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Buona Destra: Superbonus e rischio fallimento per le imprese

L’allarme lanciato da CNA, circa la situazione generale che sta colpendo il comparto edile in gravissima crisi di liquidità, getta un’ombra di preoccupazione circa il futuro di un settore che oggi pone a rischio la prosecuzione delle attività di circa 33 mila imprese.

“Le numerose modiche normative apportate negli ultimi 6 mesi hanno trasformato i Superbonus dell’edilizia in super-trappole per imprenditori, aziende e lavoratori del settore edile”, così Claudio Desirò, Coordinatore Regionale della Buona Destra del Piemonte, “una situazione che preoccupa, sopratutto per le ricadute economiche e sociali con il rischio di perdita di 150 mila posti di lavoro nel nostro Paese. Le aziende si ritrovano in crisi di liquidità, con i cassetti fiscali pieni, ma con l’impossibilità di cedere ulteriore credito a banche ed intermediari finanziari che ne hanno bloccato l’acquisto”.

Secondo i dati ufficiali del Ministero dell’Economia, infatti, più di 5 miliardi di Euro sono al momento bloccati e non liquidati, creando un ristagno di crediti dovuto all’incertezza normativa generata negli ultimi mesi.

“In queste condizioni le imprese dell’edilizia si ritrovano a non riuscire ad avere a disposizione la liquidità necessaria a pagare i fornitori ed i lavoratori, con il serio rischio di non portare a termine i lavori iniziati e di non riuscire a proseguire la propria attività in futuro”, commenta Desirò.

Infatti, secondo il rapporto di CNA, crescono le imprese che hanno difficoltà a onorare i loro pagamenti: il 45,9% non ha pagato i propri fornitori, il 30,6% non sta pagando tasse e imposte, il 21,1% non riesce a pagare salari e stipendi. Si viaggia, in questo modo, verso un approdo terribile: il 68,4% delle imprese paventa la sospensione dei cantieri già avviati, il 90,3% il mancato avvio di nuovi cantieri.

Secondo Desirò, “il bonus edilizia ha contribuito fortemente al rimbalzo del PIL nell’ultimo anno, ma le conseguenze che si prospettano risultano evidenziare ancora una volta come il drogare un mercato con la politica dei bonus, seppure porti risultati nell’immediato, si confermi essere una scelta che non mantiene risultati nel medio-lungo periodo, con il rischio di un effetto boomerang per il settore e per l’intero Paese”.

“L’auspicio”, conclude Desirò, “è che il Governo Draghi inizi finalmente quel percorso di profonde riforme di cui necessita il nostro Paese per poter ripartire e costruire il proprio futuro su solide fondamenta e non continui sulla strada dei bonus a pioggia, che dimostrano essere cure palliative e poco efficaci per una reale ripresa generale”.

Stabilizzazione sanitari, Grimaldi (LUV): La lotta paga

La vittoria dei sindacati passa per l’ennesima smentita di Icardi

“La lotta paga, la stabilizzazione dei sanitari è soprattutto una vittoria dei sindacati che da mesi chiedono le risorse necessarie per garantire il funzionamento e il miglioramento dei servizi sanitari. L’esplosione delle liste di attesa e i numeri drammatici della nostra sanità non potevano portare a un altro esito né farci prendere in considerazione di lasciare a casa il personale. Senza questi lavoratori e queste lavoratrici non ci potremmo mai permette di mantenere aperti i nostri servizi” – è il commento di Marco Grimaldi, Capogruppo di Liberi Uguali Verdi in Regione.

“Fino a ieri Icardi ci diceva che quelle figure, secondo lui poco qualificate, non potevano essere interamente stabilizzate. Fortunatamente – prosegue Grimaldi – l’Assessore alla Sanità è stato smentito per l’ennesima volta e si sono finalmente trovate le risorse, che ancora qualche settimana fa abbiamo chiesto di inserire nel bilancio e che ci sono state negate bocciandoci tutti gli emendamenti sul tema”.

“Eppure – conclude Grimaldi – non è ancora finita: se c’è una cosa che la pandemia ci ha insegnato è che la poderosa macchina sanitaria regionale non può essere gestita senza un’organizzazione. Ecco perché dobbiamo trovare nuove risorse per prolungare tutti i contratti precari, a partire da quelli degli operatori amministrativi non inclusi nel decreto che prevede la stabilizzazione di chi ha accumulato 18 mesi di servizio”.

Noi Di Centro-Mastella e i referendum

“5 sì convinti al referendum di domenica prossima per una vera giustizia, per una giustizia giusta e
per avviare, almeno si spera, una vera riforma del settore. Tutti sappiamo, al riguardo, le vere
motivazioni politiche che hanno impedito, di fatto, la riforma della giustizia in questi ultimi anni nel
nostro paese. Il giustizialismo manettaro di settori consistenti della politica da un lato e la non
volontà di mettere in discussione equilibri ormai consolidati dall’altro hanno fatto sì che l’unica
strada per tentare di smuovere le acque è rappresentata dal ricorso allo strumento del
referendum. Certo, il referendum, sperando che l’esito sia comunque positivo, non risolve
automaticamente i problemi ma è indubbio che può rappresentare una spinta formidabile per
avviare un percorso legislativo di riforma della giustizia italiana. Com’è ovvio, non possiamo
attenderci alcun segnale incoraggiante da alcuni settori della politica italiana – dai 5 stelle alla
sinistra giustizialista – che lavorano per lo status quo e la non volontà riformista.
Comunque sia, dall’esito del referendum di domenica prossima capiremo se la giustizia italiana
andrà incontro ad una stagione di riforme e di cambiamento o se prevarrà, ancora una volta, la
situazione esistente. Noi lavoriamo per il cambiamento”.

Giorgio Merlo Presidente Nazionale Noi Di Centro-Mastella
Renato Zambon Segretario Regionale Piemonte Noi Di Centro-Mastella.

Otto consiglieri lasciano Torino Bellissima

 “LASCIAMO TORINO BELLISSIMA, NOSTRO PERCORSO CIVICO È INIZIATO E RESTA NEL CENTRODESTRA”
“Perplessi e dispiaciuti ci troviamo costretti a lasciare la lista civica Torino Bellissima e a proseguire il nostro impegno civico per la Città nei gruppi misti delle rispettive Circoscrizioni.
Nessuno di noi è interessato a derive populiste improvvisate, ma nemmeno a improvvisate e imposte linee politiche comunicate, anche agli eletti, a mezzo stampa o in una riunione convocata a una settimana dalle decisioni già prese. La nostra decisione è presa nel rispetto dei nostri elettori e dei nostri valori. Ringraziamo Paolo Damilano e tutti gli amici di Torino Bellissima per aver costruito insieme un risultato elettorale importante e condiviso questi primi mesi di impegno, ma tutti noi, come i nostri elettori, abbiamo scelto di aderire ad un progetto civico liberale chiaramente collocato nel centrodestra ed è in tale metà campo che intendiamo continuare. Il centrodestra attuale è certamente da migliorare, ma non è lasciandolo che gli si può dare nuovo ossigeno. Volendo proseguire il percorso civico iniziato non aderiamo a nessun partito. Nascerà, da oggi, un gruppo di lavoro trasversale a tutte le circoscrizioni, da subito composto dalle Consigliere e dai Consiglieri scriventi, che lavorerà in squadra con la coalizione di centrodestra per il bene e lo sviluppo della comunità.”
Lo dichiarano in una nota stampa congiunta i consiglieri: Federico Chiassa (Circ 3); Simona Borrelli, Caterina Mastroeni e Stefano Subbiani (Circ 5); Michele Celentano e Giulia Zaccaro (Circ 6); Francesco Caria e Claudia Gianotto (Circ 7).

Ambrogio (Fdi): Aurora, criminalità dilaga

“Siamo all’ennesimo lunedì in cui ci troviamo obbligati a dover dibattere con preoccupazione
riguardo a scene di ordinaria follia che stanno prendendo il sopravvento nella nostra città.
L’uomo armato di machete, protagonista della rissa in Aurora dello scorso 1° giugno, era già noto
alle Forze dell’Ordine, ma evidentemente non sono state adoperate né le risorse né gli strumenti
necessari a tenere lontano violenza e criminalità dai nostri quartieri.
Sono d’accordo con il Sindaco quando afferma che non si può parlare di Torino come una città
ostaggio di spacciatori e baby-gang, ma non può negare che interi quartieri, come Aurora, che invece
sì sono teatro di violenze e criminalità e l’Amministrazione continua ad abbandonare i cittadini che
vivono in questi territori, senza offrire soluzioni adeguate.
Al Sindaco Lo Russo chiediamo più serietà, perché Fratelli d’Italia non cavalca nessun tema
ideologico e anzi abbiamo portato le nostre idee e proposte sia al Sindaco che al Ministro Lamorgese.
La sicurezza dei nostri concittadini non passa solo da “rigenerazione sociale”, ma da provvedimenti
rigorosi e strutturali come il daspo urbano.
Basta buonismo e tolleranza a senso unico: è ora che il Sindaco alzi la testa e chieda al Ministro
Lamorgese strumenti che consentano ai torinesi di vivere senza il terrore di uscire di casa o di andare
a prendere i propri figli a scuola”.

Paola Ambrogio

Consigliere comunale Fdi

I Verdi del Piemonte scrivono agli assessori all’ambiente

In occasione del cinquantenario della Giornata Mondiale dell’Ambiente

i Co-portavoce regionali di Europa Verde – Verdi Piemonte, Mariella
Grisà e Mauro Trombin, inviano una lettera agli assessori
all’ambiente delle 8 province piemontesi, in Regione e in Città
Metropolitana per ribadire che: “non c’è più tempo da perdere!”

Non c’è più tempo da perdere quando si parla di cambiamento
climatico.

“Cambiamenti climatici, natura e perdita di biodiversità,
inquinamento e rifiuti: l’evidenza che la Terra si trovi in codice
rosso – scrive l’ONU – è tutt’intorno a noi e diventa ogni giorno
più minacciosa. La via d’uscita da questo dilemma è trasformare le
nostre economie e società per renderle inclusive, eque e più connesse
con la natura. Dobbiamo passare dal danneggiare il pianeta a curarlo.”

Mariella Grisà Co-portavoce regionale di Europa Verde – Verdi ricorda
che: “Il 15 maggio è stato l’Overshoot day 2022 per l’Italia: il
giorno in cui, se tutti i Paesi consumassero come noi, avremmo finito le
risorse che il pianeta riesce a rigenerare nel corso di un anno. Gli
italiani, da soli, avrebbero bisogno di 2,7 pianeti per sostenere il
proprio stile di vita.”

I risultati sono stati pubblicati dal think thank indipendente Global
Footprint Network, che analizza, tra gli altri, parametri come:
alimentazione, edilizia, agricoltura, allevamento, energia e gestione di
città e foreste.

Dobbiamo assumere il contrasto al climate change, e più in generale la
sostenibilità ambientale, tra i principali obiettivi nella strategia di
crescita collettiva per questo occorre un impegno costante nelle
politiche ambientali.

Sosteniamo che la battaglia contro il riscaldamento globale passa dalle
energie rinnovabili, dobbiamo incentivare e supportare i cittadini, gli
imprenditori, i professionisti e le istituzioni nel percorso di
transizione energetica del Paese per raggiungere gli obiettivi entro il
2030 e 2050.

Quanto tempo ci rimane contro la crisi climatica?

Risponde Mauro Trombin Co-portavoce di Europa Verde per la Regione
Piemonte: “Ce lo dice un orologio 7 anni 47 giorni 18 ore 32 minuti,
questo è il tempo che ci è rimasto per agire prima che l’emergenza
climatica già in corso abbia conseguenze irreversibili sulla vita sul
Pianeta.”

Il Climate clock segna quanti anni, giorni, ore e minuti l’umanità ha
ancora a disposizione prima di una catastrofe climatica irreversibile.

Proponiamo l’installazione di questi orologi nelle nostre città per
portare i cittadini a volerne sapere di più, per rafforzare la
consapevolezza dei piemontesi in merito all’importanza di gestire la
crisi climatica, di tutelare il patrimonio forestale e le biodiversità
e di accrescere gli investimenti verso le fonti di energia rinnovabili.

Occupazioni case ATC, sfondata quota 200 casi a Torino e provincia


Non vogliamo più sentire l’alibi del “fenomeno di proporzioni ridotte”: chiediamo invece interventi immediati ai primi segnali d’allarme e riduzione dei tempi di assegnazione degli appartamenti sfitti.


I dati ci preoccupano: a maggio 2022 le case ATC abusivamente occupate sono 205 a Torino e 214 sull’intero territorio della provincia. Erano 190 a fine 2021: con il superamento della quota psicologica dei 200 casi, continuare a parlare di “proporzioni assolute del fenomeno ancora ridotte” diventa difficile dal punto di vista numerico e inutile dal punto di vista politico. Il costo delle occupazioni è sia economico (con un danno quantificabile in 2 milioni di euro) sia sociale (chi occupa impedisce a chi ne ha titolo di esercitare il diritto alla casa: sono quasi 10mila le famiglie che, nell’area metropolitana, hanno chiesto un’assegnazione). Tre misure per affrontare l’emergenza: una regia regionale in grado di coordinare l’attività di ATC e Comuni, intervento immediato ai primi segnali sospetti (per esempio, la presenza dei primi camper in zona), riduzione dei tempi di assegnazione.
Silvio Magliano – Capogruppo Moderati, Consiglio Regionale del Piemonte.

Referendum: Manzi, 5 Si’ nel nome di Tortora

Gianfranco Spadaccia, storico leader radicale, nel suo recente libro intitolato “Il Partito Radicale” (Sellerio editore) parlando della storica battaglia sulla giustizia conseguente allo scandalo del caso Tortora così scrive: “il caso Tortora aveva portato insieme le posizioni socialiste (in particolare con Claudio Martelli) e quelle liberali (con Altissimo, Zanone e Patuelli) e quelle garantiste dei Radicali, di cui allora era segretario Giovanni Negri. Insieme concordammo di tradurre questo avvicinamento in una iniziativa riformatrice della giustizia da realizzare per via referendaria, rivolgendoci direttamente al potere abrogativo di leggi, o parte di esse, che l’art. 75 della Costituzione riconosce direttamente al popolo”. Erano tre referendum, sul sistema di voto del CSM contro la partitocratizzazione della magistratura, sulla responsabilità civile dei magistrati, contro la commissione inquirente che salvava i Ministri che erano accusati di aver commesso reati. Era il 1987, 35 anni fa. Una valanga di sì non bastò e il Parlamento legifero’ contro il volere degli italiani.

Oggi, con i 5 referendum sulla giustizia che voteremo il 12 giugno, abbiamo una nuova occasione di riforma, di spinta in avanti. Per la riforma del CSM, per la separazione delle carriere dei magistrati, contro la legge Severino antigarantista, per ridurre gli abusi della custodia cautelare e per un controllo equo dell’operato dei magistrati.
Temi che questo Parlamento non ha e non avrà la forza di affrontare. Il rischio di non raggiungere il quorum è concreto dato che solo il 30% degli italiani conosce i temi referendari. Come sempre noi giochiamo il possibile contro il probabile e lottiamo.

Silvia Manzi già segretario radicali italiani

Pdf sostiene la protesta delle pentole vuote

Lucianella Presta, Coordinatore regionale del PdF-Piemonte:“Il nostro governo stanzia centinaia di milioni in una folle politica belligerante e affama la nostra gente”

Lucianella Presta, impegnata con i militanti del PdF piemontese nelle campagne elettorali amministrative di ben 5 comuni, rilascia questa dichiarazione: “Insopportabile e criminale l’indifferenza cinica con cui il governo Draghi ignora e calpesta le esigenze degli italiani, in particolare di 29 milioni di famiglie, per lo più monoreddito, che reggevano il proprio bilancio su piccole imprese famigliari costrette a chiudere.
 La forza economica dell’Italia, come la forza morale degli italiani, poggia sulla centralità della Famiglia, che da anni è attaccata per sradicarla e distruggerla. Il Popolo della Famiglia è insorto da sei anni per arginare questa deriva economica e culturale. Ha un programma che con precise e concrete misure porrebbe le basi per una ripresa quanto mai urgente.
Gli ultimi anni, infatti, hanno evidenziato una precisa strategia che, come già in Grecia, vede le logiche della finanza prevaricare e pilotare la politica. Ma in Italia la resistenza si rafforza.
Il 10 giugno anche il PdF esibirà la “pentola vuota” espressione di un malcontento incontenibile che reagisce alla beffa demagogica di chi afferma solidarietà a popoli stranieri affamando il proprio. Basta ingannarci con la logica del “panem et circenses”. Ci avete tolto il pane ma non ci ingannate più nemmeno con le partite di calcio e le parate militari”.

Referendum sulla Giustizia, questi sconosciuti

Separazione delle funzioni. Il Pubblico Ministero ed il Giudice

Il prossimo 12 giugno anche i torinesi saranno chiamati ad esprimersi, tramite il voto, pur nel silenzio generale, sui “Referendum sulla Giustizia”.
Tutti i quesiti abbracciano questioni di carattere squisitamente tecnico e, almeno apparentemente, di scarso interesse per i non addetti ai lavori, oltre che di difficile comprensione in termini di concretezza.
In realtà, si tratta di argomenti che afferiscono, in generale, ad una più giusta, equa e corretta amministrazione della Giustizia, obiettivo questo che coinvolge tutti i cittadini indistintamente.
La Giustizia è un bene comune, va preservata e riguarda ciascuno di noi.
Non possiamo rimanerne semplici spettatori.
Il punto da cui partire è l’art. 111 della nostra Costituzione, sul processo equo e giusto.
Dal testo emergono, tra gli altri, il principio della neutralità ed imparzialità del Giudice, nonché quello della parità delle parti processuali nel processo penale, cioè Pubblico Ministero e Difensore dell’imputato.
Si tratta di principi di tutela e garanzia per il cittadino, la cui effettiva applicazione dipende primariamente dalle regole predisposte dal legislatore affinché gli stessi trovino piena attuazione nella realtà.
In questo contesto si inserisce il quesito referendario sulla separazione delle carriere tra i magistrati requirenti (il Pubblico Ministero) e quelli giudicanti (il Giudice).
La domanda che verrà posta, invero, così come le norme di cui si chiede l’abrogazione, non si riferisce alle carriere dei magistrati, bensì alle loro funzioni.
La carriera dei magistrati, anche qualora venisse accolto il quesito referendario, rimarrebbe sempre unica: con un unico concorso, un unico organo di governo e disciplina, il CSM, con gli stessi corsi di formazione e aggiornamento e così via.
Quanto alle funzioni, invece, attualmente, seppur nella realtà accada di rado, l’organo d’accusa può dismettere la toga del Pubblico Ministero ed indossare quella di Giudicante, così come quest’ultimo può decidere di spogliarsi della neutralità ed imparzialità che gli impone la nostra Costituzione, cambiando funzione per rappresentare lo Stato contro il cittadino accusato di un reato.
Tale possibilità, appare evidente anche ai meno esperti, può creare distorsioni con riferimento alle competenze ed alla forma mentis acquisita dal Pubblico Ministero nell’esercizio delle sue funzioni, allorché poi quello stesso soggetto si trovi a dover giudicare super partes. Senza tener conto di possibili problematiche di incompatibilità o conflitti di interesse.
Il Pubblico Ministero, infatti, valuta le circostanze con la finalità accusatoria di esercitare l’azione penale e dimostrare la responsabilità penale dell’imputato nel corso del processo.
Il Giudice, invece, deve valutare gli elementi probatori che gli sono sottoposti dal Pubblico Ministero e dalla Difesa dell’imputato non con fine accusatorio, bensì di emettere una sentenza equa, giusta, proporzionata e più aderente possibile alla reale verificazione dei fatti quali emergenti dal processo, svoltosi nel contradditorio delle parti.
L’approccio che i due differenti ruoli richiedono è, pacificamente, diverso e la logica acquisita in anni di attività da Pubblico Ministero teoricamente potrebbe non essere così facile da accantonare allorché dovesse poi acquisire il ruolo di Giudice, osservatore delle argomentazione prospettate dalle parti.

La separazione delle funzioni, al netto delle indubbie competenze, professionalità, correttezza e serietà di ciascun magistrato, requirente o giudicante che sia, dunque, può sicuramente essere un primo passo per formalizzare e cristallizzare ciò che di fatto nella realtà per lo più accade, cioè l’impossibilità di passaggi tra ruoli, nonché per concretizzare i principi costituzionali.
Certo è, però, che la strada verso una piena applicazione dei principi di parità delle parti processuali e di imparzialità del Giudice è ancora lunga e probabilmente, oltre a dover transitare per una più corretta ed adeguata cultura degli operatori della giustizia in merito ai ruoli di ciascuno, difensori compresi, non potrà non passare anche per una reale separazione delle carriere dei magistrati, in modo da garantire la piena e totale indipendenza ed imparzialità del Giudice e la parità delle parti processuali.

Carmen Bonsignore

www.carmenbonsignore.it