Parla Silvio Viale, consigliere comunale di Più Europa e Radicali, capogruppo della Lista Civica per Torino:
“Mi dicono che lunedì il Consiglio Comunale non discuterà dell’Ucraina. Lunedì il Consiglio Comunale di Torino deve discutere e approvare un documento di pieno sostegno al Governo e agli impegni internazionali dell’Italia sulla falsariga di quanto Mario Draghi avrebbe detto al presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky. Il Presidente del Consiglio avrebbe sostenuto la disconnessione della Russia da SWIFT, la fornitura di assistenza alla difesa, e la necessità che Ucraina entri a far parte dell’Unione Europea. Credo che vi sia una eccesiva timidezza nello schierarsi con L’Europa e con la Nato e che vi sia un diffuso atteggiamento filorusso, che vuole sacrificare l’Ucraina sulla litania “Si alla Pace, No alla Guerra”, condita di argomentazioni economiciste. Le ulteriori minacce di Putin ai Paesi Baltici impongono una presa di posizione concreta, non retorica, a fianco del popolo ucraino e della democrazia, scevra da ogni miopia provinciale.Non vorrei che si lasciasse all’Eurovision Song Contest” salvare l’onore di Torino e del suo Consiglio comunale.”
Dal Pli solidarietà al console onorario dell’Ucraina
Venerdì 25 febbraio 2022, il Direttivo Regionale del Piemonte del Partito Liberale Italiano ha inviato un telegramma al Console Onorario della Repubblica Ucraina a Torino Dottor Dario Arrigotti:
“I liberali condannano senza alcuna attenuante l’attacco russo all’Ucraina: è un atto criminale ed ingiustificato che esecriamo.
Esprimiamo amicizia e solidarietà agli Ucraini, con l’auspicio che possano presto vivere in Pace e Libertà.”
Magliano: “Metro 2, buona notizia”
Accogliamo con soddisfazione, come Moderati in Consiglio Regionale del Piemonte, la notizia del finanziamento per la seconda linea di metropolitana a Torino.
Con il miliardo e duecento milioni di euro che il MIT metterà a disposizione del Comune di Torino si potrà cambiare volto alla mobilità cittadina, realizzando un’infrastruttura strategica quale sarà la tratta Rebaudengo-Politecnico della Metro 2. Il ritorno di Torino e dell’intero Piemonte a un ruolo da protagonisti a livello nazionale e internazionale, da “capitale” europea, passa anche attraverso una migliore connessione e sostenibilità del trasporto. I quartieri attraversati dalla Linea 2 si scopriranno a loro volta, a intervento completato, riqualificati e meglio connessi con il centro cittadino.
Silvio Magliano – Presidente Gruppo Consiliare Moderati, Consiglio Regionale del Piemonte.
Quando la politica estera contava…
A volte si ironizza, altre volte si finge di non dirlo. Ma tutti sanno che la politica di un paese conta – e soprattutto conta quel paese – quando esiste una vera e riconosciuta politica estera. Non a caso i partiti di un tempo, parlo soprattutto dei grandi partiti come dei piccoli partiti, facevano della politica estera il centro della loro azione politica, culturale programmatica. E la cosiddetta non alternanza al governo per i primi 50 anni della prima repubblica italiana affondava le sue radici proprio nelle conseguenze che derivavano dal dibattito e dal confronto sulla politica estera. Per non parlare delle analisi e delle riflessioni dei singoli partiti. Lo si ricorda non per una inguaribile regressione nostalgica ma per rispetto della storia politica del nostro paese. Lo sguardo “sul mondo”, cioè capire quali erano le dinamiche politico, culturali e strategiche che caratterizzavano l’Europa e i grandi blocchi mondiali non poteva mai mancare nella riflessione iniziale di un partito e dei suoi gruppi dirigenti. Senza capire queste dinamiche era persin inutile avviare una riflessione politica sul ruolo, sulla funzione e sulla “mission” del nostro paese a livello europeo ed internazionale.
Poi i tempi sono radicalmente cambiati. Certo, i Ministri degli Esteri sono quasi sempre stati grandi personalità: da Andreotti a De Michelis, da D’Alema a Lamberto Dini ed altri leader politici e non politici ma riconosciuti sempre a livello nazionale ed europeo se non addirittura a livello mondiale. Poi, certo, i tempi sono cambiati e ora abbiamo Di Maio.
Ora, però, al di là dei nomi e dei cognomi, è, indubbio che una fase politica è cambiata. Radicalmente cambiata. E occorre prenderne atto senza inutili rimpianti per un passato che ormai è storicizzato e archiviato. Ma sono proprio le condizioni e gli eventi drammatici che arrivano dal fronte orientale e dalla Russia che impongono una inversione di rotta anche per la politica italiana. Non sulla collocazione strategica del nostro paese, come ovvio e scontato. Ma, semmai, per la sua capacità di elaborazione, di studio, di riflessione e di azione politica concreta. In sostanza, la politica estera deve ridiventare il centro della strategia politica del paese e, di conseguenza, di ogni partito. Non possiamo continuare ad appaltare la politica estera al battutismo televisivo o ad uscite estemporanee e del tutto casuali di presunti ed improvvisati leader politici. Tutti conosciamo le uscite, più o meno recenti, di molti esponenti politici nazionali che sulla politica estera si limitano, appunto, a distillare battute, a rivendicare storiche amicizie personali o alla convenienza momentanea. Certo, le amicizie e le relazioni personali contano ma su questo versante quello che conta maggiormente è la strategia e la prospettiva politica che si perseguono. E questi elementi erano, sono e restano decisivi per caratterizzare e per segnare la credibilità di un paese nello scacchiere europeo ed internazionale. E proprio la vicenda dell’invasione russa dell’Ucraina rappresenta uno snodo fondamentale per riprendere una riflessione e un’azione politica che possano e debbano ridare credibilità al nostro paese e, soprattutto, alla nostra politica.
Certo, la stagione del populismo ha cancellato se non addirittura ridicolizzato la politica – non a caso c’è stata la vittoria dell’antipolitica, della demagogia, del qualunquismo e della improvvisazione e della casualità della classe dirigente – e quindi la stessa politica estera è diventata la conseguenza di un impoverimento e di una progressiva decadenza della politica nella sua complessità. Dobbiamo prenderne atto e cercare, a partire da questa fase drammatica che stiamo tutti vivendo, di invertire la rotta a livello politico. Ovvero, riportare la politica estera al centro delle nostre riflessioni politiche, culturali e programmatiche. Ne va della credibilità del nostro paese, del ruolo della nostra politica e dell’ autorevolezza della nostra classe dirigente. Occorre, cioè, imparare dal passato senza limitarsi a copiare il passato.
Giorgio Merlo
Rifondazione: no alla guerra in Ucraina
La crisi Ucraina è ormai precipitata nel conflitto armato, con conseguenze tragiche per tutte e per tutti.
Il progetto espansionistico della NATO ed il rifiuto dell’Ucraina di applicare gli accordi di Minsk, che riconoscevano l’autonomia delle Regioni a maggioranza russofona, hanno portato a questo esito drammatico.
Ma ora l’inaccettabile intervento diretto delle truppe russe in Ucraina, accompagnato da dichiarazioni altrettanto inaccettabili da parte di Putin, rischia di mettere in moto una spirale micidiale, che può condurre ad uno stato di guerra generale.
E’ quindi più che mai necessario mobilitarsi contro la guerra, e sostenere una soluzione di pace per la crisi: per il ritiro immediato delle truppe russe dall’Ucraina e di tutte le truppe straniere presenti nell’area dello scontro; per un piano di pacificazione basato sulla neutralità dell’Ucraina e sul riconoscimento dei diritti di tutte le popolazioni, ucraine e russe, tornando allo spirito degli accordi di Minsk.
Il governo italiano e la UE hanno fin qui dimostrato soltanto la loro totale subalternità agli USA e alla NATO, non facendo nulla di concreto per ricercare una soluzione pacifica della crisi.
L’Italia deve impegnarsi ora per fermare la guerra e, nel rispetto dell’art.11 della nostra Costituzione, non deve partecipare in alcun modo ad essa: diciamo NO all’invio di armi, soldati, navi, aerei italiani nell’area interessata dal conflitto.
L’Italia deve portare avanti una politica di pace: non può quindi continuare a far parte della NATO, una alleanza imperialista che non ha più alcuna ragione di esistere: “Fuori l’Italia dalla NATO! Fuori la NATO dall’Italia!” resta la nostra ferma posizione in proposito.
Bisogna fermare il mercato delle armi, che alimenta le guerre nel mondo: “Posti di lavoro, non bombe!” è lo storico slogan del movimento contro la guerra, che oggi più che mai ribadiamo. Respingiamo quindi l’idea nefasta di trasformare Torino nel polo nazionale dell’industria bellica.
Bisogna tornare a far sentire la voce dei popoli, che come sempre saranno i primi a pagare pesantemente i costi della guerra e delle sanzioni economiche.
Rifondazione Comunista sarà presente alla manifestazione per la Pace già indetta a Torino, nell’ambito di una iniziativa nazionale, SABATO 26 FEBBRAIO alle 11 in piazza Castello, ma occorre costruire sin dalle prossime ore una mobilitazione immediata e permanente contro la guerra.
Fausto Cristofari, segretario provinciale di Rifondazione Comunista di Torino
Pd: “Metro linea 2, una battaglia vinta”
Stanziati dal Governo i fondi per la Metro 2: i lavori partiranno nel 2024.
Verrà realizzato il primo tratto che collegherà piazza Rebaudengo al Politecnico. Un tracciato di 9,4 chilometri con 13 stazioni. Il Ministro delle Infrastrutture della mobilità sostenibile, Enrico Giovannini, ha confermato il miliardo che era già stanziato e ha garantito altri 222 milioni.
Le risorse sono attinte da un fondo nazionale per il trasporto rapido di massa destinato alle maggiori città italiane. A Torino verrà destinato oltre un quarto di tali risorse. Ciò permetterà di coprire interamente con soldi pubblici la realizzazione di questa prima tratta.
“Una battaglia vinta, che renderà la Cittá più accessibile, inteconnessa e sostenibile. La Metro 2 restituirà dignitá alla zona Nord, attraverso il collegamento con il resto della Città e la riqualificazione di ampi spazi industriali dismessi”, dichiara la capogruppo Pd Nadia Conticelli.
“Se la Città vuole davvero essere all’altezza delle altre metropoli europee, deve poter contare su un’alta qualità del trasporto, in grado di collegare i Torinesi ad ogni parte della Città senza dover usare l’automobile. La zona Nord ci ha creduto e oggi possiamo dire di aver avuto ragione”, sostiene Antonio Ledda, Presidente della Commissione Trasporti.
“Il finanziamento ministeriale consentirà di realizzare con fondi pubblici la metropolitana da Rebaudengo al Politecnico, con l’intersezione a Porta Nuova con la linea 1. Ora bisogna puntare a stare nei tempi con progettazione definitiva e appalti e guardare fin da subito al completamento dell’infrastruttura fino all’area metropolitana a Nord e a Sud”, osservano i due esponenti Dem
Nadia Conticelli, Capogruppo Partito Democratico nel Comune di Torino Antonio Ledda, Presidente Commissione trasporti
“Italia Paese dei no, ma per la riconversione ecologica occorreranno decenni”
Il presidente del Gruppo consiliare di Fratelli d’Italia: “C’è bisogno di una strategia studiata di concerto con il tessuto produttivo”. Vercellotti, presidente della Commissione Bilancio: “È ora di dare dei segnali”
“Mi è tornata in mente un’intervista che ho letto venerdì sera e fatta a una delle figure più autorevoli, fulgide e illuminate del panorama politico nazionale, l’onorevole Guido Crosetto. Essa titolava: ‘L’Italia dei no’, perché il ‘no’ nel nostro Paese regna sovrano, soprattutto quando si tratta di compiere scelte strategiche che si riverberano sul territorio”. Sono state queste le parole che hanno introdotto l’intervento di Paolo Bongioanni, presidente del Gruppo consiliare di Fratelli d’Italia, in occasione del Consiglio regionale aperto e incentrato sull’emergenza climatica. Quanti e quali sono i “no” che il Belpaese ha detto in questi anni? Il capogruppo di FdI Piemonte li enumera tutti: il no gli scavi, il no alle opere pubbliche, il no alle trivelle, il no al nucleare, il no al carbone, il no al gas, il no al petrolio, il no ai rigassificatori, il no agli impianti solari, il no agli impianti eolici, il no agli impianti idroelettrici. “Ad esempio – ha aggiunto Bongioanni –, non si possono sempre mettere in discussione opere infrastrutturali, come nel Cuneese (la mia terra) la variante di Demonte, per presunte ragioni di tutela del bene culturale-naturale. Oppure non ha senso opporsi alla costruzione di invasi che servono ai nostri agricoltori e allevatori, senza cui non ci sarebbe nemmeno un’economia. Non possiamo certo dire all’agricoltore di non coltivare più mais perché è troppo idrovoro, non facciamo ridere. Purtroppo, in una economia così globalizzata, tutti i Paesi devono fare la loro parte e serviranno decenni per realizzare i tanti obiettivi che lo sviluppo sostenibile pone sulla nostra strada: pensare di avere tutto e subito è irrealistico”. La riconversione ecologica necessita quindi di essere studiata “di concerto con il tessuto produttivo e deve avvenire in modo graduale, dando il tempo alle aziende di adeguarsi senza che questo comporti un costo sociale altissimo in termini di posti di lavoro, che non potremmo reggere. Ad esempio, l’orizzonte del 2035 come termine per la produzione dei motori a combustione interna nella Unione Europea, per una industria che deve affrontare una transizione tecnologica senza precedenti, è sostanzialmente inattuabile allo stato odierno”. Secondo Paolo Bongioanni, se nemmeno a livello di Unione Europea si riesce a fare fronte comune, attuando una strategia che riduca la dipendenza energetica dai Paesi extraeuropei e allestendo una strategia per le scorte alimentari, va da sé che i problemi del cambiamento climatico non saranno mai superati: “Bisogna affrontare la lotta al cambiamento climatico come il presidente americano Franklin Delano Roosevelt affrontò la crisi economica successiva al crollo della borsa di Wall Street del 1929, mostrando non catastrofismo cupo e inquietante ma, al contrario, la serenità di chi sa che le cose si possono risolvere con pazienza e ingegno umano”.
A queste affermazioni hanno fatto eco quelle di Carlo Riva Vercellotti (FdI), presidente della Commissione Bilancio, che ha a sua volta approfondito la questione connessa alla problematica climatica in Piemonte. In primis, sulla prevenzione dei danni da calamità naturali e sulla ricostruzione occorre lavorare e non fingere di farlo, spazzando via “quell’ipocrisia che continua nel fingere che la crisi energetica porterà nuovamente all’uso del carbone, che viene a raccontare al nostro pianeta che risolveremo i problemi del mondo riducendo la plastica in Piemonte, magari tassando le imprese e comprando le borracce che sappiamo essere più dannose all’ambiente nella fase di realizzazione rispetto al riciclo di una bottiglietta di plastica. Peccato che l’Europa intera sversi nei mari del mondo meno dell’1% del totale della plastica e dimentichiamo quello che fanno nel Sud-Est asiatico… Ci portano prodotti a elevato inquinamento sotto tutti i punti di vista, ma mi raccomando, dazi zero, così massacriamo per bene la nostra risicoltura e la nostra agricoltura. Poi diciamo ai nostri risicoltori che devono fare molto di più. Loro lo fanno e non si sono mai tirati indietro, ma perché gli stessi che danno ordini ai nostri risicoltori non si scatenano un po’ contro le lobby del commercio europeo, contro le nazioni dell’Asia sudorientale oppure contro i grandi fondi di investimento internazionale che portano via terreni all’agricoltura?”. In Piemonte esiste ed è purtroppo ben tangibile anche il problema dello smog e Riva Vercellotti, in tal senso, ha precisato: “Siamo lasciati soli. Vogliamo fare prendere coscienza alla nostra nazione e all’Europa che noi viviamo in un appartamento con una piccola finesttra, dove non c’è ricambio d’aria? Vogliamo raccontare ancora balle che con due domeniche senz’auto risolveremo il problema? La Regione deve continuare a fare la sua parte, come è giusto che sia, ma serve un programma strategico, coordinato e finanziato a nove zeri”. Ultimo tema, non meno importante, quello inerente ai trasporti: “Ci ricordiamo dei proclami nazionali, politici e di autorevoli persone contro l’alta velocità e per sviluppare il trasporto locale, i treni locali? Ecco, sono passati dieci anni: cosa è stato fatto? Nella passata legislatura regionale sono state eliminate tratte di Frecciabianca che servivano i pendolari, con promesse tutte crollate nel nulla totale. Vogliamo dare un segnale vero a favore del Piemonte? Allora pensiamo a un bonus speciale per le Regioni padane, al fine di promuovere l’efficientamento energetico, le auto a minor impatto ambientale, le risorse straordinarie per il trasporto ferroviario”.