Rubrica settimanale a cura di Laura Goria
Jonathan Franzen “Crossroads” -Einaudi- 22,00
E’ il primo capitolo della trilogia “A Key to all Mythologies” e racconta la banalità della vita, con la maestria e l’empatia che contraddistinguono i romanzi dell’autore de “Le correzioni”.
Al centro della storia c’è la normalissima famiglia Hildebrant di un quartiere residenziale benestante a New Prospect nell’Illinois, i cui membri sono avvolti da un’infelicità come tante altre, sullo sfondo degli anni 70 in cui la cultura hippy scuote il moralismo religioso.
L’onda rivoluzionaria impatta ancora più pesantemente sul nucleo protestante degli Hildebrand, dove tutti i membri -cresciuti nella dottrina della colpa- faticano a trovare una collocazione nell’esistenza.
Il padre Russ è il ministro del culto della First Reformed; dovrebbe essere l’esempio per la famiglia e la comunità, invece è insoddisfatto, nostalgico e pericolosamente attratto da una giovane parrocchiana.
In bilico ci sono la sua fede e pure il matrimonio ventennale con Marion che arranca nel ruolo di sua moglie, si addebita colpe che non ha e si è lasciata parecchio andare anche fisicamente.
I loro figli poi sono un capitolo a parte.
Per i fratelli Hildebrant è complicato essere i rampolli di un predicatore. Devono destreggiarsi nel dilemma tra mito dell’innocenza (l’obbligo di essere buoni e all’altezza) e quella che avvertono come una naturale intrinseca imperfezione (intrisa di vergogna per le loro azioni poco nobili).
I più grandi si appropriano dell’indipendenza rinnegando il padre e il suo impegno solo di facciata.
Il primogenito Clem abbandona l’università e vorrebbe partire per il Vietnam….
Bechy, cheerleader e reginetta della scuola, aderisce al gruppo giovanile della chiesa Crossroads, animato dal pastore (antagonista di Russ) Rick Ambrose, carismatico e manipolatore. La giovane poi si invaghisce del cantante folk Tanner Evans e si complica ulteriormente la vita.
Tra le fila di Crossroads c’è anche il più piccolo degli Hildebrant; il geniale (quoziente intellettivo 160) Perry -problematico e uso a fumare marijuana- che disquisisce sui massimi sistemi della vita ed è alla ricerca di ciò che è giusto, buono…..ma fa anche i conti con l’egoismo intrinseco negli esseri umani.
Ancora una volta Franzen scandaglia in profondità i meccanismi delle relazioni umane e l’intimità dei personaggi alle prese con la crisi della morale conformista borghese.
Vigdis Hjorth “Lontananza” – Fazi Editore- euro 18,50
E’ bellissimo e profondo questo romanzo della scrittrice norvegese che racconta in modo magistrale una missione impossibile; quella della riconciliazione tra una madre e la figlia, e come corollario minore quella tra due sorelle.
Vigdis Hjorth affonda la penna nei vuoti e nel dolore della vita, nelle incomprensioni laceranti, nelle occasioni rincorse e mancate, nell’irrigidimento dell’anima che non porta mai nulla di buono se non tonnellate di greve solitudine.
A narrare la perigliosa impresa emotiva è Johanna che torna in Norvegia dopo 30 anni di lontananza e il violento strappo dalla famiglia, che non le ha mai perdonato di aver scelto la sua strada indipendentemente da quella tracciata dal padre. Lui era un avvocato che aveva spinto la figlia a seguire la stessa carriera. Lei, studentessa di legge sposata da poco, aveva abbandonato l’affidabile marito ben visto in famiglia. Era scappata nello Utah con il suo professore di arte, Mark, insieme al quale aveva avuto un figlio, ed era diventata una pittrice di successo.
Da allora era stata ostracizzata da padre, madre e sorella. Vietato mettersi in contatto con loro.
Ora, Mark è morto, il figlio è ormai indipendente, e lei torna nel suo paese di origine nel tentativo di sanare quella ferita, di colmare l’abisso che la divide dalla madre. Alla colpa della fuga si è aggiunta quella di non essere tornata per il funerale del padre. Ulteriore pietra tombale sul rapporto con la genitrice che non le ha mai perdonato neanche questa assenza.
Il romanzo si inerpica su infiniti pensieri e stati d’animo che affondano le radici nell’immenso e spesso imperscrutabile legame con chi ci ha messi al mondo. Il mistero della maternità qui è sviscerato con una bravura che è alta letteratura e ci induce a pensare in profondità.
Johanna mette a nudo la sua anima, ripercorre episodi e legami che sono le sue radici, tenta ripetutamente di contattare la madre, che però non le risponderà mai.
Stesso vuoto siderale con la sorella diventata alleata dell’anziana 80enne irrigidita sulle sue posizioni. Difficile, impossibile riappacificarsi con questa figliola prodiga che si apposta fuori dall’abitazione materna, segue lei e la sorella che sotto la pioggia si recano sulla tomba del padre, e non mancano i colpi di scena……
Eshkol Nevo “Tre piani” -Neri Pozza- euro 16,00
Questo romanzo, pubblicato in Italia nel 2017, ora torna alla ribalta anche grazie al film di Nanni Moretti presentato a Cannes. Il libro è ambientato in una palazzina di 3 piani vicino a Tel Aviv, in Israele. Tre i nuclei familiari benestanti e le loro storie, diverse e scandite come racconti.
Al primo piano vive la giovane coppia formata da Arnon e la moglie avvocato Ayelet. Quando nasce la loro prima figlia Ofri iniziano ad affidarla alla coppia che vive sul loro stesso pianerottolo; gli anziani Herman e Ruth i cui figli e nipoti sono sparsi per il mondo.
Poi Hermann inizia a manifestare dimenticanze e vuoti dell’Alzheimer, non sa dire cosa sia successo un pomeriggio in cui è sparito con la piccola Ofri. Inizia così il tormento di Arnon che sospetta abusi e vuole a tutti i costi scoprire la verità.
Poi a complicare tutto arriva la nipote di Hermann e Ruth. La provocante e non ancora maggiorenne francesina Karin, che si fa scarrozzare da Arnon …e ogni volta è una tentazione in più. Infine qualcosa tra i due accade, spariglia le carte e Arnon rischia di perdere tutto….
Al secondo piano si annida la solitudine della giovane Hani alle prese con i due figli, mentre il marito Assaf è sempre lontano per lavoro.
A smuovere la sua opaca esistenza e il tran tran quotidiano arriva a bussare alla sua porta il cognato Eviatar, da tempo bandito dalla famiglia. Sta scappando dai creditori e dalla malavita ed è ad Hani che chiede aiuto. Per lei che lo ospita sarà un gran bel cambiamento…..
Al terzo piano vive la giudice Dovra, ormai in pensione e vedova del collega Michael.
Il filo del dialogo tra i due ora continua in modo insolito. Dovra riempie il vuoto delle sue giornate parlando e raccontando la sua quotidianità alla segreteria telefonica del marito defunto, del quale può così riascoltare la voce.
Meglio che rivolgersi a una fredda lapide; è anche il modo di riallacciare i fili del passato, rivedere gli errori e le dinamiche del difficile rapporto con il figlio Arad, espulso dalle loro vite.
Fern Britton “Le figlie della Cornovaglia” -tre60- euro 18,00
Fern Britton è un’autrice televisiva inglese e i suoi romanzi, tutti ambientati in Cornovaglia, sono best seller. Non fa eccezione questo “Le figlie della Cornovaglia” che si snoda su tre piani temporali, raccontando le vite di tre donne della stessa famiglia alle prese con segreti, guerre, morti, tragedie varie ed assortite.
Sono Clara, sua figlia Hanna e infine Caroline che ha custodito i segreti della famiglia.
Tutto ha inizio con Clara Carter, giovane donna che durante la Prima Guerra Mondiale cerca di stare a galla facendo affidamento sulle sue forze e cercando l’indipendenza. L’amore della sua vita è Bertie, col quale si fidanza, senza raccontargli però tutta la verità sul suo passato.
La notte dell’11 maggio 1917 è una data fondamentale perché mentre lei dava alla luce Michael, il suo Bertie moriva in Francia falciato dai colpi di un cecchino nemico. Mentre lui giaceva senza vita in una trincea iniziava un’altra esistenza.
Nel 1918 Clara si reca a Callyzion in Cornovaglia a conoscere la famiglia del suo amore e finisce per farne parte, dal momento che sposa il fratello di Bertie, Ernest, e gli darà tre figli.
Al centro del secondo piano del racconto, intorno al 1947, c’è una dei figli di Clara.
E’ Hannah, è nata a Penang in Malesia dove il padre, Ernest Bolitho, membro dell’Ordine dell’Impero Britannico possiede una piantagione di alberi della gomma e lavora per il Malayan Civil Service.
Da piccola era stata spedita dai nonni in Inghilterra ed aveva patito il distacco dalla madre. Poi Clara la raggiunge e in Cornovaglia apre il negozio “Clara Bolitho Silks”, importando stoffe dalla Malesia, dove invece è rimasto Ernest.
Hannah fatica ad afferrare i nuovi equilibri della famiglia, cresce troppo in fretta ed ha la sventura di perdere la testa per l’uomo sbagliato. Rimane incinta e sola, perché il giovane l’abbandona.
Lei fa di tutto per proteggere Caroline, la bimba che mette al mondo; compiendo così una scelta ben diversa da quella di sua madre Hanna, che custodisce un enorme segreto e per questo la capisce benissimo
Ed eccoci ai giorni nostri quando Caroline è ormai una donna adulta, vedova, legatissima a sua figlia Natalie. Un giorno riceve un vecchio baule appartenuto al nonno Ernest e rimette insieme i vari pezzi della storia familiare, svelando i segreti sepolti e nascosti negli anni.
Eloísa Díaz “Sparire a Buenos Aires” -Piemme- euro 17,90
E’ molto più che un thriller questo romanzo di esordio della scrittrice- avvocato nata a Madrid da genitori argentini, che ha studiato alla Sorbona a Parigi e alla Columbia University a New York.
Cittadina del mondo, ma fortemente ancorata all’Argentina e al suo drammatico passato; quello della dittatura militare e dei desaparecidos.
L’avvio è quello di un giallo con tanto di cadavere. Siamo nel 2001 quando l’ispettore di polizia Joaquin Alzada viene convocato all’obitorio dove sul tavolo settorio giace il corpo massacrato di una giovane sconosciuta.
L’anatomopatologo Petacchi gli indica «…una gran bella figliola», bianca, sulla trentina, senza documenti, con tracce plurime di violenza, e varie ecchimosi post mortem. E’ stata freddata da tre colpi di pistola alla testa e l’hanno trovata nel cassonetto dei rifiuti accanto all’obitorio.
Alzada è prossimo alla pensione, ha un carattere ruvido, poco incline ad ubbidire e seguire le regole, non vede l’ora del meritato riposo che però rischia di essere procrastinato a causa della crisi socioeconomica del paese nel 2001.
La mattina in cui viene trovato il cadavere della donna, Alzada raccoglie anche la denuncia della scomparsa di Norma Eleonora Echegaray; rampolla di una delle famiglie più ricche e potenti di Buenos Aires, i cui lineamenti potrebbero coincidere con quelli della morta, che però a causa delle lesioni è difficile identificare con certezza. Cosa hanno in comune le due vicende?
Nelle indagini l’ispettore si trova anche a dover fare i conti con il passato e la crisi del momento. Nel 1976 il colpo di stato aveva portato al potere i generali, Vileda in testa.
Ora nel 2001 serpeggia una grave crisi economica che a sua volta rende instabile la politica: il presidente De la Rùa potrebbe dichiarare lo stato d’assedio e ricorrere all’esercito. Il paese è travolto dalle proteste, povertà e rastrellamenti
L’intreccio miscela passato e presente, accostando le due storie separate da 20 anni; ma delinea anche la storia personale e familiare di Alzada.
Scopriamo che la sua carriera aveva subito una pesante battuta d’arresto perché era fratello di Jorge, rivoluzionario finito nel nulla con migliaia di desaparecidos e di cui si erano perse le tracce nel 1981.
Il passato doloroso sembra dietro l’angolo pronto a balzare di nuovo in scena. Joaquin ora è più vecchio e stanco, ma tenta comunque di proteggere il giovane nipote Sorolla, figlio di Jorge.
E l’autrice imbastisce una trama che non parla solo di sparizioni irrisolte; ma anche di politica e di una città sulla soglia di un baratro che richiama quel passato che pesa tutt’ora nell’animo dell’ispettore. Un giallo a tinte fosche e colpi di scena.
Rubrica settimanale a cura di Laura Goria
Salvador è stato mandato in pensione prima del tempo perché affetto dai primi sintomi di una malattia neurologica che lo rendeva confuso o silenzioso di fronte agli studenti. Così si è armato di bagagli e libri –primo fra tutti il “Don Chisciotte” di Cervantes- e ha deciso di isolarsi dal resto del mondo.
Però gli ultimi 8 dei 24 conti che si sono succeduti hanno sperperato a piene mani il patrimonio, si sono rivelati dannatamente incapaci di gestire le finanze e -complici anche 2 guerre mondiali e il crollo di Wall Street- a poco a poco le fattorie sono state svendute e il disastro è stato inarrestabile. Divorzi, incompetenza e tasse ereditarie hanno inferto colpi di grazia a ripetizione. Le ali del castello sono state chiuse una dopo l’altra, dipinti e arredi preziosi venduti, treno privato e panfilo lasciati arrugginire in rovina.
La scrittrice inglese Ivy Comton-Burnett è stata maestra nel narrare e dare voce all’infelicità che cova spesso nelle famiglie; forse perché anche lei ne sapeva qualcosa.
Inverno 1957, Contea di Wexford in Irlanda, nella ricca residenza di Ballyglass House, che appartiene a una blasonata famiglia protestante, ha luogo un omicidio scabroso e inquietante. La vittima è un amico, padre Thomas Lawless prete cattolico che è stato accoltellato….ed evirato.
L’agile libretto edito dalla novarese Segni e Parole propone trentasei composizioni di questo poeta, pittore, scultore, gastronomo e designer nato a Omegna, sulla punta settentrionale del lago d’Orta. Una miscela di sensazioni, ricordi, visioni che si inseguono secondo un ordine alfabetico che non offusca l’anarchica originalità, la fantasiosa irriverenza o la malinconia struggente, spaziando dai luoghi in cui è nato a lidi più lontani anche se ,come una falena attratta dalla luce, ritorna sempre a specchiarsi nelle acque del lago d’Orta, rese cangianti dai riverberi delle luci delle albe, dei tramonti e delle notti di luna. Ci accompagna sul sentiero delle carline all’alpe Devero per poi scendere verso la sua casa di Crusinallo dove, nella notte di San Lorenzo, scruta il cielo alla ricerca delle stelle cadenti “dove la grande mano dell’universo sparge negli occhi di sognatori bambini illusioni di caramello”. Omaggia la memoria di Alda Merini che aveva un rapporto molto stretto e personale con Omegna (“Quando i poeti se ne vanno è come l’esaurirsi di una sorgente..”) e non manca di elogiare con i suoi versi in rigoroso dialetto la mitica moka, eccellente caffettiera nata nella città dove vide la luce anche Gianni Rodari, fedele compagna che elargisce il primo caffè del mattino (..”gh’è mia un ‘auta machineta…gnanca cula dal George Clooney c’la batt cula dal Bialett”). In Ode del suicidio lacustre riecheggia la stessa intensità dei versi cari del poeta ortese Augusto Mazzetti (“Oh, lago, lago, lago! Sciogliermi infine con te, per essere un giorno pescato come un antico luccio”) e il legame indissolubile con le acque del Cusio quando scrive “come piatto ciottolo, esaurita l’energia del braccio, scenderò dondolando dolcemente nella profondità ”. Cita sovente le onde, il profumo di quella terra tra lago e montagne, il fiato grigio delle brume che se ne stanno sospese a fior d’acqua in certe stagioni. Sotto l’antico tiglio ricorda riti antichi, musiche e baldorie popolari, scampoli d’infanzia mentre le primule, declinate anch’esse in dialetto omegnese, fanno ripensare al giallo del risotto alla milanese rievocandone profumo e sapore. Ogni poesia nasconde frammenti di storie, memorie vicine o lontane, narrate con parole essenziali e asciutte. Una poesia ci ricorda che ci stiamo affacciando sulla soglia dell’inverno e s’intitola Al buio nell’aria della notte. Eccola: “Ho sentito il profumo della neve. Che non è il profumo del pane appena sfornato, delle rose di maggio, della pelle di una donna, del fieno appena tagliato, dell’uva della toppia, del mio lago, del calicantus d’inverno, dell’olea fragrans d’autunno, dei narcisi di primavera, della sigaretta e del caffè del mattino, del profumo del pelo delle mie cagne bagnato, della stufa che và a legna. E’ il profumo dell’innocenza”. In poche righe svela le sue radici. Ci sono tratti della personalità di questo artista eclettico, figlio di una tradizione popolare e dei “poeti maledetti” del lago d’Orta, Ernesto Ragazzoni e Augusto Mazzetti. Onde, Ondine, Onde anomale regalano, centellinandolo come il buon vino, l’incanto delle parole, il gusto dei versi. Privarsene sarebbe uno sbaglio, un imperdonabile errore.
Diretta sulla pagina facebook @bibliomonc della Biblioteca civica Arduino
Il libro racconta del clamoroso scoop che, nel 1967 sull’Espresso di Eugenio Scalfari, a firma di Lino Jannuzzi, accusava il Presidente della Repubblica Antonio Segni e il Comandante dell’Arma dei Carabinieri, Giovanni De Lorenzo, di aver organizzato un colpo di stato durante la crisi di governo durante l’estate del 1964. Nonostante il Tribunale di Roma e la commissione d’inchiesta si pronunciarono in maniera contraria sui fatti, la storiografia accolse la tesi del golpe. Per molto tempo si raccontò che la democrazia italiana fu in pericolo a causa del cosiddetto “piano Solo” un piano eversivo ordito dai vertici dell’Arma dei Carabinieri e si descrisse la Democrazia Cristiana come un partito pronto a tutto per sbarrare la strada all’avanzata del Partito Comunista. Nel suo libro Mario Segni afferma, evidenziando la totale mancanza di prove, che fu tutto falso, che fu la fake news più imponente della storia della Repubblica Italiana. L’autore si oppone a ciò che è stato affermato non solo attraverso il racconto, ma avvalendosi di una esclusiva documentazione inedita che smonta le informazioni false raccontate in quegli anni contribuendo, così, a riscrivere la storia di quegli anni con il rispetto della verità dovuto all’opinione pubblica.
Un viaggio alla scoperta di una ” Torino magica” , come è stata spesso raccontata, ma allo stesso modo non raccontata. Un territorio multiforme, dalle tante capacità e da piccole perle destinate ad una rinnovata identità . Una narrazione fatta con occhi diversi della città sabauda ad opera della giornalista eno gastronomica, esperta di turismo e viaggi – Sarah Scaparone – che col suo ultimo libro ” LUOGHI SEGRETI DA VISITARE A TORINO E DINTORNI” edito da New Compton e acquistabile su Amazon e in libreria, ci illustra una città che non è proprio così ” bogia nen” .
Sul fatto che Torino sia uno scrigno che ha bisogno di essere scoperto: non è una città scontata. Sono innegabili la sua bellezza e il suo legame con l’arte e con la storia, ma Torino è una città che non si dona a tutti: bisogna aver voglia di scoprirla e di conoscerla e soprattutto di non fermarsi all’evidenza. Solo così si arriva a conoscerla nel profondo

Ray si ritiene fondamentalmente onesto, ma non disdegna di rivendere a volte televisori ed altri elettrodomestici e oggetti di dubbia provenienza. Di fatto ha una seconda vita nella quale viene trascinato da pessime frequentazioni. In particolare dal cugino Freddie che ogni tanto gli porta qualche gioiello che lui rivende senza farsi tante domande.
Il breve ma intenso romanzo è la cronaca fedele degli stati d’animo che avvolgono la giovane studentessa dell’accademia d’arte in una morsa di dolore, delusione, attesa, disinganno. Perché, anche se aveva avvertito il pericolo, era rimasta soggiogata dal fascino di Itamar: bello, intrigante, farfallone e seduttore recidivo. Quella di Mariana è una passione travolgente che le fa abbassare tutte le difese; e lui ci sa anche fare parecchio, scalzando in un nanosecondo ogni traccia di pudore della ragazza.
Questo monumentale romanzo (896 pagine) racconta una storia d’amore, morte, nazismo e orrori; attraversa il Novecento e in parte è ispirato al nonno dello scrittore che era un nazista.
Quando il fuoco divampa nella splendida Orange County Californiana racconta tutto quello che c’è da sapere sulla sua origine e su come si è sviluppato…. ovviamente a patto di saperne interpretare il linguaggio e i misteri. In questo nessuno è abile quanto Jack Wade, ex poliziotto di punta della Squadra Investigativa Incendi dello sceriffo di Orange County. Poi uno scandalo ha divelto la sua carriera in ascesa ed ora si mantiene mettendo la sua profonda conoscenza del fuoco al servizio della compagnia di assicurazioni “California Fire and Life”.
