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L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Lura Goria

Mazo de la Roche “Il padrone di Jalna” -Fazi- euro 18,00
Ecco il quarto capitolo della saga di Jalna, di Mazo de la Roche, (dopo “Jalna”, “Il gioco della vita” e “La fortuna dei Finch”) in cui la scrittrice canadese -di enorme successo negli anni Trenta- ha narrato la storia della famiglia Whiteoak proprietaria della vasta tenuta in Canada. Una delle saghe più famose della letteratura del 900.
Ora, dopo la morte della matriarca Adeline, la famiglia rischia di perdere tutto.
A dirigere il clan è Renny che ha preso in mano le redini della famiglia e della tenuta, nella quale vivono i 3 zii anziani, fratelli e sorelle con le rispettive famiglie. Un bel guazzabuglio di personalità diverse da gestire, tra rancori vecchi e nuovi, intrighi….insomma la commedia umana sciorinata in una delle saghe più intriganti di tutti i tempi.
Renny si trova a fronteggiare, prima di tutto, la penuria di denaro; poi a tormentarlo c’è la decisione dell’amministrazione locale che, per ampliare la strada, ha deciso di abbattere le querce secolari al confine della tenuta. Quegli alberi sono il simbolo di Jalna e Renny intende proteggerli a qualsiasi costo.
Ma i problemi non si limitano a questo. La sua natura di donnaiolo sta mettendo parecchio in crisi il suo rapporto con Alayne; per di più si scontrano sull’educazione della figlia Adeline. La ragazza ha ereditato la tempra dell’omonima nonna e dà parecchio filo da torcere.
Ma queste solo alcune delle questioni che vi coinvolgeranno in una lettura appassionante.

Roy Jacobsen “Gli invisibili. Saga dei Barrøy” -Iperborea- euro 18,00
E’ il primo volume della quadrilogia che il pluripremiato scrittore norvegese ha dedicato alla storia di una famiglia di pescatori che vivono su un’isola minuscola a sud delle Lofoten.
Jacobsen, che è anche sceneggiatore e autore di libri per bambini, è uno dei più importanti scrittori norvegesi contemporanei ed è stato in lizza tra i finalisti dell’International Booker Prize nel 2017.
La saga narra la storia di tre generazioni di una famiglia di pescatori alle prese con la vita difficile e la sopravvivenza, a partire dall’inizio del secolo scorso. Vivono su una sperduta, minuscola isola, una delle migliaia che spuntano dal mare al largo delle coste norvegesi dello Helegeland, a sud delle isole Lofoten.
E’ su quell’impervio fazzoletto di terra brulla che vivono i Barrøy: hanno lo stesso nome dell’isola e sono gli unici abitanti di quello spazio.
Ci sono il vecchio Martin e la moglie Maria –donna inquieta che arriva da un’altra isola e rimane sempre un po’ estranea-. I figli Hans e Barbro, folle e coraggiosa, l’unica a fuggire davvero. E poi la piccola Ingrid che cresce in questa realtà, dove scorrazza impavida alla scoperta delle meraviglie possibili su una lastra di ghiaccio, incurante del pericolo in agguato.

Un microcosmo di creature la cui vita è poco più che sussistenza: poca terra coltivabile, esigui pascoli per il bestiame, la pesca solo quando le tormente, gli uragani e le tempeste di neve e ghiaccio lo consentono.
Un nucleo in cui i ruoli sono precisi e ben definiti: gli uomini a pescare, le donne, Maria e Barbro, invece riparano le reti da pesca, raccolgono le uova di edredone, cucinano il poco che hanno.

E’ la natura gigantesca e potente che qui fa da sovrana, domina le loro esistenze e non fa sconti. Orizzonte sconfinato, silenzio, paesaggi che mutano con il volgere delle stagioni scandiscono vita e occupazione dei Barrøy. E balza agli occhi il fortissimo contrasto tra uomo e natura.
Eppure il legame della famiglia con l’isolotto è simbiotico, un cosmo in miniatura dove la lotta per la sopravvivenza non concede tregua. I personaggi nutrono l’inconfessabile desiderio di andarsene verso lidi più ospitali; l’idea della fuga però resta un sogno, perché il legame con l’isolotto è più forte di tutto il resto, una sorta di idillio che nulla può scalfire.

Ayesha Harruna Attah “Zainad conquista New York” -Marcos Y Marcos- euro 18,00
E’ il terzo romanzo della scrittrice ghanese Ayesha Harruna Hattah, una delle voci più interessanti della narrativa africana contemporanea. Racconta le peripezie di una giovanissima immigrata di colore, appena 20 anni e tanti sogni nel cassetto.
Vuole diventare disegnatrice di fumetti e dare vita ad una propria graphic novel a New York, città che la fa sentire al centro della vita. Mentre la sua famiglia rimasta in Ghana vorrebbe per lei un percorso più tradizionale, Zainad ha deciso di seguire uno stage estivo in America, per poi frequentare i corsi alla School of Visual Arts di New York. Così plana nella sfolgorante Big Apple…..dove non tutto luccica come potrebbe sembrare.
Allora seguiamo Zainab che vaga alla ricerca di una casa. Impresa complessa, che si scontra subito con un materasso pulcioso nella stanza che avrebbe dovuto affittare per ben 500 dollari, e dalla quale fugge con una scusa prima ancora di aver disfatto il bagaglio.
Il sogno americano si rivela piuttosto complicato da realizzare e le difficoltà intralciano continuamente il suo cammino.
Le case in affitto non sono quelle promesse dalle agenzie, lo stage è più noioso di quello che pensava e, poiché siamo nel 2006, la tragedia delle Torri Gemelli ha accentuato il clima di sospetto nei confronti degli stranieri. Ma Zainab non molla e passa da una sistemazione all’altra, a partire dall’ospitalità angusta di parenti nel Bronx.
La bellezza del romanzo alberga soprattutto nel continuo dialogo interiore tra Zainab e le voci di tre sue antenate che sente rimbombare nella testa e l’accompagnano nell’avventura.
Sono la trisnonna Jamila, la bisnonna Zeina e la nonna Mma Fati, che le parlano, la consigliano, la guidano, la sgridano all’occorrenza e soprattutto la ispirano continuamente. Tre voci potenti che si avvicendano nella sua testa fin dai primi passi sul suolo straniero.
E al di là degli incontri, delle soluzioni, e delle amicizie che stringerà Zainab, il romanzo diventa un affascinante spaccato di vita della giovane; arricchito dalle voci del passato che ci danno la misura della potenza della tradizione, ma anche del cammino verso l’emancipazione. Voci ancestrali che ricompattano storia familiare, nostalgie, malinconie e tanto altro ancora.

Julia Chapman “Appuntamento con la morte” -Neri Pozza- euro
Julia Chapman è lo pseudonimo di Julia Stagg, conosciuta autrice britannica di romanzi gialli; questo è il primo capitolo della serie poliziesca “The Dales Detective Series”, articolata in 7 volumi, ambientata nelle verdi e apparentemente tranquille colline dello Yorkshire, nel cuore dell’Inghilterra.
La storia si svolge nel villaggio di Bruncliffe, che in realtà non esiste; l’autrice ha volutamente inserito uno spicchio di finzione nel mezzo di una vera mappa, perché il mondo in cui è ambientato il giallo è reale.
Il piccolo paese ha un passato di prosperità industriale, ma ora le fabbriche sono dismesse e parecchi posti di lavoro andati in fumo. La comunità si è rinserrata in se stessa, tutti sanno tutto degli altri, le notizie corrono veloci di bocca in bocca, nulla sfugge e si guarda sempre con sospetto chi non ne fa parte.
Su questo sfondo si dipana la trama gialla, con morti sospette e un’improbabile coppia di detective a svolgere le indagini.

Lì vive e si arrabatta come può Delilah Metcalfe, esperta informatica che cerca di guadagnarsi da vivere con un’agenzia di appuntamenti online, “La Dales Dating Agency” DDA. Però gli affari non vanno per niente bene e lei è sempre a contrattare con la banca per ottenere dilazioni nei pagamenti. Non le resta che affittare un piano del caseggiato, così da ricavare almeno un’entrata fissa.

Ed ecco che a scuotere la sonnolenta cittadina arriva su una moto rombante una sorta di figliol prodigo, è Samson O’Brien, cresciuto a Bruncliffe, con alle spalle un passato turbolento e un padre alcolizzato.
Samson aveva lasciato la cittadina oltre 10 anni prima, ora è un ex agente di Scotland Yard sotto copertura, ma sospeso dal servizio e in attesa di sapere se può tornare alla sua vita londinese oppure se deve reimpostare il suo futuro.
Nel frattempo ha deciso di tornare a casa ed aprire un’agenzia investigativa. Quando Delilah scopre che il suo affittuario è lui, la cosa non le aggrada per nulla. I due si conoscono da sempre, sono cresciuti insieme, ma tra loro non correva buon sangue ed anche ora abbondano incomprensioni e battibecchi.
Fin qui la parte più divertente, ma la morte è al centro della trama. Viene scoperto il corpo senza vita di Richard Hargreaves, falciato da un treno sotto il quale sembra si sia buttato di sua volontà. Suicidio o meno, era un cliente della DDA, dunque pessima pubblicità per gli affari di Delilah.
Poi, in fondo a Gordale Scar viene trovato anche il cadavere di Martin Foster, altro cliente della ragazza. E un terzo morto è in arrivo. Tutti e tre avevano partecipato alla stessa serata di speed-date….quali donne avevano scelto?
A Delilah non resta che chiedere l’aiuto di Samson e vedremo dove li condurranno le indagini….in pagine intriganti, ma senza troppo orrore e nel solco della migliore tradizione del giallo inglese.

 

“Amare male” e tanto altro

Nostra intervista al poeta torinese Guido Catalano

Qualche anno fa diceva di volere diventare “poeta professionista” un po’ per scherzo, un po’ no. Oggi, dopo 12 libri pubblicati, una miriade di reading e poetry slam con cui ha fatto il giro di tutta Italia, un podcast “Amare Male” (edito Chora) da cui è tratto il suo ultimo libro (edito Rizzoli), Guido Catalano “poeta professionista” lo è diventato veramente. Classe 1971, nasce a Torino, città dove vive attualmente e a cui è particolarmente legato tanto da renderla protagonista di diverse sue poesie. Nel 2015, Guido diede vita ad un blog, primissima vetrina dei suoi versi, costruendosi una credibilità online e offline. Oggi, oltre ai libri e agli spettacoli, Catalano usa i social come strumento di diffusione dei suoi componimenti poiché le poesie, sopratutto quelle brevi, sono “come una canzone: pura condivisione. Per cui sono perfette per piattaforme del genere”. Al Salone Internazionale del Libro di Torino, oltre alla presentazione del suo romanzo, ha affiancato il cantautore e musicista torinese Bianco all’ evento “Ticket to read”. Si è parlato di “cuori selvaggi” (titolo scelto per l’ edizione 2022 del Salone), di poesia, musica e ovviamente d’amore.

Oltre ad essere “un poeta professionista vivente”, come ami simpaticamente sottolineare, sei diventato anche un podcaster per la squadra di Chora con “Amare male”. Rispondendo alle missive degli utenti dal cuore infranto hai fornito “un servizio gratuito per chi soffre le pene d’amore”. Cosa ti ha dato questa esperienza che- di fatto- è una nuova forma di racconto della realtà?

Il podcast è stata un’esperienza bellissima. Raccontare delle cose senza essere visto, come succede alla radio, mi piace. Anche perché ho un’ idiosincrasia con le telecamere. Il podcast mi da maggiore libertà espressiva perché mi permette di essere ciò che voglio e, addirittura, di vestirmi come preferisco. Anche in mutande, ma non l’ ho mai registrato così.

Dici che le telecamere ti imbarazzano, ma tu parli spesso davanti al pubblico. Come vivi questo rapporto?

Probabilmente è dettato dal mio desiderio di farmi vedere perché diversamente sopporterei l’idea di recitare davanti a 100/200 persone. Fin da ragazzino, quando ho iniziato cantando in un gruppo, esprimevo in questo modo il mio bisogno di teatralità, malgrado io sia una persona timida. Spesso le persone che fanno spettacolo hanno questa caratteristica e utilizzano lo spettacolo per superarla. Per me il palco e il rapporto con la gente sono stati fondamentali per raccontare quello che scrivevo. Quando ho iniziato nessuno mi pubblicava e non esistevano i social: è stato naturale, per me, cercare il contatto con il pubblico dal vivo.

A proposito di timidezza, si dice che i timidi “apprendano” dal mondo e della vita di più di altri proprio grazie a questa loro modo di essere. Quanto è stata utile nel tuo caso?

Mi piace molto questa citazione perché i timidi guardano la vita e ascoltano in modo diverso e, così facendo, parlano più degli estroversi. Questa caratteristica è stata fondamentale per la mia scrittura. Infatti mi trovo continuamente ad ascoltare quello che succede intorno a me. La mia ispirazione viene, spesso, dalle conversazioni sentite al bar e dai dialoghi delle persone che mi circondano.

Da questo ascolto attivo è nato anche il tuo ultimo libro “Amare male”. I tuoi titoli sono sempre ironici. Cosa c’è dietro in questo caso?

E’ un titolo quasi paradossale perché da molto tempo non mi succedeva di essere felice in amore come lo sono ora ma ho ugualmente deciso di intitolarlo così. Parla della mia attuale relazione che è felice, ma anche della storia di tanti altri. E così torniamo al tema dell’ ascolto: a me piace la vita della gente, ho piacere a sentire i loro racconti. Non mi dispiacerebbe fare “l’intervistatore” delle persone. Alla luce di tutto questo, nel libro si parla di amare male ma anche di amare molto bene.

Esiste, quindi, l’amore felice che tutti cercano ma pochi trovano?

Sì esiste e va cercato. Sicuramente la fortuna ha un ruolo ma, come dicevano gli antichi, aiuta gli audaci.

Prima di venire al Salone Internazionale del Libro, hai presentato l’ultimo disco di Willie Peyote al PeyoteMes. Siete l’esempio di due torinesi che ce l’hanno fatta. Tu hai sempre detto che Torino è una città non facile in cui affermarsi perché “a Torino non si scherza un cazzo”. Questa formazione sabauda, così rigida e austera, ti ha aiutato nella tua carriera?

Penso di sì, perché Torino è come una palestra di vita dove fai un po’ più fatica rispetto a Milano e a Roma. Per questo dico che, se riesci qui, nel resto d’Italia sarà in discesa: Torino è una città difficile per gli artisti o la gente che fa il mio lavoro dal momento che non ci sono molte possibilità: qui ti fai i muscoli.

Valeria Rombolà

 

I libri più commentati del mese di maggio

I tre libri più letti e discussi in questo mese di maggio nel gruppo FB Un libro tira l’altro, ovvero il passaparola dei libri sono il saggio Medioevo Sul Naso, di Chiara Frugoni, un ottimo consiglio per conoscere le opere di questa studiosa da poco scomparsa; il classico Lonesome Dove, di Larry McMurtry che fa rivivere le atmosfere del West; La ladra di parole, di Abi Daré un vero inno all’ istruzione come antidoto alla povertà e un vero messaggio di speranza.

Andar Per Libri

Torna dal vivo l’appuntamento che riunisce gli iscritti al Gruppo Facebook Un Libro Tira L’Altro Ovvero Il Passaparola Dei Libri: martedì 28 giugno alle ore 21 presso il Caffè Letterario Le Murate, Firenze, si potrà incontrare i protagonisti di questa ormai celebre avventura telematica, con dirette e interviste. Come ormai tradizione, il momento centrale della manifestazione sarà il Passalibro: per partecipare basta portare un libro da scambiare con gli altri! Segnalate la vostra eventuale partecipazione QUI

Interviste

Questo mese la redazione di Novità in Libreria ha intervistato Francesca Ceccherini che torna in libreria con Ho Incontrato L’Amore Vero (Porto Seguro, 2022); Andrea Scurosu, torinese, che ha pubblicato in modo autonomo l’antologia di racconti Impolverati Racconti Dalla Soffitta (Youcanprint, 2022) su temi quali la guerra, l’ecologia, l’infanzia e la storia più recente del nostro paese; Riccardo Gandolfi, saggista e poeta, che ha da poco esordito nella narrativa con il romanzo La Regina, La Torre, L’Alfiere (Porto Seguro, 2022); Leonardo Alessandro Tridico, di nuovo in libreria con Aldo Moro e la Giovane Italia (Autopubblicazione) offre ai lettori l’occasione di rivivere, attraverso le pagine, la storia della giovane Italia repubblicana.

questo mese è tutto, vi invitiamo a venirci a trovare sul nostro sito ufficiale per rimanere sempre aggiornati sul mondo dei libri e della lettura! unlibrotiralaltroovveroilpassaparoladeilibri.it

 

 

ovvero il passaparola dei libri sono il saggio Medioevo Sul Naso, di Chiara Frugoni, un ottimo consiglio per conoscere le opere di questa studiosa da poco scomparsa; il classico Lonesome Dove, di Larry McMurtry che fa rivivere le atmosfere del West; La ladra di parole, di Abi Daré un vero inno all’ istruzione come antidoto alla povertà e un vero messaggio di speranza.

Andar Per Libri

Torna dal vivo l’appuntamento che riunisce gli iscritti al Gruppo Facebook Un Libro Tira L’Altro Ovvero Il Passaparola Dei Libri: martedì 28 giugno alle ore 21 presso il Caffè Letterario Le Murate, Firenze, si potrà incontrare i protagonisti di questa ormai celebre avventura telematica, con dirette e interviste. Come ormai tradizione, il momento centrale della manifestazione sarà il Passalibro: per partecipare basta portare un libro da scambiare con gli altri! Segnalate la vostra eventuale partecipazione QUI

Interviste

Questo mese la redazione di Novità in Libreria ha intervistato Francesca Ceccherini che torna in libreria con Ho Incontrato L’Amore Vero (Porto Seguro, 2022); Andrea Scurosu, torinese, che ha pubblicato in modo autonomo l’antologia di racconti Impolverati Racconti Dalla Soffitta (Youcanprint, 2022) su temi quali la guerra, l’ecologia, l’infanzia e la storia più recente del nostro paese; Riccardo Gandolfi, saggista e poeta, che ha da poco esordito nella narrativa con il romanzo La Regina, La Torre, L’Alfiere (Porto Seguro, 2022); Leonardo Alessandro Tridico, di nuovo in libreria con Aldo Moro e la Giovane Italia (Autopubblicazione) offre ai lettori l’occasione di rivivere, attraverso le pagine, la storia della giovane Italia repubblicana.

Per questo mese è tutto, vi invitiamo a venirci a trovare sul nostro sito ufficiale per rimanere sempre aggiornati sul mondo dei libri e della lettura! unlibrotiralaltroovveroilpassaparoladeilibri.it

Piazze, larghi e rondò. Un viaggio nel tempo e nella storia di Torino

IL NUOVO LIBRO DI GIULIANO VERGNASCO

Le piazze costituiscono il cuore delle città fin dall’antichità: sono il luogo del commercio e della socializzazione. Torino non sfugge a questa logica e di luoghi classificabili come piazze, piazzette, larghi o rondò ne conta circa duecento.

Sono state sede di mercati, rivolte e grandi eventi, sono state costruite per volere del sovrano oppure sono figlie di scelte urbanistiche,  hanno visto la città trasformarsi innumerevoli volte, ingrandirsi e rimpicciolirsi, salire sul proscenio della storia e rimanere nascosta.

In questo libro si ripercorre la storia del capoluogo piemontese attraverso di esse legando a ognuno di questi luoghi curiosità, notizie e particolarità, passando dalle piazze che non lo sono, da quelle in cui il nome popolare ha cancellato quello ufficiale e così via.

Un viaggio, illustrato da oltre 500 fotografie, che coinvolge tutta la città, dal centro alla periferia, passando dalla Torino barocca dei nobili e dei re a quella del popolo e del lavoro, andando alla ricerca di fatti, storie e personaggi.

L’autore: Giuliano Vergnasco è nato il 10 marzo 1967 a due passi da Piazza Statuto. È da sempre appassionato di storia, in particolare quella di Torino. È collezionista di libri, guide, cartine e fotografie della città. Gestisce il blog “Like a killer in the sun”, nel quale parla di politica, attualità, sport, cucina e di libri. Ha pubblicato con Loredana Cella “Piazza Statuto e Porta Susa” (Graphot, 2012) e ha partecipato alle raccolte di racconti “Barriera stories” (Graphot, 2021) e “A Torino Centro” (Edizioni della Sera, 2022).

Piazze, larghi e rondò – Un viaggio nel tempo e nella storia di Torino (Graphot, 2022)

 

Il Dito di Dio: Pablo Trincia racconta il disastro della Costa Concordia

Al Salone del Libro di Torino

Erano le 21:45 quando la Costa Concordia naufragava nelle acque gelide dell’ arcipelago toscano nei pressi dell’Isola del Giglio in una fredda notte del 13 gennaio del 2012, impattando contro gli scogli delle “Scole” e riportando una falla lunga 36 metri sul lato sinistro della carena.
Qualche ore dopo, il gigante marittimo- dal valore stimato di 450 milioni di euro- si inclinava sul lato di dritta, con uno sbandamento prossimo ai 90°, naufragando definitivamente a 00:42.
La Costa Concordia è stata la più grande nave della Marina Mercantile italiana, assumendo il ruolo di ammiraglia fino al 2007. Il suo ultimo viaggio era iniziato a Savona con a bordo 4.229 persone (di cui 3.216 passeggeri e 1.013 membri dell’equipaggio). La crociera “Profumo d’Agrumi” prevedeva una rotta dislocata su tutto il Mediterraneo passando da Marsiglia, Barcellona, Palma di Maiorca, Cagliari, Palermo, Civitavecchia per concludere la rotta proprio nella città di partenza, Savona.
Durante quella tragica notte di dieci anni fa, moriranno 32 persone, di cui 27 passeggeri e 5 membri dell’equipaggio diversi per età e nazionalità.
Per omaggiare e raccontare la vita e l’intreccio tragico e magico dei destini delle persone a bordo, Pablo Trincia- autore televisivo e giornalista- scrive e legge “Il dito di Dio” podcast originale Spotify. Lo abbiamo incontrato al Salone Internazionale del Libro a Torino dove ha letto e raccontato alcune storie tratte del suo ultimo libro “Romanzo di un naufragio” (Einaudi editore), sequel letterario del podcast.

Uno dei grandi protagonisti di questa tragica storia è stato l’assurdo e misterioso incrocio dei destini delle persone presenti a bordo. Quanto è stato importante questa tematica nello sviluppo narrativo del podcast prima e del libro poi?

Il destino nella storia della Costa Concordia è tutto: è lo scheletro che regge il racconto. Infatti, ogni persona che presente quella notte sulla nave, ci è finita per uno strano intreccio di date, eventi e coincidenze. Questo è l’elemento dominante della narrazone. Tutti abbiamo un destino, ma quando finisci in quelle situazioni ti domandi “perchè proprio io sono arrivato in quel posto a quella determinata ora?”.

I destini delle vite dei passeggeri della Concordia sembra essersi intrecciati anche dopo quella tragica notte. Quanto è stato complesso per te raccontare il prima e il dopo delle vite dei protagonisti – inconsapevoli – di quella tragedia?

Molto, ascoltare le vicende delle persone presenti sulla nave è stato difficile. Mi sono trovato a commuovermi più di una volta, però è anche bello quando il racconto diventa così intenso.

L’altro grande protagonista di questa storia è stato il Comandante Francesco Schettino. Hai sottolineato la difficoltà di “mettersi nei panni” di un soggetto che ha compiuto le azioni che tutti conosciamo, per garantire una lettura più oggettiva possibile. Quanto è stato complesso distaccarsi da un giudizio morale su di lui? Pensi di esserci riuscito?

Sì, penso di averlo raccontato senza giudizio ma semplicemente narrando i fatti. Non mi sono messo a giudicarlo: lo aveva già fatto un tribunale oltre che tutto il mondo. L’ho semplicemente raccontato.

Passando all’iconografia della nave (un gigante da 290,20 metri di lunghezza e da 35,5 metri di larghezza), quali sono state le tue prime sensazioni quando hai visto le immagini di quel colosso riverso sul un lato e quasi completamente naufragato nelle acque dell’Arcipelago toscano?

Faceva impressione vedere delle immagini del genere in TV perché è qualcosa che non vedi abitualmente. Quando raccontavo la storia ho sempre cercato di tenerla a mente e l’ho guardato un sacco di volte. Inoltre ho cercato tutte le fotografie possibili perché volevo raccontarla bene. E’ un’immagine fortissima ed è anche il motivo per cui questa storia è rimasta così impressa nella testa delle persone.

La tua carriera da podcaster inizia nel 2017 con “Veleno”, inchiesta realizzata con la collaborazione della giornalista Alessia Rafanelli e narrata in sette puntate.
Trovo un legame tra quella storia e questa: il tragico destino che accomuna intere famiglie e le lega definitivamente. Sembra che tu sia particolarmente legato ai racconti che hanno come protagonisti le famiglie. E’ così?

E’ una domanda molto bella perché è vero. Mi piace l’idea di raccontare i nuclei familiari perché sono il primo mondo che abbiamo intorno a noi ed la prima cerchia di cui facciamo parte. Sono ricche di persone, caratteri e comportamenti che mi affascinano. Per la stessa ragione sono appassionato dalla letteratura latino-americana che ha come protagonista intere generazioni familiari tutte legate da un filo rosso. Quindi penso di avere una particolare propensione a questa tipologia di racconto.

Valeria Rombolà

“Adotta uno scrittore”, il Calamandrei a Librolandia

Tre classi dell’Istituto Tecnico Commerciale ‘Calamandrei’ di Crescentino, che appartiene all’Istituto di Istruzione Superiore Galileo Ferraris di Vercelli, dirigente Cinzia Ferrara, sono state lunedì 23 maggio al Salone del Libro di Torino.

Le ragazze ed i ragazzi delle classi Terze Agrari, Cat – Costruzioni ambiente territorio e  Sia – Sistemi informativi aziendali con le docenti di lettere Ilaria Rey, referente del progetto, e Beatrice Ferrari hanno preso parte, all’incontro finale dell’iniziativa ‘Adotta uno scrittore’ che quest’anno era Imma Vitielli., giornalista, scrittrice e sceneggiatrice. L’autrice, nel corso degli incontri durante l’anno ha saputo coinvolgere i ragazzi partendo dalla tematica, purtroppo attuale della guerra e poi li ha portati a scavare nella propria interiorità, nelle proprie guerre personali con un lavoro coinvolgente che li ha aiutati anche a mettersi di fronte a problematiche che, sinora, avevano ‘insabbiato’ anche a sé stessi.

Passano gli anni ma la storia degli Alpini è sempre attuale

Il punto di vista / Le interviste di Maria La Barbera

Gianni Oliva ci parla del suo legame con il famoso e antico corpo militare.

Ottantamila penne nere hanno sfilato per le vie di Rimini per celebrare il raduno annuale degli Alpini. Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella è intervenuto ringraziandoli per il loro storico contributo alla pace e per l’impegno profuso durante la pandemia, migliaia di persone hanno partecipato a questo importante e tradizionale evento associativo condividendo momenti di festa e solenni memorie.
Gianni Oliva, legato anche per motivi familiari, allo storico corpo e membro ad honorem della “Tau”, la Brigata Alpina Taurinense, ci parla del suo significato storico e collettivo e dei valori di cui è portatore.

Perché gli Alpini sono così amati e seguiti in Italia?

Perché gli Alpini tra le unità dell’Esercito sono quelli che si identificano maggiormente con la società civile, è un corpo che si è radicato sul territorio con tante associazioni. Le loro manifestazioni coinvolgono molte persone, non esiste in Italia una festa popolare laica così partecipata e così ripetuta, siamo nel 2022 ed è davvero ancora molto seguita.
La commemorazione degli Alpini è anche la rievocazione dell’Italia, esiste una corrispondenza tra la storia degli Alpini e quella nazionale.

Chi sono e cosa rappresentano per la collettività?
Possiamo dire che gli Alpini sono una trasposizione delle attitudini dei montanari: pazienti, coraggiosi, resistenti, determinati. E poi sono portatori di una solidarietà quasi genetica che gli viene dalla provenienza geografica. L’Associazione Nazionale Alpini, poi, è la forma di volontariato laico con un’ottima organizzazione e mette diversi ed importanti servizi a disposizione della comunità, dalla protezione civile alla raccolta fondi, dalla collaborazione con le pro loco nell’organizzazione delle feste patronali ai campi scuola.

Perché è particolarmente affezionato a questo corpo dell’Esercito Italiano?

Ho un legame affettivo in quanto la mia famiglia proviene da una vallata di reclutamento alpino, hanno fatto parte del terzo Alpini sia mio nonno, nato nel 1881, che mio padre, classe 1910. Inoltre sono affezionato perché il mio primo libro è stato “Storia degli Alpini”, pubblicato nel 1984 da un editore della “Rizzoli”, Edmondo Aroldi .

 

Il  Salone più grande di sempre chiude con 168.732 visitatori

La giornata di oggi, lunedì 23 maggio, chiude ufficialmente la XXXIV edizione del Salone Internazionale del Libro. Nonostante siano passati solo sette mesi dalla scorsa edizione, tenutasi eccezionalmente in autunno, lettori e lettrici, scrittrici e scrittori, editori, insegnanti, studenti, famiglie, ragazzi, bambini non hanno potuto fare a meno di tornare a Lingotto Fiere; sono tornati a casa.

 

A fare un bilancio di questo Salone, questo pomeriggio in Sala Oro, sono stati: Silvio Viale, Presidente dell’Associazione Torino, La Città del Libro; Giulio Biino, Presidente della Fondazione Circolo dei lettori; Rosanna Purchia, Assessore alla Cultura della Città di Torino; Piero Crocenzi, Amministratore delegato di Salone Libro s.r.l.; Nicola Lagioia, Direttore editoriale del Salone Internazionale del Libro di Torino.

 

Oltre una fiera, oltre una manifestazione culturale, un vero e proprio villaggio delle arti vissuto con intensità durante questa edizione da oltre 168.000 visitatori che hanno fatto propri non solo i padiglioni 1, 2, 3 e Oval del centro polifunzionale Lingotto e il Centro Congressi ma anche e con entusiasmo l’ampia area esterna. Grazie ad una meticolosa organizzazione degli spazi è stato possibile per i lettori e lettrici godersi l’evento anche nella giornata di sabato 21 in cui è stato registrato il picco di affluenza al Salone del Libro nella sua storia.

 

Il Salone del Libro ha preso vita grazie alle 1000 persone che ci hanno lavorato – tra staff e macchina organizzativa che include allestitori e fornitori – ma anche grazie alle oltre 1000 piante del Bosco degli Scrittori.

Un Salone tanto denso non può non essere accompagnato da un racconto altrettanto ricco: è stato immortalato in 60.000 scatti realizzati dal team fotografi, raccontato in più di 4000 pagine di rassegna stampa e 450 passaggi tra radio e televisione. Anche gli accrediti sono aumentati: un 58,57% in più per la stampa rispetto ad ottobre e addirittura un aumento del 100,61% per i blogger.

La piattaforma SalTo+ ha registrato 14.407 nuovi iscritti (dal 29 aprile) per un totale, a oggi, di 71.941 utenti. Per i 1466 eventi ospitati nelle quasi 50 sale della Fiera sono quasi 90mila le persone che hanno partecipato agli incontri; oltre 25.000 posti sono stati prenotati tramite il servizio offerto agli utenti SalTo+. Sono oltre 200 gli eventi che hanno fatto registrare il sold out.

 

Annunciati anche i vincitori della XIII edizione del Premio Nazionale Nati per Leggere. Il comunicato completo è disponibile nel presskit digitale, dove sono a disposizione anche i materiali stampa del Premio Strega Europeo e del Concorso Lingua Madre.

 

La XXXV edizione. L’appuntamento è per la prossima primavera: la XXXV edizione si terrà a Torino tra il 18 e il 22 maggio 2023. Arriveranno nuove storie, nuove idee, nuovi cuori selvaggi.

 

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

Tove Ditlevsen “Infanzia” -Fazi Editore- euro 15,00

Una bellissima riscoperta letteraria femminile quella della penna di Tove Ditlevsen, importante poetessa e scrittrice danese del Novecento (nata nel 1917, morta suicida nel 1976); autrice della Trilogia di Copenaghen di cui “Infanzia” è il primo volume, pubblicato in patria nel 1967.
La trilogia è di fatto la sua struggente autobiografia, articolata anche nei successivi volumi “Gioventù” e “Dipendenza” di prossima pubblicazione, per la prima volta, in Italia.
Il suo sguardo sulla vita è amaro e disincantato: «L’infanzia è lunga e stretta come una bara, e non si può uscirne da soli….».
Racconta così i suoi stati d’animo, con frasi brevi, incisive, scolpite nel profondo del suo essere. Come tutti i sommi scrittori ha la capacità di trascinarci nel suo mondo, nel suo sentire e nella sua sofferenza con parole che ci afferrano e non ci lasciano più.
La piccola Tove è nata in un quartiere operaio di Copenaghen, figlia di un uomo dalle simpatie socialiste che perde il lavoro e scivola nell’inferno della disoccupazione; vissuta dalla famiglia come onta suprema e vergogna da nascondere.
La madre Alfrida, invece, è una donna astiosa, piena di rabbia e rancore, facile agli scatti d’ira, distante e, per la figlia, decisamente irraggiungibile e incomprensibile.
Tove l’adora e cerca disperatamente di conquistarne l’affetto…senza mai riuscirci e portandosi per sempre nel cuore questa ferita sanguinante.
Un’esistenza che sarà segnata dal desiderio di scrivere poesie; le custodisce e nasconde in un album in cui riversa i suoi pensieri e tutta la sua sensibilità, la difficoltà di crescere, il suo sguardo sugli adulti.
La fase dell’infanzia le va decisamente troppo stretta, eppure inizierà a rimpiangerla nel momento in cui se la lascerà alle spalle.

Una meravigliosa scoperta quella di questa autrice che ebbe vita difficile, breve e travagliata, con i sassi dell’esistenza che la ferivano continuamente. La prigione dell’infanzia lascerà il posto a quella dell’età adulta.
Lei, che era uno spirito creativo e libero, non riuscirà mai a venire a patti con la vita; si sentirà sempre fuori posto ed affogherà il suo male di vivere in alcol e droghe. Fino al tragico epilogo: la morte per un’overdose di sonniferi che fermò la sua vita a soli 58 anni.

Amélie Nothomb “Primo sangue” -Voland- euro 16,00

E’ il trentesimo romanzo pubblicato dalla baronessa belga 55enne -scrittrice di lingua francese che mette a segno un libro all’anno (sempre in testa alle classifiche), ed è dedicato al padre morto a 83 anni, il primo giorno del lock-down.
Un romanzo catartico in cui presta la sua voce al genitore, Patrick, ex diplomatico ed eroe che nel 1964 aveva salvato 1.450 ostaggi in Congo. Artefice di estenuanti trattative con i ribelli, inoltre era rimasto immobile e coraggioso di fronte al plotone d’esecuzione che era sul punto di fucilarlo.
117 pagine in cui la Nothomb, con la sua scrittura elegante e poetica, racchiude infanzia, giovinezza, matrimonio e primo incarico diplomatico di Patrick Nothomb; nato nel 1936 e morto nel 2020, erede di una delle famiglie più importanti del Belgio.

Quando aveva solo 8 mesi era rimasto orfano del padre; militare 25enne saltato in aria mentre imparava a sminare un terreno (destino volle che qualcuno avesse sbagliato usando una mina vera). Due anni prima aveva sposato Claude, donna bellissima che rimase vedova a soli 25 anni; ne indossò la maschera per non togliersela mai più.
Una giovane donna quasi inaccessibile al figlio. Lasciò volentieri che lo crescessero i nonni; mentre lei passava da un ricevimento all’altro, veleggiando nell’alta società, sempre impeccabile ma scostante.
Claude è la nonna della scrittrice e nel libro è una presenza incostante, distante e fredda con il figlio, che chiamava “Paddy” come imponeva l’anglofilia. Tendenza in voga nell’aristocrazia belga dell’epoca (durante la Seconda guerra mondiale e protratta fino agli anni Sessanta) per cui il massimo dello chic era fingersi inglesi, e Claude parlava francese con accento inglese.

Compaiono spesso i nonni di Patrick; dai genitori della madre che praticamente lo hanno cresciuto, alle trasferte dai nonni paterni, esperienza che finirà per divertirlo parecchio, nonostante le privazioni.
E si, perché quando andava dal barone Pierre Nothomb, che viveva nella roccaforte di Pont d’Oye,-in un castello, ma faticava a sfamare i numerosi figli- Patrick cadeva sotto l’incantesimo di quel luogo.
Il nonno paterno aveva avuto la bellezza di 13 figli, (dei quali 3 erano morti, incluso il padre di Patrick) e due mogli. La sua casa pullulava di vita e Patrick entrava a pieno titolo in quell’orda di Unni che erano tecnicamente i suoi zii e zie, compagni di giochi e di scoperte continue.
Una casa in cui il cibo scarseggiava e comunque prima andava agli adulti; solo se avanzava qualcosa era dato ai bambini, perché gli spiegarono «..se arrivi all’età di 16 anni poi sarai sfamato».

Scorrono altre pagine che ci danno la misura di Patrick: il suo tallone d’Achille per cui sveniva alla vista del sangue (persino a quello di una bistecca), le amicizie e le delusioni, le aspirazioni e l’incontro con l’amore della sua vita che finirà per sposare ad ogni costo.
Ampio spazio anche al suo eroismo come ambasciatore nel Congo, che si era appena liberato dal colonialismo ed aveva conquistato l’indipendenza. Sulla situazione politica di quel paese e l’esperienza del sequestro scrisse anche il libro “Dans Stanleyville”.
Insomma un magnifico omaggio a quel padre a cui la Nothomb assomiglia tanto, che vedeva immortale, salvo poi non poterlo neanche accompagnare al cimitero causa epidemia. Quel padre tanto affascinante e pieno di coraggio ci appare vicino in questo bellissimo libro che lo riporta in vita.

 

John O’Hara “Elizabeth Appleton” -Nutrimenti- euro 20,00
Questo romanzo è un grande classico della letteratura mondiale e mette a fuoco i campus americani: le loro dinamiche, ipocrisie, gelosie, rivalità, e molto altro di una società arroccata nel perbenismo. Scritto dall’americano John O’Hara (1905- 1970), considerato uno dei più importanti autori della sua generazione, anche se dal carattere difficile. O’Hara era abilissimo nelle short story; narratore dallo sguardo disincantato che scandagliò, soprattutto in questo romanzo, l’America e le sue mille sfumature.
Protagonisti sono il docente John Appleton -preside di facoltà nel College più antico del luogo- e la moglie Elizabeth; che nel 1950 vivono immersi nel mondo puritano e sonnolento della cittadina universitaria di Spring Valley in Pennsylvania. Abitano in una casa che è l’emblema anche del loro matrimonio, ovvero solida, rispettabile e comoda. Almeno così appare a un primo sguardo veloce.
O’Hara però ci conduce nei loro pensieri e ci offre un’immagine più approfondita. John è un insegnante in carriera, stimato e rispettato. Ma per quanto lontano possa arrivare non riuscirà mai a ricompensare appieno la moglie Elizabeth, abituata al benessere della sua ricca famiglia di origine. Lei riesce a permettersi qualche piccolo lusso solo grazie al denaro inviatole dalla madre rimasta vedova dopo un matrimonio infelice.
Agli occhi del microcosmo in cui vive, Elizabeth, si è ritagliata l’immagine pubblica di moglie devota e operosa.
Ma l’autore ci offre una ricostruzione provocatoria in cui mette a nudo le falsità, i maneggi sotterranei, i giochi di potere, gli intrighi e i segreti che vanno ad intaccare l’immagine sacra delle università americane. Lo fa con una sottigliezza che emerge dai dialoghi serrati e dall’immergersi negli stati d’animo dei protagonisti. Dietro le quinte dei riti sociali si annidano insoddisfazioni, tradimento, discrepanze tra classi sociali.

 

Giorgio Van Straten “Una disperata vitalità” -HarperCollins- euro 18,00

Possiamo leggere questo libro dell’autore fiorentino come una sorta di bilancio della vita del protagonista, Giorgio, alle soglie del 60esimo compleanno. Momento in cui si trova sospeso tra la vita precedente a Roma e Firenze dove ha lasciato –ma non del tutto- l’ex moglie e la sua esperienza newyorkese con ritmi di vita frenetici, tra un incontro e l’altro.
L’omonimia con l’autore, la professione di scrittore e agente letterario, e New York (dove Van Straten è stato direttore dell’Istituto di Cultura Italiano tra 2015 e 2019) inducono a pensare che il protagonista altri non sia se non l’autore stesso. Comunque in queste pagine ci sono parecchie cose in comune tra i due: mestiere, passioni, interessi, città.
Nelle pagine del romanzo abbondano i malanni -veri o presunti- del protagonista, il rapporto con il corpo e l’usura del tempo, l’idea di una vitalità a tutti i costi, lo spettro della morte. Giorgio ci porta con lui tra un evento newyorkese e l’altro, le infatuazioni più o meno passeggere per donne che per un po’ abitano il suo cuore. Party, presentazioni di libri, film, mostre d’arte, in cui i discorsi vacui affogano in cocktail ad alta gradazione alcolica con cui stordire l’affanno del vivere.
Questa frenesia, la vitalità disperata e a tutti i costi, gradatamente perdono consistenza e diventano meno interessanti. Invece iniziano a pesare le paure, le tachicardie a ogni rampa di scale.

Giorgio fa un bilancio della sua esistenza secondo parametri che hanno a che fare con il tempo che fugge, i fallimenti sentimentali, la disillusione della sua generazione, e una nuova realtà newyorkese che lo spiazza parecchio, intrisa di decadenza morale ed etica.
Un disincanto che alberga abbondantemente in questo libro di auto-fiction, in cui l’autore si è anche parecchio divertito a prendere in giro non solo se stesso, ma anche persone amiche o incontrate strada facendo.