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Ecco tutti gli eletti nei collegi uninominali del Piemonte

Questi i nomi dei 15 eletti nei collegi uninominali del Piemonte, 10 alla Camera, 5 al Senato, pubblicati dal portale del Ministero dell’Interno. In tutto i parlamentari eletti in regione saranno 43: 29 alla Camera e 14 al Senato. 

CAMERA Piemonte 1- Torino 01: Riccardo Magi (+Europa, centrosinistra), Torino 02: Augusta Montaruli (FdI), Collegno: Elena Maccanti (Lega), Moncalieri: Roberto Pella (Forza Italia), Chieri: Alessandro Giglio Vigna (Lega).

CAMERA PIEMONTE 2 – Cuneo: Monica Ciaburro (FdI), Asti: Marcello Coppo (Fdi); Vercelli: Andrea Delmastro Delle Vedove (FdI); Novara: Alberto Gusmeroli (Lega); Alessandria: Riccardo Molinari (Lega).

SENATO – Torino: Andrea Giorgis (Pd); Moncalieri: Paola Ambrogio (FdI), Cuneo: Giorgio Maria Bergesio (Lega); Novara Gaetano Nastri (FdI), Alessandria: Paolo Zangrillo (Forza Italia).

Cane (Lega): elezione Vigna importante per il Canavese

“Desidero esprimere tutta la mia soddisfazione per una vittoria del Canavese in generale, che dalla pianura passando dalle colline fino ai più piccoli Comuni delle nostre vallate ha portato alla rielezione nella Camera dei Deputati l’amico Alessandro Giglio Vigna – ha commentato il Consigliere regionale della Lega Andrea Cane -una vittoria di tutto il territorio, che ha rischiato per la prima volta di non avere nemmeno un rappresentante canavesano in Parlamento. Invece grazie all’impegno e alla passione dell riconfermato onorevole Giglio Vigna e alla lungimiranza del partito che rappresentiamo, il Canavese potrà contare su un riferimento costante al parlamento romano anche nei prossimi anni. Non sarà facile, considerata la vastità del territorio rappresentata e la gran quantità di Comuni, ma come responsabile regionale degli enti locali ribadisco fin da subito che, con Alessandro, faremo di tutto per creare quella ‘Squadra Canavese’ che è stata anche il motto della nostra campagna elettorale, ovvero coinvolgere più sindaci, amministratori e cittadini in generale per far sì che le nostre zone,  possano avere un punto di riferimento costante tra Parlamento e Regione, veloce e proattivo nelle risposte da dare alla gente”.

 “La scorsa notte, proprio durante la conferenza stampa del post voto in sede a Ivrea – ha proseguito Andrea Cane, che è anche Consigliere comunale di Ingria – mi si chiedeva come fosse andata a Ingria, ebbene anche questa volta i dati statistici curiosi non sono mancati: se da una parte siamo stati il Comune canavesano con la più alta affluenza alle urne, dall’altra penso che dovremmo sempre risultare come accaduto nel 2018 il ‘Comune più leghista d’Italia’ dato che la percentuale di votanti Lega si è assestata a quasi il 45% delle preferenze. Ultimo aspetto particolare, penso unico a livello nazionale, che da noi la coalizione di centro sinistra non abbia preso nemmeno un voto!  Dati curiosi a parte penso che l’importante da oggi sia ripartire a tutta velocità con una nuova maggioranza, per recuperare gli anni di tempo perduti con Governi che non erano stati scelti dal popolo. Per quanto riguarda la Lega sono sicuro che saprà dimostrare, coi suoi prossimi ministri, il valore delle proprie idee e recuperare il terreno perso in queste elezioni politiche: un buon governo degli eletti Lega sarà sicuramente un traino importante per tutto il centro-destra anche in vista delle elezioni comunali e regionali che si terranno in Piemonte nei prossimi due anni”.

La sconfitta non è un destino

Il paese del giorno dopo le elezioni è riconoscibile dal colore blu scuro delle mappe che disegnano il responso delle urne.

Una tonalità che racconta, ancor più dei numeri e delle percentuali, la vittoria larga e netta della destra. Una vittoria politica sugli avversari di centrosinistra, sinistra, centro e penta stellati che – sommati gli uni agli altri, anche se l’esercizio algebrico è un poco azzardato – avrebbero reso non solo contendibile la sfida ma persino possibile la vittoria. Ma, com’è noto, le alleanze sono state realizzate solo nel campo della destra a tradizione meloniana mentre nel mai decollato campo largo progressista ci si è, chi più e chi meno, impegnati per l’ennesima volta nella diaspora. E poi ci si lamenta che i voti mancano e che un terzo abbondante di elettori preferisce disertare le urne. Il campo largo progressista è rimasto un’illusione, dimostrando da parte di tutti come i rancori e le antipatie, le divisioni e le autoreferenzialità hanno prevalso una volta di più su una possibile alleanza costruita su pochi punti chiari e comprensibili, capaci di trovare spazio e riscontro come presenza popolare, con una connotazione culturale e sociale leggibile, un modo di sentire in qualche misura comune. L’aveva già scritto, riferendosi ai già pessimi risultati per la sinistra nel 2018, un sociologo intelligente come Marco Revelli: non si tratta di una “sconfitta storica” che quella del 18 aprile del 1948. Allora la sinistra del Fronte popolare, in un mondo diviso in due, venne sconfitta dalla Dc atlantista e degasperiana  “ma non uscì di scena”.  Luciana Castellina scrisse che allora si “ritornò al lavoro e alla lotta, perché quell’esercito era stato battuto in battaglia ma c’era, aveva un corpo, messo in minoranza ma consistente, e  ritornò a tessere la propria tela”. Oggi pare come quattro anni fa, in un quadro politico tutto virato a destra, che la sinistra e i progressisti si sono fatti da parte e che gli elettori si sono limitati a sfilare accanto per andare altrove, astenendosi o dividendosi. Altro che argine democratico! Prendiamo ad esempio il Pd. Il compito più arduo che il maggior partito d’opposizione ha di fronte è la ricostruzione di se stesso e di un campo politico sotto tutti gli aspetti: organizzazione, programma e valori, alleanze. Dopo le sconfitte occorre impegnarsi a rovesciare la piramide, modellando un partito più inclusivo, meno verticale,  dove le diverse parzialità non gareggiano ma si confrontano, ridando a iscritti ed elettori non soltanto la parola  ma la capacità di incidere sulle scelte e di decidere. Con un ricambio forte delle classe dirigente che è rimasta sostanzialmente la stessa da prima di Renzi a dopo Renzi, Zingaretti e Letta. Molti dirigenti di lungo corso vanno ringraziati per ciò che hanno fatto,invitandoli a farsi da parte se non ci arrivano da soli. E a fare come Bersani che, con generosità, si è impegnato nella campagna elettorale ( e prima..) spiegando che non è necessario avere uno scranno dove sedersi nelle istituzioni per fare politica. Se si vuole rifondare la politica, la cultura e il progetto di una sinistra moderna e fare del Pd un partito saldo nei principi, robusto nell’impianto programmatico, autenticamente federalista, capace di sintesi sulle questioni più delicate e controverse ma soprattutto un partito di popolo, veramente democratico e a larga adesione, occorrono scelte nette. In caso contrario difficilmente ci si potrà sottrarre da una più o meno lenta e irreversibile agonia che condurrà ai margini della vita politica. E’ indispensabile raccogliere tutte le opposizioni attorno a un tavolo e ragionare seriamente sul futuro, ascoltandosi, cercando i punti in comune, le cose che uniscono  con umiltà, decisioni e responsabilità collettiva. E’ un dovere di tutti costruire le premesse di un confronto e di un clima positivo. Ricordiamo cosa scrisse Italo Calvino: “D’ogni intesa politica, temporanea o duratura che sia, quello che conta è il clima, cioè le energie morali che mette in moto”. Ricordiamoci che la modernità è conflitto, oltre che dialogo. E in un conflitto è necessario schierarsi. Sempre e non solo a parole nel tempo delle elezioni, magari andando ai cancelli delle fabbriche tre giorni prima del voto per farsi un selfie e far imbufalire quei lavoratori che non si sentono più rappresentati. Andare nelle periferie, nei quartieri, ascoltare e confrontarsi con la gente anche se questo può esporre a critiche, contestazioni. Parlare e incontrare i cittadini non può ridursi solo alle campagne elettorali, e nemmeno ci si può rifugiare in riunioni tra pochi al chiuso per raccontarsela tra se stessi o badare solo ai propri interessi di bottega, alle dinamiche personali di questo o quella per poi finire come è accaduto oggi con un pugno di mosche in mano.  La sinistra deve dare voce  agli ultimi, a chi ha meno possibilità e più problemi di fronte alle difficoltà di ogni giorno. E’ un modo di essere utili e necessari che è del tutto moderno e attuale. La sinistra deve sapersi innovare e stare nella modernità sempre, con un suo punto di vista, facendosi parte nel conflitto che la attraversa, pena lo smarrirsi, il trasformarsi in un puro contenitore senz’anima. La sinistra è radicamento nella modernità ma è anche,per usare un’espressione cara a Norberto Bobbio, lotta per l’uguaglianza. Questo dovrebbe essere il punto di vista della sinistra. Un punto di vista insopprimibile visto che la sinistra esiste in natura e ci sarà, qualunque nome l’accompagni, finché sarà necessario battersi per diritti, uguaglianza, giustizia e  libertà.

Marco Travaglini

Magi+Europa: a noi voto liberale

GRAZIE A CITTADINI TORINESI

“Nonostante il risultato a livello nazionale non possa soddisfarci, sono stato eletto nel collegio Piemonte 1 a Torino. Per questo, voglio ringraziare tutti i cittadini torinesi per aver posto la loro fiducia nelle nostre proposte, dandomi la possibilità di continuare in Parlamento le battaglie per cui lottiamo da sempre”. Lo scrive il deputato Riccardo Magi, Presidente di +Europa.  “Il fatto che +Europa abbia tenuto, sfiorando il 3% a livello nazionale – e superando il 4% in Piemonte e quasi il 6% a Torino -, significa che è passata l’idea che la vera opzione di voto liberale che non favorisse la destra era quella di +Europa nel centrosinistra. Siamo di fronte a una destra che di centro non ha più nulla. Noi saremo pronti a fare un’opposizione dura, presidiando i valori e le battaglie che da sempre ci contraddistinguono e a vigilare perché le grandi opportunità di sviluppo economico e civile rappresentate dal Pnrr non vengano disperse da una maggioranza euroscettica, anzi con tratti decisamente antieuropei. Voglio ringraziare per l’impegno e l’entusiasmo messo in questa campagna elettorale tutti i compagni dell’Associazione radicale Adelaide Aglietta, di +Europa Torino e +Europa Piemonte”.

Eletti a Torino e in Piemonte: 13 a 2 per il Centrodestra

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In Piemonte, in 13 collegi uninominali su 15 vince il centrodestra.

Riccardo Magi candidato alla Camera di +Europa e Andrea Giorgis candidato del Pd al Senato sono gli unici due parlamentari del centrosinistra eletti,  in collegi uninominali di Torino città. Tutti gli altri 13 collegi uninominali piemontesi sono stati conquistati dal centrodestra che registra  una netta vittoria. Il Pd è il primo partito solo nel capoluogo dove FdI supera il 20% dei consensi. Un po’ sotto la media nazionale M5S, con l’ex sindaca Chiara Appendino che conquista il 13,8% dei consensi collocandosi  al terzo posto sull’uninominale di Torino. Vince però  un seggio con il proporzionale. Va meglio del resto d’Italia il terzo polo che supera nel centro di Torino  il 10%. I parlamentari da eleggere in Piemonte sono complessivamente 43 tra deputati e senatori.

Piemonte, Centrodestra al 53%. Pd primo partito a Torino

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Elezioni politiche, il giorno dopo

Anche in Piemonte la vittoria nelle urne va al Centrodestra con il 53% dei consensi. Il Pd resta primo partito a Torino, ma tallonato da Fratelli d’Italia che supera il 20%. Nei collegi uninominali della città vincono Andrea Giorgis (Pd), Andrea Magi (+Europa) e Augusta Montaruli (FdI). L’affluenza nel capoluogo regionale cala di 10 punti rispetto alle precedenti elezioni per il Parlamento. In Piemonte il Centrosinistra è al 28%. Tra i dati ancora non definitivi:  M5s e Lega al 10%, Azione-Italia Viva all’8,5%, Sinistra Italiana 6,4%.

La politica per il bene comune

L’appuntamento a Piazza dei Mestieri di Torino, nell’ambito di TOgether, Protagonisti all’Opera

La politica per il bene comune non è uno slogan qualsiasi, ma sta alla base della rassegna dal titolo “Together Protagonisti all’opera: rassegna di incontri dal 19 al 25 settembre 2022, organizzato in piazza dei Mestieri, via Jacopo Duranti 13.

Si tratta del susseguirsi di una serie di appuntamenti che affrontano i diversi aspetti del vivere, dalla cultura al lavoro, dalla politica alla società, offrendo agli spettatori l’opportunità di acquisire una conoscenza maggiore e una consapevolezza di se stessi e del contesto in cui vivono.

L’occasione è  rappresentata dal centenario della nascita di don Giussani, avvenuta nel 1922, che è stato presbitero, teologo e docente, fondatore del Movimento di Comunione e Liberazione. Alla chiusura di una campagna elettorale piuttosto povera di contenuti, la manifestazione intende offrire una chiave di lettura nuova della realtà che ci circonda. Sul palco sono salitepersone, imprese e associazioni che operano quotidianamente sul territorio, per creare condizioni di crescita e di sviluppo, aiutando chi si trova in difficoltà.

Una pluralità sono gli argomenti trattati, la missione delle opere sociali che si confrontano sulla realtà  dei bisogni più impellenti della nostra società.

Sul palco, nell’ambito dell’incontro sul tema “La politica per il bene comune”, sono intervenuti Sergio Chiamparino, Consigliere regionale del Piemonte, Alberto Cirio, presidente della Regione Piemonte, Giampiero Leo, portavoce del Coordinamento Interconfessionale “Noi siamo con voi”, il sindaco di Torino Stefano Lo Russo, moderatore Dario Odifreddi, presidente della Fondazione Piazza dei Mestieri.

I lavori si sono aperti con una riflessione di Giampiero Leo sul significato profondo del Bene Comune, che è più facile compiere se si è dotati di una “bussola morale”, di una sincera disponibilità al dialogo e di un vero amore e rispetto per la comunità. Partendo da questo presupposto è stato ricordato il momento in cui, con Chiamparino sindaco di Torino, la città ha conosciuto uno dei suoi periodi più gloriosi con le Olimpiadi del 2006conquistate da Torino, grazie all’impegno congiunto di governi regionali e comunali di colore diverso, che sono state affiancate anche da importanti manifestazioni culturali.

L’intervento del presidente della Regione Alberto Cirio  e del sindaco di Torino Stefano Lo Russo hanno rappresentato un contributo essenziale per rafforzare il fatto che la politica debba avere in mente il bene comune, bandendo qualsiasi interesse partigiano.

Creare il bene comune nella politica – ha poi affermato Sergio Chiamparino – rappresenta esattamente il contrario di quello che viene considerato un intrigo. È il presupposto fondamentale di chi viene eletto e rappresenta una parte della società. La tensione per il bene comune è l’anelito verso un bene capace dicoinvolgere tutte le categorie sociali.

“Ritengo – afferma il sindaco di Torino Stefano LoRusso – che questa sia una fase della storia dell’Europa e dell’Italia molto particolare, in cui è richiesto di rispondere a un bisogno di sincerità e di andare oltre le proprie convinzioni. Ricercare il bene comune riguarda investimenti e la strutturazione di posti di lavoro. L’industria risulta cambiata, è necessario raccontare i progetti e non si può appaltare ai soli politici la politica. Bisogna far tornare la consapevolezza che l’impegno in politica è di tutti.

Sette settimane fa il problema era rappresentato dall’acqua che mancava, ora bisogna dimostrare di essere persone credibili facendo innamorare della politica tutti i cittadini.

“Condivido tutti e tre gli interventi che mi hanno preceduto – puntualizza Alberto Cirio – nella mia esperienza politica devo confrontarmi sempre con ciò  che sta accanto a me. Grandi responsabilità ho assunto quando sono stato nominato commissario al Covid, prima, poi per l’emergenza profughi in Ucraina, quindi Commissario alla siccità. Sono felice di aver trovato un aspetto pragmatico nella ricerca di soluzioni comuni per beni comuni.  Quando ho dovuto prendere la decisione di chiudere le scuole, al comparire del Covid, ho trovato conforto nell’appoggio del Presidente della Repubblica, che mi ha detto di ispirarmi alla  Costituzione, in cui è presente il diritto allo studio, ma preceduto dal diritto alla vita e, per questa ragione, ho compiuto la scelta dolorosa di far chiudere le scuole”.

“Risulta fondamentale – spiega Giampiero Leo la partecipazione dei cittadini alla democrazia. Il Bene Comune lo si realizza molto più facilmente individuandoun rapporto molto stretto tra politica e istituzioni, e riabilitando il ruolo dei corpi intermedi. Un miracolo concreto è  rappresentato proprio dalla realtà di “Piazza dei Mestieri.

La legge sui centri giovanili fu, così, infatti per esempio, votata all’unanimità dal Consiglio regionale. Le associazioni hanno avvertito una profonda responsabilità; poi, purtroppo, l’attenzione verso queste associazioni culturali, con il tempo è molto diminuita.Altrettanto fondamentale risulta il discorso sulla democrazia, che si basa sulla ricchezza delle associazioni. Un altro aspetto da curare è  quello di avvicinare i giovani alla politica. L’80, 85 per cento diloro risulta lontano dalla politica e appare dunque necessario avvicinarlo, innanzitutto con esempi di coerenza e serietà, ma anche mantenendo in campo tutti gli stimoli possibili.

Nel corso dell’incontro è stato sottolineato il ruolo della dimensione, in chiave europea, del presidente Alberto Cirio. Sergio Chiamparino, in qualità  di consigliere regionale, ha poi, altresì, spiegato di misurarsi sui cambiamenti naturali e strutturali della società, evitando qualsiasi personalizzazione crescente e ambigua da parte della politica, che tende a oltrepassare tutti i circuiti di mediazione. Un altro aspetto estremamente critico è dato dal fatto che i corpi intermedi siano in difficoltà e che la comunicazione sia sempre più individualistica.

Risulta, quindi, necessario, un recupero del ruolo dei corpi intermedi e di quello, per esempio, che il sindacato ha sempre avuto. La loro assenza può provocare barbarie e dittatura. Chi abbia degli incarichi deve, necessariamente, dialogare con i sindacati e con le associazioni del territorio.

“Bisogna fare degli investimenti – spiega il presidente della Regione Alberto Cirio sui giovani, che risultano demotivati dalla presenza del reddito di cittadinanza e spesso rifiutano tre o quattro lavori. Siamo di fronte anche a un cambiamento nella comunicazione, attraverso un nuovo uso dei social, tanto che compaiono delle macchine appartenenti al mondo virtuale del metaverso”.

Mara Martellotta 

Elezioni, Torino: affluenza finale 64,57%

Elezioni politiche 2022 Citta’ di Torino

Aggiornamento definitivo:

L’affluenza alle 23 del 25 settembre per il Senato e per la Camera è del 64,57%. Alle elezioni politiche del 2018 (una sola giornata di voto) l’affluenza finale del Senato era stata del 73,18 % degli elettori, e per la Camera del 73,22%

Ore 23/ E’ in corso la rilevazione dell’affluenza finale e lo scrutinio dei voti. Affluenza finale: tendenza al 64.5 %.
Su:http://www.comune.torino.it/elezioni/2022/politiche/ è possibile seguire l’andamento in tempo reale delle affluenze e dello scrutinio dei voti.


ELEZIONI POLITICHE, AFFLUENZA ORE 19

 

La rilevazione alle ore 19 sull’affluenza per le elezioni politiche a Torino è stata del  50,49

Nelle Elezioni politiche del 2018 (una sola giornata di voto) alle ore 19 a Torino aveva votato il 58,22% degli elettori.

Nelle Elezioni amministrative del 2021 (due giornate di voto) alle ore 19 a Torino aveva votato il 29,29% degli elettori.

La rilevazione finale sarà alle ore 23.00, alla chiusura dei seggi.

Elezioni, Torino: alle 12 affluenza del 17,53%

ELEZIONI POLITICHE, AFFLUENZA ORE 12

La rilevazione alle ore 12 sull’affluenza per le Elezioni politiche è stata del 17,53%

Nelle Elezioni politiche del 2018 (una sola giornata di voto) alle ore 12 a Torino aveva votato il 16.85% degli elettori.

Nelle Elezioni amministrative del 2021 (due giornate di voto) alle ore 12 a Torino aveva votato il 9,62% degli elettori.

La prossima rilevazione sarà alle ore 19.00