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Per i più piccoli alla biblioteca di Moncalieri

I SABATI DI NATI PER LEGGERE PIEMONTE –  6 aprile 2024

A Nati per Leggere è di scena Nonna Rufa. Sabato 6 aprile la biblioteca Arduino di Moncalieri invita tutti i bimbi fino a 6 anni e le loro famiglie a non perdersi Piccolo Blu e Piccolo Giallo. L’appuntamento è nella biblioteca di via Cavour 31 alle ore 10,30.

Piccolo Blu e Piccolo Giallo sono due colori diversi, ma molto amici fra loro – introduce la trama Nonna Rufa – Un giorno i due colori si abbracciano e diventano verdi. Quando tornano a casa i loro genitori non li riconoscono e un tale rifiuto provoca in loro un grande sgomento. Presi dallo sconforto i due amici scoppiano in lacrime e miracolosamente il verde torna a scindersi nei due colori primari del giallo e del blu. Le mamme decidono allora di fare una grande festa in cui invitare tutti i colori del mondo per mescolarsi insieme e far nascere mille nuovi colori e sfumature diverse“. Partecipazione gratuita fino ad esaurimento posti.

IL MARTEDì DEI RAGAZZI – 9 aprile 2024

Per il ciclo «Il martedì dei ragazzi», organizzato dalla biblioteca Arduino di Moncalieri (via Cavour 31), martedì 9 aprile alle 17,30 il Piccolo Anfiteatro Millecolori ospita In punta di piedi… con i calzini spaiati! Letture che fanno apprezzare la bellezza della diversità, a cura dei ragazzi del Servizio Civile. Per bimbi fino a 6 anni. E’ il Piccolo Anfiteatro Millecolori ad ospitare questo ciclo di eventi dedicati ai più piccoli: uno spazio magico, decorato con i disegni vivaci di Ludovica Paschetta, per leggere insieme circondati da “un bosco di libri”. Info: tel. 011.6401600 (un solo accompagnatore per ogni bambino).

“Ciau Masino”. Capolavori ritrovati della Letteratura

Prende avvio, con la “prima opera compiuta” di Cesare Pavese, la Collana del “Capricorno” tesa a riscoprire i “Classici della letteratura”

“Opera sperimentale”, nasce come ciclo di racconti e poesie che Cesare Pavese (Santo Stefano Belbo – Cuneo, 1908 – Torino, 1950) scrisse fra il settembre del 1931 ed il febbraio del 1932. Storia non facile, quella di “Ciau Masino” rimasto per lungo tempo inedito e pubblicato, per la prima volta, solo nel 1968 (diciotto anni dopo la tragica scomparsa del grande “cantore di Langa”) da “Einaudi” nel volume dei “Racconti”. Dopo di allora, il silenzio. “Ciau Masino”, come libro autonomo, non venne mai più riproposto. Solo oggi, dopo più di cinquant’anni di assenza dalle librerie, “Capricorno” (nel suo nuovo brand – non più “Edizioni del Capricorno” – più essenziale, moderno ed immediatamente riconoscibile) ripropone la prima affascinante prova narrativa del “giovane” Pavese” nella sua originaria integrità.

Il libro pavesiano, come molti sapranno, si  articola in brevi racconti divisi, due alla volta, da una poesia che “serve ad intercalare e a dare la scansione del racconto”. I protagonisti della narrazione sono Masino, giovane giornalista, e Masin, operaio che arriva a Torino dalle colline della “Granda”. Testo “sperimentale” – si è detto – non solo per quell’insolito alternarsi di racconto e poesia, ma anche per l’utilizzo del dialetto, di un dialetto che non va mai ad intaccare, tuttavia, lo scorrere narrativo e che, invece, fa la sua comparsa solo nelle parti dialogate.

In “Ciau Masino” Pavese traccia “racconti paralleli” in cui già si individuano tematiche che saranno, anni dopo, al centro dei capolavori della maturità: il contrasto fra campagna e città, il desiderio di appartenere a un ambiente sociale cui si è incapaci di aderire e quello di evadere in un altrove mitico. E ancora, la  straordinaria, sobria Torino degli anni Trenta e quelle sue colline di Langa, radicate per tutta la vita nel cuore, nei pensieri e nell’anima dello scrittore. Insomma, con “Ciau Masino” si entra in presa diretta nel “laboratorio fondativo” delle tematiche pavesiane, trovandosi di fronte a un suggestivo “ritratto dell’artista da giovane”.

L’opera “ è la più sfaccettata e sfacciata mai scritta da Pavese – scrive Massimo Tallone nella prefazione – ardita nella struttura che allude al caleidoscopio di racconti, tutti autoconclusi e pur concatenati; libera nel palleggio fra prosa e stacchi in versi; sfrontata nell’uso dei dialetti.

“Ciau Masino” è il primo titolo della nuova collana “Capolavori ritrovati della letteratura”, pensata da “Capricorno” per rendere nuovamente disponibili ai lettori scrittori fondamentali e outsider di genio, romanzi imperdibili ma da tempo non più disponibili sugli scaffali delle librerie oppure ingiustamente dimenticati dalla vulgata letteraria. Temi e autori storici della letteratura fra Ottocento e Novecento. In una “Collana” che mette insieme grandi classici, riproposti con lo sguardo degli scrittori di oggi, e gustose (ri)scoperte capaci di stupire il lettore. Libri che da troppo tempo non vengono letti, riportati nel posto che loro compete: il “Gotha” della grande letteratura senza tempo.

Dopo Pavese, seguiranno Guido Gozzano (“L’altare del passato”), Edmondo De Amicis (“Amore e ginnastica”) e Carolina Invernizio (“Nina la poliziotta dilettante”).

Per info: “Capricorno”, via Borgone 57, Torino; tel. 011/3853656 o www.edizionidelcapricorno.com

g.m.

Nelle foto:

–       Cover “Ciau Masino”, “Capricorno – Capolavori ritrovati”

–       Nuovo logo “Capricorno”

–       Massimo Tallone

“Domingo il favoloso” e la Torino fantastica di Giovanni Arpino

“In quanto narratore di storie, sento di appartenere a una razza in via di estinzione, poiché la civiltà delle immagini ci sommergerà e i lettori saranno sempre più capaci a leggere, ma sempre meno come numero”.

Così scriveva Giovanni Arpino nel 1982, riflettendo sul mondo che cambiava con grande rapidità. E, parlando dei personaggi dei suoi libri, aggiungeva: “Tutti i miei personaggi, se ci ripenso un attimo – giovani o vecchi, uomini e donne, operai contestatori e randagi – sono degli emarginati, che vengono a precipitare, pur essendo normali, in una situazione abnorme”. Arpino, nato a Pola nel 1927 da genitori piemontesi, durante la giovinezza  visse a Bra  per poi trasferirsi definitivamente a Torino, dove rimase fino alla sua morte prematura,  il 10 dicembre del 1987.Grande scrittore, “bracconiere di tipi e personaggi, cacciatore d’anime”, come si autodefiniva, si è distintoper lo stile asciutto e ironico e per la capacità di fissare storie di vita, esperienze e fotografie della realtà con straordinaria nettezza e precisione. Incredibilmente, nonostante i suoi sedici romanzi e i quasi duecento racconti, da anni sembra scomparso dal panorama culturale italiano. Tra i suoi libri c’è anche un bellissimo romanzo-favola, ispirato al genere del feuilleton, “Domingo il favoloso”, pubblicato da Einaudi nel 1975. Il racconto uscì , prima ancora di diventare un libro, in tredici puntate sulla Domenica del Corriere , tra il dicembre 1973 e il marzo 1974, illustrato dagli acquerelli originali di Italo Cremona, con il titolo “Correva l’anno felice”. Domingo, il protagonista, è una sorta di picaro, un po’ furfante, esperto in truffe e trucchi di vario genere, maestro nel poker e nel biliardo. Ha una “eterna fidanzata“, Angela, che lavora dietro un banco di torrone, e s’innamora di una zingarella affetta da un male incurabile, Arianna, che gli fa scoprire i sentieri del cuore. “Domingo il favoloso è il secondo volume della trilogia fantastica di Arpino, iniziata con “Randagio è l’eroe (1972) e conclusa con “Il primo quarto di luna (1976). Già l’incipit della storia promette ritmo e mistero: “Gli restava mezz’ora di tempo. In piedi alla finestra, indifferente alla frescura primaverile, Domingo guardava il corso livido, vuoto. Un vecchio ubriaco apparve all’improvviso tra le silenziose strutture delle giostre, di capanni e logori camioncini che ingombravano da alcuni giorni quell’angolo di città. Il vecchio faticava nel sospingere la sua ombra demente. Domingo lo seguì fin dove la sagoma rimase un attimo ferma nel tremolio luminoso che incorniciava la baracca del tirassegno. Lo vide sparire sotto le cupole buie degli ippocastani”. Un romanzo assolutamente originale, ambientato nella Torino degli anni settanta, descritta  con immagini forti. Una città notturna, con i suoi “corsi lividi”, il vento improvviso che induce “tutti i colombi di Torino a cercar scampo tra grondaie, abbaini e comignoli”, dove le ombre s’inseguono nel “cinereo budello dei portici”. La Torino di Domingo è sulfurea, diabolica. Una città dove si diceva che l’occulto fatturasse più della Fiat. E lui,  persona che disdegna qualunque attività regolare e non accetta di inserirsi nel contesto civile, s’inventa mille volte la vita. Fino al punto di svolta, quando incontra il mondo superstizioso degli zingari: da quel momento la sua vita cambia fino al punto che tutto ciò in cui credeva, ogni sua certezza, finisce in frantumi. Quella di “Domingo” è una grande storia, narrata da uno scrittore di gran classe che seppe esprimersi con garbo, forza e lucidità fino all’ultimo respiro. Sconfitto dalla lunga lotta contro un carcinoma, a soli sessant’anni,  Giovanni Arpino non sprecò nemmeno una lacrima perché rischiava “di annacquare l’inchiostro”.

 Marco Travaglini

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria


Michael
Cunninghan Day”  –La nave di Teseo-   euro 22,00

 

Cunningham, vincitore del Premio Pulitzer nel 1999 con “Le ore”, torna alla metafora temporale con questa storia scandita in tre date precise in cui troviamo un nucleo familiare che attraversa la pandemia del Covid.

Al centro sempre il 5 aprile, ma di tre anni che si succedono, 2019, 2020, 2021. E tre diversi momenti della giornata; mattina, pomeriggio e sera. In questo arco di tempo si muovono tre personaggi principali.

La coppia formata da Isabel e Dangenitori di Nathan e Violetche conosciamo all’inizio del libro, il 5 aprile  2019, nella loro casa a  Brooklyn. Una famiglia come tante altre, che si barcamena nel quotidiano e non è propriamente felice.

Al piano superiore vive il fratello di lei, Robbie, migliore amico di Nathan e omosessuale dichiarato, che ha appena visto naufragare la sua relazione con il fidanzato Oliver. Inoltre è in fase di trasloco per lasciare la mansarda che la sorella intende destinare a futura camera per il figlio.

Un distacco che non sarà indolore per nessuno dei protagonisti. Quando li ritroviamo l’anno dopo, Robbie è partito alla volta dell’Islanda dove resta bloccato dal lock down, lontano da tutti.

La forzata convivenza dettata dal virus incide anche sulla famiglia di Isabel, il cui fragile equilibrio è stato incrinato dalla partenza di Robbie che era il collante della famiglia. Ora in casa i rapporti affettivi si sfilacciano. La coppia si sfascia mentre i figli assistono al disastro, reagendo ognuno a modo suo per far fronte al malessere che serpeggia tra quelle mura.

Il terzo sipario si apre sempre il 5 aprile, la pandemia è superata e per molti la vita dovrebbe lentamente tornare alla normalità. Ma non sarà così per tutti…

 

 

Julius Taranto “Come ho vinto il Nobel”   -Blu Atlantide-   euro 19,00

E’ il libro di esordio di Taranto, giovane ex avvocato di Brooklyn che orchestra un romanzo intorno al dilemma morale e al “politicamente scorrettissimo” in cui ci si chiede se contino di più i risultati o come li si raggiunge.

La storia è decisamente provocatoria ed ha al centro il RIP, l’Istituto che accoglie tutti i cancellati vittime del  #Metoo in testa ai quali offre rifugio un eccentrico miliardario che ricorda tanto Elon Musk. EBw Rubin, ed ospita personaggi messi all’indice dalla società in una torre di 40 piani a forma fallica, dal cui attico si vede il tempio accademico di Yale.

Protagonista è Helen, brillante scienziata che conduce studi sperimentali di fisica sui superconduttori, a un passo da una scoperta rivoluzionaria e risolutiva per scongiurare la catastrofe climatica.

Suo mentore è il Premio Nobel Perry Smoot finito al centro di uno scandalo sessuale che lo ha spedito nella lista dei “cancellati”. A questo reietto della società l’ancora di salvezza viene offerta da Rubin che lo accoglie al RIP.

Helen decide di seguirlo e si trascina dietro pure il marito Hew.

Il seguito della trama irriverente è quello che accadrà nell’istituto dove ogni divieto è abolito, ci sono libertà di ricerca e di condotta individuale. Al RIP quasi nulla è vietato o considerato inappropriato; gli ospiti se la spassano alla grande, i professori possono imbastire relazioni con gli studenti e fare quello che vogliono.

Grazie alla sua immensa ricchezza il miliardario finanzia le ricerche dei reietti e scopriremo se è mosso da alti ideali e filantropia, oppure è solo un astuto affarista che dell’umanità se ne infischia altamente.

 

 

Liza Ginzburg    “Una piuma nascosta”   -Rizzoli-  euro 18,00

Ha più piani di lettura questo romanzo: storia di due solitudini che si intendono, la difficoltà di crescere, gli spigoli dell’adozione, le incomprensioni all’interno della famiglia, il ritrovarsi dopo anni e scoprire l’indissolubilità di legami antichi e sopravvissuti al tempo. Tutto narrato con la sensibilità e la scrittura profonda della nipote di Natalia Ginzburg.

Due i personaggi principali che per un periodo camminano un po’ insieme, poi si perdono e finiranno per ritrovarsi.

Lui è Tan, lo conosciamo quando ha 11anni, arriva da unorfanotrofio della Moldavia e viene adottato dai ricchi Manera che vivono nella splendida tenuta la Quercetana. Tan ha un passatodifficile, tanta rabbia in corpo, è ribelle, dolorosamente estraneo alla nuova agiata realtà che lo circonda e alla vita che lo attende.  Il suo rifugio è un’ostinata solitudine.

Chi riesce a capirlo meglio di tutti è Rosa, la figlia dei custodi della villa, che poco a poco fa breccia nei suoi silenzi. Con lui condivide spazi verdi ed entrambi conoscono i turbamenti dell’anima che comporta la fatica di crescere. Il loro è un legame affettivo profondo, fatto di giochi, amore per un linguaggio e un gergo che è solo loro. Poi c’è la buca profonda che Tan ha scavato in giardino ed elegge a luogo privatissimo, nel quale l’unica a poter entrare è Rosa per dividere tempo e pensieri con lui.

Tra le righe ci sono anche i rapporti dei due ragazzi con le loro famiglie, di estrazione diversa, ma molto legate. Rosa adora la colta e sensibile madre di lui, Tan invece apprezza la semplicità dei custodi. Poi la vita traccerà le distanze.

Tan e Rosa si ritroveranno molti anni dopo, ormai 30enni;  lui ha solcato il mondo alla ricerca di sé, lei è una dottoressa concentrata sul suo lavoro. E sarà un nuovo incontro carico di significato……-

 

Sally Bayley   “The Green lady”   -Edizioni Clichy–   euro 19,50

E’ l’ultimo capitolo della trilogia che l’autrice inglese dedica ai «libri che salvano la vita». Imbastisce una sorta di memoir che ripercorre il percorso da infanzia a età adulta, nel quale è importante il rimando alle sue antenate. Come la sua lontana parente Edna May Turner, spirito che insegna ad amare la natura ed ha uno sguardo poetico sul creato. Poi altre figure femminili che appartengono alla storia. Tutte le hanno insegnato l’amore per le parole e la natura.

La Bayley, con uno stile che travalica i generi letterari, racconta di sé tornando anche sulle orme dei suoi avi, insegnanti e spiriti guida, in una carrellata di personaggi. E ci svela come ha imparato ad amare natura, pioggia, sole, mare e spiaggia.

Compaiono, una dopo l’altra, donne che hanno attraversato la storia; come la suffragetta Mary Neal, l’attrice Margaret Rutherford e la poetessa Stevie Smith. E ci sono pagine bellissime anche sul pittore della luce Joseph  Mallord William Turner. Storia di un’educazione  artistica che non lascia indifferenti.

 

Le torinesi ribelli. Diciannove storie per ricordarle

A cura di Loredana CELLA

Prefazione di Silvia GARBARINO

Diciannove racconti che danno voce ad una galleria di torinesi “ribelli”: protagoniste più o meno conosciute che hanno superato convenzioni, luoghi comuni e discriminazioni per affermare la loro autonomia di pensiero e di azione.

Un libro che è al tempo stesso antologia e romanzo, reale e immaginifico. Ritratti di donne capaci e caparbie, che apparentemente nulla hanno da condividere se non il fatto di essere libere nel bene e nel male, nel giusto e nell’errore.

Troviamo le storie delle Tabacchine della Manifattura Tabacchi, che con le loro battaglie hanno segnato una nuova cultura del lavoro, e delle Caterinette, le giovani sartine o modiste, molto numerose quando Torino era la capitale della moda italiana e chiamate così perché in Francia le apprendiste sarte avevano scelto come patrona santa Caterina di Alessandria (il racconto trae spunto dalla triste vicenda di Mariuccia Ferrero, morta a 16 anni dopo essere rimasta ustionata nell’incendio dell’atelier in cui lavorava: possedeva un canarino di nome Ciribiribin, che divenne una canzone che fece il giro del mondo)

Nobildonne come la regina senza corona Adelaide di Susa, che ebbe un ruolo fondamentale in una delle vicende della Lotta per le Investiture, accompagnando Enrico IV dal Moncenisio a Canossa(era il gennaio del 1077), e la madama reale Maria Giovanna Battista di Savoia Nemours, denigrata come donna ambiziosa e amante del potere, madre senza amore, spendacciona e scialacquatrice amante lasciva, ma che in realtà seppe preservare il regno da guerre sanguinose.

Donne che sono state pioniere nei loro campi, come Maria Velleda Farnè, la prima donna a laurearsi in medicina all’Università di Torino e la seconda in Italia (era il 1878), unica donna presente con un suo ritratto marmoreo nel palazzo del rettorato dell’Università di Torino; Alessandra Re Boarelli, detta Nina, nobildonna borghese che nella seconda metà dell’Ottocento sfidò convenzioni e pregiudizi e scalò il Monviso nell’agosto del 1864, prima alpinista italiana; la la “signora al volante” Ernestina Prola Macchia, prima donna a prendere la “licenza per guidare” nel 1907; Ada “Sayonara” Pace, unica donna a correre in macchina negli anni Cinquanta, vincendo e infischiandosene delle invidie (vinse, tra le altre corse, la Torino-Sanremo nel 1951, il Rally di Sestriere nel ’59, la Targa Florio nel ’60. Nello stesso anno vinse la Coppa d’Oro Aci Modena e il secondo e terzo classificato disertarono la premiazione per non salire sul podio dietro a una donna); Lidia Poët, che si laureò nel 1881 in Giurisprudenza a pieni voti e che nel 1883 divenne la prima donna italiana “ammessa all’avvocatura; Camilla Ravera, prima donna a diventare segretaria di un partito politico (il PCdI nel 1927) edonna nominata senatrice a vita nel 1982.

Artiste come la pittrice Evangelina Gemma Alciati, prima donna ammessa all’Accademia Albertina, una vita passata a rompere catene; la scandalosa Carol Rama, Leone d’oro alla carriera a Venezia nel 2003; la traduttrice e talent scout Fernanda Pivano, che ebbe un ruolo fondamentale nel far conoscere la letteratura d’oltreoceano (nel libro si raccontano i suoi difficili esordi durante il fascismo a causa delle traduzioni di autori considerati scomodi); il Trio Lescano (le tre sorelle Alexandrina, Judith e Katharina Leschan), i cui scanzonati motivetti segnarono un’epoca della canzone italiana rimanendo nell’immaginario collettivononostante una carriera molto breve; la soubrette Isa Bluette, al secolo Teresa Ferrero, star dell’operetta e della rivista negli anni Venti e Trenta.

E poi il Premio Nobel Rita Levi Montalcini; Ada Prospero, staffetta partigiana, medaglia d’argento al Valor Militare, vicesindaco di Torino, cofondatrice dell’Anpi e moglie di Piero Gobetti; Helen Konig Scavini, soprannominata Lencina, fondatrice nel 1919 della prestigiosa fabbrica Lenci.

Il volume si chiude con una ribelle dei nostri giorni, la “ragazza del fiume” Elisabetta Brugo, campionessa di canottaggio, insegnante e allenatrice.

 

Sono molte le donne che hanno contribuito a costruire la Storia di Torino. Alcune si sono trovate eccezionalmente in posizioni di potere e hanno saputo determinando il futuro della loro città. Ma tante battaglie sono state condotte in famiglia o in società, per difendere le proprie scelte personali contro il pregiudizio o un ordine costituito, per uscire dai ruoli attribuiti dalla tradizione, per essere libere di seguire la propria vocazione, per affermare se stesse, aprendo la strada che altre donne hanno percorso dopo di loro. È così che hanno dato una svolta non solo alla loro vita, ma alla storia. Gli autori e le autrici di queste pagine ne restituiscono, ciascuno con il proprio stile, la vitalità, il coraggio, la determinazione che ha permesso loro di affermare diritti e desideri oltre ogni difficoltà, e di diventare oggi un esempio da non dimenticare

A cura di Loredana Cella

Racconti di:

Athena Barbera, Bruna Bertolo, Graziella Bonansea, Loredana Cella, Monica Cerutti, Graziella Costanzo, Silvia De Francia, Aurora Frola, Dario Lessa, Antonella Manduca, Ezio Marinoni, Eva Monti, Patrizia Monzeglio, Eros Pessina, Laura Pompeo, Franca Rizzi Martini, Elena Rossi, Caterina Schiavon, Alessandra Zanettini.

Schede biografiche delle protagoniste a cura di Cinzia Ballesio.

Prefazioni di Silvia Garbarino, giornalista e Segretaria dell’Associazione Stampa Subalpina, e di Ornella Toselli,Presidente della Consulta Femminile della Regione Piemonte.

Copertina di Giovanna Binello

I diritti d’autore saranno devoluti a International Help onlus a sostegno delle sue attività.

160 pagine – € 16,00

www.neosedizioni.it

Coltivare fiori di parole. I trent’anni di Interlinea

 

L’ultimo numero di Microprovincia, il 56° della fortunata rivista di cultura e poesia diretta da Franco Esposito, è interamente dedicato ai trent’anni della casa editrice novarese Interlinea con il suggestivo titolo “Coltivare fiori di parole”. Proponendo una ricca e interessante raccolta di testimonianze su tre decenni di attività editoriale di Interlinea, coinvolgendo gli autori e coloro che l’hanno fatta vivere dietro alle quinte con il lavoro redazionale, la cura dei testi e la promozione di collane che si sono affermate tra i lettori (da “Nativitas” e “Lyra” a “Le rane”) la rivista che si è sempre battuta contro i conformismi della cultura ufficiale rende omaggio ad una impresa culturale di assoluta grandezza fondata da Roberto Cicala e Mario Robiglio. Giuliano Vigini, nella presentazione della rivista subito dopo l’appassionato editoriale di Esposito, ricorda che “alle origini di una casa editrice c’è innanzitutto una speciale passione per quello che gli autori, le collane, i singoli libri che si vorrebbero privilegiare come emblema e portabandiera dell’attività che si sta per avviare possono lasciare come idea di un modo di fare letteratura e insieme di interpretare, dal vivo di tante espressioni e testimonianze diverse, le realtà del mondo e le esperienze di vita degli scrittori”. Ovviamente, non bastando la bontà e l’entusiasmo delle idee, ci sono volute “anche le risorse personali o la capacità di procurarsele, la condivisione ideale e pratica di chi è coinvolto in un determinato progetto” come è stato tra Cicala e Robiglio, lavorando con la perseveranza di chi non si accontenta di ciò che di volta in volta si è raggiunto “perché, essendo il traguardo sempre più in là, bisogna continuare a cercare, a scoprire, a lasciare segni nuovi”. Ed è così che nasce e prende corpo quella che oggi può essere definita, a buon titolo, una grande voce della cultura italiana contemporanea. L’originale storia della casa editrice che ha sede in via Mattei a Novara viene narrata in 250 pagine con molti interventi tra i quali si segnalano, pur senza far torto a nessuno degli altri, Pino Boero, Eugenio Borgna, Carlo Carena, Barbara Caristia, Graziella Cerutti, Gian Luca Favetto, Gian Carlo Ferretti, Walter Fochesato, Anna Lavatelli, Dacia Maraini, Gianni Mussini, Alessandra Alva Perez, Roberto Piumini, Giovanni Tesio, Sebastiano Vassalli e Giuliano Vigini. La stessa scelta del nome della casa editrice è originale e racconta molto: l’interlinea è lo spazio bianco tra due righe scritte o stampate, apparentemente inutile ma in verità necessario alla lettura. Infatti le parole si confonderebbero sulla pagina senza questa distanza, il cui bianco fa risaltare il nero del testo illuminando così il significato di un romanzo, di uno studio, di una poesia. Dall’inizio degli anni Novanta ad oggi  sono stati riscoperti autori italiani dell’800 e ‘900, anche con inediti (da Rebora a Montale, fino a Soldati e Vassalli), aprendo la prima collana letteraria italiana legata al Natale e intitolata Nativitas con Dickens, Consolo, Rigoni Stern, Testori, Wojtyla, offrendo uno spazio importante alla critica letteraria, alla poesia, ai libri per bambini e ragazzi con la collana Le Rane. Scorrendo l’impressionante cronologia delle collane e dei libri pubblicati non si fatica a comprendere il valore del viaggio intrapreso trent’anni fa da quel “piccolo vascello di carta” che salpò da Novara e che, in tutti stesi anni, non ha chiesto altro “se non di avere lettori che sappiano leggere la verità di quelle parole vecchie e nuove nell’interlinea dell’editoria e della cultura italiana”.

Marco Travaglini

“Scarabocchiando – un percorso nell’arte”

Il 24 marzo prossimo, alle ore 17:30, presso la casa editrice di Paola Caramella, verrà presentato il libro “Scarabocchiando – un percorso nell’arte” (Paola Caramella Editrice) insieme alle autrici Cristina Costantini, Raffaella Galli e Katia Massafra. L’incontro sarà moderato dalla giornalista Mara Martellotta, protagonista inoltre della rubrica radiofonica “Una finestra sul mondo dell’arte” di Radio Sognare si può e Radio Moncalieri.

Questo libro è una raccolta di appunti, una sintesi narrativa e di rappresentazioni che nasce da contributi diversi riguardanti il mondo dell’arte, e il suo utilizzo nella didattica per i bambini dell’ultimo anno della scuola dell’infanzia.

Si tratta di un progetto dalle grandi potenzialità didattiche ed è finalizzato alla preparazione alla scrittura per sviluppare una sempre maggiore coordinazione oculo-manuale e sicurezza nel tratto, offrendo l’opportunità di percepire a tutto tondo la forma grafica sperimentando con il corpo, comprendendola ed elaborandola interiormente, ricreandola con la fantasia.

L’arte si rivela, ipotizzando un percorso verso la scrittura, una via privilegiata nel momento in cui, in modo giocoso, si avvicina ai segni non convenzionali utilizzati dai grandi pittori presi in considerazione, tra cui ricordiamo Capogrossi, Yayoi Kusama, Mondrian, Matisse, Paul Klee, Kandinsky, Giacomo Balla, Joan Miró, Picasso e Karla Gerard.

 

Gian Giacomo Della Porta

L’isola del libro

RUBRICA A CURA DI LAURA GORIA

Judith Hermann “A casa” -Fazi Editore- euro 18,00

 

E’ splendido il romanzo della scrittrice tedesca nata nel 1970 a Berlino, cresciuta nel settore occidentale della città tedesca, poi trasferitasi negli anni Novanta nell’ex parte orientale. Una delle più importanti autrici di lingua tedesca.

A casa” è la storia della protagonista quasi 50enne (della quale il nome non compare mai) che decide di cambiare vita. Via da tutto e tutti, in una nuova casa priva di ricordi, vicina al mare sulla costa nordorientale della Germania. Andarsene altrove per riappropriarsi della sua esistenza, trovare una nuova dimensione, nuovi incontri e maturare una maggiore consapevolezza di se stessa.

Non è uno strappo radicale, più semplicemente decide di mettere parecchi chilometri di distanza dalla sua esistenza di prima. Chiude una porta e ne apre un’altra. Via dal ripetitivo e vuoto lavoro in una fabbrica di sigarette, dal marito Otis col quale l’amore è finito da tempo, ma col quale continua a comunicare via lettera. A distanza c’è anche la figlia Ann, che se n’è andata in giro per il mondo allo scoccare dei 18 anni.

La protagonista, nella casa scalcinata e isolata sul polder (che però sente solo sua), è vicina al paesino in cui il fratello Sascha, 60enne scapolo, un po’ sfaticato e indolente, gestisce un pub, ed è proprio da lui che lavorerà.

Poi un po’ di cose accadono: Sascha si innamora di una ragazzina, Nike, che ha la metà dei suoi anni ed un passato di dolore profondissimo.

Nella vita della protagonista arriva anche un’artista che vive poco lontano; quasi coetanea, si chiama Mimi ed è un’ex fiamma di Sascha. Anche lei sta tessendo una nuova trama della sua vita. E’ tornata dopo anni di lontananza dalla fattoria di famiglia e si sta riavvicinando al fratello Arild che ha preso in mano le redini dell’allevamento di maiali e vive isolato dopo essere stato lasciato dalla moglie che l’aveva allontanato da tutti.

Solitudini diverse che si intersecano per nuovi inizi; dalle nuotate della protagonista e Mimi nelle acque del mare gelido ai giri in bicicletta. Arild e Nike fanno parte del nuovo quadro, in cui centrale è il tema della casa, intesa come guscio di relazioni, affetti, sentimenti, radici e tantissimo altro. Un romanzo scritto divinamente che ci porta nelle possibili traiettorie di nuovi inizi, nuovi legami, nuove ripartenze dopo gli errori del passato.

 

 

Dido Michielsen “L’isola della memoria” -Editrice Nord- euro 19,00

Dido Michielsen (nata nei Paesi Bassi nel 1957, ma di origini giavanesi) è autrice di svariate biografie e saggi, mentre questo suo romanzo –ispirato alla vita della sua trisavola- è il primo tradotto in Italia. Per scriverlo è andata alla scoperta di Yogyakarta sull’isola di Giava, si è fatta guidare nei luoghi dei suoi antenati, ha cercato e ricostruito le atmosfere che aleggiano nel libro.

Protagonista è un personaggio femminile che colpisce il cuore con la sua difficilissima esistenza a Giava in epoca coloniale. E’ Isah, nasce nel 1850 a Yogyakarta ed ha il privilegio di crescere nella città-palazzo fortificata del sultano dove la madre lavora come tintora di batik e sarta per le signore della famiglia del sovrano. Isah gioca con le nipoti del sultano e ne subisce anche le angherie, imparando presto che c’è un reticolo inscalfibile di ranghi diversi.

Quando ha 16 anni si ribella al matrimonio combinato dalla madre, se ne va di casa e imbocca una strada perigliosa. Diventa la “Nyai” giovane fanciulla giavanese al servizio di un colono e sua amante; lui è Gey, un ufficiale dell’esercito coloniale olandese di stanza a Giava.

Vive nella sua casa dove gestisce la servitù e sogna di mettere su famiglia con lui. Lo compiace in tutto e nascono due bambine, Pauline e Louisa. Isah si illude che Gey le riconosca e la sposi. Invece lui si dimostra l’omuncolo che è, indifferente alla sorte della giovane e delle figlie, parte per l’Olanda dove l’attende la giovane destinata a diventare sua moglie.

E’ la discesa di Isah agli inferi. Sola, disonorata, senza mezzi, sa di non poter offrire un futuro alle figlie mezzosangue. E’ costretta a darle in adozione a una coppia di coloni olandesi amici di Gey che le crescerà come europee.

Pur di restare accanto alle bambine accetta di diventare la loro “babu”, la bambinaia che le cresce ma non può svelare di esserne la madre. E’ l’inizio di una vita piena di sacrifici, ingiustizia e sofferenze. Vittima impotente delle angherie e della cattiveria della padrona di casa, che la considera feccia, e si vendica delle attenzioni che il marito ha per la giovane madre

L’autrice segue l’amaro destino di Isah che verrà separata dalle figlie, le cercherà inutilmente e infine morirà in miseria e solitudine a 67 anni.

Questa è la sua storia, ma anche quella di migliaia di donne giavanesi che nei 150 anni di dominazione olandese hanno vissuto nell’ombra, senza voce né diritti, concubine, serve e madri dimenticate.

 

 

Barbara Kingsolver “Demon Copperhead” -Neri Pozza- euro 22,00

Il riferimento al “David Copperfield” scritto dal grande Charles Dickens è voluto e per niente casuale; anzi sembra sia stato in un certo senso lo spirito del grande scrittore inglese ad aver suggerito l’idea a Barbara Kingsolver. L’autrice 68enne nata nel Maryland, durante un tour in Gran Bretagna ha trascorso un week end a Bleak House, l’antica dimora di Dickens oggi trasformata in hotel; ed è tra quelle mura cariche di atmosfera, nello studio in cui lui scrisse David Copperfield, che qualcosa le ha ispirato il romanzo.

L’idea è quella di narrare la storia di uno dei tanti ragazzi che la vita mette a durissima prova ancor prima di venire al mondo. Ed ecco la genesi del grande romanzo degli Appalacchi, nel sud della Virginia, in una zona rurale e povera degli Stati Uniti, dove la Kingsolver fa nascere Demon.

Partorito in una misera mobil house da una 18enne in preda ad alcool e droghe, Demon Copperhead, ovvero “testina di rame” (chiamato così per i capelli rossi) parte già dal lato sbagliato della sorte. Il resto è un imponente romanzo di formazione che segue il ragazzo nell’affrontare le prove più dure; dalla miseria alla mancanza di un padre, dagli scontri col patrigno alla morte della madre.

Una vita complicata e in affanno, tra fughe, assistenti sociali, sogni di successo come stella del football, pillole di oppioidi e tantissimo altro. Un romanzo che trasuda humour, passione e voglia di emergere dei “Deplorables”, ovvero gli infelici e invisibili d’America alle prese con povertà ed esclusione infantile. Uno spaccato di realtà che la Kingsolver in parte conosce bene e altrettanto bene ha raccontato, tanto da vincere il Premio Pulitzer 2023…e non fatevi spaventare dalla mole di lettura.

 

 

Will Ferguson “Felicità” -Accento Edizioni- euro 18,00

Cosa succederebbe se scoprissimo il segreto della felicità? Forse sarebbe la fine del mondo che conosciamo. Niente di apocalittico, ma un’ipotesi comunque accattivante che ci prospetta Will Ferguson in questo scoppiettante romanzo.

Al centro di tutto c’è un libro di self-help (auto-aiuto) pubblicato quasi per caso. Edwin Vincent de Valu, alias Eddy, è un editor mediocre che lavora alla Panderic Books Incorporated, sempre alla ricerca del best seller da dare alle stampe. Gli viene affidato il compito di rendere pubblicabile un pesantissimo tomo di 1000 pagine destinate al macero. Si intitola “Quello che ho imparato sulla montagna” inviato alla casa editrice da uno sconosciuto Tupak Soiree.

Eddy convince l’editore di avere per le mani un capolavoro di marketing e futuro campione di vendite; così si ritrova a dover rimaneggiare e rendere più appetibile il testo.

Il manuale insegna ai lettori ad aver maggior cura di se stessi, a orientarsi verso una vita più spirituale che materiale. E’ un successo planetario che conduce le persone ad essere buone, a cambiare completamente la loro scala di valori. Ed è l’inizio della fine della società consumistica che conosciamo. Le conseguenze però sono travolgenti: la gente impara a fare a meno di un’infinità di cose e l’intera economia vacilla.

Un romanzo ironico e irriverente in cui scompaiono le aziende del tabacco, i fast-food, i negozi di alcolici e la vendita di stupefacenti…perché grazie al manuale l’umanità individua i pochi elementi semplici della felicità, incamminandosi su una vita priva di vizi e piaceri superflui….ma non finirà qui. Rinunciare a tutto per trovare pace interiore e felicità è davvero la formula vincente?

 

 

“Senti chi parla”. All’Associazione Culturale “OFF TOPIC”

La presentazione del nuovo libro del giornalista e blogger padovano Leonardo Bianchi

Giovedì 14 marzo, ore 18,30

“Miti, armi e terrore dell’estrema destra globale”: tema di altissima attualità e indubbio interesse sulla scia di “nuove” paure che, purtroppo, sembrano farci sempre più spesso compagnia da alcuni mesi a questa parte. E su cui da congetturare e scrivere, non manca di certo il materiale. Lo ha fatto con intensità e acute interpretazioni il giovane (classe ’86) giornalista e blogger padovano Leonardo Bianchi, nel suo ultimo libro “Le prime gocce della tempesta” (Solferino Libri) che verrà presentato, all’interno del format “Senti chi parla” (interamente dedicato a libri e podcast), dalle Associazioni Culturali “OFF TOPIC” e “The Goodness Factory”, sul palco di via Giorgio Pallavicino 35, a Torino, giovedì 14 marzo, alle ore 18,30.

A moderare l’evento saranno Fabio Malagnino(giornalista e docente all’“Università di Torino”) e Chiara Foglietta (“Assessora alla Transizione Digitale” della Città di Torino).

Leonardo Bianchi, pur giovanissimo, si porta dietro una lunga esperienza di scrittura e, soprattutto, la capacità di leggere  e interpretare gli eventi della quotidianità (sociale e politica) con sottile acutezza e il coraggio delle idee. E’ editor di “Facta”, ha lavorato a lungo per “VICE Italia” e collabora con “Valigia Blu”, “Internazionale” e altre testate. Cura anche una newsletter sulle teorie del complotto chiamata “Complotti!” e seguita da migliaia di iscritti ed è autore di altri due libri: “La Gente (2017) e “Complotti!”(2021).

Per meglio avvicinarci ai contenuti e alle tematiche del nuovo libro presentato a Torino, può servire lo stesso incipit del volume.

È il maggio del 2012. Un uomo è solo in una stanza e sta scrivendo a una scrivania. Quella, però, non è una normale scrivania: è un tavolo imbullonato al muro bianco. Quella stanza è la cella di una prigione. E quell’uomo non è come gli altri. Otto mesi prima ha colpito a Oslo e sull’isola di Utøya, uccidendo settantasette persone in nome di una sola fede: il nazismo. L’uomo verga veloce le ultime righe di una lettera: “Siamo le prime gocce della tempesta purificatrice che sta per abbattersi sull’Europa”, scrive Anders Behring Breivik.

Ecco, comincia proprio da qui, dal carcere di Ila, un’immersione in apnea nell’incubo diventato realtà, un reportage narrativo – sconvolgente e documentatissimo – che racconta la “galassia del neonazismo” contemporaneo e del “terrorismo suprematista bianco”. “Nelle pagine di questo libro – racconta Bianchi – occhi spiritati compulsano manuali dello stragismo fai-da-te; armi sparano come in un videogame contro i “diversi”, neri, immigrati, musulmani e militanti socialisti; una scia di sangue si allunga da Macerata alla Nuova Zelanda, dagli Stati Uniti alla Norvegia; parole pesanti come piombo inneggiano alla guerra razziale”.Leonardo Bianchi indaga così sulle “reti liquide” della nuova “Internazionale Nera”, perlustra le pieghe più oscure del web inseguendo l’eco della “propaganda incendiaria, analizza l’avvento della destra americana di ultima generazione, svela i processi di normalizzazione delle “teorie di morte” in voga dall’Ungheria di Orbán all’Italia del nazional-sovranismo, indica la minaccia letale che grava sull’Occidente. “Perché la tempesta – continua Bianchi – infuria già …”. E ancora: “Sarebbe rincuorante pensare che si tratti di pochi individui squilibrati e totalmente al di fuori della società, come il ritratto che ne viene fatto dai ‘media’ e dalla politica. In realtà sono molto più integrati di quanto si voglia pensare; e molte delle cose che dicono e scrivono fanno ormai parte della propaganda politica dei principali partiti conservatori (e non solo), a partire dalla teoria della ‘sostituzione etnica’”.

Per info: “OFF TOPIC”, via Giorgio Pallavicino 35, Torino; tel. 011/0601768 o www.offtopictorino.it

g.m.

Nelle foto:

–       Leonardo Bianchi

–       Cover “Le prime gocce della tempesta”