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“De rebus brevi”, situazioni di vita comune illuminate da una originale ironia

La presentazione della raccolta di racconti di Marco De Candia sarà moderata dalla giornalista Mara Martellotta.

 

“De Rebus brevi” è il titolo della raccolta di racconti di cui è autore Marco De Candia e che propone, come già suggerisce il titolo, una carrellata di situazioni di vita brevi, spesso anche brevissime. Si tratta di una acuta riflessione da parte dell’autore sui tempi difficili che stiamo vivendo e sugli usi e costumi in continua evoluzione. Uno spazio è anche dedicato agli amori inespressi, ai desideri repressi e all’impatto della tecnologia sulla vita quotidiana di ciascuno di noi.

Marco De Candia indaga anche sull’impatto che hanno avuto la firma digitale e il metaverso nella società attuale. L’autore indaga anche sui rapporti intimi tra coppie consolidate che vogliono ritrovare l’antico ardore e sperimentare novità  che si infrangono nella routine della vita quotidiana.

La copertina del libro è  il risultato di un contest promosso  da Torino Comics in collaborazione con Edizioji Radici Future, nella comunità dei disegnatori,  illustratori e fumettisti.

Il libro di Marco De Candia, composto da un centinaio di racconti brevi e brevissimi, percorsi da una sottile e intelligente ironia,  verrà presentato presso Torino Comics sabato 15 aprile prossimo dalle  10 alle 11.

MARA MARTELLOTTA

 

Boomers contro Millennials. Al Circolo dei Lettori

Martedì 11 aprile ore 18.30

Circolo dei Lettori Torino

Via Bogino 9

BENIAMINO PAGLIARO

presenta

BOOMERS CONTRO MILLENNIALS

Dialoga con

ALBERTO CIRIO

ANDREA MALAGUTI

 

Beniamino Pagliaro
BOOMERS CONTRO MILLENIALS. 7 BUGIE SUL FUTURO E COME INIZIARE A CAMBIARE
In libreria per HarperCollins, pp 160, euro 17,50

Le sette bugie raccontate ai millennials:

Bugia 1. La promessa

Bugia 2. La libera scelta

Bugia 3. Il mattone

Bugia 4. La scrivania

Bugia 5. La pensione

Bugia 6. La democrazia diretta

Bugia 7. Il cambiamento impossibile

Sette luoghi comuni. Sette bugie. Da “studia tanto e tutto andrà bene” a “se lavori come si deve presto avrai i soldi per comprare casa”, da “la politica si occuperà dei giovani” a “ormai facciamo sempre così, è troppo tardi per cambiare”: così Beniamino Pagliaro racconta i problemi che le generazioni recenti si sono trovate ad affrontare, dai contratti meno tutelati a pensioni fantasma e quantomai ipotetiche, sempre con la certezza di trovarsi poi, per la prima volta in più di un secolo, più poveri dei propri genitori.

C’è un motivo se i cosiddetti giovani – concetto applicato con disinvoltura e che comprende, oramai, due generazioni e mezzo – fanno più fatica ad affermarsi nel mondo del lavoro, mettono su famiglia più tardi, non comprano più casa e vivono una preoccupazione crescente, quasi un’ossessione nei confronti dell’emergenza climatica. Con questo brillante e divertente saggio Pagliaro racconta, partendo dai dati ed esperienze dirette, i problemi che affliggono la nostra realtà, e propone di aprire un fronte di dialogo: l’interazione tra la classe dirigente attuale, appartenente alla generazione dei Baby boomers, e quella futura, rappresentata dai Millennials, non può più essere ridotta a una dimensione di eterno conflitto. Non si deve più parlare di colpe, bisogna piuttosto trovare, una volta per tutte, non un capro espiatorio ma soluzioni a problemi urgenti e attuali.

Boomers contro Millennials si prefigge l’obiettivo di creare una narrazione innovativa. È un libro sul recente passato, sul presente e soprattutto sul futuro: per sconfiggere luoghi comuni e sanare abitudini malsane e radicate nella nostra cultura occorrono strumenti, libri e testimonianze che permettano di pensare il mondo in un modo nuovo. Tutti insieme.

BENIAMINO PAGLIARO

Nato a Trieste nel 1987, Beniamino Pagliaro è giornalista, caporedattore di “Repubblica” e fondatore di “Good Morning Italia”. Scrive di economia e politica e il suo libro più recente è Attenzione! Capire l’economia digitale ti può cambiare la vita (Hoepli, 2018).

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

 

Margaret Atwood “La vita prima dell’uomo” -Ponte alle Grazie- euro 18,00

La scrittrice e poetessa canadese pubblicò questo suo quarto romanzo nel 1979 e questa è la prima volta che viene tradotto in italiano. La storia è ambientata in Canada nel 1976, e racconta la deriva di un matrimonio in cu Elizabeth e Nate si tradiscono praticamente da quando si sono sposati, secondo un accordo in cui entrambi sanno e sono consenzienti, abili nel mantenere integre le apparenze per non sconvolgere le due figlie.

Un sistema collaudato e con un suo equilibrio che ha funzionato almeno fino al momento in cui Nate si innamora della giovane paleontologa Lesje e l’amante di Elizabeth, Chris, si spara alla testa con un fucile dopo che lei l’ha lasciato.

E’ allora che tutto rischia di crollare. Elizabeth si lascerebbe andare alla deriva in un letto; incapace di reggere il peso e la responsabilità di una morte simile. Una tragedia che grava anche sul marito al quale è toccato il riconoscimento del cadavere; e ci sono le figlie da accudire e proteggere dalla tragedia.

Elizabeth faticosamente torna al lavoro nel Museo e tenta di essere una madre decente, ma in realtà si chiude in un mondo immaginario che nessuno può penetrare. Una sorta di rifugio della mente e del cuore dove vivi e morti, passato e presente, della sua vita si scambiano e alternano continuamente. Riaffiorano anche i traumi e i dolori per gli abbandoni e le morti tragiche che hanno costellato parte del suo vissuto.

D’altro canto il marito Nate (al quale non aveva mai confidato gli spettri del suo passato) si innamora della giovane paleontologa Lesje che lavora nello stesso museo di Elizabeth.

Pure l’amante, quando rischia di essere schiacciata dal peso dell’esistenza, mette in atto una sorta di autodifesa. Culla la ricorrente fantasia in cui solo lei può immedesimarsi in un Giurassico immaginario, dove spiare l’unica presenza dei dinosauri, immaginando quindi la vita prima dell’uomo.

Nate non riesce a decidersi tra le due donne, condannando tutti loro all’infelicità e sullo sfondo del romanzo la Atwood è abilissima nel raccontare l’universo femminile e riflettere sul senso della vita, degli affetti e dell’amore.

 

 

Ivy Compton Burnett “Mariti e mogli” -Fazi Editore- euro 19,00

E’ stato pubblicato nel 1931, ed è la prima volta che viene tradotto in italiano questo romanzo di una delle più importanti scrittrici del Novecento inglese; famosa per l’abilità di scrutare a fondo e narrare le vicende di famiglie conflittuali nelle quali serpeggia l’infelicità.

Anche in questo romanzo esplora e racconta le dinamiche distorte di un’aristocratica famiglia inglese vissuta tra Ottocento e Novecento, e lo fa con un sottile cinismo e ampie dosi di acume.

Harriet Haslam è la matriarca che tiene sotto controllo con pugno di ferro 4 figli di diverse età che si ostinano a voler andare in direzioni opposte a quelle da lei contemplate.
Matthew è il primogenito che la madre vorrebbe diventasse medico; lui invece vira sulla ricerca scientifica, meno remunerativa e prestigiosa rispetto al progetto materno.

Il secondogenito Jermyn sogna di diventare poeta, ma al momento non riscuote alcun interesse presso gli editori.

Griselda si è incaponita in un matrimonio che la madre non vede di buon occhio.

Il più piccolo e quello più amato tra i 4 figli è Gregory: ha 20 anni e dimostra di prediligere la compagnia di tre attempate signore inglesi invece dei suoi coetanei e della fanciulla che la madre vorrebbe fargli sposare.

Se vi chiedete che ruolo giochi su questo scacchiere il padre, presto detto, pressoché nessuno. Godfrey è un marito educato e gentile, ma fondamentalmente buono a nulla, spendaccione e parecchio adulatore. A scontrarsi con i rampolli è sempre Harriet, spesso con toni accesi e parole che tagliano in due.

Però ad un certo punto, dopo l’ennesimo litigio con Matthew, la madre crolla e sprofonda nel malessere psicologico causato da una famiglia lontana dalla perfezione che lei vorrebbe. E’ allora che tenta il suicidio, salvo pentirsene quasi subito, guadagnando il ricovero in una clinica per sei mesi di cure.

Quando torna a casa troverà parecchi cambiamenti, e i figli che nel frattempo sono andati ognuno per la strada che si è scelto. Vedremo come la matriarca si muoverà sul nuovo terreno. Il romanzo è giocato quasi tutto sui dialoghi; poche descrizioni e tante battute con toni che centrano sempre il bersaglio. Un romanzo che sembra uno spettacolo teatrale allestito su un palco.

 

Dolly Alderton “Sparire quasi del tutto” -Rizzoli- euro 18,00

Questo romanzo è stato paragonato al “Diario di Bridget Jones” ai tempi di Tinder. A scriverlo è stata la scrittrice anglo- candese Dolly Alderton (nata a Londra nel 1988): giornalista, editorialista del “Sunday Times”, podcaster e autrice per la televisione inglese.

Protagonista è la food writer 32enne Nina Dean, orgogliosa della sua indipendenza, capace di assaporare anche la solitudine da donna realizzata. Si destreggia abilmente tra amiche, ex fidanzati e impegni di lavoro. Da poco è anche riuscita a comprarsi un piccolo appartamento in un vivace quartiere londinese, e la sua vita scorre tranquilla tra lavoro e soddisfazioni.

Neo della sua esistenza è la malattia del padre, affetto dall’Alzheimer che lo sta depauperando della memoria.

Caso vuole che si affacci nel mondo degli incontri online e incappi in una storia d’amore che credeva sarebbe stata quella giusta e per tutta la vita. Salvo poi scontrarsi con un’esperienza di ghosting, in cui lui sparisce di colpo e senza spiegazioni.

Lui sarebbe Max, conosciuto grazie a un’app di incontri, che si presenta subito al meglio e col quale inizia una relazione di quelle che sembrano far combaciare in tutto e per tutto due anime gemelle. Le dice di amarla e sembra pure dimostrarlo in una fase di pieno love bombing che apre spiragli su un futuro che pare lastricato di rose e fiori.

Poi, inspiegabilmente, Max non risponde più alle chiamate e ai messaggi; praticamente sparisce nel nulla cancellando in un colpo solo il sogno che pareva a portata di mano. Il resto lo scopriremo leggendo questo spumeggiante romanzo scritto da un’autrice nata nello stesso anno in cui Internet ha iniziato a cambiare il mondo. Una generazione entrata nell’agone della vita vivendo relazioni sia reali che virtuali.

 

 

Elin Wãgner “Ragazze di città” -HarperCollins- euro 15,00

Elin Wägner era una giornalista, giornalista, femminista, ecologista e pacifista svedese, nata nel 1882 e morta nel 1949, rimasta orfana della madre quando aveva appena 3 anni.

Nel 1907 aveva pubblicato a puntate una storia che potrebbe essere stata scritta ai giorni nostri, di una modernità incredibile per l’epoca, attualissima per noi oggi.

Ambientata a inizi Novecento è la storia di 4 ragazze che vivono insieme in un appartamentino di Stoccolma e lavorano come impiegate. Si definiscono la Banda di Northull, si capiscono e si aiutano tra loro.

Protagonista principale è la 25enne Elisabeth che ha trovato impiego in città e condivide la

minuscola casa con le altre 3 che, come lei, lavorano come segretarie: Eva, Baby ed Emmy.

Sono tutte e 4 giovani donne single senza famiglie in grado di aiutarle economicamente, pertanto possono contare solo su loro stesse e devono lavorare per mantenersi.

Ma non è così facile, tanto per cominciare perché il loro lavoro non è certo pagato lautamente; lo stipendio basta malapena a saldare i conti e a garantirsi la sopravvivenza.

Poi si muovono in un ambiente di lavoro fortemente maschilista e subiscono spesso molestie da parte dei datori di lavoro e dai colleghi che si sentono autorizzati a prendersi certe libertà. Come se non bastasse, per le stesse mansioni le ragazze vengono pagate più o meno la metà dei maschi.

Questo il quadro all’interno del quale Elisabeth, Eva, Baby ed Emmy trascorrono la loro giovinezza; ma se pensate che sprofondino nella tristezza per la costante fatica di sbarcare il lunario e per fronteggiare una mentalità a loro sfavorevole, scoprirete subito che non è così.

Certo la Stoccolma di inizio Novecento per le giovani impiegate è uno spazio difficile in cui muoversi e avanzare, sospese tra recenti conquiste sociali e un milieu in cui a dettare legge sono i maschi che continuano ad abusare del loro potere.

Ma queste ragazze imparano a destreggiarsi tra gli ostacoli, sviluppano poco a poco strategie che permettano loro di resistere e sopravvivere anche tra le ingiustizie.

Il loro appartamento è sì angusto, ma è anche lo spazio in cui depongono le corazze e parlano di libertà, diritti, costo della vita, e commentano ironicamente la loro esistenza. La sera dopo il lavoro si ritrovano e in un’atmosfera allegra, solidale, piena di vita e pensieri stimolanti, commentano la giornata con toni umoristici e sarcastici, decise a non farsi condizionare troppo dalle avversità.

La solidarietà e l’amicizia che hanno costruito non sempre bastano a vincere tutte le loro battaglie personali e non c’è sempre l’happy ending per i loro travagli; ma in questo romanzo breve troverete tutti i semi di conquiste che poi germoglieranno.

 

“Come eri bella Classe Operaia” Alla ricerca di verità scomode ma pur sempre verità

Come eri bella classe operaia. Appunto, come “eri” bella classe operaia. Eri…, ora sei ridotta a poche migliaia. C’è ancora chi vive nel mito del tuo ricordo, ma come si è più volte detto: la nostalgia non è una proposta politica. Il libro scritto dal Professor Romolo Gobbi che, a cavallo degli anni 70 e 80, fu indiscutibilmente il mio principale punto di riferimento culturale e politico.
Era dal 1989 che non lo vedevo e sentivo più. Proprio dal giorno della presentazione della prima edizione di “Come eri bella Classe Operaia”, alla libreria Comunardi. E 6 mesi fa, casualmente, passeggiando in riva al lago di Viverone, l’ho rincontrato. Immutabile nei suoi 86 anni portati magnificamente.
Romolo Gobbi scrive di sé “Il punto di vista operaio ha dominato la mia lunga e tormentata formazione politica dentro e fuori il Partito Comunista. Nel corso di questa esperienza mi sono incrociato coi principali protagonisti dell’operaismo italiano, dai quali mi distinguevo ( e mi distinguo?) Per un innato senso di ironia, accompagnato da profonda insicurezza,  che mi hanno impedito di prendermi troppo e comunque sul serio.  Anche nei momenti di maggiore coinvolgimento emotivo riuscivo in un certo punto a vedermi dal di fuori e a salvarmi dal settarismo. Ovvero sono stato settario a più riprese, ma mai a lungo sulle stesse posizioni”. E bravo Romolo, ottima sintesi su te stesso. Ed ecco. Una sua capacità: la sintesi.  Scrive in modo asciutto.  Senza inutili fronzoli ed in modo chiaro ed esplicito.  Vero, ha un ” caratteraccio “, ma si sa che la perfezione non è di questa Terra. Passeggiando  mi spiega: ho imparato questa sintesi scrivendo i primi volantini, quando studiavo e lavoravo per il Sindacato Torinese. Dovevo e volevo farmi capire dagli operai. Gli chiedo: posso parlare di te? Ma no, non è necessario. Io sono quello che ho scritto, io sono i miei libri.
Va bene, anche se per me è decisamente difficile.  Allora mi abbandono a personali ricordi.  Nel luglio del 1980 vacanze all’isola del Giglio. Giornata tipo, era una mattinata di sole e poi lui ed io passavamo il pomeriggio a chiacchierare. In realtà parlava di più lui, se si vuole il classico rapporto tra professore e discepolo. In particolare, mi descriveva cosa sarebbe successo in Fiat a settembre. Ero responsabile dei giovani comunisti delle fabbriche. Precisamente le cellule dei giovani comunisti erano al Lingotto, Mirafiori e alla Lancia di Chivasso. Dopo i 35 giorni di sciopero e i 23 mila in cassa integrazione ebbe inizio l’inesorabile declino quantitativo e qualitativo della classe operaia, del Movimento operaio e dell’operaismo. Ci fu un sussulto con la rivista “Laboratorio politico”, rivista promossa dai bei nomi dell’operaismo italiano, primo fra tutti Mario Tronti.
Romolo Gobbi ebbe la idea di realizzare un questionario rivolto ai giovani operai. La distribuzione del questionario fatta dai giovani comunisti. Oltre 200 risposte.  Con relativa pubblicazione. Convocato dal segretario del PCI torinese fui ricattato: “Se firmi sei fuori dal Partito”. Stupidamente non firmai, appunto sbagliando. Poi, nel settembre del 1982, cambiai lavoro. Non frequentavo più l’Università ed i rapporti con Romolo si diradarono.
Prima della Bolognina uscì la prima edizione di Come eri bella classe operaia. Un libro decisamente autobiografico. Soprattutto un libro che sanciva la fine di quella esperienza politico intellettuale. Ancora una volta Romolo Gobbi anticipava i tempi della sinistra, del partito comunista, del sindacato classista sul viale del tramonto. Romolo Gobbi ci ha sempre abituati ed insegnato ad andare oltre, cercando delle verità nascoste dall’ideologia. Lo è stato nel superamento storico del Mito della Resistenza. Verità scomode ovviamente che venivano rifiutate proprio per la loro scomodità. Rifiutate, omesse e rimosse ma decisamente fondate. 40 anni fa Romolo parlava e denunciava l’aumento sconsiderato della popolazione mondiale.
Con tutte le conseguenze, sia di carattere alimentare sia sui possibili esodi migratori.
Emblematico l’esempio che fa nella seconda edizione. In Cina vengono allevati 400 milioni di maiali e l’allevamento dei suini è altamente impattante sull’ambiente. L’Europa non sa che fare sull’esodo di massa che sta avvenendo. Anche gli States non sanno che fare ed ora pure libici e algerini sono contro chi ha la pelle nera. Insomma, caos allo stato puro. 40 anni sono tanti e se la politica ed i politici, in particolare, fossero intervenuti decenni fa non saremmo in queste condizioni. In verità, anche i potenti della Terra sapevano ma non avevano la convenienza nell’intervenire. Ora mi sa che sia troppo tardi. Ma fa indiscutibilmente piacere sapere che professori ed intellettuali, seppur minoritari, come Romolo Gobbi, continuino nel non mollare e a scrivere ciò che pensano. Questa e stata la vita di Romolo Gobbi ed il suo insegnamento: prendere una direzione ostinata e contraria per cercare quei perché e quelle verità scomode, ma pur sempre verità.
PATRIZIO TOSETTO

“Il Virus che ci salvo’ la vita”, al Salone debutta Silvia Di Giovine

Inaugurera’ il prossimo 18 maggio l’edizione 2023 del Salone Internazionale del Libro dove debuttera’ la scrittrice torinese Silvia Di Giovine con la presentazione del suo ultimo libro “Il Virus che ci salvo’ la vita”, Youcanprint -Self-Publishing e gia’ autrice di “Piccole storie per diventare grandi”, “Costruiro’ il mio mulino a vento” e “Saro’ il tuo peggiore incubo” finalista al Premio 1 Giallo x 1000.


Silvia, insegnante di professione, ritiene la scrittura uno strumento risolutivo che consente di tradurre le emozioni tossiche in opportunita’ che rendono consapevoli le scelte della vita.
Amazzone per passione, trasferisce le interpretazioni dei piu’ profondi e, spesso celati sentimenti, anche nel suo ultimo racconto.
Lettura consigliata.

Clelia Ventimiglia 

Un giallo-noir è la nuova opera di Marco Ponzi artista e scrittore

Informazione promozionale

“L’invidia è il vizio capitale più improduttivo. A differenza degli altri, si esaurisce solo con il cessare della causa di quell’ossessione. È logorante, macera da dentro chi lo prova e può condurre a esiti drammatici”.

 

L’AUTORE

Marco Ponzi è nato a Milano nel 1976.

Ha conseguito un diploma di Perito Turistico e uno di illustratore presso la Scuola Superiore di Arti applicate all’Industria. Ha infatti la passione per l’arte che esplicita anche attraverso la pittura, la fotografia e la scultura partecipando a diverse mostre collettive.

È autore, al momento, di tre libri: “Perché diffidare degli assistenti di volo” (Greco & Greco, 2011), “L’accento sulla A” (Edizioni Il Foglio, 2019), vincitore di un premio nell’ambito della Festa del libro in Mediterraneo nel 2021, e “Le aspirazioni mortali o dei crimini d’autore” (Edizioni Il Foglio, 2022).

Numerosi racconti e poesie sono raccolti in diverse antologie.

Un quarto romanzo uscirà nell’estate del 2023 ma su questo è necessario mantenere un temporaneo riserbo.

***

Leggendo la tua biografia, ho notato che i libri sinora pubblicati sono tutti di generi diversi. Ci puoi spiegare questa scelta?

In realtà mi piace confrontarmi con generi diversi per mettermi alla prova. Con un po’ di presunzione, ambisco a sperimentare come fece Kubrik coi suoi film.

Ho cominciato con un autobiografico spiritoso, ho proseguito con un romanzo di formazione dai toni erotici e sono giunto al giallo-noir.

A seconda del tema che voglio trattare creo l’ambientazione e la trama che mi sembrano più adatte. In effetti, è la realtà che mi ispira e molto di quello che racconto nei libri ha origine dalla mia personale esperienza. Chi leggerà i testi, a questo punto, potrebbe porsi degli interrogativi e domandarsi quale sia la percentuale di verità che ho messo in questi libri ma la verità stessa è uno dei temi che mi stanno a cuore e la tratto in tutti i miei romanzi.

 

Abbiamo visto che sei anche un artista. Come concili la scrittura con l’arte?

Come detto, a seconda del tema, scelgo il mezzo più adatto. Le mie opere sono figurativo-concettuali e spesso vanno spiegate (qualcuno le ha definite dei rebus) per non correre il rischio di essere frainteso.

Coi libri aggiro questo problema perché ciò che racconto viene mediato da una storia che si suppone di fantasia, fino a un certo punto, e dunque posso narrare di argomenti anche scottanti con la scusa del romanzo.

Mi piace dire che dipingo ciò che scrivo e scrivo ciò che dipingo.

 

Da dove hai tratto ispirazione per questo ultimo romanzo che, ci hai detto, è un giallo dalle tinte noir?

Dalla mia esperienza come partecipante ai premi letterari. Racconto dall’interno quel che accade, secondo la mia visione ed esperienza, e trasferisco nei personaggi le frustrazioni e le rivalità che chiunque partecipi a un concorso artistico, prima o poi, subisce. Scattano le invidie, la competizione, viene a mancare la lealtà pur di raggiungere l’obiettivo, fino alle estreme conseguenze.

In questo romanzo la cui trama si intreccia con una storia di terrorismo internazionale le persone assassinate muoiono esaudendo un loro desiderio, ovvero pubblicare un libro.

Il titolo, che contiene due o tre doppi sensi, riflette quel desiderio che diventa patologico quando si insegue un sogno (se da questo ci si fa dominare) perdendo il senso della realtà.

Nei miei romanzi racconto la vita e anche in quest’ultimo non tratto solo di una investigazione per scoprire un colpevole ma, tra gli altri temi, mi occupo anche della verità che può avere varie forme, dell’invidia, delle ipocrisie di un certo mondo e dello svilimento dell’arte in funzione di oggetto commerciale.

 

 

Contatti: www.marcoponziartista.com

FB Marco Ponzi Scrittore

IG marco_ponzi_artista

Annalena Benini, dal “Foglio” alla direzione del Salone del Libro di Torino

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Per il triennio 2024-2026

Nel centrodestra non si nasconde la soddisfazione per la nomina della giornalista del “Foglio”, moglie di Mattia Feltri, a direttrice di Librolandia. In effetti oggi si scardina il monopolio della sinistra che fin dalle origini del Salone, ha connotato la gestione della kermesse culturale. Ecco la cronaca della nomina.

Il Presidente della Regione Piemonte, il Sindaco della Città di Torino e il Presidente dell’Associazione Torino, la Città del Libro, riunitisi lunedì 3 aprile, hanno nominato Annalena Benini direttrice del Salone Internazionale del Libro di Torino per il triennio 2024-2026. Succederà a Nicola Lagioia, attuale direttore del Salone fino all’edizione 2023.

Il Presidente della Regione Piemonte ha sottolineato come “oggi diamo al Salone del libro la prospettiva di una direzione futura in continuità con quell’eccellenza che lo ha sempre contraddistinto. Il nome di Annalena Benini rappresenta tutto questo e arriva come risultato di una serietà di metodo e di merito, che ha visto le istituzioni, insieme ai soci privati e al Circolo dei lettori condividere un nome di alto livello e qualità, segno ancora una volta che quando le scelte importanti si fanno insieme non possono che portare al bene di una comunità. Ad Annalena Benini, ha detto il Presidente,  il nostro augurio di buon lavoro per un gioiello che è storia e patrimonio del Piemonte e dell’Italia.

Il Sindaco di Torino ha dichiarato che la Città è davvero contenta di questa decisione,  si tratta di una scelta condivisa con la Regione Piemonte e l’Associazione Torino, la Città del Libro. Siamo convinti che la figura di Annalena Benini sia la più adatta a ricoprire un ruolo fondamentale per quella che è una manifestazione importantissima non soltanto per Torino e per il Piemonte, ma un vero punto di riferimento per tutto il mondo della cultura. Vogliamo dare un benvenuto alla futura direttrice a augurarle un buon lavoro.

Il Presidente dell’Associazione Torino, la Città del Libro ha affermato il percorso lavorativo di Annalena Benini “che garantisce al Salone di poter contare sulla guida di una professionista preparata, che conosce il mondo dei libri, dell’editoria e della lettura. Siamo sicuri che saprà coinvolgere la straordinaria comunità del Salone con un lavoro culturale che attingerà alle proposte editoriali del presente, del passato e del futuro”.

«Sono molto felice di questo incarico – commenta Annalena Benini –, per me il Salone del libro di Torino è da sempre un posto importantissimo in cui andare ogni anno, a cui pensare ogni anno da lettrice e da persona che scrive: è il posto dei libri, dei lettori, degli scrittori, degli editori e della cultura che si muove. Ho imparato nel tempo a capire che il Salone è tutto questo, ma è anche molto di più. Mi sento anche molto fortunata perché posso continuare a osservare il lavoro bellissimo, importante, che hanno fatto Nicola Lagioia e tutta la squadra. Riparto da qui e per me è davvero un grande e inaspettato onore. Sono grata a questa città che mi ha sempre accolto e dato l’opportunità di fare cose belle e sono consapevole della responsabilità che ho appena accettato: farò il massimo»

Annalena Benini è nata a Ferrara e vive a Roma. Giornalista e scrittrice, dal 2001 è al Foglio, dove scrive di cultura, persone, storie e per il quale dirige la rivista culturale Review, cura la rubrica di libri Lettere rubate, che esce ogni sabato, e l’inserto Il Figlio, che esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha pubblicato La scrittura o la vita. Dieci incontri dentro la letteratura (Rizzoli, 2018). Per la Rai ha scritto e condotto i programmi televisivi Romanzo italiano e Pietre d’inciampo. Per Einaudi ha curato l’antologia I racconti delle donne (2019) e ha in pubblicazione Annalena (aprile 2023).

 

 

I libri più letti e commentati del mese

Eccoci al consueto appuntamento con i libri più letti e commentati dalla  community del  gruppo FB della più grande community di lettori in lingua italiana nel mese di marzo.

Al primo posto il nuovo libro di Antonella Lattanzi, Cose Che Non Si Raccontano, una lunga riflessione sul  delicato argomento della maternità e sul ruolo delle madri nel nostro complicato presente; al secondo posto Storia di Un Boxer Latino, l’ultimo libro pubblicato dal compianto Gianni Minà; terzo posto per una nuova uscita  La Malnata, di Beatrice Salvioni, una dura storia di sentimenti negati e lotta per l’affermazione di se’.

 

Incontri con gli autori

Abbiamo intervistato per voi Gigi Paoli, l’autore delle Cronache di Gotham  pubblicate da Giunti, gialli giudiziari ambientati a Firenze che lo hanno reso uno dei giallisti più amati della nuova generazione; abbiamo incontrato Simona Borgatti l’autrice di Maestre (Scatole Parlanti), un romanzo nel quale racconta uno spaccato di vita quotidiana in una scuola elementare di un immaginario paesino della pianura Padana; vi proponiamo anche un’intervista con Scilla Salvi che esordisce in libreria con Fiori Recisi-Storia di Un’Aspirante Suicida (Scatole Parlanti, 2023).

 

Speciale Premio Strega 2023

 

Volete conoscere i titoli e gli autori di tutti i dodici candidati Premio Strega di quest’anno: QUI potete trovarli

Per questo mese è tutto. Vi invitiamo a seguire Il Passaparola dei libri sui nostri canali social e a  a venirci a trovare sul nostro sito ufficiale per rimanere sempre aggiornati sul mondo dei libri e della lettura! unlibrotiralaltroovveroilpassaparoladeilibri.it

 

Ecco i finalisti del premio Inedito Colline di Torino

I FINALISTI

Alla Scuola Holden di via Borgo Dora a Torino – sono stati presentati i candidati finalisti alla 22° edizione del PREMIO INEDITO COLLINE DI TORINO, edizione 2023. E’ stato lo stesso direttore artistico e letterario della manifestazione – Valerio Vigliaturo – a presentare gli autori finalisti alla stampa.

Poesia (11)

Antonella Sica (Genova), Cesare Cuscianna (Carinola, CE), Lorenzo Babini (nato a Ravenna, vive a Milano), Antonio Corona (nato a Sassari, vive a Torino), Piera Giordano (Castellamonte), Mattia Grigolo (nato a Milano, vive a Berlino), Valentina Virando (Torino), Daniele Giustolisi (nato a Catania, vive a Bologna), Jonathan Rizzo (nato a Fiesole, FI, vive a Marciana Marina, LI), Rosanna Frattaruolo (nata a San Giovanni Rotondo, FG, vive a Rivarolo Canavese, TO), Rossana Nicotra (nata a Piedimonte Etneo, CT, vive a Trecate, NO)

Narrativa-Romanzo (7)

Davide Rubini (nato a Torino, vive a Londra), Beatrice Tozzi (Parma), Andrea Bonansea (Pinerolo, TO), Letizia Laria (Locarno, Svizzera), Gianluca Garrapa (nata a Castrignano de Greci, LE, vive a Empoli, FI), Nicoletta Retico (nata a Roma, vive a Viterbo), Alessandro Genovese (Trento)

Narrativa-Racconto (9)

Stefano Pomes (nato a Taranto, vive a Roma), Mattia Grigolo (nato a Milano, vive a Berlino), Andrea Ferri (Reggio Emilia), Andrea Tani (Firenze), Elisabetta Foresti (Roma), E.M. Nostoi (Bologna), LTMM (Padova), Samuele Chiovoloni (Perugia), Prisca Nicoletti (nata a Rimini, vive a Londra)

Saggistica (4)

Emanuele Cusumano (Palermo), Fabio Ferrari (Novi Ligure, AL), Valentina Petaros Jeromela (Capodistria, Slovenia), Margherita Boffano (Torino)

Testo Teatrale (7)

Margherita Ortolani (Palermo), Federico Malvaldi (Pisa), Marco Boccia (nato a Catania, vive a Roma), Francesco Halupca (Trieste), Debora Benincasa (Torino), Chiara Arrigoni (Milano), Lorenzo Bartoli (nato a Sinalaunga, SI, vive a Torino)

Testo Cinematografico (8)

Beniamino Rosa (Padova), Antonio Cecchi (nato a Milano, vive a Bassiano, LT) e Gianni Gatti (nato a Pescara, vive a Giulianova, TE), Leonardo Gaspa (Roma), Andrea Corbo (nato a Bari, vive a Roma) e Claudio Russo (nato a Napoli, vive a Benevento, BN), Lucrezia Delle Foglie (Bari) e Carlo Murè (Bari)

Testo Canzone (10)

Themorbelli (Acqui Terme, AL), Dulco Giuseppe Mazzoleni della band Moostroo (Bergamo), Sgrò (nato a Pisa, vive a Milano), Riccardo D’Avino (Torino), Tiso (Como), Dycos (nato a San Giovanni Rotondo, FG, vive a Rivarolo Canavese, TO), Giacomo Casaula (nato a Napoli, vive a Cava de’ Tirreni, SA), Marco Elba (Savona, SV), Marilena Anzini (Busto Arsizio, VA), Andrea Ciuchetti (Torino)

Premio specialeInediTO Young” (5)

Poesia

Ginevra Puccetti (Lucca), Cortocircuito cinico (San Gavino Monreale, SU), Veronica Zeffin (Piove di Sacco, PD)

Narrativa-Romanzo

Vanessa Ferrero (Carmagnola, TO), Annagiulia Puccioni (Pisa)

Premio specialeInediTO RitrovaTO” (1)

Narrativa-Romanzo: Giorgio Buridan (Stresa, VB) iscritto da Maria Silvia Caffari

 

 

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

 

Niccolò Ammaniti “La vita intima” -Einaudi- euro 19,00

Ben venga il ritorno alla narrativa di Niccolò Ammaniti che a 7 anni dall’ultimo suo libro “Anna” e l’immersione in sceneggiature e regie per cinema e Tv (complice anche l’isolamento imposto dal Covid) ora ha scritto questo romanzo volato immediatamente in cima alle classifiche dei libri più gettonati.

Protagonista è la splendida 40enne Maria Cristina Palma -acclamata da un sondaggio niente meno che come la donna più bella del mondo- è al secondo matrimonio con il Presidente del Consiglio Italiano, Domenico Mascagni con il quale ha messo al mondo Irene che ha 10 anni.

La sua è un vita costantemente in vetrina ed ha i contorni della perfezione: avvenenza, ricchezza, prestigio e l’attico da sogno a due passi da Piazza Navona, nel cuore di Roma.

Poi a incrinare la sua apparente stabilità ecco l’incontro fortuito con un amico di gioventù, Nicola Sarti, che ha conservato un video decisamente hard in cui lui e Maria Cristina 20enni, erano stati ripresi con dovizia di particolari in un amplesso bollente.

E’ l’inizio di un incubo che fa da traccia a questa sorta di thriller emotivo in cui la corazza che proteggeva Maria Cristina inizia a sfaldarsi. Ammaniti, con una sottigliezza incredibile, ci conduce nei pensieri di questa donna la cui vita rischia di franare nello scandalo, con ripercussioni devastanti sulla carriera del marito e sulla politica nazionale.

La sua patinata e perfetta immagine pubblica entra in rotta di collisione con la sua vita intima, viene messo in discussione tutto il suo mondo, anche affettivo, con un susseguirsi di colpi di scena che tengono alta la tensione per tutto il romanzo.

Una sorta di revenge porn che conduce la penna di Ammaniti nel piccolo inferno personale della protagonista, l’occasione per fare i conti con bilanci anche scomodi.

Maria Cristina è passata attraverso una serie di tragedie, di quelle che lasciano il segno e che hanno affossato in modo ciclico la sua esistenza. Un’ infanzia sfregiata dall’abbandono del padre, la morte prematura della madre, il trasferimento dalla tenuta di famiglia in Maremma a Roma sotto la tutela dei nonni, la misteriosa morte in mare del fratello Alessio quando lei aveva 20 anni (sepolto in uno strepitoso cimitero a bordo acqua).

Poi una carriera da atleta e modella, il primo matrimonio con lo scrittore Andrea Cerri, angosciato e in crisi di ispirazione; fino a quando i suoi tormenti non finiscono bruciati nel rogo dell’incidente d’auto che lo carbonizza e lascia sul corpo di Maria Cristina cicatrici da ustioni a ricordarle per sempre la tragedia.

Una escalation di disgrazie e la stampa malevola l’aveva ribattezzata Maria Tristina; poi il secondo matrimonio con l’avvocato di grande successo che si butta in politica e diventa Premier. Sembra che Maria Cristina abbia così una seconda chance, anche se è più che altro una moglie –trofeo, con scarsa autostima e un marito assorbito nel suo ruolo, distante quanto basta per farla sentire vuota e sola.

Ammaniti è superlativo nell’immedesimarsi nell’universo femminile, in una donna esposta mediaticamente e sempre in affanno per restare giovane, perfetta, iconica e con il difficile ruolo di first lady. A curare la sua immagine pubblica (dicendole come vestirsi, truccarsi, comportarsi) è un guru dei social, abile stratega che ha creato l’immagine della donna perfetta…ma che fatica per Maria Cristina. A incasinare tanta apparente sicurezza ecco allora il passato che ritorna e la costringe a reagire….e vedrete come.

 

Honorée Fanonne Jeffers “I canti d’amore di Wood Place” -Guanda- euro 22,00

E’ monumentale e bellissimo il primo romanzo della poetessa 55enne afroamericana Honorée Fannone Jeffers, autrice di 5 raccolte poetiche. Ora pubblica “I canti d’amore di Wood Place” dalla lunga gestazione; 10 anni per la stesura, un anno e mezzo per l’editing.

La storia spazia tra i primi decenni del Settecento e la fine del XX secolo.

Da un lato è il racconto della formazione di Ailey Pearl Garfield, nata alla fine degli anni Sessanta del Novecento in una famiglia dell’élite afroamericana. Dottoranda in Storia impegnata in un’ambiziosa tesi, narra anche la sua personalissima storia di formazione, l’educazione sentimentale e soprattutto il trauma degli abusi sessuali subiti in famiglia. Ci sono i suoi buchi neri, ma anche grandi sogni ed ambizioni.

Il romanzo racchiude anche la storia degli antenati di Ailey che, aiutata dall’adorato zio Root, ripercorre all’indietro il suo albero genealogico, in Georgia, a Chicasetta dove i suoi lontani parenti arrivarono in catene come schiavi.

Un’ampia saga generazionale che ripercorre le pagine del colonialismo britannico dal 1773, la diaspora afro-amerindiana, le barbarie della discriminazione. Chicasetta è un nome fittizio e sta ad indicare un villaggio rurale nel cuore della Georgia che un tempo era la terra dei nativi Creek (che vennero spazzati via) poi la piantagione di Wood Place negli anni spietati dello schiavismo.

Il romanzo è giocato sull’alternanza tra capitoli ambientati nel presente e altri che invece rendono voce agli antenati, i cui canti restano eco lontane nelle sepolture dimenticate e nella testa di Ailey.

Su di lei e le donne della famiglia aleggia un segreto terribile. Sono tre sorelle: la maggiore Lydia finirà per soccombere alle droghe, la seconda Coco lascerà la Georgia per inseguire la sua vera identità sessuale, mentre Ailey è quella che resta, profondamente radicata alle sue origini

Abbandona gli studi di medicina e guidata dallo zio intraprende un viaggio anche doloroso nel passato della sua famiglia, che è un incrocio di nativi americani, neri schiavi, neri liberati, padroni bianchi e bianchi miserevoli. Impara ad accettare il suo retaggio che è intriso anche di oppressione e resistenza, schiavitù e aneliti d’indipendenza, tanta crudeltà ma anche grandi esempi di coraggio. Di fatto sono le tappe della storia americana.

Ailey si dedica anima e corpo alla sua tesi di dottorato sul riscatto di due schiave georgiane (Adeline Ruth Hutchinson Routledge e Judith Naomi Hutchinson) fuggite da Wood Place nel 1859 e poi fondatrici del Routledge College, un Istituto femminile per l’istruzione delle giovani ragazze nere.

 

Michael McDowell “Blackwather. La Piena” -Neri Pozza Beat- euro 9,90

La riscoperta e pubblicazione dell’opera “Blackwather” di Michael McDowell (uno dei grandi sceneggiatori di Hollywood, morto nel 1999) è curiosa ed annoverabile tra quei colpi di genio che fanno venire alla luce libri- tesori nascosti. E’ stato un piccolo editore francese di grande qualità che un anno fa ha deciso di tradurre dall’americano, in sei volumi, l’opera che McDowell aveva scritto nel 1983. Ed è stato un immediato e strepitoso successo in Francia.

Definire l’opera non è facile, ognuno la leggerà a modo suo, possiamo provare a lanciare qualche idea: romanzo gotico, fantastico sudista, saga familiare fantasy….

Blackwather è il nome del fiume che attraversa la cittadina Perdido in Alalabama, profondo sud degli Stati Uniti d’America. La saga prende l’avvio nel 1919 quando il fiume straripa e provoca una devastante alluvione che tutto sommerge fino a cancellare quasi completamente la cittadina e i suoi abitanti.

A solcare le acque del fiume -limaccioso e pieno di ratti- che ha affogato la vita di Perdido, è una barca a remi guidata da Ray, lavorante di colore alle dipendenze di Oscar Caskey, erede di una delle famiglie più importanti della città. Remando tra le case sommerse e un silenzio di tomba vanno alla ricerca di superstiti.

Quando intravedono alla finestra dell’hotel cittadino una donna, il primo istinto di Ray, superstizioso e memorie delle leggende sinistre che circolano sulle creature di fiume (metà donne e metà mangiatrici di carne umana) è quello di allontanarsi velocemente. Invece Oscar gli ordina di avvicinare la barca e salvare quella misteriosa fanciulla dai capelli rossi.

Dice di chiamarsi Elinor, una maestra che ha perso tutto, documenti compresi, nell’alluvione.

E’ solo l’inizio di accadimenti che danno vita a tutta la saga.

I cittadini superstiti si divideranno in due fazioni: quelli che adorano Elinor e quelli che invece la odiano.

La fanciulla è sicuramente particolare: pallidissima, si bagna nel fiume al chiaro di luna ed è capace di far crescere dall’acqua querce mai viste prima. Non mangia quasi nulla, ma quando un bimbo di colore perde la vita risucchiato dai vortici del fiume, lei riappare pasciuta e di nuovo con le gote rosse.

Chi è Elinor? Misteriosa e imperscrutabile…. Lo scopriremo leggendo i successivi 5 volumi che concluderanno la vicenda nel 1958.

 

Cristiano Bussola “Una fetta di sorriso” -Paola Caramella Editrice- euro 18,00

Una biografia costruita intorno alle testimonianze di oltre 40 intervistati – tra comici, operatori, truccatrice, e tutti quelli che fecero un tratto di strada professionale con lui, dai più famosi ai più sconosciuti- che ricordano un personaggio epico. E’ Renzo Villa, colui che negli anni 70 inventò e creò la Tv commerciale italiana.

La storia di un sogno al limite dell’azzardo, perseguito con passione, lungimiranza e grandi doti manageriali; dietro questa magia fatta di duro lavoro, tenacia e un pizzico di fortuna, c’era Renzo Villa, nato nel 1941 a Luino.

Dopo la terza media inizia a lavorare: mansioni umili come il lavapiatti e le più disparate, dal radiotecnico all’assicuratore. Però ha un sogno grande come una casa, vuole cantare e recitare; ma a Roma scopre ben presto di non avere le doti necessarie per emergere.

Torna a casa e diventa dipendente del Dazio, ma questo lavoro gli va stretto e resta quel sogno irrealizzato. Allora decide di creare dal nulla il suo palcoscenico, una sua televisione.

Sostenuto dall’imprenditore Giuseppe Mancini che finanzia l’impresa, insieme a Enzo Tortora, dal 1975-76, anima la prima televisione via etere d’Italia, TeleAltoMilanese, ed è anche l’avvio di un sodalizio che reggerà nel tempo, tra glorie e disfatte.

Insieme a Tortora, a Legnano, nel 1977, fonda Antenna 3 Lombardia ed il clamoroso successo è dietro l’angolo.

Inventore e conduttore del fortunato programma in diretta per 4 ore “Il Bingo”, un tombolone musicale a premi rivolto alle famiglie, che gli fruttò l’ambito premio Telegatto come quarto conduttore (dopo Mike Bongiorno, Pippo Baudo e Corrado). Di lì in poi una messe di idee brillanti, innovative e successi via uno sotto un altro.

Inoltre fu un incredibile talent scout con un intuito eccezionale nello scovare artisti sconosciuti ma dalle potenzialità enormi; è lui che scoprì talenti che oggi sono famosissimi come Massimo Boldi.

Dalle testimonianze raccolte da Cristiano Bussola emerge a tutto tondo la statura di un grande uomo dalle grandi capacità manageriali e genialità da inventore.

A detta di tutti quelli che hanno lavorato lui, era un uomo sensibile, un capo amico e carismatico che lasciava libertà di espressione, attento alle esigenze e alle vite dei suoi collaboratori, rispettoso e sempre disponibile. Insomma una grande uomo anche umanamente parlando, un puro e un sognatore che concretizzava i suoi sogni, capace di veleggiare attraverso le difficoltà. Morto prematuramente, stroncato nel 2010 da un tumore, ma sulla breccia fino all’ultimo, fino a quando le forze glielo hanno consentito, in tv e a disposizione del suo amato pubblico.

Il giornalista Cristiano Bussola, nato nel 1967 ad Alessandria, era un bambino all’epoca in cui Renzo Villa spopolava sul piccolo schermo; ne seguiva le trasmissioni e si appassionava a sua volta, tanto che i primi passi professionali li ha fatti proprio nelle emittenti private.

Bussola, è un giornalista di razza e questo libro costruito in modo magistrale, scorrevole come un romanzo, ma documentatissimo, ne è la prova.

Ha iniziato la sua avventura professionale come giornalista televisivo e collaboratore di periodici, ha costruito un carriera come responsabile dei servizi giornalistici e conduttore di tg e programmi di approfondimento politico e di attualità.

Una passione per la politica che l’ha condotto ad essere portavoce del presidente della Giunta Regionale piemontese e poi Vicepresidente della Commissione Cultura della Regione Piemonte, ed oggi è il direttore del quotidiano online “Il Torinese” da lui fondato.

Se poi volete fare un salto indietro nella memoria e rivedere la storia di Antenna 3 raccontata da chi c’era e l’ha vissuta, è bellissimo il docufilm che potete trovare a https.//viaperbusto15.it. Una full immersion negli anni gloriosi dell’emittente con filmati dell’epoca e spezzoni di programmi animati da grandi personaggi.