politica- Pagina 241

Peste suina: le richieste del Consiglio regionale

Peste suina: nella seduta pomeridiana l’Aula ha approvato i quattro atti di indirizzo collegati all’Assemblea aperta svoltasi in mattinata.
L’ordine del giorno a prima firma Monica Canalis (Pd) impegna la Giunta ad adoperarsi per velocizzare il completamento della recinzione che isola l’area infetta e favorire un rapido incremento dell’azione di contenimento dei cinghiali su tutto il territorio regionale. Inoltre la impegna a farsi parte attiva con il governo nazionale per l’erogazione di ristori e ad informare mensilmente il Consiglio sullo stato di attuazione del piano di eradicamento della peste.                                                                                Paolo Bongioanni (FdI) nel suo atto di indirizzo chiede di sollecitare il Governo e il Parlamento a modificare la legge 157/1992 sulla fauna selvatica, aumentando la possibilità di abbattimenti dei cinghiali e del numero di addetti abilitati e a prevedere maggiori finanziamenti per il piano regionale. La Regione deve anche “favorire mezzi e risorse per contrastare l’abbandono di rifiuti nei centri abitati e aumentare le capacità operative della polizia rurale, al fine di contrastare la diffusione del cinghiale presso i centri abitati.
Anche l’Odg a prima firma Paolo Ruzzola (FI) chiede la modifica della legge nazionale su fauna selvatica e prelievo venatorio, in particolare chiede di includere tra gli incaricati ad operare, oltre alle guardie venatorie, i carabinieri forestali, i proprietari e conduttori dei fondi interessati, anche altri soggetti con licenza per l’esercizio venatorio.
Infine Sean Sacco (M5s) ha presentato un atto di indirizzo che impegna la Giunta a prevedere “misure omogenee nelle aree interessate dal contenimento della peste suina africana attraverso un coordinamento tra la Regione Piemonte e la Regione Liguria”.

Pd, Beni confiscati: nella giornata del 19 luglio un segnale chiaro contro le mafie

 

Approvati strumenti innovativi per rendere più efficace il riutilizzo dei beni sottratti alla criminalità organizzata.

19 luglio 2022 – Dopo tre anni senza risorse per il riuso dei beni confiscati – dal 2019 infatti la Regione Piemonte non finanzia il bando destinato ai Comuni – buone notizie per tutti coloro che hanno a cuore il tema della lotta alle mafie, proprio nel giorno in cui ricorrono i trent’anni dalla strage di via D’Amelio.

Nella seduta odierna è stata approvata all’unanimità la delibera che sblocca il bando per il riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie, per un ammontare di 450.000 euro per il 2022 e altrettanti per il 2023. Alla presente delibera i consiglieri Diego Sarno (primo firmatario) e Domenico Rossi, hanno presentato un ordine del giorno con l’obiettivo di rendere più efficace il riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie. Un atto di indirizzo approvato all’unanimità.

“Il documento può rappresentare un importante strumento nelle mani della Giunta per mettere il Piemonte nelle migliori condizioni per continuare la lotta politica, culturale ed economica contro le mafie. Anche a partire dagli spunti offerti in Commissione Legalità da Maria Josè Fava, referente di Libera Piemonte, e del professor Rocco Sciarrone, dell’Università di Torino, sappiamo che il Piemonte, penultimo in Italia per numero di beni riutilizzati, può e deve fare molto di più per sostenere il riuso degli stessi, e quindi la lotta alle mafie” spiegano i consiglieri Dem.

“In tal senso l’ordine del giorno impegna la Giunta a prevedere per tutti gli anni la pubblicazione del medesimo bando, impegnando una somma non inferiore ai 450.000 euro già previsti per il 2022 e il 2023. Allo stesso modo, il documento prevede la possibilità di accordarsi con la Prefettura per estendere anche agli enti del terzo settore l’accesso ai fondi, oggi previsto solo per gli enti locali; il riconoscimento della priorità, nell’attribuzione di fondi nei bandi regionali, a progetti che si svolgeranno all’interno dei beni confiscati; la previsione, nell’offerta formativa degli amministratori, di una socializzazione agli strumenti dell’intercomunalità, della co-progettazione e dell’amministrazione condivisa come buone pratiche per garantire una migliore gestione dei beni confiscati, attivando anche una cabina di regia regionale per attivare un piano straordinario in materia” precisa Sarno.

“Oggi in aula abbiamo rimesso al primo posto la lotta alle mafie e con l’ordine del giorno approvato all’unanimità abbiamo avviato un percorso di innovazione nelle procedure di bando così da velocizzare i percorsi e sostenere Comuni e terzo settore, che sono gli attori principali, con strategie chiare e favorendo il coordinamento e la collaborazione tra istituzioni” aggiunge Rossi. “In particolare la possibilità di un accesso diretto ai fondi erogati da parte degli enti del terzo settore, già gestori dei beni in via definitiva, apre uno scenario completamente nuovo nelle modalità di progettazione e sviluppo nel recupero dei beni e nel coinvolgimento della società civile” conclude il consigliere Dem.

Una rosa per Borsellino da Torino tricolore

Nel trentennale della sua morte Torino Tricolore ricorda Paolo Borsellino

Torino, 19 Luglio – Questa mattina, nel trentesimo anniversario dell’uccisione del magistrato Paolo Borsellino, i volontari di Torino Tricolore hanno depositato, davanti alla residenza Universitaria a lui intitolata, una rosa rossa per ricordare il suo sacrificio e l’impegno profuso, insieme a Giovanni Falcone, per la lotta alla mafia.

“Con questo gesto – dichiara Matteo Rossino portavoce di Torino Tricolore – abbiamo voluto portare un doveroso riconoscimento a Paolo Borsellino, alla dedizione che ha mostrato per il proprio lavoro e al coraggio con cui ha affrontato l’inevitabile, per non dimenticare uomini che, come lui, hanno sacrificato la vita per la propria Nazione.”

Democrazia e credibilità: “Noi siamo con voi” sostiene Draghi

Anche il Coordinamento interconfessionale del Piemonte “Noi siamo con voi” ha ritenuto di esprimere un proprio giudizio riguardo alla crisi di governo

Per noi credenti la qualità di una democrazia si misura nella ricchezza del suo “spazio pubblico”, vale a dire il recinto entro cui condividere, valutare e proporre soluzioni alternative ai problemi comuni che possono anche confliggere. E la politica dovrebbe essere quello spazio pubblico, il cantiere sempre in corso della diversità, delle alternative, degli esperimenti di vita, il laboratorio della non conformità e delle varie identità sociali. Insomma l’assunzione pubblica di quella responsabilità comune dove si vincono le resistenze al cambiamento perché la fine di un mondo non è la fine del mondo. Oggi più che mai – per noi del Coordinamento Interconfessionale piemontese – c’è bisogno di un supplemento di responsabilità ma anche di solidarietà. La guerra in Ucraina, la pandemia che rialza la testa, la crisi energetica, salari e pensioni falcidiati dall’inflazione, i cambiamenti climatici, il piano di crescita da portare avanti. Tutto questo esige risposte eccezionali. Quando la politica si rivolge alle paure, alle passioni e alle emozioni che scuotono lo spazio sociale, causano la revoca della fiducia, l’apatia, il rancore, il cinismo, il populismo. E fornisce su un vassoio d’argento il grimaldello con il quale autocrati mascherati da tribuni del popolo si aprono la strada del consenso. E allora la strada è univoca: la crisi della democrazia richiede più democrazia. Ma anche, forse soprattutto, credibilità, dote che a Mario Draghi viene riconosciuta in tutto il mondo, anche dai suoi avversari. Forse quando ci ricongiungeremo con i nostri Padri a noi non verrà chiesto quanto siamo stati credenti, ma quanto siamo stati credibili.

Giampiero Leo portavoce del Coordinamento interconfessionale “Noi siamo con voi”

Chicane e pit stop a Torino?

L’interpellanza per capire quando finirà il cantiere sul ponte Diga

 

Era il 13 maggio 2021, data quasi storica (!), quando iniziarono gli interventi di manutenzione straordinaria del ponte Diga sul Po di lungo Stura Lazio, consistenti nel sollevamento degli impalcati per la sostituzione di tutti gli appoggi e nel rinforzo strutturale delle Selle Gerber.

Lavori che avrebbero dovuto durare complessivamente oltre un anno e che come previsto nell’ordinanza, essere supportati da una serie di precauzioni.

Tra queste il divieto di transito per mezzi con peso complessivo superiore a 3,5 t, lunghezza superiore a 7 m e larghezza superiore a 2,20 m garantito con l’istituzione di appositi blocchi agli accessi del ponte realizzati con new jersey in cls e un limite di velocità di 30 km/h sull’intero impalcato del ponte e per un tratto di 50 m alle sue due estremità.

Nulla da eccepire sulle precauzioni e limitazioni per consentire adeguate condizioni di sicurezza sia agli utenti della strada, sia agli operatori del cantiere, ma i lavori proseguono notevolmente a rilento.

“I blocchi in new jersey posizionati all’inizio di corso Don Luigi Sturzo all’intersezione con piazza Coriolano e in lungo Stura Lazio quasi all’altezza del curvone delle “cento lire” – sottolinea il vice capogruppo di Torino Bellissima, Giuseppe Iannò, formano una vera e propria chicane, rendendo quel percorso un vero “circuito da formula uno”. Il vero problema sono gli ingorghi e le difficoltà per mezzi di soccorso. Visto il protrarsi dei lavori – chiede il consigliere – è veramente utile il posizionamento dei new jersey così predisposti e non sia il caso di ripensare alla loro collocazione, per migliorare la viabilità? Quando è effettivamente prevista la fine dei lavori di rinforzo strutturale del ponte Diga sul Po?”

Pernigotti (Italexit). Cronaca di una morte annunciata e voluta (da tutti): chissà perche?

Non è un colpo di scena come vogliono far credere politica e sindacati quello della volontà di acquisizione della Pernigotti di Novi ligure da parte del fondo speculativo finanziario JP Morgan.
Piuttosto sembra il segnale chiaro di un calo del sipario, che nessuno vuol davvero svelare.
Dalla vendita alla famiglia Averna, da parte  del discendente del fondatore Stefano Pernigotti, alla cessione ai Toksoz, turchi proprietari di un gruppo industriale. Dalla crisi, allo spezzatino, dai repentini e frequenti cambi di rotta della proprietà all’inutile vicenda giudiziaria, fino ad arrivare  alla sospensione delle trattative per la vendita dello storico marchio di Novi Ligure e all’annuncio dell’arrivo della JP Morgan in salsa draghiana. Sono sbiaditi gli annunci del 2018 di ministri e politici che consideravano il salvataggio di un
marchio storico che ha fatto grande il territorio già dato come avvenuto. Le uniche certezze sono che dei 92 dipendenti superstiti ne resterebbero 25, forse. Se pensiamo che una decina di anni fa erano oltre 200, i conti sono presto fatti.
Eppure a ben vedere una misura che nessuno vuole considerare ci sarebbe, ma appena accennata i proponenti vengono ignorati se non derisi. Ci riferiamo al Workers Buy Out (WBO), misura che consente di costituire una nuova impresa, di solito in cooperativa, attraverso l’acquisizione da parte dei lavoratori dell’azienda origine (o di un ramo di produzione della stessa) entrata in crisi.
In questo modo i lavoratori diventano soci ordinari o soci cooperatori. Per poter usare questo strumento occorre che l’azienda non sia già decotta, ma è necessario, infatti, che  sia ancora possibile riconvertire la crisi verso una condizione di operatività e di positività produttiva.

Oltre al salvataggio di posti di lavoro, il wbo si traduce anche in un patrimonio di competenze e know how, quote di mercato mantenute, occupazione preservata per un territorio e una comunità di riferimento.
E pensare che in Italia (dati: maggio 2019) le società cooperative esito di WBO attualmente attive impiegano oltre 4 mila dipendenti e generano un fatturato totale di circa 490 milioni di euro.
In ogni caso, ogni euro investito ha un ritorno economico per lo stato attraverso il pagamento degli oneri sociali, dell’Irpef pagata dai lavoratori, dell’imposta redditi pagata dalla società e sul mancato utilizzo degli ammortizzatori sociali.

Vero è che per fornire alla neocostituita cooperativa le risorse iniziali necessarie per avviare l’attività, i soci cooperatori devono mettere a disposizione risorse proprie, ad esempio i propri risparmi personali o il TFR, ma vorrebbe da chiedersi cosa sia davvero più rischioso: se contare sulle proprie forze e poche risorse o sulle inaffidabili promesse imprenditoriali, politiche e sindacali già viste e sentite ripetutamente.
Il Piemonte poi conta già alcuni casi di successo di recupero d’impresa, in particolare: la cooperativa Pirinoli di Roccavione (CN), la Cooperativa Italiana Pavimenti di Sommariva Bosco (CN) e la trentennale esperienza della Nuova Crumière di Villar Pellice (TO).

Ci sono state inoltre alcune interessanti novità introdotte dall’ultima legge di bilancio: uno sgravio contributivo totale per le società cooperative che si costituiscono, a decorrere dal 1° gennaio 2022, l’esonero dal versamento del 100% dei contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro,  per un periodo massimo di 24 mesi dalla data della costituzione della cooperativa, ad uno specifico regime di aiuto sulle risorse del Fondo crescita sostenibile. Perfino la Commissione europea ha approvato recentemente l’incentivo per le operazioni di workers buyout previsto dalla legge di Bilancio 2022, che si aggiunge ai finanziamenti agevolati a favore delle cooperative di lavoratori erogati dal Ministero dello Sviluppo economico.
Nessuno vuole nascondere che il costo di acquisizione del marchio storico potrebbe essere proibitivo ma, piuttosto che condannare famiglie e lavoratori ad un triste ed annunciato epilogo, come Italexit crediamo valga la pena di mettere al centro del dibattito questa misura. Non riusciamo a comprendere perché manchi la volontà anche solo di un confronto e perché si continuino a intrattenere relazioni unicamente con i sindacati, che negli ultimi anni non hanno saputo fornire risposte né soluzioni concrete ai bisogni delle troppe famiglie coinvolte dalle crisi. Noi siamo a vostra disposizione!

Luciano Bosco coordinatore nazionale Italexit per l’Italia con Paragone
Jessica Costanzo deputata torinese Commissione Lavoro Pubblico e Privato

La Buona Destra con Lo Russo, Nardella ed i Sindaci dalla parte di Draghi

Buona Destra Piemonte e Buona Destra Toscana, tramite i rispettivi Segretari Regionali, Dott. Claudio Desirò ed Avv. Kishore Bombaci, si uniscono alla lettera aperta dei sindaci che chiedono a Mario Draghi di andare avanti nell esperienza di governo e di cui sono promotori i Sindaci di Torino e Firenze, Lo Russo e Nardella.

“L’irresponsabilità del movimento cinque stelle”, afferma Claudio Desirò, “ha gettato il Paese in una situazione di caos ed incertezza altamente nocivi in un momento già estremamente complicato a causa delle diverse crisi che si sovrappongono”.

“Purtroppo”, Kishore Bombaci, “il populismo grillino sta mostrando la vera faccia di un movimento allo sbando, preoccupato unicamente per il proprio calo di consenso a scapito dell interesse nazionale”. 

“In un momento in cui sono in ballo le risorse del RF e sarebbe necessario proseguire sulla strada delle riforme che il governo Draghi sta portando avanti, la crisi aperta da Conte e dai parlamentari grillini è semplicemente assurda e priva di senso”, proseguono i due coordinatori, “Oggi c’è bisogno di responsabilità e patriottismo nel senso di amore per il bene comune, perciò invocare le elezioni come qualcuno sta già facendo, aggiunge irresponsabilità a irresponsabilità a cui Buona Destra si oppone drasticamente”.

“Per questo”, concludono Desirò e Bombaci, “ci uniamo all appello dei sindaci Lorusso e Nardella affinché Mario Draghi prosegua la propria esperienza di governo fino a fine legislatura con qualsiasi maggioranza anche se fosse senza il Movimento 5 Stelle”.

Oggi, chi decide di far male al Paese deve assumersene la responsabilità e ne dovrà rispondere in Parlamento e di fronte ai cittadini, ulteriormente danneggiati da scelte assurde, guidate da demagogia e populismo da quattro soldi.

Buona Destra Piemonte

Buona Destra Toscana

Siccità, Radicali italiani: nostre proposte inascoltate

 20 ANNI DI RITARDI, 20 ANNI DI PROPOSTE RADICALI INASCOLTATE E ORA NE PAGHIAMO LE CONSEGUENZE
Dopo il Po a Torino e il Tevere a Roma, la conferenza stampa di oggi nell’alveo dello Stura a Cuneo

Si è svolta una estemporanea conferenza stampa nell’alveo prosciugato dalla siccità dello Stura, a Cuneo, di Igor Boni (Presidente di Radicali Italiani) e Filippo Blengino (Segretario dell’Associazione Radicali Cuneo – Gianfranco Donadei).
I due esponenti radicali hanno fornito alcuni dati significativi per far comprendere la estrema gravità di questo evento in particolare per il Piemonte

I numeri:
L’agricoltura è il settore che utilizza di gran lunga più risorsa idrica.
A livello nazionale 55% agricoltura, 25% usi civili e 20% usi industriali.
Nel nord-ovest l’agricoltura utilizza oltre il 75% per l’enorme quantitativo necessario per le coltivazioni di riso e mais.
A livello italiano fatto cento i terreni irrigati abbiamo questa suddivisione per quanto riguarda i sistemi di irrigazione:
40% a pioggia, 31% scorrimento superficiale, 18% microirrigazione, 9% sommersione, 2% altri
In Piemonte, fatto cento i terreni irrigati, abbiamo questa suddivisione per quanto riguarda i sistemi di irrigazione:
56% scorrimento superficiale, 31% sommersione, 9% a pioggia, 3% microirrgazione, 1% altro.

Lo scorrimento superficiale è essenzialmente utilizzato per il mais, la sommersione per il riso e sono i sistemi più dispendiosi in termini di utilizzo della risorsa.

Se parliamo di utilizzazione di acqua per irrigazione come quantitativo a livello nazionale:
il riso utilizza circa 4,5 miliardi di metri cubi di acqua (è praticamente tutto in Piemonte e Lombardia)
Il mais 1,7 miliardi di metri cubi di acqua (quasi tutto nel bacino padano).
Solo mais e riso fanno nettamente più della metà dell’intero utilizzo agricolo italiano dell’acqua che si attesta secondo il report Istat su 12 miliardi di metri cubi.
In Piemonte si coltivano 156.000 ettari di mais su circa 600.000 ettari nazionali (più di un quarto); di questi 40.000 ettari solo nella provincia di Cuneo.
In Piemonte si coltivano 116.000 ettari di riso (quasi tutto nel Vercellese e Novarese) su 213.000 ettari nazionali. Il Piemonte da solo rappresenta più della metà dell’intera superficie a riso italiana.
Se guardiamo all’utilizzo dell’acqua nelle risaie lo stesso Ente risi parla di una media per la coltivazione del riso in sommersione di 43.000 metri cubi ad ettaro che diventano 33.000 metri cubi ad ettaro se il riso viene seminato in asciutta e poi successivamente allagato. Moltiplicando questi dati per i 116.000 ettari di riso in Piemonte o per i 213.000 nazionali si arriva a dati di utilizzo ben maggiori di quelli forniti dall’Istat

Gli esponenti radicali hanno dichiarato:
“Da oltre 20 anni, anno dopo anno, proponiamo dettagliati dossier sulle acque e riforme strutturali che non vengono fatte. Dai dati, in particolare quelli della nostra regione, si evince che per colpire il bersaglio grosso occorre ridurre l’utilizzo dell’acqua in agricoltura, mentre – al contrario – ora si propone di derogare al minimo deflusso vitale che significa creare un danno permanente ancora più grave dell’attuale all’intero ecosistema delle acque dolci.
Occorre un cambio di rotta nella gestione dell’acqua in agricoltura introducendo sistemi di irrigazione innovativi. La FAO evidenzia come l’irrigazione per gocciolamento utilizzata in Israele già da mezzo secolo consenta un risparmio idrico valutabile tra il 30 ed il 60% rispetto alla classica irrigazione per scorrimento, la più diffusa in Piemonte. Nuove tecnologie e agricoltura di precisione sono un pezzo importante della soluzione.
Serve utilizzare le colture a maggior “impatto idrico” come riso e mais solo sui terreni più adatti (quelli che, avendo una buona capacità di immagazzinamento idrico, consentono adeguate produzioni senza l’immissione di quantitativi enormi di acqua).
Servono controlli sui prelievi relativi alle acque superficiali per evitare – come accade – che non sia garantito il “Minimo deflusso vitale” nei corsi d’acqua e serve introdurre, come accade da tempo in altri paesi europei e al sud, il pagamento dell’acqua da parte degli utilizzatori in agricoltura rispetto al reale volume consumato e non rispetto alla superficie irrigata. Misuratori di portata e di consumo per ogni azienda.
Urge investire i milioni di euro necessari per ridurre le perdite dei nostri acquedotti è una priorità, certamente maggiore in alcune aree del centro e sud Italia.
Ben vengano nuovi invasi dove necessario ma la priorità assoluta è ridurre i consumi.
Nel 2006 in Parlamento facemmo votare un documento a maggioranza che impegnava il governo a stanziare fondi nel piano irriguo nazionale volti al cambio di tecnologie, all’aggiornamento sulle innovazioni in irrigazione per ridurre drasticamente i consumi. Non se ne è fatto nulla. Oggi meritoriamente il Ministro Cingolani riconosce i ritardi e dice esattamente quel che noi diciamo da oltre due decenni. I fondi del PNRR potranno colmare alcuni ritardi ma serve una presa di coscienza politica che non si limiti all’emergenza di questa stagione ma guardi a come mitigare gli effetti del cambiamento climatico in atto.
Si è fatto troppo poco. Servono provvedimenti draconiani e urgenti. Nell’immediato chiediamo un Consiglio regionale straordinario di confronto politico e tecnico su quanto sta accadendo con l’obiettivo prioritario di proporre alle regioni coinvolte la costituzione di un tavolo permanente padano, una sorta di “Cabina di regia” (lo chiediamo dal 2007!) che possa produrre, in accordo con l’Autorità di bacino del Po e i ministeri interessati, nonché i consorzi irrigui, proposte organiche su tutto il territorio e non a spot regione per regione o, peggio, comune per comune. Serve infine intervenire con una massiccia campagna di informazione e di formazione per preparare i cittadini ad affrontare un evento che non ha precedenti nell’ultimo secolo. Non è allarmismo, è la realtà”.

Per fortuna che c’è il Presidente Mattarella

Per fortuna che c’è Il Presidente Mattarella. Con l’Europa che ci dice: siete scemi?

Mario Draghi non ne può proprio più. Ma ve lo vedete  Draghi che si abbassa a telefonare a Beppe Grillo per chiederli di togliere  Giuseppe Conte dai piedi?  Altro danno che ha prodotto il sociologo Domenico De Masi,  classe 1938, che si annoia, non insegna più e se ne inventa una al giorno per metterci in difficoltà.  Lui il padre teorico del reddito di cittadinanza: tanto, poi i costi finali li paghiamo noi. Ora si è letteralmente inventato la diatriba tra Draghi e Conte o forse è stata l’ennesima guasconata del Comico Beppe Grillo.  E noi ci becchiamo degli scemi dagli europei. Ultimamente è complicato essere italiani.  Confidiamo nel ministro Giorgetti che convinca o imponga a Salvini di non fare colpi di testa.  Non solo perché vuole continuare nel fare il Ministro della Repubblica, ma deve continuare nel fare il Ministro.  Sono molti che glielo chiedono.
In particolare gli industriali lombardi terrorizzati dalla recessione e desiderosi di spendere i soldi del Mef. Situazione decisamente drammatica. Intanto da noi, forse, ci sono piccoli spiragli.  Come il mio amico Michele Paolino che oggi si insedia nel cda di GTT. Una volta roccaforte del deputato Gariglio ed ora saldamente condotto da tecnici che fanno riferimento, politicamente parlando, al nostro sindaco Lo Russo. Su GTT altri piccoli disastri fatti dall’Appendino, anche se non la principale responsabile del disastro dei mezzi pubblici in Torino e provincia.  Del resto siamo in ” buona compagnia ” a proposito di inefficienza. Ma non vale , almeno in questo caso, il proverbio mal comune mezzo gaudio. Dall’anagrafe alla viabilità molto, ma davvero molto non funziona. Del resto è appena arrivato, Lo Russo. Per i  miracoli bisogna rivolgersi ad altri. Non è  solo la politica che non funziona. Pure gli imprenditori bisticciano. Bisticciano sui posti in camera di commercio di Torino, per esempio. Non sono più le Camere di Commercio di una volta. Non hanno più il potere di una volta. Ma sono comunque qualcosa di importante per le aziende.
Perché, allora si bisticcia?  Non sono più i tempi delle “vacche grasse”, dunque tutto fa brodo per andare avanti. Nell’ andare avanti pensiamo positivo. Dunque auguri di buon lavoro a Michele Paolino. Benvenuto nella squadra del Sindaco. Come per Tom Cruise, Missione impossibile  davanti a voi. Indubbiamente, però tanti problemi e poche risposte. Come indubbiamente questa crisi di governo complica ulteriormente le cose.  Sbaglierò ma sono convinto che alla fine non si andrà a votare.  Intanto la figuraccia è  assicurata.
Patrizio Tosetto

Lanzo (Lega): Non togliete l’acqua agli agricoltori

Gravi danni economici e sociali in tutto il Piemonte, in particolare nel Novarese”

“Gli agricoltori non possono rimanere senz’acqua e tanto meno possono rimanere senz’acqua gli agricoltori novaresi. La drammatica situazione idrica che sta vivendo il nostro bel territorio è sotto gli occhi di tutti”. Esordisce così il vicecapogruppo regionale della Lega Salvini Piemonte Riccardo Lanzo, su un tema quanto mai attuale che sta preoccupando ormai da mesi il Piemonte.

“In questo momento – fa notare Lanzo – sullo stesso territorio comunale si possono trovare aziende che hanno già decretato la perdita del raccolto sul 50% della superficie e altre che riescono ancora a far sopravvivere le colture: ma per quanto ancora? Queste differenze sono causate dalle diverse derivazioni dei canali e da dove questi canali a loro volta pescano. Fino a oggi la parte coperta dal fiume Sesia sembra tenere, mentre le altre stanno soffrendo terribilmente. La parte alta del Cuneese non risente ancora molto del fenomeno utilizzando pozzi profondi per l’approvvigionamento idrico, spostandosi verso la bassa Cuneese si vedono già molte situazioni compromesse. Per ora se la cava la zona viticola anche se si vedono parecchie morie in vigneti giovani dove le barbatelle con un apparato radicale poco profondo in molti casi non riescono a sopravvivere”.

“Tutti i settori zootecnici – ricorda ancora il vicecapogruppo Lanzo – stanno affrontando spese enormi per cercare di mantenere gli animali in condizioni accettabili, ma i costi per le irrigazioni analizzati dagli esperti in molti casi raggiungono e superano i mille euro al giorno di gasolio per alimentare idrovore e rotoloni. Altro accenno alle centrali a biogas per la produzione di energia elettrica che molto probabilmente, come le stalle, non avranno trinciato di mais a sufficienza per garantire l’approvvigionamento necessario ad affrontare un anno intero, con il rischio conseguente di spegnimento degli impianti. Trovandoci solo nella prima quindicina di luglio abbiamo di fronte ancora un mese e mezzo prima che si possano raccogliere i cereali primaverili, quindi se mancherà ancora di più l’acqua aumenteranno proporzionalmente le aziende costrette ad abbandonare parti sempre più significative di superficie. I prezzi dei fertilizzanti sono in molti casi quadruplicati, i costi per l’energia elettrica raddoppiati, pezzi di ricambio introvabili e venduti a peso d’oro”.

Una doverosa premessa che però non può distogliere l’attenzione da quanto sta accadendo sul territorio Novarese: “Chiudere le bocche di derivazione – continua Lanzo – che portano l’acqua a migliaia di ettari del novarese coltivati soprattutto a riso per convogliare tutta l’acqua disponibile verso al Lomellina appare una decisione quanto meno discutibile. La Lomellina non ha un terreno vocato al riso e cercare di salvare quelle coltivazioni ormai compromesse a danno di chi invece ha vera vocazione risicola può rivelarsi una scelta economicamente e socialmente pericolosa. La Regione sa bene quali siano le necessità e dove indirizzare correttamente i contributi. L’analisi di eventuali risarcimenti per lo Stato di Calamità saranno ben ponderati per evitare che cadano a pioggia invece di raggiungere gli imprenditori realmente colpiti dalla siccità. Occorre effettuare in tempi rapidi un processo di educazione del comparto agricolo così che possa arrivare il più preparato possibile ad affrontare cambiamenti radicali senza i quali migliaia di imprenditori agricoli piemontesi potrebbero vedere la fine delle loro aziende”.