate ad
una concezione, sturziana e popolare, per un “partito di liberi e forti” che “crede nella
partecipazione, nel confronto e nella sua rappresentanza democratica e sociale”.

In ultimo, e per fermarsi a 3 sole osservazioni, la centralità dell’ispirazione cristiana come
fermento e stimolo continuo ed incessante nella sua concreta azione politica, sociale e culturale.
Una ispirazione cristiana lontana da qualsiasi tentazione clericale ed estranea a qualsivoglia
degenerazione confessionale. Ma, nella difesa strenua e precisa della laicità dell’azione politica, si
riscontrava anche una profonda e convinta adesione al magistero della Chiesa e, nello specifico,
alla dottrina sociale della Chiesa.

Il tutto, come ovvio, condito da un carattere e da una tenacia che lo hanno trasformato, da subito,
in un leader politico e di governo autorevole ed indispensabile. E questo perchè, come
ricordarono più volte i grandi leader Dc del passato, Carlo Donat-Cattin rappresentava un pezzo
di società definito e riconoscibile. Un pezzo di società di cui la DC, il suo partito, non poteva farne
a meno nel momento in cui doveva declinare, concretamente, la sua natura di partito popolare,
interclassista, di governo e di ispirazione cristiana. E quando Aldo Moro definiva Donat-cattin un
“democristiano autentico” o quando Forlani lo collocava tra gli “uomini migliori” prodotti dalla
storia della Dc, ciò avveniva perchè ogni suo gesto tradiva la sua appartenenza all’identità che
proprio Aldo Moro nel suo ultimo drammatico discorso faceva risalire agli elementi costitutivi del
pensiero politico di Donat-Cattin, cioè alla promozione simultanea tanto della dimensione
religiosa, quanto della dimensione popolare e liberal democratica.

Ma Donat-Cattin appariva un “democristiano autentico” non solo e non tanto perchè nei suoi
discorsi sapeva “tenere insieme” tutte queste cose, quanto perchè egli riusciva, con rara lucidità,
a farle convivere nelle sue scelte concrete ovunque fosse chiamato ad operare e ad intervenire. In
effetti, la preoccupazione costante di Donat-Cattin di porre la “questione sociale” al centro di ogni
indirizzo politico non si risolveva solo nello sforzo di condizionare le scelte di politica economica e
salariale ponendosi dal punto di vista dei ceti subalterni. La sua vera ambizione era più grande:
egli voleva che nell’architettura amministrativa dello Stato democratico quei ceti e quelle istanze
non avessero un ruolo residuale nè meramente aggiuntivo.

Come si vede, quindi, l’opera e il magistero di Carlo Donat-Cattin rivelano una ricchezza
straordinaria che va studiata sotto ogni aspetto attraverso analisi severe e dettagliate e che vanno
riproposte a tutti coloro che ancora condividono i valori e le scelte che furono alla base della sua
inconfondibile testimonianza terrena.

Insomma, Donat-Cattin continua ad essere un faro che, grazie alla sua testimonianza politica ed
istituzionale, illumina la tradizione del cattolicesimo sociale e popolare nel nostro paese.

Giorgio Merlo

Sinistra Italiana elegge segretario Roberto Bacchin

Il congresso provinciale di Sinistra Italiana elegge segretario Roberto Bacchin, classe ’93. Bacchin: “Serve un’alleanza tra le forze politiche che possono trovare un terreno comune per contrastare i mali del nostro tempo: l’emergenza climatica, le crescenti disuguaglianze, l’erosione dei diritti sociali e individuali”.

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO – L’assemblea congressuale e la direzione provinciale torinese di Sinistra Italiana riunitasi in modalità online sabato 13 Marzo 2021 ha eletto segretario provinciale Roberto Bacchin e Tesoriere Alberto Re.

Roberto Bacchin collegnese, classe ’93, è il più giovane segretario metropolitano mai avuto di Sinistra Italiana: “La crisi pandemica non ha fatto altro che acutizzare ulteriormente i problemi di un territorio in difficoltà dal punto di vista economico, sociale, demografico e ambientale. Una recentissima pubblicazione del Centro studi della Cassa Depositi e Prestiti individua la Città metropolitana di Torino come un’eccellenza, in grado di essere un potenziale volano per il rilancio dell’economia piemontese; la vera chiave di sviluppo del territorio è proprio quella di una visione metropolitana: Torino per rilanciarsi deve guardare verso la sua campagna, la sua collina e la sua montagna. Anche sull’orizzonte metropolitano sarà necessario ricercare una nuova alleanza tra quelle forze politiche che, nella loro diversità, possono trovare un terreno comune per contrastare i mali del nostro tempo: l’emergenza climatica, le crescenti disuguaglianze, l’erosione dei diritti sociali e individuali.

Alberto Re, classe ’82, consigliere a Torino nella circoscrizione 1, è stato riconfermato tesoriere dell’organizzazione.

Marco Grimaldi, nel suo ultimo intervento da segretario regionale nell’assemblea torinese si dichiara soddisfatto e felice dell’esito del congresso: “la deindustrializzazione e il lavoro povero hanno travolto l’intera città e la prima cintura, la pandemia ha aggravato i problemi dei poveri, fiaccato e colpito la classe media e in alcuni casi migliorato la situazione dei più ricchi. Le donne risultano le più danneggiate dalla crisi (ma anche i giovani e giovanissimi), perché sono maggiormente impiegate proprio nei settori professionali più duramente colpiti dalla pandemia. Questo è ciò che intendo quando parlo della necessità di dare una lettura politica della pandemia. Il virus colpisce tutti, ma lascia i segni più feroci sui più deboli socialmente ed economicamente. C’è un prima e c’è un dopo. Dopo il terribile impatto del Covid-19, la nostra città metropolitana va ripensata e trasformata nei suoi luoghi, nelle sue relazioni, a partire dalla dignità e dalla salute delle persone”.

Se l’orologio della politica va a ritroso

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni

La politica italiana mette indietro gli orologi della storia e il ritorno di Letta alla politica attiva e’  in effetti un ritorno al passato. Letta ha un buon curriculum e non è  certo l’odontotecnico Zingaretti prestato alla politica attraverso  l’apprendistato nell’ attività delle vecchie cellule del PCI. Come presidente del Consiglio delle larghe intese non ha fatto male, certo molto meglio di Conte 1 e 2
Ha esordito come segretario del Pd lanciando, o meglio, rilanciando delle  idee piuttosto stantie che non hanno aiutato il suo esordio se non verso quella parte di Pd di estrema sinistra appiattita ancora sul redivivo Bersani di cui Letta fu temporibus illis vicesegretario. Invece di porsi il problema di una rinascita di una sinistra moderna capace di parlare nuovi linguaggi  si è affievolito su vecchi slogan che non convincono neppure più i militanti. Riproporre lo ius solis, neppure, lo ius culturae sul quale si potrebbe anche discutere, appare una provocazione intollerabile in momenti in cui le priorità di cittadini e partiti sono la lotta al virus e alla conseguente crisi economica. Deviare il discorso da questi due obiettivi esclusivi  a cui Draghi si sta adoperando anima e corpo, e’ da irresponsabili. L’altra  proposta del voto ai sedicenni è, a dir poco, risibile. Ha diritto di votare chi contribuisce con le sue tasse alla vita dello Stato, non  studentelli che in larga misura vivono alle spalle della famiglia e di politica sanno poco o nulla. C’è da domandarsi la ratio che ha mosso Letta ad avanzare due proposte assolutamente impopolari. L’ unica risposta plausibile  è quella di blandire immigrati e sedicenni al fine di ottenerne il voto. Un ragionamento del tutto astratto ,come dimostra la sonora sconfitta di Fanfani quando volle abbassare il voto a 18 anni. La gente oggi vorrebbe più che mai lavoro sicuro e i giovani vorrebbero una scuola che oggi ha chiuso i battenti causa COVID e che richiederebbe una seria riforma di stampo europeo. Non inizia bene la nuova segreteria del Pd  perché Letta, per ottenere il consenso delle correnti più demagogiche del suo partito, ha dovuto imbellettare il suo discorso con quel sinistrese che piace tanto ad alcuni, ma non porta consensi reali. Letta ha dimenticato una nuova legge che reprima il diritto di opinione, quasi non bastasse la legge Mancino.  Ma, siamone certi, molto presto ritirerà dal cassetto i progetti illiberali già elaborati. A star poco sereni questa volta saranno gli Italiani che non hanno bisogno di movimentismo , ma di serietà e di dedizione assoluta alle vere emergenze di un Paese che da un anno vive sull’orlo del  precipizi. Neppure i grillini vogliono lo Ius soli , un segnale significativo di come Letta sia totalmente   fuori strada. L’Italia ha bisogno di una sinistra moderna e di un nuovo centro- sinistra che va totalmente reinventato. Ma non sono queste le idee che consentano una rinascita per dirla con il titolo della rivista di Togliatti , uno dei pochi veri leader della sinistra in Italia.

Candidati a sindaco tanti, idee poche

Per ora solo grandi consensi per Enrico Letta.

Nel suo discorso d’insediamento,  mi pare che abbia volato alto. Formatosi alla scuola politica di Beniamino Andreatta,  sinistra democristiana. Professore di Economia ed esponente della cultura sociale cattolica.
Persino il fin troppo polemico Carlo Calenda apre una (piccola) linea di credito verso il Pd.
Forse è solo un caso , ma Enrico Letta incontrerà ‘ prima Matteo Salvini e poi i cinque stelle. Garantite le bordate a Salvini. Magari,  forse, il Pd riprende nel fare iniziativa politica. Ed un grazie a Nicola Zingaretti,  senza le sue dimissioni il tutto non sarebbe stato possibile. Già…. come si dice…. se son rose fioriranno. Chi non ride è il PD torinese. Preso in mezzo  alla sua destra ed alla sua sinistra. Sinistra sbrindellata che non gli perdona di aver bruciato Mauro Salizzoni. La sinistra della sinistra,  più sinistra sbrindellata ci riprovano e vogliono fare la propria lista. A destra i civici come De Giuli civettano con Damilano ed addirittura la  capa di Italia Viva,  on. Fregolent propone al civico ( centro destra) , sempre Damilano un caffè.  Anche qui se sono rose fioriranno , impossibile non pensare che dietro tutto questo non ci sia il Toscanaccio ( Renzi) che tra una capatina in Arabia Saudita e l’altra,  ha anche il tempo di candidare Gualtieri , giusto per la cronaca del PD,  a Sindaco di Roma.
Poi il grande ritorno di Alberto Nigra. Ha anticipato la Bonino uscendo dai Più Europa ed ora guida Azione. Non ha dubbi: a Torino Azione deve andare per la sua strada. Il resto verrà di conseguenza. Caretta,  segretario provinciale è preoccupato. Venerdì ci sarà un tavolo  ( ora si chiama così ) tra PD e possibili alleati. Possibili perché ci potranno essere ulteriori defezioni. Ed a questo,  oramai sgangherato Pd locale,  gli rimane l’opzione  Cinquestelle. Diciamocelo,  tremano i polsi. Ma i capataz del partito non sentono ragione: accordi in tutta Italia. Unica condizione non nella mia città. Sono fatti così. La sola  grande sponsor dell’ accordo è Chiaretta ( Appendino) che probabilmente andrà a far danni da qualche altra parte. Tutto in movimento? Qualcosa di molto più negativo, termine appropriato: stagnante. Quasi una sola certezza: le primarie non si faranno,  e prima o poi il tutto finirà sul tavolo di Enrico Letta. Si è ripromesso di girare tutta l’Italia e, magari una capatina a Torino la farà. Intanto,  per molti,  Damilano è incompatibile tra il suo ruolo di imprenditore e di Sindaco. Le sue fortune imprenditoriali dipendono dalle acque minerali. Le concessioni dipendono dalle Regione.  Dunque? Sarebbe condizionabile da chi governa in Regione. Ammesso e non concesso che in Regione qualcuno se ne accorga. Opposizione se ci sei batti un colpo.
E la maggioranza ha le sue gatte da pelare,  tra Sanità e tanti galli nel pollaio tra Fratelli d’Italia e Leghisti. In Regione Piemonte non ci sono più consiglieri regionali pentastellati. Ultima cosa: sarebbe ” carino ” che Mario Draghi dedicasse 10 minuti del suo preziosissimo tempo alla Tav. Sostituendo l’attuale Commissario  e nominandone  uno nuovo. In verità la nomina è del Presidente della Repubblica su proposta del ministro. In valle Susa tutto è fermo. Ci sono solo i soliti che la Tav non la vogliono. Un nuovo commissario vorrebbe dire un cambio di passo. Prefetto di Torino capacissimo,  ma ha altre cose da fare. Sarebbe il minimo sforzo per un importante,  anzi importantissimo obbiettivo. Infrastrutture.
Unico che a Torino parla di questa occasione è Bartolomeo Giachino che , se abbiamo ben capito,  alle amministrative si presenterà da solo Concludendo:  ad oggi siamo a 5 o 6 candidati a Sindaco di Torino.  Come si vede tanta offerta politica,  ma anche tanta confusione e poche idee come rianimare la nostra boccheggiante città.

Patrizio Tosetto

Sciopero Amazon, Grimaldi (LUV): “Non c’è giusto equilibrio”

“Se un colosso che vale come il Pil italiano sfrutta i lavoratori”

“Nei magazzini Amazon i lavoratori raccontano di controlli ossessivi e pressioni intollerabili, mentre ai driver vengono consegnati fino a più di 200 pacchi per un turno di nove ore, con 110-120 fermate al giorno. Le misure di sicurezza, che dovrebbero diventare stringenti in tempi di Covid, sui furgoni utilizzati in modo promiscuo non sono sufficienti” – dichiara il Capogruppo di Liberi e Uguali Verdi in merito allo sciopero indetto per il 22 marzo, quando per la prima volta in tutta Italia (e nel mondo) si fermeranno per 24 ore i lavoratori e le lavoratrici dell’intera filiera produttiva della multinazionale Amazon.

Da chi il pacco lo consegna, a chi ancora prima lo prepara per la spedizione a bordo di furgoncini, la catena conta più di 40.000 tra dipendenti diretti, interinali e autisti, per circa un milione di pacchi che ogni giorno viaggiano lungo il Paese.

I sindacati chiedono ritmi e carichi di lavoro sostenibili, la stabilizzazione dei precari e dei lavoratori interinali, il rispetto delle normative sulla salute e sulla sicurezza, continuità occupazionale per tutti i lavoratori nel caso in cui cambi l’appalto o il fornitore. Eppure, il tavolo di confronto con Amazon è fermo.

Oggi i vertici di Assoimprese e Confetta scrivono a Cgil, Cisl e Uil chiedendo di revocare lo sciopero e parlano di “reciproca comprensione” e della ricerca di un “giusto equilibrio” che eviti lo scontro.

“Con che coraggio” – prosegue Grimaldi – “ci si appella al ‘giusto equilibrio’, di fronte a una multinazionale che nel 2019 ha guadagnato 4,5 miliardi di euro, pagato al fisco italiano 11 milioni (quanto un’azienda di medie dimensioni) e si permette ancora di sfruttare i lavoratori? Un colosso che vale come il Pil italiano e che, grazie ai lockdown che hanno bloccato i negozi tradizionali, durante la pandemia ha visto le sue vendite salire del 40% in pochi mesi e raddoppiare il suo valore di borsa. Nel frattempo, la crisi Covid ha fatto slittare il primo versamento della web tax da parte delle big tech. Per fortuna” – conclude Grimaldi – “lo sciopero ci sarà e questa lotta avrà ragione d’essere fino a quando di giusto equilibrio non si potrà parlare, davvero”.

 

Panza (Lega): “Vaccini, priorità ai cittadini europei”

Presentata dalla Lega in Europa interrogazione su esportazione dosi.

Bruxelles-12-03-2021- – “Anziché pensare a esportare vaccini nel mondo, l’Unione europea farebbe meglio a concentrarsi sui suoi cittadini – dichiara l’europarlamentare della Lega Alessandro Panza-. Bruxelles avrebbe finora dato l’approvazione all’esportazione di oltre 34 milioni di dosi vaccinali verso almeno 31 paesi terzi, dal Regno Unito al Canada, passando per Messico, Giappone, Arabia Saudita, Hong Kong, Usa, Cile e Malesia.

Stando alle dichiarazioni del presidente del Consiglio Europeo – prosegue Panza – questa sarebbe una precisa strategia politica promossa dalle istituzioni europee e finalizzata a rafforzare la diffusione extra-europea delle dosi prodotte tra i confini dell’Unione.

Come Lega abbiamo presentato un’interrogazione alla Commissione Europea per avere chiarezza su questa vicenda, per sapere se Bruxelles riconosca che il trasferimento di poteri con cui gli Stati membri delegavano alla Commissione il coordinamento nella strategia di acquisto dei vaccini era finalizzato a garantire il sufficiente approvvigionamento per gli Stati membri stessi, non per eventuali esportazioni extra Ue. Vogliamo inoltre sapere come giustifica l’Ue il sostegno all’export di vaccini alla luce delle serie difficoltà che gli Stati dell’Unione stanno affrontando per il reperimento delle dosi per i propri cittadini” – conclude Panza.

Così in una nota l’europarlamentare della Lega Alessandro Panza

Valle(Pd): “Cinghiali alla Mandria, che fare?”

È pervenuta la risposta all’interrogazione presentata dal Consigliere Daniele Valle (PD), circa la gestione dei cinghiali all’interno del Parco La Mandria.

“Ho chiesto delucidazioni sul numero di capi abbattuti, sulle modalità di contenimento e sulla gestione del personale dedicato a tali attività perché la presenza dei cinghiali nel Parco La Mandria va seguita con attenzione e ho voluto verificare che la pandemia non avesse avuto qualche ripercussione sulla situazione” dichiara Valle. La Regione ha risposto informando che per il 2020 il totale dei cinghiali abbattuti con gabbie è stato di 388 (su di un totale di 591), dunque circa il 65,6%, mentre la restante parte (156 animali) è stata abbattuta con carabina. Per quanto riguarda le ulteriori azioni messe in campo sono proseguite senza interruzioni le tradizionali attività di contenimento, con impiego di guardiaparco da appostamento su veicolo di servizio o altane e impiego di 47 operatori selezionati.

La Regione ha oltretutto informato che sono state implementate le gabbie di cattura, passate da 25 a 45 e sono state acquistate attrezzature volte al migliorare l’efficacia delle azioni di contenimento (una termocamera, n.6 visori notturni, n. 7 moduli di pastori elettrici da 3 ettari).
“Ho inoltre chiesto se ci fossero problemi di personale ma l’EGAP Parchi Reali ha dichiarato che al momento non risultano particolari problematiche relative alla disponibilità di personale interno soprattutto con le nuove assunzioni di 1 agente e 1 funzionario che sono già stati resi operativi” commenta Valle “continuerò a monitorare la situazione affinchè sia garantita la sicurezza di tutti ed evitati eventuali danni al settore agricolo o alle persone” conclude il Consigliere.

“I torinesi accolgano la proposta di Appendino”

Di Gian Giacomo Migone

“Odo augelli far festa in casa PD di Torino e dintorni.

Come ovvio, lo stesso vale per la destra torinese. Dopo l’annuncio, umanamente comprensibile e politicamente ineccepibile, con cui Mauro Salizzoni toglie di mezzo la propria candidatura, la pur risicata maggioranza postrenziana con un colpo solo si libera del candidato con le carte migliori per vincere la corsa di sindaco in epoca di pandemia, opporre un diniego alla coraggiosa e lungimirante proposta di Chiara Appendino, trincerarsi dietro allo strumentale rifiuto di coinvolgere la città con primarie aperte, consolidare una candidatura, quella di Lo Russo, soltanto capace di consolidare i pur claudicanti equilibri interni.

Mauro Laus docet! Dopo Saracco e la pur bizzarra  non candidatura di Marchisio, fuori un altro. Tuttavia, ho troppa stima dei miei concittadini per rassegnarmi a questo esito. E’ giunto il momento per tutte gli uomini e tutte le donne libere e forti – le antiche parole di Luigi Sturzo, giustamente riprese da coloro che in questi giorni si battono a Roma contro l’autoliquidazione del PD – di far sentire la propria voce, accogliendo la proposta di Chiara Appendino, per fare della nostra città la sede di sperimentazione della sola alleanza capace di affrontare le sfide derivanti dalla minaccia, in senso metaforico e reale, alla salute pubblica, dalla crescente diseguaglianza aggravata dalla pandemia. Per cogliere le occasioni offerte dal Recovery Fund, per una bella città ecologicamente più sana e più ricca di occasioni di lavoro, soprattutto per giovani, anche immigrati, oggi privi di prospettive.