di Giorgio Merlo
Il ritorno al proporzionale, com’e’ evidente a tutti, suscita ed invoca anche il ritorno delle varie identita’ politiche e culturali. Certo, rispetto ai tempi della prima repubblica e alla parte iniziale della cosiddetta seconda repubblica, i partiti popolari, organizzati, radicati nel territorio e con una forte identita’ politica e culturale sono scomparsi. Sono stati sostituiti da cartelli elettorali funzionali alle direttive del “capo” dove la presenza dei “cortigiani” e dei “dipendenti” ha soppiantato quella che un tempo si chiamava la classe dirigente. Ma, senza soffermarsi ulteriormente sul profilo di questi inediti cartelli elettorali, c’e’ un aspetto che francamente e’ curioso e singolare di questa stagione politica. E cioe’, in questo revival di proporzionale, crescono a dismisura le forze e i movimenti che si richiamano alla sinistra. Sinistra riformista, sinistra di governo, sinistra rifondarola, sinistra referendaria, sinistra antirenziana, sinistra radicale e via discorrendo. Benissimo. Sul versante populista e demagogico c’e’ una guerra per la leadership quotidiana. E’ ovvio che il primato tocca di diritto al movimento di Grillo e Casaleggio seguito a ruota dalla Lega di Salvini e dal renzismo. Una gara, appunto, quotidiana che rischia pero’ di non diventare mai una vera competizione perche’, come tutti dicono e come tutti sanno, l’elettore normale tra la copia e l’originale sceglie sempre l’originale. E l’eterno e ormai logoro dibattito sui vitalizi lo confermera’ platealmente. E poi c’e’ il campo conservatore o della destra o del centro destra. Anche su questo versante non manca la concorrenza tra veri e presunti o virtuali movimenti e partiti che si richiamano vagamente a quel patrimonio politico e culturale. Insomma, c’e’ un ritorno alla riorganizzazione del sistema politico frutto anche e soprattutto del sistema elettorale con cui si andra’ al voto dopo il fallimento del presunto accodo tra le varie forze politiche sul modello tedesco italianizzato. Ma e’ proprio all’interno di questa cornice che emerge un grande assente politico, culturale e anche organizzativo. Mi riferisco, per uscire dagli equivoci, al cosiddetto “centro che guarda a sinistra”. Cioe’ ad una esperienza politica che non e’ affatto estranea alla storia di questo paese. Una sorta, cioe’ di Partito popolare italiano seppur aggiornato, rivisto e modernizzato. Non ad un centro vago, indistinto e puramente di potere come la grigia e incommentabile esperienza di Alfano e soci, ma un luogo politico di elaborazione politica, di rappresentanza sociale e di crescita democratica autentica. E, soprattutto, un luogo politico che ridia voce e rappresentanza ai mondo variegato e composito del cattolicesimo popolare e del cattolicesimo sociale. Ovviamente senza riproporre alcun collateralismo o rinnovate versioni clericali o, peggio ancora, di natura confessionale. Manca, cioe’, una formazione autenticamente laica ma di ispirazione cristiana. Ma com’e’ possibile che nella fioritura scomposta e disorganizzata della politica italiana non ci sia nessun segnale che proviene da quel mondo? Ma perche’ una esperienza del genere stenta a farsi largo nella cittadella politica nostrana? Come ovvio, sono molte le cause che stanno all’origine di questa assenza persin plateale. Motivi di natura culturale, politica e anche religiosa. Ma c’e’ un elemento che sovrasta tutto e tutti. Ed e’ quella riconducibile alla categoria del “coraggio”. E il coraggio chiama direttamente in causa la classe dirigente. Ecco, senza inoltrarsi lungo un vicolo cieco e senza sbocchi, sono questi i due ingredienti indispensabili e necessari per riproporre, al di la’ degli stessi meccanismi elettorali, una rinnovata presenza politica di una cultura che per troppo tempo non e’ piu’ riuscita a giocare un ruolo protagonistico nello scenario pubblico italiano. Senza revanscismi, senza nostalgie e senza alcun spirito di rivincita. Ma solo ed esclusivamente per ridare cittadinanza attiva ad una cultura che nella grigia e stanca politica italiana se ne sente sempre di piu’ la mancanza. Per questo semplice motivo adesso ci vuole coraggio.