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LE PAROLE OFFRONO SEMPRE UNA SECONDA OPPORTUNITÀ’; VIVERE E’ LA COSA PIU’ RARA CHE ESISTA AL MONDO
Nuova opera letteraria dello scrittore siciliano Salvatore Seguenzia natio di Augusta, città che lui stesso definisce “l’isola nell’Isola”. Sposato, padre di due figli, ha conseguito due lauree e da oltre trent’anni è un Ispettore della Guardia di Finanza. Da un paio d’anni la sua terra natia, posta al centro del meraviglioso ed affascinante Mediterraneo, inebriata dal calore dell’Etna, è diventata la fonte ispiratrice della sua lirica nonché della sua narrativa. Questa qualità, da qualche anno, è apprezzata dalla Casa Editrice Aletti Editore la quale gli ha permesso di pubblicare la sua terza opera letteraria. Salvatore Seguenzia da quasi dieci anni ha sposato la poesia e la scrittura attraverso le quali vuol trasmettere nuovi stimoli che inevitabilmente cambiano, si evolvono e – a volte – tornano indietro per poi scattare nuovamente avanti. Per lui le fondamenta del narrare sono la custodia delle radici, il senso di appartenenza a un territorio, la memoria storica dialettale. Una cornice dentro la quale dipingere tutti questi elementi identitari e costitutivi a tal punto da esternare quelle parole che fotografano prima l’uomo Seguenzia e poi lo scrittore Salvatore. Lo stesso autore afferma che ogni mattina, prima di recarsi al lavoro, fa un tragitto che lo porta a contatto con il suo amato mare e, come si conviene con un amico, lo accoglie sempre con la frase: “Buongiorno mare”. Una piccola sciccheria attraverso la quale avverte, contraddistingue e custodisce il vero senso della vita; il fulcro dell’umano villaggio dove lo sguardo è propenso verso i meno fortunati che spesso chiedono solo di essere considerati per ciò che sono.

Per non smentirsi, la nuova opera letteraria – Le parole devono vivere – altro non è che una “fantasia nella fantasia” dove l’attenzione è rivolta nel ricordare tutti coloro in cui, in quel frangente della loro vita, il ricordo rimarrà – per sempre – indelebile, purtroppo, nei loro cuori: la Shoah. Termine oramai coniato all’interno di una storia di antisemitismo di lungo corso. Pregiudizi ed ostilità coltivate in un terreno antico e verosimilmente fertile da cui lo stereotipo uomo sassone ha voluto aggiungere una impostazione razzista. Fu un genocidio che eliminò un elevato valore umano, morale, sociale e culturale: per non dimenticare ci furono quattordici milioni di vittime. Il loro valore umano, considerato indesiderabile, fu misurato all’interno del loro ultimo domicilio ossia nei cosiddetti campi di concentramento, dove fu annientata la loro indole civile e morale e furono etichettati, numericamente, come i “nessuno”. A distanza di tanti anni, ancora oggi, la domanda che si diffonde sempre nella mente di tante persone è sempre composta da una singola e semplice parola: perché? Perché tutto questo astio nei confronti di Persone che nelle loro vene circolava lo stesso sangue di ognuno di noi? Perché per la difesa territoriale fu attuata una tale ferocia? Perché eliminarli e non allontanarli? Perché una follia così forte? Perché si arrivò tardi a capire che il fautore di questo messaggio era un delirante dell’eterno? Perché alcuni Paesi si vollero considerare estranei nelle vicende di quella sovranità e, invece, altri si considerarono fautori e seguaci di quella pseudo-politica? Perché ad un despota fu concesso il libero arbitrio di cancellare la storia di un Popolo?

Perché fu concesso il potere di cancellare un valore culturale arcano? Ancora, dopo tanti anni, si sente origliare…perché? Con questa “fantasia” lo scrittore Seguenzia ha cercato di provare ad immaginare che, in quel periodo tragicamente storico, anche chi faceva parte di quelle squadre della morte, all’interno di quelle aree maledette, avesse un’anima nonché una coscienza e che il suo compito, purtroppo, fosse solo quello di eseguire gli ordini. Ha provato ad immaginare, infatti, che taluni di essi riuscissero a capire il significato dei termini vita, amore, uguaglianza, aiuto e sacrificio tanto da servire, chi sovra ordinava i loro compiti, con una doppia personalità ossia da un lato soldato e dall’altro essere umano. Con questa “fantasia” ha voluto semplicemente fotografare una delle più piccole e nascoste azioni quotidiane che saranno, probabilmente, accadute all’interno di quei campi ma, per la maestosa ed incommensurabile disgrazia umana esistita, non è stato mai facile esternare in quanto la straziante vita giornaliera non permetteva di porle in essere. È fiducioso nel credere che alcuni soldati svolgessero le loro azioni solo perché comandati ma, nei loro animi, se ci fosse stata l’occasione, avrebbero potuto aiutare i loro simili che, per un fanatico convinto dell’essere unico, sono stati considerati i “nessuno”. Lo stesso scrittore ribadisce fermamente che non deve esistere nessuna differenza tra gli esseri umani e, per tale motivo, ha immaginato che dentro quei campi chi ha dovuto servire il suo status da “milite”, senza farlo trasparire, fosse stato prima un uomo e poi un soldato. Un popolo dev’essere sovrano nel suo territorio e chi lo rappresenta deve avere un animo democratico tale da comunicarlo ed applicarlo. Indi, precisa, che il 27 gennaio, il 10 febbraio e il 24 marzo non devono essere ricordati – da tutti – come la commemorazione del Giorno della Memoria o del Ricordo, ma ogni giorno dell’anno deve avere come riferimento quelle date, affinché ogni momento della vita sia il punto di partenza con cui ognuno di noi ha la forza di reagire e porre in essere comportamenti ed azioni tali da sconfiggere queste supreme menti per dimostrare che l’essere umano è unico e, nella sua unicità, deve apprezzare e godere del fatto che l’esistere è un dato di fatto; mentre, il vivere è un dato di diritto se non un’arte. Oggi, quei “nessuno”, a distanza di oltre mezzo secolo, sono Eroi morali che hanno portato avanti la dignità di essere umani come tali e difeso la vita solo con le armi della pazienza, della preghiera e, soprattutto, della voglia di vivere.

Per questo motivo il numero che hanno impresso nell’avambraccio sinistro non è un simbolo di vergogna anzi, senza alcuna remora di nasconderlo, un simbolo eroico e glorioso di vita, che devono esibire perché non sono in molti a far vivere questa testimonianza ai giovani di oggi. L’anima di questa “fantasia” è frutto dell’interpretazione di un diario ritrovato (sempre nella fantasia) ed appartenente ad un Eroe. Dalla lettura dello stesso, lo scrittore siculo ha cercato di interpretare, quindi di far “vivere” in modo diretto e soggettivo, le “parole” di tutti i personaggi che sono stati artefici e partecipi nelle memorie inscritte nel medesimo diario i quali hanno vissuto – in quei posti – ogni attimo di quei giorni. Purtroppo per costoro saranno ricordi indelebili – per sempre – nel profondo della loro anima, in quanto testimoni di queste tristi pagine di storia ma saranno, sicuramente, testimoni della dignità volutamente e fortemente difesa per il fondamentale principio di essere umano; quindi, per il diritto di vivere. Proprio per questo motivo, alla stregua dell’orribile momento storico vissuto da parte di milioni di anime innocenti, lo stesso Seguenzia ha voluto, nuovamente, enfatizzare che nessuno deve porre ostacoli a qualcuno e che neanche quel qualcuno li ponga verso noi stessi; e non importa quale sia la nostra territorialità, la nostra razza, il nostro colore della pelle ma soprattutto la nostra religione, perché ognuno di noi dev’essere prodigato a offrire a qualcuno, se non a chiunque, quanto di se stesso può donare; il donare da non misurare con un livello “a scala”, bensì con un livello “a valore”: un valore umano semplice, sano e sincero.

L’essenza del creato è esistente dentro ognuno di noi e va vissuta a secondo il modo in cui ci poniamo verso gli altri e viceversa. Sotterfugi, misteri, inganni, stratagemmi sono dei princìpi umani dall’alto tasso di acidità perché, così facendo, ogni individuo dona falsità ad ogni altro individuo. Invero, saggezza, trasparenza, lealtà, sincerità ed onestà sono valori dall’alto tasso di fertilità che aiutano ad interagire e, così facendo, ogni persona dona se stessa ad ogni altra persona. Per scrivere questa “fantasia”, a difesa del vissuto umano del Popolo Ebreo, ha utilizzato delle peculiarità che, secondo lui stesso, hanno impreziosito il valore letterario. Non si permette di condannare ma, alla stregua, neanche vuole riconoscere il comportamento di quei soldati posti alle dipendenze perché ha pensato che loro fossero obbligati a rispettare i cosiddetti ordini militari e, quindi, non avessero altra scelta se non obbedire: il giudizio del loro comportamento non spetta a noi ma è spettato e continuerà a spettare a Dio. Proprio per questo suo punto di vista la sua “fantasia” è nata solo perché ha immaginato che taluni di essi, nel loro piccolo animo coraggioso, avessero avuto la forza e la volontà di avere due personalità e, alla fine, fosse prevalsa quella con cui infondevano speranza di vita. Inoltre ha cercato di dare anche un senso ai vari cognomi che appartengono ai personaggi di questa “fantasia” e, se provate a tradurli, capirete il motivo. Infine, considera questa fantasia un segnale sociale, affinché tutti possiamo cambiare il nostro modo di essere o meglio di dare; per questo principio, ha desiderato ribadire un pensiero già richiamato nella stessa fantasia: …colui che vuol deridere e disprezzare le azioni umane altrui è un individuo già, di per sé, inferiore ma crede, nello stesso momento, di essere superiore alle persone…

In conclusione ad oggi l’autore siciliano ha scritto altri libri di poesia quali “Megar…imando Hyblaea” (2020) in onore della sua città nativa Augusta; “Stille del mio silere” (2022) e “Granuli Poetici” (2023), opera riprodotta in lingua georgiana (che ha avuto apprezzamenti dal Poeta georgiano Dato Magradze, autore dell’attuale inno nazionale della Georgia e anni addietro ha rivestito la carica di Ministro della Cultura ed è stato candidato al premio Nobel per la Letteratura), nonché di narrativa quali “Io rivivo dal buio” (2021) e “Il calendario storico” (2022). Inoltre, talune poesie sono state inserite in varie opere letterarie internazionali come “Il Federiciano”, “Luci Sparse”, “La Panchina dei Versi”, “Il Paese della Poesia”, “L’Enciclopedia dei Poeti Contemporanei”, “Habere Artem”, “Poeti del nuovo Millennio”, “Salvatore Quasimodo”, “Attimi in Versi” e “Penne d’Autore”. Tutte opere che hanno avuto riconoscimenti e attestazioni di merito. Inoltre da alcuni anni, grazie alla Casa Editrice Aletti, pubblica le sue poesie anche attraverso “Il Calendario Letterario” dove, in ogni mese dell’anno, è rappresentata una sua lirica. Molte sue poesie sono state lette dal Maestro Alessandro Quasimodo, figlio del grande poeta e suo conterraneo Salvatore, premio Nobel nel 1959 per la letteratura; nonché dal Prof. Hafez Haidar scrittore e traduttore libanese naturalizzato italiano e due volte candidato al Premio Nobel per la Pace e per la letteratura, riprodotte sui canali virtuali. Infine lo scrittore è stato già ospite televisivo nelle trasmissioni “Vox libri” e “Eccellenze Italiane” ed è tra i vincitori in alcuni concorsi letterari nazionali quali “Terre dei Padri” e “Antonino Veneziano”.



Quello che il cuore non vuole sentire

Una volta designato il/la vincitore/trice di tappa, si aprirà il voto del pubblico per il secondo classificato. Chi otterrà più voti potrà partecipare alla “gara di ballottaggio”. I primi classificati di ogni tappa e gli eventuali ripescaggi potranno accedere alle semifinaliper giocarsi la possibilità di approdare alla finale, in programma a giugno 2024.
Rubrica settimanale a cura di Laura Goria
Due bravissimi “masculi” succubi delle madri ambiziose e forti, Cettina e Assunta, che li dirigono alla conquista delle mogli (sono loro a sceglierle per i figli) e del mondo. Due donne che la sorte ha pesantemente trafitto -una con il marito suicida, l’altra invece alcolizzato- fermamente decise a riversare sui figli la loro sete di rivalsa e realizzazione. Tutto sullo sfondo di una Sicilia tra anni Cinquanta e Novanta, sospesa tra terremoti e abusi edilizi, dove la frenesia di fare fortuna finisce spesso impigliata nella diretta affiliazione a Cosa nostra o comunque nella sua orbita.
La storia è di quelle che partono subito intriganti. Sheila Levin, 30enne, newyorkese, single suo malgrado, tira le somme di un bilancio di vita che volge in depressione. Non vede l’ora di farla finita, sta per suicidarsi e pianifica nei minimi dettagli la sua dipartita e persino il rito funebre col quale le sue spoglie mortali dovrebbero dare l’addio a questo mondo.
Alison Weir è la scrittrice inglese 72enne che tutto sa delle corti inglesi nei secoli, e ha pubblicato saggi e romanzi al riguardo, scritti sempre in un modo accattivante che non appesantisce mai il tema storico nel quale è documentatissima.




In questa nuova serie (che in Germania è andata a ruba) ci racconta le vicende di vari personaggi legati tra loro da vincoli di parentela, amicizia e affetto, dislocati in Germania ad Amburgo e Colonia, e a Sanremo sulla riviera ligure. Un decennio in cui tre famiglie si muovono sullo sfondo degli anni Sessanta. Sono gli Aldenhoven a Colonia, i Borgfeldt ad Amburgo e i Canna a Sanremo.
Ta-Nehisi Coates (nato a Baltimora nel 1975) porta avanti il genere più antico della narrativa afroamericana -la slaves narrative (racconto degli schiavi)- e vi aggiunge elementi di realismo magico per narrare più a fondo l’esperienza della schiavitù.
Interessante è la genesi di questo libro. Il romanzo è stato autoprodotto e deve il suo successo in primis a Tik Tok sul quale l’autrice l’ha divulgato. Poi il passa parola ha fatto il resto e da lì in un attimo ha attirato l’attenzione delle case editrici sempre alla ricerca di successi commerciali.
A 60 anni dalla morte e dopo una messe infinita di libri dedicati a J. F. Kennedy, Bruno Vespa tira le fila e guarda al mito dell’uomo, ma anche ai suoi errori e difetti. Qui ripercorre la vita privata e politica del presidente assassinato a Dallas nel pieno degli anni e dopo solo due anni di presidenza.
Questo volume racconta anche per immagini i viaggi di Jackie Kennedy ai quattro angoli del mondo, narrati dall’agente dei servizi segreti Clint Hill che viaggiava al suo seguito. Fu incaricato di proteggerla dal momento dell’elezione di Kennedy alla presidenza e le fu accanto fino al 64, vivendo anche in prima persona l’assassinio a Dallas nel 1963. 

Cecilia Falcri sta passando un periodo difficile. Si è presa un periodo di aspettativa dal lavoro in Commissariato a Torino, dove è Ispettrice, dopo che il suo bambino di cinque anni è stato ucciso in una sparatoria a seguito di un rapimento. E’ divorata dal senso di colpa per non essere riuscita a salvarlo. Si è allontanata da tutti, persino dal marito Alessandro, come se volesse autopunirsi. Il commissario Berardi riesce a convincerla a tornare al lavoro ed anche il marito, piano piano, si riavvicina alla moglie. L’Ispettrice si trova subito davanti ad un caso di omicidio e poi ad un caso di un rapimento di un ragazzino. E’ da questo momento che Cecilia inizia a ricevere delle lettere anonime allusive al rapimento del suo bambino, in cui l’autore sembra volerla sfidare. Comincia a fare anche degli incubi più insistenti nei quali sente anche la voce del figlio che la chiama. E’ come se lei stessa si sentisse coinvolta in tutta la vicenda. La situazione cambia con un terzo omicidio, questa volta di un barbone. Cecilia scopre che vicino al luogo dove era stato lasciato il corpo, venivano fatti dei rituali con simboli Celtici. I sogni sembrano guidarla verso una direzione. Scoprirà che niente nella realtà è come appare, è tutto un gioco di illusioni in cui spesso le persone hanno delle maschere per nascondere quello che sono.
Cecilia riprende il lavoro dopo il periodo di maternità.


Francesca e Luca sono una coppia affiatata: hanno in comune la passione per la vela e per la moto. E proprio in moto Luca ha un grave incidente che lo costringerà su una sedia a rotelle. Francesca gli starà vicino cercando di condurre una vita “normale”, ma Luca non riesce ad accettare la sua nuova condizione e giorno dopo giorno sprofonda nella depressione, trascinando con sé la sua compagna. È allora che Francesca reagisce e, d’accordo col marito, parte da sola per Ponza, per ritrovare se stessa e la forza per continuare la nuova vita di coppia. Sull’isola Francesca incontra Pietro, un maestro di kung-fu che le farà riscoprire la passione e la sensualità che con Luca erano venute a mancare. Riuscirà Francesca a rinunciare a sentirsi una donna “completa” per ritornare da Luca, e alla vita da caregiver? O la riconquistata passione avrà la meglio?
7-12-1964 – 
Roberto Manzocchi è nato nel 1972 e vive in provincia di Lecco.