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Materada, la malinconia della frontiera nel dramma dell’Istria

Un piccolo borgo vicino alla più grande Umago, in una terra di frontiera, questa dell’Istria, punto d’incontro di tante etnie (Italiani, Slavi e Croati), nei secoli assoggettati alla Repubblica Veneta, all’Impero Austro-Ungarico, all’Italia e infine inglobati nell’allora nascente Jugoslavia. Terra aspra, ricca di contrasti, che si riflettono anche nei suoi abitanti, spesso diffidenti, in ragione della precarietà dello stesso luogo di vita

In “Materada”, scritto nel 1960 da Fulvio Tomizza, si  narra la storia dell’esodo istriano molto meglio di quanto possa fare un qualsiasi trattato storiografico o sociologico. Parole e storie dove s’incastrano – come tessere di un mosaico –  frasi, fatti e vita. Un romanzo crudo, dove la narrazione è sofferta e il ricordo della propria terra (Tomizza vi era nato nel 1935) riemerge con forza. Claudio Magris, a proposito di Materada, ha scritto: “Quando uscì nel 1960 “Materada” – il primo e forse miglior romanzo dell’allora giovanissimo e sconosciuto Fulvio Tomizza – arricchì di una nuova e forte pagina la poesia della frontiera, delle sue lacerazioni e della sua unità. Il mondo da cui nasceva il libro – l’Istria nel momento dell’ultimo esodo, nel 1954 – era un mondo realmente straziato dai rancori, torti e vendette sanguinose fra italiani e slavi e Tomizza l’aveva vissuto e patito”.

Materada è un piccolo borgo vicino alla più grande Umago, in una terra di frontiera, questa dell’Istria, punto d’incontro di tante etnie (Italiani, Slavi e Croati), nei secoli assoggettati alla Repubblica Veneta, all’Impero Austro-Ungarico, all’Italia e infine inglobati nell’allora nascente Jugoslavia. Terra aspra, ricca di contrasti, che si riflettono anche nei suoi abitanti, spesso diffidenti, in ragione della precarietà dello stesso luogo di vita.

Al termine dell’ultima guerra mondiale, dopo lunghe trattative diplomatiche si definì un nuovo assetto territoriale che assegnò alla Jugoslavia gran parte della Venezia Giulia (in pratica quasi tutta l’Istria e le terre ad Est di Gorizia). Il trattato di Parigi del 1947 ratificò questo passaggio di Istria e Dalmazia alla Jugoslavia, scatenando l’esodo del novanta per cento della popolazione italiana (circa 300.000 persone), che abbandonò la casa e gli averi e cercò rifugio in Italia o emigrò oltreoceano. Con i trattati del 1954 la zona B dell’Istria, in cui Materada era inclusa, venne assegnata definitivamente alla Jugoslavia anche se fu permesso scegliere se restare o passare a Trieste, verso l’Italia: è in questo lacerante scenario storico che Tomizza, allora venticinquenne,  ambientò”Materada”. L’autore, che visse quei periodi, ne fece un romanzo corale, per quanto incentrato sulla famiglia Kozlovich, in cui si rifletteva la sua esperienza personale. Un libro in cui speranze, delusioni e rassegnazioni si avvicendano, emergono, si assopiscono, ritornano.

E’ palpabile lo stato d’animo degli italiani, l’emarginazione nei loro confronti del regime comunista di Tito, un intreccio di storie di tanta povera gente la cui unica e ultima scelta è di restare, perdendo la propria identità nazionale, o andarsene verso l’ignoto. Da circa un decennio, il  10 febbraio,  si celebra il Giorno del Ricordo ( istituito con la legge 30 marzo 2004/92)  per conservare e rinnovare “la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”. Grazie anche a “Materada” e a Fulvio Tomizza, scrittore di frontiera, quella storia non sarà dimenticata.

 

Marco Travaglini

 

“Dieci lettori per…” Loredana Lipperini Presentazione online alla Libreria “Il Ponte sulla Dora”

Il  nuovo romanzo della scrittrice romana. Lunedì 21 dicembre, ore 19

Non c’è che dire, il romanzo è di strettissima e drammatica attualità. C’è, in tutta la sua crudezza per corpo e mente e anima, l’emergenza sanitaria.

E c’è pur anche l’incombente tragicità dell’emergenza economica. Il nuovo romanzo edito da Bompiani “La notte si avvicina” di Loredana Lipperini, scrittrice romana, giornalista e conduttrice di “Fahrenheit” a Radio Tre Rai ( nonché docente di “Letteratura Fantastica” alla “Scuola Holden” di Torino e fra i consulenti editoriali del “Salone del Libro”) si cala perfettamente – sia pure con il supporto di una lucida fantasia che s’intreccia con misura all’odierna realtà – nella voragine temporale con cui ci si trova oggi a fare tristemente i conti. Il libro sarà al centro del prossimo incontro online del format letterario “Dieci lettori per…” messo in piedi nel 2016 dalla libreria indipente “Il Ponte sulla Dora”, aperta nel 2012 in via Pisa 46 – Borgo Rossini, a Torino, dal vulcanico “libraio della Dora” Rocco Pinto. Che fa delle “Idee in movimento”, l’essenziale forza motrice della sua attività e del suo essere convintamente e fortissimamente (come intende lui) libraio. Così, fra le tante, è sicuramente originale e curiosa anche l’idea di chiamare a raccolta, in occasione della presentazione di nuove particolari opere, dieci lettori per far raccontare da loro al pubblico un romanzo ed uno scrittore. E oggi dopo aver proposto pluripremiati libri come “La ferrovia sotterranea” di Colson Whitehead (Mondadori) e “Non dite che non abbiamo niente” di Madeleine Thien (66thand2nd), “Il Ponte sulla Dora” ha chiesto ai lettori di confrontarsi, per l’appunto, con il nuovo romanzo di Loredana Lipperini. L’appuntamento è per lunedì prossimo 21 dicembre (ore 19 ), in diretta sulle pagine di “Bompiani” e di “Libri da Asporto”. I dieci lettori selezionati porteranno al pubblico, con la presenza online di Loredana Lipperini, impressioni, commenti, recensioni dedicate a un romanzo ambientato nel 2008, durante il tracollo economico che ha investito tutto il mondo, e che affronta un tema estremamente attuale nell’Italia e nel mondo odierno: una pandemia, non di coronavirus, ma di peste. Protagoniste sono tre donne straordinarie, imbrigliate in un paese ostile, inospitale e in ginocchio, un luogo dove un’oscurità tanto metaforica quanto concreta cala sulla vita delle donne. Eppure “come astri luminosi del firmamento, le eroine costruite da Loredana Lipperini proiettano lontano la loro luce, quali figure di un tempo remoto, alle prese con pericoli più che mai presenti e, soprattutto, con l’eterno dilemma femminile: la maternità”(da illibraio.it).
I dieci lettori sono: Lidia Calamia, Eleonora Carta, Rocchina Cericola, Cecilia Cognigni, Chiara D’ippolito, Elisa Minocci, Giorgia Mastroianni, Virginia Tomaselli, Dario Voltolini e lo stesso Rocco Pinto.
Info: Libreria indipendente “Il Ponte sulla Dora”, tel. 011/19923177 – info@ilpontesulladora.it
g. m.

Nelle foto
– Loredana Lipperini: Credits Pasqualini Musacchio Ianniello
– Cover “La notte si avvicina”

Passi stracciati

RILETTI PER VOI / “Passi stracciati” (Voglino editrice), il libro di Erri De Luca racconta l’incontro con i reclusi di un ospedale psichiatrico in Bosnia. Il testo, un vero e proprio romanzo poetico, è accompagnato dalle foto in bianco e nero di Claudio Massarente che “restituiscono l’abbandono di un popolo lasciato a se stesso.

Uno squarcio duro su un paese che scompariva, dopo la dissoluzione della ex Jugoslavia e l’incedere drammatico del conflitto che l’insanguinò nella prima metà degli anni ’90. “Eravamo troppo pochi per diventare lago e troppi per essere inghiottiti dalla terra”, diceva lo scrittore Mehmed Mesa Selimovic, bosniaco d’origine musulmana. L’incontro coi reclusi dell’ospedale psichiatrico bosniaco, dove la pazzia risulta essere più “normale” della guerra che si sta combattendo, si accompagna ai gesti di solidarietà verso la gente che soffriva, verso quel paese al quale la comunità internazionale aveva riservato una colpevole indifferenza che sfociò in silenziosa complicità con violenti e assassini. Una vicenda che annunciava come il dopoguerra sarebbe stato altrettanto duro quanto la guerra stessa. Dal testo è stato poi tratto l’omonimo spettacolo di Assemblea Teatro. Scrive Renzo Sicco, scrittore e regista, direttore artistico della compagnia teatrale torinese: “Ci impressionò:c’erano dentro guerra, dolore, violenza e amore. Decidemmo un allestimento per voce e percussioni, una batteria per simulare mitragliatrici e bombe. Un’assordante continua esplosione contro una voce flebile,che però diventa superiore perché la forza è motivata dall’amore”. “Passi stracciati” è una riflessione sull’assenza della comunità internazionale nella “guerra fredda” compensata, solo in parte, dal volontariato di tanti che, come Erri De Luca (a quel tempo autista di camion per il trasporto di viveri e medicinali),si prodigarono a garantire aiuti umanitari. Resta indelebile la terribile testimonianza di dolcezza della protagonista, Glazba. La ragazza, con la sua lucida follia, cancella la sua precedente identità ( Sjenka, “ombra”) e diventa “Glazba”, parola che in superficie appare dura ma dal significato dolce che, tradotta, equivale, a “musica”. La pazzia permette a lei di intravedere ancora un gesto possibile d’amore, negato invece nella realtà vissuta tutt’attorno e descritta con terribile efficacia dalle fotografie scattate nei luoghi in cui è ambientata la storia nel periodo immediatamente successivo alla guerra. Una lezione poetica contro i conflitti, i muri che vengono eretti, il nazionalismo esasperato al punto da generare odio e violenza. Una buona lettura utile per riflettere sul recente passato e – per dirla con le parole di Predrag Matvejević, indimenticabile e finissimo intellettuale – riflettere sul recente passato per capire il presente e pensare al futuro, “poiché un popolo non esiste senza la sua memoria”.

Marco Travaglini

“Colui il cui nome…”, ovvero la storia del barone Lamberto

Tradotto in moltissime lingue, con la sua intelligente leggerezza, resta uno degli omaggi più belli alla terra  dove lo scrittore nacque il 23 ottobre del 1920

 

“In mezzo alle montagne c’è il lago d’Orta. In mezzo al lago d’Orta, ma non proprio a metà, c’è l’isola di San Giulio. Sull’isola di San Giulio c’è la villa del barone Lamberto,un signore molto vecchio (ha novantatre anni),assai ricco (possiede ventiquattro banche in Italia, Svizzera, Hong Kong, Singapore, eccetera),sempre malato.

Le sue malattie sono ventiquattro.Solo il maggiordomo Anselmo se le ricorda tutte.Le tiene elencate in ordine alfabetico in un piccolo taccuino:asma, arteriosclerosi, artrite, artrosi,bronchite cronica, e così avanti fino alla zeta di zoppia. Accanto ad ogni malattia Anselmo ha annotato le medicine da prendere, a che ora del giorno e della notte,i cibi permessi e quelli vietati,le raccomandazioni dei dottori..“Stare attenti al sale, che fa aumentare la pressione”, “Limitare lo zucchero, che non va d’accordo con il diabete”,”evitare le emozioni, le scale, le correnti d’aria,la pioggia, il sole e la luna”. Così inizia C’era due volte il Barone Lamberto ovvero I misteri dell’isola di San Giulio”  , uno dei racconti più belli scritti per i ragazzi da Gianni Rodari , utilizzando la forma del romanzo breve. L’intera narrazione si dipana attorno al rocambolesco tentativo, messo in atto dal barone Lamberto, insieme al fido maggiordomo Anselmo, di evitare un ormai inevitabile trapasso a miglior vita. L’isola di San Giulio, il Lago d’Orta e i suoi dintorni diventano protagonisti, insieme al barone e ai vari personaggi, del racconto rodariano. Il vecchio e ricchissimo novantaquattrenne barone Lamberto vive in una villa sull’isola di San Giulio con il maggiordomo Anselmo e sei persone il cui impiego  consiste nel ripetere  sempre , a turno, lungo le ventiquattr’ore, il nome del barone in un microfono: Delfina, Armando, il signor Giacomini, la signora Zanzi, il signor Bergamini e la signora Merlo.

Queste sei persone, per ogni “Lamberto” pronunciato vengono profumatamente pagate poiché  questo è il segreto che tiene in vita il barone, e Lamberto ha iniziato a metterlo in pratica dopo aver sentito una profezia a riguardo (colui il cui nome è sempre pronunciato resta in vita) da un arabo durante un viaggio in Egitto. Così, mentre le voci dei sei si diffondono nel palazzo del barone attraverso un sistema di piccoli altoparlanti posizionati ovunque, il nobiluomo ringiovanisce ogni giorno sempre di più, nonostante le 24 malattie di cui soffre ( che il fido Anselmo  ha scritto in ordine alfabetico nel suo taccuino). Ma un giorno l’isola di San Giulio viene occupata da una banda di malfattori che  sequestrano il barone, chiedendo ai direttori delle ventiquattro banche che possiede forti somme di denaro in cambio della sua libertà.  La storia va letta e non raccontata: solo così si scopriranno i progetti del nipote del barone, Ottavio, e come finirà  l’intera vicenda. Le storie di Rodari offrono divertimento e una girandola di situazioni e personaggi esilaranti: un modo di comprendere questo nostro mondo. E, come ha fatto spesso, anche in questo caso lascia che il finale sia deciso dal lettore. L’idea del racconto venne spiegata  così dallo stesso autore : “…il  barone Lamberto è nato diversi anni fa, in un appunto a margine di un libro sulla religione dell’Antico Egitto”, In quel libro avevo trovato un versetto che mi aveva colpito: “L’uomo il cui nome è detto resta in vita”. Lì per lì sembrava solo una poetica immagine dei rapporti tra vivi e defunti: questi, in qualche modo, continuano a vivere fin che si parla di loro, fin che il loro nome e la loro memoria tornano nei discorsi dei loro cari. Io però ho preso il versetto alla lettera come si vedrà. Così è nato il libro. Di più non posso dire, altrimenti toglierei ogni sorpresa al racconto”. Gianni Rodari confessò di aver scritto questa storia “ dopo averla raccontata a voce decine e decine di volte ad altrettante scolaresche, delle elementari e delle medie, da un capo all’altro della penisola. Ogni volta ricevevo critiche, suggerimenti, proposte. Ogni volta arricchivo la storia di nuovi episodi, vi scoprivo nuovi significati…Dovendo preparare un’edizione per le scuole medie ho subito rinunciato ad aggiungere, pagina per pagina, note esplicative, chiarimenti di parole, informazioni sui luoghi e simili. Non mi sembravano indispensabili: per i luoghi, basterà dare un’occhiata alla carta geografica del Piemonte, per le parole, basterà un vocabolario, e il piacere di sfogliarlo”. Così venne alla luce “C’era due volte il Barone Lamberto” che , tradotto in moltissime lingue, con la sua intelligente leggerezza, resta uno degli omaggi più belli alla terra  dove lo scrittore nacque il 23 ottobre del 1920.

Marco Travaglini

 

Quando guidavano le stelle

Di porto in porto, di tappa in tappa, si frequentano epoche diverse, vivendo il clima di Atene nel V secolo avanti Cristo, di Cartagine alla vigilia della terza guerra punica oppure della stupenda Valencia del Cid Campeador per non parlare  della Genova medievale, dell’affascinante Istanbul

Quando guidavano le stelle. Viaggio sentimentale nel Mediterraneo” è l’interessante libro di Alessandro Vanoli pubblicato da Il Mulino nella collana Intersezioni. Un viaggio dove conta il sentimento ma anche la realtà delle rotte, di incontri e storia perché “troppo poco quello che gli storici sanno davvero degli uomini di cui scrivono, delle loro paure e dei loro sogni; troppo distanti le loro passioni, le loro voci. Proprio per questo è necessario issare le vele e, con gli occhi alle stelle, raccontare semplicemente un viaggio”.In quattro navigazioni , il viaggio si snoda dall’Egeo dei tempi di Ulisse alle coste romane di Ostia, da Costantinopoli all’Andalusia, da Ragusa a Cipro e infine da Alessandria d’Egitto a Ravenna. Di porto in porto, di tappa in tappa, si frequentano epoche diverse, vivendo il clima di Atene nel V secolo avanti Cristo, di Cartagine alla vigilia della terza guerra punica oppure della stupenda Valencia del Cid Campeador per non parlare  della Genova medievale, dell’affascinante Istanbul, sospesa tra mondi e culture, e la Napoli dell’inizio del Novecento. Ogni approdo in un porto  narra un pezzo di storia del Mediterraneo, talvolta evocando il ricordo di grandi eventi o riscoprendo personaggi ormai dimenticati, ma sempre parlando di questo mare:  il Mediterraneus, che significa in mezzo alle terre, il “mare bianco” dei turchi o il “mare nostrum” dell’antica Roma.

Marco Travaglini

La falsa giustizia

L’errore umano, detto bias di conferma in psicologia cognitiva, è all’origine dell’errore giudiziario nella casistica di omicidio, sia nella fase dell’indagine investigativa vera e propria sulla scena del crimine, sia in quella dibattimentale e giudiziaria nei tribunali.

L’affidabilità dell’esame del Dna come prova e la delicatezza della sua repertazione empirica, come la fallacia del contenuto della testimonianza, portano sempre più frequentemente alla condanna dell’innocente e all’assoluzione del colpevole, in una quantità sempre maggiore di sentenze, negli Stati Uniti della Common Law come nel nostro Paese, fondato sul diritto romano. A raccontarci tutto questo e a provare ha ovviare a questi gravi problemi, sono il Generale dei Carabinieri in congedo, perito legale,  biologo e fondatore dei RIS di Parma Luciano Garofano ( consulente di serie televisive R.I.S.- Delitti imperfetti, Quarto Grado su Rete 4 ) e la sociologa e antropologa criminale Maria Gaia Pensieri ( attiva sulla violenza di genere e il cyberbullismo ) nel loro ultimo saggio scientifico presentato a Casale Monferrato che ha per titolo ‘’ La Falsa Giustizia, la genesi degli errori giudiziari ’’( Infinito Edizioni, pgg.299, euro 17 ).  Partendo dalla disamina dettagliata di vicende criminali italiane ( i casi di Perugia Kercher-Knox-Sollecito, Cogne-Franzoni, Bossetti-Gambirasio, Vannini, Basile e molti altri ) e altrettante americane ( Castillo, Alcox, Krone, Maye etc. ) analizzate ai raggi x  e comparate, si arriva a raccontare i prodromi e la nascita dell’iniziativa dell’avvocato Baldassare Lauria, che realizza in Italia il ‘’Progetto Innocenti ’’ sul modello Ong americano dell’ ‘’Innocence Project’’ del 1992 ideato dagli avvocati Barry Scheck e Peter Neufeld della ebraica ‘’Yeshiva University Benjamin Cardozo School of Law’’. Un sodalizio di legali, ex detenuti, esperti di scienze umane e sociali che è riuscito a scagionare, grazie alla revisione del processo 365 persone, venti delle quali già nel braccio della morte, grazie all’esame del Dna e altre tipologie di prove. La prima sede italiana fondata nel 2014, dall’avvocato Luca Luparia, ha sede a Milano, è ramificata su tutto il territorio nazionale e fornisce il supporto scientifico e legale per la ricerca di nuove prove, utili alla revisione dei processi e la necessaria assistenza legale. Oggi quindi si rende opportuna nel campo della giustizia, una riforma che tenga conto dei progressi scientifici e tecnologici raggiunti nelle varie discipline, come una Banca dati nazionale del Dna, aggiornata sulle nuove normative internazionali ed europee, non solo centrata sulla tutela della privacy. Perché chiunque si trovi a giudicare può incorrere in errori fatali. Le più recenti teorie psicologiche, ci dicono che si tratta di errori sistematici, insiti nel comune modo di ragionare dell’essere umano, in situazioni di incertezza. Vanno attuati tutti gli sforzi per ridurre questo rischio alla stregua delle manovre di rianimazione quando un cuore smette di battere.

Aldo Colonna

 

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria 

 

Annabel  Abbs  “Frieda”  -Einaudi –   euro  21,00

Se volete saperne di più sulla baronessa tedesca Frieda von Richtofen e la sua storia d’amore con il grande scrittore inglese David Herbert Lawrence questo è il libro che fa per voi.

Annabel Abbs non si è fermata alla superficie, ha fatto approfondite ricerche ed ha compiuto una magnifica alchimia in questo romanzo biografico che penetra nel profondo di una donna fuori dagli schemi della sua epoca.

Frieda è non solo la Connie in “L’amante di Lady Chatterley”, ma anche l’eroina di altri romanzi e racconti dello scrittore che ha rivoluzionato il modo di raccontare la sensualità in letteratura.

Il romanzo parte dal 1907 quando Frieda vive a Nottingham con l’appannato e rigido marito Ernest, studioso di etimologia, «…disciplina a tonnellate, ma zero passione» e i loro 3 figli piccoli.

Galeotto sarà un viaggio di Frieda a Monaco in visita alle sorelle, perché entra in un mondo per lei completamente nuovo.  La città bavarese è piena di vita, nei caffè bohemien si incontrano artisti e intellettuali all’avanguardia, si affaccia la psicoanalisi, si pratica il libero amore e le liaison al di fuori dei matrimoni sono all’ordine del giorno.

Per Frieda è una sorta di risveglio e scoperta di se stessa. Si innamora dell’amante della sorella (che da lui aspetta un figlio) Otto Grass, brillante psicoanalista seguace di Freud, che però ha il difetto di ingravidare non solo la moglie ma anche le sue numerose amanti. Sarà una passione travolgente senza freni inibitori e con tanta utopia all’orizzonte.

Poi Frieda torna dalla sua famiglia, ma non è più la tranquilla mogliettina di prima.

Nel 1912 c’è la svolta della sua vita, l’incontro con l’ex studente del marito, il geniale e ambizioso giovane figlio di un minatore, David Herbert Lawrence. E’ amore al primo sguardo.

Lei ha 31 anni, lui 26; lei butta al vento 13 anni di matrimonio e scappano insieme.

Frieda lascia i tre figli -Monty di 11 anni, Elsa di 10 e Barby di 7- e  un marito distrutto, travolto dallo scandalo, rancoroso, che oscilla tra suppliche e minacce. La peggiore di tutte…non farle più rivedere i figli.

Frieda e Lawrence si sposano nel 1914 e resteranno insieme fino alla morte di lui, nel 1930, a soli 44 anni, consumato dalla tubercolosi.

Viaggeranno instancabilmente in una sorta di “pellegrinaggio selvaggio”, lei è la sua musa ispiratrice, compagna, amante, madre e forse mai nessun’altra donna ha influenzato tanto uno scrittore.  Il loro è un rapporto complesso, fatto di litigate furiose: lui geloso e possessivo, lei dilaniata dalla perdita dei figli, lui che non capisce il suo dolore di madre, la tiranneggia e si inalbera quando è presa dalla nostalgia per i suoi bambini. E Annabel Abbs vi racconta questo tratteggiando la figura a tutto tondo della vera Lady Chatterley.

 

Frieda von Richtofen   “Non io ma il vento…”  -Avagliano Editore-  euro 12,50

Questa è l’autobiografia che la baronessa Frieda von Richtofen (membro dell’aristocrazia bavarese e imparentata con Manfred von Richtofen, il Barone Rosso dell’aviazione tedesca) scrisse  dopo la morte di Lawrence nel 1930 e pubblicò nel 1934.

Racconta gli alti e bassi della sua storia d’amore con l’uomo che le cambiò la vita, col quale fuggì dopo solo 6 settimane  che si conoscevano, e di come insieme attraversarono il mondo -Europa, America, Australia e Sud America- cercando infine luoghi salubri e più idonei per la salute cagionevole dello scrittore. scrittore.

C’è lei dietro il nuovo modo di far letteratura di Lawrence, pagine rivoluzionarie e oltraggiose, perché «..Frieda trasformava in realtà ciò che il celebre marito traduceva in letteratura: lei gli forniva gli spunti per la trasfigurazione artistica dei moti e delle passioni».

Le scabrose vicende narrate ne “L’amante di Lady Chatterley” diedero di Frieda l’idea di una donna amorale e lasciva, su cui gravò, pesante come un macigno, l’aver rinunciato ai figli.

Nelle pagine di questo memoir scopriamo quanto la decisione sia stata per lei devastante, e quanto si sentisse tirata da una parte all’altra, sospesa tra la nostalgia dei figli e le scenate di Lawrence che non capiva i suoi stati d’animo e pretendeva un’attenzione totalizzante.

Lei, più grande e matura, fu in grado di gestire una personalità difficile come quella dello scrittore e  il loro fu a tutti gli effetti un grande sodalizio.

In questa autobiografia compaiono anche l’amicizia con personaggi  della levatura della scrittrice neozelandese Catherine Mansfield e John Middleton Murray (che furono anche i loro testimoni  di nozze) e gli incontri con intellettuali come Aldous Huxley e Richard Aldington.

Dopo la morte di Lawrence, Frieda si risposò per la terza volta con l’italiano Angelo Ravagli; con lui si trasferì nel New Messico, dove morì di ictus il giorno del suo 77esimo compleanno, nel 1956,  ed è sepolta a Taos.  E questo piccolo-grande libro è la testimonianza in prima persona della sua vita con D.H. Lawrence, uno dei geni letterari a livello mondiale.

 

David Herbert Lawrence  “L’amante di Lady Chatterley”

Lawrence (nato a Eastwood nel 1885, morto a Vence nel 1930), fu scrittore, poeta, drammaturgo, saggista e grande innovatore della letteratura anglosassone. Ha scritto molti romanzi ma uno su tutti vale la pena leggere, “L’amante di Lady Chatterley”, dato alle stampe nel 1928, di cui potete trovare più edizioni.

All’epoca fece scalpore, tacciato di oscenità per le esplicite scene d’amore, in cui la sessualità balza agli occhi.  E’ la storia della travolgente passione tra l’infelice Connie -giovane donna inchiodata nel matrimonio con un nobile paraplegico- e il suo guardacaccia, Oliver Mellors, uomo rude della working class ed inferiore socialmente.

Lawrence racconta magnificamente gli stati d’animo della protagonista, la tristezza e il senso di solitudine nella sontuosa tenuta del marito immersa nelle nebbiose Midlands inglesi; poi la scoperta che la vita possa offrire di più.

Connie, nonostante le briglie e la freddezza del marito, riesce a maturare come donna, a scoprire una sessualità piena ed appagante, a intravedere un nuovo futuro.

L’opera fu subito messa al bando in tutta Europa, a partire proprio dal Regno Unito su cui aleggiava il perbenismo vittoriano. Rivide le stampe nel 1960 e da allora è annoverato tra i capolavori della letteratura mondiale.

 

David Herbert Lawrence  “Canguro”   -Stampa Alternativa-  euro  18,00

Questo romanzo fu pubblicato nel 1923 e racconta l’avventuroso viaggio in Australia dello scrittore Richard Lovat Somers e della moglie tedesca Harriet.

Il protagonista ha lasciato l’Europa, dove l’intolleranza e il fascismo avanzano impietosi, e cerca di ricostruirsi una vita dall’altra parte del mondo.

Nel libro c’è  la scoperta del nuovo paese, la sua natura incredibile: «…gli splendidi, screziati colori dell’alba australiana…sempre straordinari, carichi di mille sfumature, mai gialli o rossi decisi».

Ci sono le lande sconfinate, ma anche città in tumultuoso divenire come Sydney, gli incontri con personaggi straordinari, come l’appassionato Cangaroo che sogna più giustizia,  e con vicini che porgono aiuto. Un romanzo che è un inno d’amore  per una terra lontana e i suoi incredibili abitanti, un libro che fa venire voglia di partire alla scoperta dell’Australia.

Guardiano di stelle e di vacche

Una raccolta di racconti  di Andrea Nicolussi Golo. Un libro che tenta, riuscendovi bene, di  ridare voce, con una capacità narrativa sorprendente, all’antica cultura dei Cimbri,  gli “tzimbar”, i boscaioli

Alle volte ci capita di leggere dei libri che sotto l’aspetto formale sono perfetti, ma, appena chiuse le pagine, non ci importa niente di quello che abbiamo letto e niente conserva la memoria. Non è questo il caso, perché pagina dopo pagina provi emozioni e partecipi ai fatti con ricordi di vita passata che non è poi tanto lontana nel tempo ma che sembra, invece, nei fatti, mille anni lontana”. Con queste parole,  Mario Rigoni Stern , in una delle sue ultime riflessioni  prima di morire, introdusse “Guardiano di stelle e di vacche” (Edizioni Biblioteca dell’Immagine), raccolta di racconti  di Andrea Nicolussi Golo. Un libro che tenta, riuscendovi bene, di  ridare voce, con una capacità narrativa sorprendente, all’antica cultura dei Cimbri,  gli “tzimbar”, i boscaioli,  del suo piccolo paese di Lucerna,  dove si parla questa lingua antica,  oggi ridotto a poche centinaia di abitanti sul versante trentino dell’altipiano di Asiago. L’autore, un racconto dopo l’altro, accompagna chi legge lungo i vicoli acciottolati e tra le  antiche case con le travi in larice di questo paese per ascoltare l’antica lingua dei Cimbri,  piccola minoranza etnica-linguistica , orgogliosamente gelosa della propria storia e cultura antica. Quindici racconti, quindici storie che scaturiscono dai ricordi di Nicolussi Golo e scorrono via con personaggi come Katerj , nata donna e vissuta uomo, donna libera e forte che coinvolge particolarmente l’autore; oppure Franze, donna delicata,  umile, generosa  eppure risoluta, finita vittima del comune pensare di un tempo; e Pirminio Pompeo, nonno materno dell’autore, generoso come i galantuomini di un tempo nel l’essere protagonista di una storia di solidarietà. Lo zio Amando, l’ultimo dei cacciatori, a suo modo ecologista, e Monsù che infranse l’undicesimo comandamento (“non desiderare la legna d’altri”)  rubandola al prete perché era l’unico che non se la sudava nei boschi.  Storie semplici di quando il poco era tutto ed il centro del mondo era la comunità del paese, da leggere una per sera. E’ un libro che aiuta a conoscere, aiuta ad amare realtà marginali, realtà dimenticate: aiuta a capire, come scriveva Mario Rigoni Stern “che cose importanti per vivere bene ci sono anche fuori delle grandi città”.

Marco Travaglini

Il Salone prosegue in 34 librerie

L’iniziativa prosegue fino al 7 gennaio 2021.

 

22 lezioni con 26 autrici e autori italiani e internazionali,

31 eventi complessivi in 5 giorni,

34 librerie torinesi aderenti ospitano 180 editori con oltre 700 titoli,

100 gruppi di lettura delle Biblioteche coinvolti,

20.670 studenti collegati da tutta Italia per le prime 3 lezioni,

3.000 docenti e bibliotecari coinvolti nei primi 2 appuntamenti di Educare alla lettura,

8.000 buoni da leggere già scaricati e 700 già spesi,

oltre 8.000 nuovi iscritti a SalTo+ in soli 5 giorni.

 

 

Vita Nova ha chiuso la sua programmazione di incontri con autrici e autori invitati, in questa particolare occasione, a riconciliare gli opposti. Vita Nova, però, non è nata come semplice rassegna culturale, bensì come l’inizio di un nuovo percorso da condividere con gli editori, le librerie, le biblioteche e la comunità di lettori, insegnanti, studenti.

 

Con Vita Nova, infatti, il Salone Internazionale del Libro di Torino ha voluto dare un segnale concreto di supporto alla filiera del libro e alle scuole, in una contingenza particolarmente complessa: il Salone non è soltanto un’istituzione culturale, ma soprattutto una rete che vive grazie a tante anime, e Vita Nova è stata l’occasione di mettersi al servizio di questa grande e vitale comunità.

 

Per questa ragione, il programma si è aperto con tre lezioni rivolte espressamente alle scuole – con Susanna Mattiangeli e Luca Doninelli, Maura Gancitano e Andrea Colamedici, Roberto Saviano – che sono state seguite da 20.670 studenti collegati da tutta Italia.

Anche il primo modulo di Educare alla lettura, il corso di formazione valido per l’aggiornamento di docenti e bibliotecari – organizzato dal Salone del Libro e dal MIBACT Centro per il Libro e la Lettura in collaborazione con AIB-Associazione Italiana Biblioteche – ha fatto registrare un grandissimo successo, con oltre 3.000 tra docenti e bibliotecari coinvolti nei primi 2 appuntamenti. Gli incontri, occasione di confronto e dialogo con importanti autori e autrici italiani e stranieri, proseguono fino al 16 dicembre con altri 4 appuntamenti che saranno visibili sulla piattaforma SalTo+.

E ancora, per tutto l’arco di Vita Nova, sono stati coinvolti oltre 100 gruppi di lettura, sempre grazie alla preziosa collaborazione dell’AIB, che hanno realizzato contenuti di approfondimento disponibili su SalTo+.

 

La piattaforma SalTo+ è la piattaforma digitale nata per accompagnare la community del Salone durante tutto l’anno. In soli 5 giorni dall’apertura, SalTo+ ha fatto registrare oltre 8.000 iscrizioni.

E sarà proprio su SalTo+ che si potrà continuare a scaricare il Buono da Leggere da spendere nelle 34 librerie torinesi aderenti a Vita Nova fino al 7 gennaio 2021. Grazie al sostegno della Regione Piemonte, infatti, il Salone ha già distribuito oltre 8.000 Buoni del valore di 10€ destinati a docenti, a giovani tra i 14 e i 25 anni residenti o domiciliati in Piemonte, oltre che ai lettori del Salone, sempre domiciliati in Piemonte, che ne facciano richiesta su SalTo+. Al 7 dicembre, sono circa 700 i buoni già spesi nelle librerie torinesi.

 

Sono intervenuti a Vita Nova, tra i tanti: Richard Baldwin, Letizia Battaglia, Mario Calabresi, Romeo Castellucci, Andrea Colamedici, Saverio Costanzo, Emma Dante, Donatella Di Cesare, Luca Doninelli, Mathias Énard, Fumettibrutti, Maura Gancitano, Paolo Giordano, Susanna Mattiangeli, Piergiorgio Odifreddi, Roberto Saviano, Vittorio Sgarbi, Manuel Vilas, Serena Vitale, il Cardinale Matteo Zuppi. Vita Nova ha dato spazio anche a una serie di momenti conclusivi di diversi progetti del Salone del Libro: i tre premi che il Centro per il libro e la lettura dedica alle scuole, il Premio Nati per Leggere, il Silent Book Contest, il Concorso Letterario Lingua Madre; a due iniziative del Consiglio Regionale della Regione Piemonte dedicate a Rodari e agli editori piemontesi, un video dell’Associazione Fiori di Ciliegio in ricordo di Mishima e a eventi di Incipit Offresi e Adotta uno scrittore.

Vita Nova è stata anche l’occasione per siglare nuove importanti collaborazioni con il Parlamento Europeo – Ufficio di Milano, la Fondazione Pavese, l’Accademia del Cinema Italiano – Premi David di Donatello; e confermare storiche collaborazioni del Salone con tanti partner, tra i quali: la Fondazione Compagnia di San Paolo, l’Associazione delle Fondazioni di Origine Bancaria del Piemonte, la Fondazione Collegio Carlo Alberto, il Mibact – Centro per il libro e la lettura, il Premio Strega Europeo.

 

Oggi, martedì 8 dicembre, si tengono gli ultimi appuntamenti del programma online, con le attese lezioni di Petros Markaris ed Eva Cantarella (in collaborazione con il Parlamento Europeo – Ufficio di Milano), Silvia Federici, Giorgio Fontana, Alberto Angela e l’inedito Dialogo su Pavese con Carlo Ginzburg e Giulia Boringhieri (grazie alla collaborazione della Fondazione Pavese).

 

Vita Nova prosegue, poi, con gli incontri di Educare alla lettura su SalTo+, con il dialogo tra Fernando Aramburu e Bruno Arpaia in programma l’11 dicembre in collaborazione con il Premio Strega Europeo, e soprattutto continua nelle 34 librerie torinesi che, insieme ai 180 editori aderenti, sono e rimangono il luogo fisico di incontro tra il Salone e la sua comunità fino al 7 gennaio 2021, in attesa della XXXIII edizione, Vita Supernova.

La mappa delle librerie, con l’elenco degli editori da esse ospitati, è disponibile sul sito www.salonelibro.it nella sezione dedicata a Vita Nova.

 

“I colori della fragilità”

Informazione promozionale       IL ROMANZO DELLA SCRITTRICE  TERESA GIULIETTI / Laura è una quarantenne che scrive romanzi e sceneggiature. Dopo anni in giro per l’Italia, decide di fare ritorno alla città natale, Parma. Ma l’incontro con i nuovi vicini di casa si rivela sorprendente: a cominciare da June, scultrice ruvida e seducente, con la quale nasce un sodalizio che abbatte molti luoghi comuni sull’amore.

Più di tutti però viene travolta da Lorenzo, il bambino del primo piano, dodici anni, arguto e premuroso, cinico e pungente, dotato di un’intelligenza formidabile, ma affetto da una grave malattia, la sindrome delle ossa di vetro, che gli impedisce di frequentare la scuola. Sua madre chiede a Laura di affiancarlo nella sua preparazione umanistica. Ogni ora trascorsa col suo omino dalle ossa fragili è per lei un tuffo rinnovato nelle profondità dell’inconscio, da cui riaffiorano timori e incertezze. Lorenzo, con il suo misto di innocenza e sagacia, mette Laura con le spalle al muro e la costringe a rileggere le proprie paure e i suoi reali desideri. “Ormai, l’avevo imparato: il passato non può essere allontanato con un colpo di spugna, non è una macchia di vino caduta sul tavolo, o un disegno fatto a matita che può essere cancellato. Resta impresso sulla pelle, in ogni contorno e lo ridefinisce. Mia madre con tutte le sue ansie, i suoi amori usa e getta, mi aveva definita, tracciando contorni incerti dentro di me. Ero una donna emotivamente in bilico, strattonata da stati d’animo contrastanti che mi sforzavo di contenere, fingendo, atteggiandomi, recitando una parte…”.

Teresa Giulietti è nata e vive a Parma. Lavora come ghostwriter per varie case editrici. Laureata in lettere moderne, ha frequentato la scuola di ayurveda e la scuola Riza di Naturopatia Psicosomatica. Tiene corsi di naturopatia presso scuole per operatori del benessere e associazioni culturali. Ha pubblicato: Le due età (Marsilio, 1989), La mercenaria dei sogni (Borelli, 2001), Pura vida (Edigiò, 2008), C’era una volt@ (Battei, 2012), Le quattro stagioni (Dante Alighieri, 2012), Parma meravigliosa (EDS Edizioni della Sera, 2019) e – per le edizioni Cosmopolis – i volumi Bellezza etica, etica della bellezza: curarsi dentro e fuori nel rispetto della natura (2013) e La bellezza è nel cuore. Un viaggio per imparare a conoscerne ragioni e linguaggio (2016).

Teresa Giulietti I COLORI DELLA FRAGILITÀ –  ZONA Contemporanea romanzo pp. 240 – EURO 18 – ISBN 9788864388960

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Laura, in buona parte sono io. Dopo anni di assiduo lavoro come ghostwriter, occupandomi delle vite altrui, sono tornata al romanzo e l’ho voluto fare mettendomi alla prova, con i sentimenti di cui ho sempre avuto più paura. Scrivendo mi sono tolta maschere e ho allentato molte censure.

La protagonista del mio romanzo è una bella quarantenne, vulnerabile e idealista, che come ghostwriter scrive romanzi per ricchi committenti e sceneggiature per la televisione. Dopo parecchi anni in giro per l’Italia, lavorando ai suoi progetti di scrittura, decide di fare ritorno nella piccola città natale, Parma, approdando in quella che sente immediatamente “la sua casa”: un appartamento ad archi affrescati, appartenuto a una vecchia contessa, e inserito in un palazzetto ottocentesco che si affaccia su Via Nazario Sauro.

Animo tormentato da un’infanzia complessa, segnata dalla presenza ingombrante di una madre artista, tanto seducente quanto vulnerabile, Laura vive da qualche tempo una relazione clandestina con Francesco, l’uomo che fugge, il prototipo del narciso incontentabile, da cui viene ossessivamente coinvolta.

E pensare che lei, “accudita da Simone de Beauvoir e Lady Oscar” avrebbe voluto solo un’amante, come le donne emancipate che ha sempre ammirato! E, invece, ne finisce stritolata, accanto a Francesco diventa la donnina di marzapane con le ginocchia che tremano. Quell’ordinarietà da cui si illudeva di poter fuggire, ora diventa la sua fissazione.

Finché l’incontro con i nuovi coinquilini non la trasporta in un vortice di emozioni sconosciute: la scultrice June, che viene ad abitare sopra di lei e martella di notte prendendosela con la materia, bellezza ruvida e sfrontata, uguale a Frida Kahlo nel volto e nell’urgenza delle mani, con la quale nasce un sodalizio magnetico.

E poi, Lorenzo, il bambino dalle ossa color vento, che vive al primo piano con i genitori e Cip, il suo cane filosofo. Un personaggio a cui sono particolarmente affezionata. Anni fa ho avuto modo di conoscere un bimbo come lui, affetto da una grave forma di osteogenesi imperfetta, più conosciuta come sindrome delle ossa di vetro; il padre mi chiese di scrivere la sua storia da regalare al fratellino. Un giorno così…

Era un bambino unico, caparbio, intuitivo, capace di lasciarti senza parole. Ora Lorenzo vive tra le pagine di questo romanzo; l’ho voluto custodire, preservare dalla morte perché almeno i libri hanno il potere di rendere i bambini come Lorenzo dei supereroi.

Laura, su richiesta della madre, accetta di affiancare Lorenzo nella sua preparazione umanistica poiché la sua malattia e i frequenti ricoveri in ospedale gli impediscono di frequentare la scuola. Fin dal primo incontro, Laura si sente attratta dalla genialità di questa creatura tanto arguta e premurosa quanto cinica e pungente, dotata di un’intelligenza selettiva che mette a soqquadro ogni sua indulgenza. Lorenzo è ambizioso, vuole diventare il Van Gogh del 2000, nonostante le sue mani tremino e i suoi polsi siano di ceralacca.

Assegna un colore a tutti, inventa un nome per ogni persona che insegue ogni giorno dalla sua finestra. Legge con voracità biografie dei grandi artisti, romanzi che raccontano dei più grandi amori e divide ogni ora della sua vita con Cip, un cane meticcio molto saggio che lui chiama il Filosofo. Laura capisce subito di non poter avere scampo con lui; con quel misto di innocenza e sagacia, il bambino dalle ossa di vetro mette Laura con le spalle al muro e la costringe a rileggere le sue paure e i suoi reali desideri, attraverso una lente nuova e illuminante: la fragilità da cui tentava di fuggire diventa la chiave interpretativa nella quale ritrovare slancio e significato.

In questo romanzo mi ritrovo spesso e quasi ovunque: nell’uso calibrato e sonoro delle parole, nella mia passione per il colore, la poesia, la musica dei cantautori francesi e gli animali che da sempre difendo. Nella curiosità verso ogni forma di amore e nell’idea del ritorno. Anche io, dopo aver vissuto in altre città, ho deciso di far ritorno a Parma, una città di cui mi sono innamorata con un discreto ritardo ma che ora considero il nido sempre pronto ad accogliermi.