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L’isola del libro: Speciale Monarchia Inglese

 

RUBRICA SETTIMANALE A CURA DI LAURA GORIA

Fa ben sperare il recente ritorno sulla scena pubblica della principessa del Galles e futura regina Kate Middleton in occasione del Trooping the Colour. Prima sua comparsa dopo 173 giorni di assenza per motivi di salute che hanno scatenato infinite ipotesi e fake news.

Rivederla bella ed elegante come sempre, anche se dimagrita, comunque sorridente e forte come una roccia, ha fatto tirare a tutti un sospiro di sollievo. Riconferma la tenacia e il senso del dovere di questa giovane donna amatissima dai sudditi, attenta e dolce verso i suoi bambini, in totale sintonia con il marito William.

Significativo dell’amore della famiglia reale nei suoi confronti è stato anche il cambiamento del protocollo che ha posizionato il re accanto alla nuora; accomunati dalla malattia e dalla battaglia contro il cancro; lei grata e sorridente, lui commosso. Un gran bel ritratto di famiglia.

E mentre le cure pesanti e debilitanti continuano per il re e la principessa, molti cercano di fare il punto della situazione sul ruolo presente e futuro della Monarchia inglese. Vale dunque la pena leggere alcuni libri sull’argomento. Due recentissimi e due più datati, ma comunque illuminanti.

 

Robert Hardman “Carlo III. Il nuovo re”

-Rizzoli- euro 20,00

Robert Hardman è lo scrittore britannico esperto dei Windsor, biografo reale con una corsia preferenziale e che per questo libro ha potuto accedere agli Archivi Reali del castello di Windsor. Inoltre ha intervistato i membri della famiglia reale e altre persone autorevoli, come i primi ministri del regno di re Carlo III.

Quello che scrive è più che serio e spazza via anche le parecchie notizie fasulle. Il libro inizia facendo luce sui retroscena degli ultimi giorni di vita della sovrana Elisabetta II. Evento nefasto che segna l’inizio del regno del figlio, e qui Hardman ci offre pagine ricche di rivelazioni, retroscena, sfide, ripicche, dolori.

Re Carlo III aveva la corona nel suo destino dal giorno in cui è venuto al mondo; ha atteso pazientemente il suo turno e nel frattempo si è preparato ad assolvere i suoi molteplici doveri. Oggi è lui a dettare le regole a corte, ma è anche chiamato a prendere mille decisioni, non solo come re della Gran Bretagna ma anche di altri 14 Paesi.

Emerge a chiare lettere la caratura di quest’uomo colto, raffinato, attento all’ambiente e ai ceti più deboli. Incluso il modo stoico con cui sta affrontando i colpi dolorosi inferti da un destino beffardo. Perché a pochi mesi dall’agognata incoronazione, Re Carlo ha dovuto subito fare i conti con il cancro suo e dell’altra figura fondamentale, l’amatissima nuora Kate.

Senza spoilerare troppo, in queste scorrevoli oltre 400 pagine scoprirete anche le dinamiche dietro la defezione dei Sussex, le loro accuse e i complessi rapporti tra i membri della famiglia reale.

L’importanza e lo spessore della regina Camilla che è la roccia del sovrano.

Il carattere dell’erede William, responsabile e dedito alla famiglia, il suo rapporto con i figli, il sostegno alla moglie e un’idea di futuro regno secondo la sua personalità.

 

Antonio Caprarica “La fine dell’Inghilterra” -Sperling & Kupfer- euro 19,90

Il titolo è provocatorio ma è anche quanto si potrebbe evincere dall’analisi sociale e politica svolta dal giornalista e scrittore Antonio Caprarica, uno dei massimi esperti delle vicende reali britanniche dopo anni come corrispondente Rai a Londra.

Dopo il nefasto 1992, questo 2024 è decisamente l’altro anno pessimo per i Windsor. Sono stati colpiti da eventi pesanti come macigni. Svolte negative che hanno contribuito a sfoltire il numero dei working royals e possono rendere la monarchia un’istituzione obsoleta e debole agli occhi dei contribuenti inglesi.

Caprarica ripercorre le dinamiche dei fatti più gravi accaduti ai Royal e lo fa in modo documentato e attento.

La defezione e le accuse -scritte e via tv- del principe Harry e della moglie Meghan. Dalla California hanno tradito non solo re Carlo, ma anche spalancato un solco difficilmente colmabile con l’erede al trono, il responsabile William.

Poi c’è pure l’ostracismo verso il principe Andrea coinvolto nello scandalo Epstein.

Quell’idea di efficienza e stabilità garantita dalla regina, ora sembra venire meno, e la monarchia appare decisamente indebolita. Staremo a vedere ….

 

 

Omid Scobie “Endgame” -Solferino- euro 23,00

Il sottotitolo recita: «Dentro la famiglia reale: tra rivalità, segreti, vendette, si gioca il futuro della monarchia». L’autore Omid Scobie è stato royal editor per “Harper’s Bazar”, ha collaborato con tv e da oltre 12 anni racconta la corona inglese. Da alcuni è definito «cheerleader di Harry e Megan» e in effetti il suo sguardo pende a favore dei Sussex.

Questo libro è dell’anno scorso e molte cose sono successe in seguito, ma resta interessante il resoconto dell’autore sulle dinamiche che serpeggerebbero tra i Windsor, i gossip e le analisi delle faide interne.

Scobie dà credito alle accuse rivolte dalla coppia ribelle alla famiglia reale, descrive in modo impietoso figure che viceversa sono molto amate, accusandole anche lui di razzismo.

Non fa sconti al futuro re William; lo incolpa di avere deliberatamente escluso Henry dalla vita di corte, cita episodi al riguardo e lo ritiene refrattario a riallacciare i rapporti con il fratello. Inoltre, sempre secondo Scobie, William avrebbe un atteggiamento non sempre lineare anche nei confronti del padre e idee molto diverse sul futuro della monarchia.

Più di 500 pagine di fatti e contro fatti da prendere con le dovute cautele; comunque un interessante contraltare rispetto a come i Windsor vengono normalmente rappresentati dagli esperti accreditati a palazzo.

 

 

Tina Brown “Dietro la corona” -Vallardi- euro 22,90

Questo libro è stato pubblicato nel 2022 e la Brown compie un excursus sui passaggi che maggiormente hanno segnato le vicende della Corona. Risale alla morte della principessa Diana e arriva fino a quella della regina Elisabetta, concentrandosi su alcuni colpi di scena, rivalità e defezioni.

Tra gli argomenti principali su cui si sofferma ci sono i rapporti tempestosi tra Harry e William con aneddoti e testimonianze per lo più risapute.

L’arrivo di Meghan Markle – che la Brown accusa di essere un’autentica arrampicatrice sociale- è stato decisamente un momento di rottura. L’ex attrice americana ha innescato dissidi, incomprensioni e rivalità che hanno condotto alla Megxit, con i conseguenti danni soprattutto a livello affettivo e di relazioni tra i royals.

La giornalista racconta anche tanti altri dettagli interessanti tra i quali il ruolo di Camilla e i suoi rapporti con i figliastri, le fissazioni di re Carlo come la pretesa di avere stirati i lacci delle scarpe. Tanti aneddoti e rivelazioni inedite su una delle famiglie più importanti e chiacchierate del mondo.

La storia dei Cavalieri Templari

Templari, ancora Templari. La mole di libri sui Cavalieri medioevali cresce sempre di più perché il fascino della ricerca templare consiste proprio nel non avere mai fine.

Ma di loro sappiamo proprio tutto? Faceva freddo quel mattino, lunedì 18 marzo 1314. Jacques de Molay, Gran Maestro dei Templari e Geoffrey de Charnay, precettore di Normandia, vengono condotti sul rogo e arsi vivi. Sulla Senna a Parigi, di fronte alla Cattedrale di Notre Dame, si spegne per sempre il sogno dei Templari. In realtà la loro rovina era già iniziata con una grande sconfitta militare a San Giovanni d’Acri nel 1291. I Mamelucchi, i nuovi padroni della Terra Santa, gettarono in mare gli ultimi crociati e uccisero i prigionieri feriti o troppo vecchi e le giovani donne furono violentate davanti a tutti. Era la fine dei cristiani in Palestina e di quel che restava del regno crociato. Ha un ritmo incalzante la saga dei Templari raccontata da Marco Salvador e Matteo Salvador nel libro “Storia dei Cavalieri Templari”, Edizioni Biblioteca dell’Immagine. Entrambi con la passione della ricerca storica ed esperti di strutture difensive, dai castelli medioevali alle fortificazioni degli ultimi conflitti mondiali, narrano le gesta dei Cavalieri tra vittorie sul campo e sconfitte, dai primi vagiti dell’Ordine del Tempio alla conquista musulmana di Acri passando per la disfatta di Hattin nel 1187, la perdita di Gerusalemme e la presenza di Federico II in Terra Santa. Ma il libro comincia dalla fine, dalla morte sul rogo degli ultimi templari. Gli ultimi giorni, le ultime ore di vita dei cavalieri del Tempio in forma di cronaca. “Fin dall’alba era stata proclamata a Parigi la sentenza di morte e l’ora dell’esecuzione. Una folla si era radunata sulla riva della Senna, la pira era pronta e il cancelliere iniziò a leggere ad alta voce la lunga lista delle accuse di eresia, di sodomia e di adorazione ma il popolo non pareva ascoltarlo e gridava qua e là “sono innocenti”. Finita la lettura, il cardinale si mise davanti al Gran Maestro dei Templari e chiese: “avete qualcosa da dire in vostra difesa?”. Jacques de Molay, l’ultimo Gran Maestro, non gli rispose ma si rivolse alla folla proclamando l’innocenza sua e di tutto l’Ordine. Li legarono al palo, il Gran Maestro chiese di recitare le preghiere e poi gridò: “ecco, ora sarò giustiziato e Dio sa quanto ingiustamente”. Dopo quelle parole si appiccò il fuoco alle fascine che avvolsero subito i due corpi.
Colpi di tosse e urla, poi nulla più”. Durante l’epoca delle Crociate l’Ordine del Tempio, nato nel 1118-1119 sulla spianata del Tempio a Gerusalemme, divenne l’organizzazione religiosa- militare più potente della Cristianità. Guerrieri e religiosi al tempo stesso, i Templari nacquero con il compito di difendere i pellegrini che si recavano ai luoghi santi dagli assalti dei predoni musulmani. Poi parteciparono come soldati a tutte le Crociate e a decine di battaglie in Terra Santa e in tutta l’area mediterranea. Un’ordine di monaci-guerrieri famoso non solo per il coraggio dei suoi Cavalieri in difesa della Terra Santa ma anche per le sue ricchezze. Il Tempio divenne infatti il principale potere finanziario della Cristianità e più di un terzo delle entrate venivano reinvestite nella difesa della Terra Santa. Dopo la perdita di Gerusalemme nel 1187 i cavalieri si spostarono a San Giovanni d’Acri dove si svolse l’estrema difesa contro i musulmani. Sconfitti dai Mamelucchi d’Egitto nel 1291 i Templari furono costretti ad abbandonare la Palestina e a insediarsi a Cipro. Sull’isola e nel resto dell’Europa diventeranno una potenza economica e politica. All’inizio del Trecento la storia cambiò radicalmente. Sofferente per la grave crisi economica in cui versava la sua nazione, Filippo IV il Bello, re di Francia, se la prese con i Templari per impossessarsi delle loro ricchezze e dei loro beni e li accusò di eresia. Nel 1307 furono arrestati e portati davanti ai giudici. Il sovrano li accusò impietosamente mentre Papa Clemente V cercò di salvarli ma fu poi costretto a sospendere l’Ordine nel Concilio di Vienne nel 1312. Due anni più tardi, nel 1314, l’ultimo Gran Maestro Jacques de Molay fu arso vivo sul rogo. Quella dei Templari fu una storia gloriosa con una fine tragica. Il ruolo di papa Clemente V nella fine dell’Ordine è stato finalmente chiarito dalla storica Barbara Frale che nel 2001 ha scoperto la pergamena di Chinon. Si tratta dell’atto originale dell’inchiesta avvenuta a porte chiuse nelle celle del castello di Chinon, dove erano reclusi i Templari, rinvenuto dalla studiosa dopo settecento anni di oblio nell’Archivio Segreto Vaticano. L’inchiesta di Chinon si concluse con l’assoluzione dei capi templari dall’accusa di eresia e il loro reintegro nella chiesa cattolica. Completa il libro di Marco e Matteo Salvador un suggestivo “viaggio pittorico” con decine di acquerelli e disegni realizzati dal pittore inglese David Roberts a metà Ottocento che ci consentono di vedere alcuni dei luoghi dove i Templari agirono, da Gerusalemme a Giaffa, da Gerico a Hebron, da Ascalona a San Giovanni d’Acri, da Tiro a Sidone.                  Filippo Re

“Il mio nome è Cesare Lombroso” di Roberta Melli: la grafologia al servizio delle indagini

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Un romanzo accattivante e intrigante

L’AUTRICE 

II talento paga sempre. Ed è questo il caso della vicentina Roberta Melli, che pochissime settimane fa è tornata in libreria con il suo quarto romanzo, il thriller Il mio nome è Cesare Lombroso, edito dalla casa editrice brianzola Leone Editore, e che già sta facendo incetta di consensi, sia tra lettori che appassionati. Grafologa forense, esperta di insetti e appassionata di maratona, per scrivere le sue adrenaliniche pagine l’autrice ha tratto ispirazione dalla celebre e storica figura del medico antropologo padre della criminologia moderna: Marco Ezechia, detto Cesare Lombroso.

Preceduto dai romanzi “Senza tregua”, “In vetta al mondo” e “Possessione”8, tutti pubblicati da Leone Editore, quest’ultimo romanzo segna il ritorno della scrittrice dopo una lunga pausa: «In realtà non ho mai smesso di scrivere – spiega Melli – ho solo rallentato il ritmo per dare spazio ad altri impegni. Sono felice di essere tornata in libreria e che i lettori continuino ad apprezzare ciò che scrivo, tante sono le manifestazioni di apprezzamento che ricevo ogni giorno sui miei canali social, tramite mail e di persona.

Significa che sto facendo un buon lavoro, e che continuerò a farlo».

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IL LIBRO
Un romanzo accattivante e intrigante, che mostra una tecnica affascinante al servizio delle indagini: la grafologia. Roberta Melli ha una scrittura scorrevole, che regala dettagli suggestivi del luogo scelto come teatro degli eventi, accanto a elementi formativi della sua professione. Come grafologa forense, la Melli inserisce nella narrazione insegnamenti dell’interpretazione della grafia che non solo alimentano l’interesse, ma stuzzicano la curiosità e un po’ anche la fantasia. Nell’immaginario di molti, chi sa interpretare una scrittura rivelando caratteristiche e indole dell’autore, sembra quasi un mago, sapere invece che è una scienza codificata e riconosciuta, vederla applicata dai personaggi, è formativo, cattura l’interesse e dà un ulteriore pregio alla storia. Il protagonista è un discendente del famoso Cesare Lombroso, colui che è considerato il padre della criminologia. Il Lombroso storico, figura reale, era medico e antropologo, poi caduto in disgrazia, messo alla berlina dai suoi pari per le ricerche sulla fisiognomica, ovvero l’ipotesi che l’origine del comportamento criminale sia insita nelle caratteristiche anatomiche del reo.
Il romanzo si apre come un thriller, dove una morte improvvisa, violenta e misteriosa, porta Lombroso e la sua assistente a Sansego, una piccola isola della Croazia, dove vivono pochi residenti, ci si conosce tutti, ed esplode di vita e di gente nel periodo estivo. I nostri ci arrivano a maggio, quando ancora il turismo non c’è, dando al lettore un ambiente ristretto nel quale indagare. Ottima anche la costruzione dei personaggi secondari, che sono diversi, ben caratterizzati e suggestivi. “Il mio nome è Cesare Lombroso” cattura, intrattiene e insegna regalando informazioni tecniche unite a una trama affascinante. C’è tanto contenuto nel romanzo, espresso con una sintesi studiata, che non toglie nulla alla storia, ma, al contrario, la rende ancora più dinamica. Un romanzo da scoprire.
#recensione #consiglidilettura #consigliolibroso
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Il mio nome è Cesare Lombroso
di Roberta Melli
Edit: Leone
280 pagine
Genere: Gialli

Valutazione: 5/5

 

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La rassegna dei libri più letti e commentati

Eccoci al consueto appuntamento con i libri più letti e commentati dalla community di Un Libro Tira L’Altro Ovvero Il Passaparola dei Libri nel mese di giugno, 2024.

Hanno tenuto banco tre titoli molto recenti, segno che i lettori rimangono attenti alle nuove tendenze della narrativa.

Triste Tigre di Sinno Neige, una cruda e lucida storia di abusi e lotta per la giustizia; La Casa Delle Sirene di Valeria Galante, saga familiare e romanzo storico allo stesso tempo; stesse caratteristiche per  Il cognome delle donne, di Aurora Tamigio, a conferma di come questo genere di narrativa incontri decisamente i gusti del pubblico.

Incontri con gli autori

 

Nel mese di giugno abbiamo intervistato

Chiara Vittorini autrice di Quei Marinai  (Bookabook, 2024), una storia di dipendenza affettiva molto toccante e drammatica.

Federica De Paolis, autrice di Da Parte di Madre  (Feltrinelli, 2024) L’incredibile storia di una madre e una figlia, tra  identità, amore e  inversione di ruoli; Ben Pastor  scrittrice scrittrice italiana naturalizzata statunitense che ha deciso di dare un seguito ideale a I Promessi sposi nel suo ultimo romanzo La Fossa Dei Lupi  (Mondadori).

 

Per questo mese è tutto. Vi invitiamo a seguire Il Passaparola dei libri sui nostri canali sociali e a venirci a trovare sul nostro sito ufficiale per rimanere sempre aggiornati sul mondo dei libri e della lettura! unlibrotiralaltroovveroilpassaparoladeilibri.it

L’isola del libro

Rubrica settimanele a cura di Lura Goria

 

David Nicholls “Tu sei qui” -Neri Pozza- euro 20,00

L’acclamato scrittore inglese (nato a Eastleigh nel 1966) prima di dedicarsi alla narrativa ha studiato per diventare attore ed ha lavorato a lungo per la BBC, realizzato adattamenti shakespeariani e firmato serie di successo. Il suo romanzo “Un giorno” del 2009 è diventato un film con Anne Hathaway e Jim Sturgess.

In “Tu sei qui” tornano i temi cari all’autore e accattivanti per i lettori; amore, amicizia e l’arco di 10 giorni di narrazione. Qui i protagonisti stanno vivendo in pieno la crisi di mezza età.

Michael è un professore di geografia in fase di divorzio, ma ancora innamorato della moglie.

Marnie è una correttrice di bozze ed editor free lance, single dopo alcune deludenti esperienze e il matrimonio con un pessimo soggetto. Ora nel suo futuro il genere maschile non è più contemplato.

Entrambi, dopo essere stati feriti dalla vita e disorientati dal mondo, stanno costruendosi una nuova dimensione, ed hanno scelto una rassicurante solitudine. E Nicholls riesce a narrare perfettamente quella sorta di zona grigia che aleggia tra amore e amicizia, lo fa anche attraverso dialoghi illuminanti sullo stato d’animo dei personaggi.

Un’amica comune li spinge a intraprendere un lungo viaggio, infiniti chilometri zaino in spalla e scarponi ai piedi. Durante il tragitto scopriamo due solitudini e due anime ferite che poco a poco imparano a conoscersi e confrontarsi.

 

 

Julya Malye “Le ragazze della Baleine” -Mondadori- euro 20,00

L’autrice parigina è il nuovo fenomeno letterario francese con al suo attivo 4 romanzi, di cui il primo scritto quando aveva solo 15 anni. In queste pagine esplora anfratti dimenticati dalla storia, con protagoniste alle prese con destini difficili.

Siamo nel 1720 all’ospedale psichiatrico femminile la Salpêtrière dove sono internate donne ai minimi scalini della scala sociale: prostitute, orfane, povere o colpevoli di qualche reato.

La madre superiora, Marguerite Pancatelin, deve selezionarne 90 da caricare sulla nave Baleine per spedirle nella Louisiana dove sposeranno coloni francesi che hanno occupato i territori nel Nuovo Mondo.

Ufficialmente sono volontarie; in realtà vengono selezionate dalla direttrice che le sceglie in parte per sottrarle a pene durissime alle quali sono state condannate magari anche ingiustamente. Altre, invece, chiedono di partire per non separarsi da una compagna.

Partendo dall’elenco dei nomi di queste sventurate, Julia Malye, immagina e traccia il destino di tre di loro che seguiremo oltreoceano dove la loro sorte finirà per compiersi.

Genevieve, denunciata dalla sua padrona e accusata di aver aiutato ad abortire donne disperate. Petronille, di nobili natali ma decaduta e ripudiata dalla famiglia per tutta una serie di motivi che scoprirete leggendo. Charlotte che è stata abbandonata appena nata alla Salpêtrière; è lei a chiedere di partire per non staccarsi dall’amica Étiennette.

Le osserveremo nel periglioso viaggio nel mare gelido dell’Atlantico, a bordo del veliero che durante la lunga traversata diventa la loro casa. Poi nel Nuovo Mondo dove sposeranno uomini disillusi e dovranno fare i conti anche con una natura che vince su tutto.

 

 

Chiara Bianchi “Il canto della fortuna” -Salani- euro 19,00

Il romanzo ripercorre la parabola di vita ascendente di un personaggio unico che ha fatto la storia dell’editoria italiana. E’ Angelo Rizzoli, nato il 31 ottobre 1889, figlio di un povero ciabattino analfabeta che si suiciderà per disperazione. Cresce in un orfanotrofio come “martinitt”, ovvero orfano poverissimo, senza prospettive di futuro.

Ma lui non è semplicemente uno dei tanti miserabili scaraventati in una vita di stenti.

Angelo è fatto di acciaio inossidabile, intelligente sopra la media, ha capacità eccezionali, sviluppa grandi idee, lavora duramente per costruirsi un avvenire diverso, pensa in grande e vola altissimo.

Risparmia lira su lira, azzarda e firma cambiali, fatica notte e giorno e, appena maggiorenne, nel 1912, con un compagno di orfanotrofio, apre una piccola tipografia. E’ solo l’inizio.

La donna che veramente conta nella sua vita è la moglie Annina Marzorati, anche se all’apice del successo le donne lo attireranno sempre molto e lui non è certo tipo da rinunciare alle occasioni che il destino gli mette lungo la strada.

Ma il fulcro della sua esistenza è soprattutto la lungimiranza che lo porta a intravedere l’informazione come la chance del futuro su cui puntare. L’occasione per il grande salto gli si prospetta quando insegue il sogno di diventare editore e acquista 4 testate con bilanci in rosso, di proprietà di Mondadori che vuole disfarsene.

Angelo nel 1927 le compra per 40 mila lire e le trasforma in riviste di punta del mercato italiano. Nelle pagine della biografia si ripercorre la sua avventura umana e imprenditoriale, fatta di giornali, libri e film, in un alternarsi di luci e ombre, inclusa la debolezza per il rovinoso gioco d’azzardo.

Chiara Bianchi ricostruisce anche gli intrecci dei suoi discendenti, e pennella gioie e dolori di una dinastia indimenticabile, con tutte le traversie che l’hanno costellata.

 

 

Josè Maria Eça de Queiroz “I Maia”

-Edizioni Settecolori- euro 28,00

Eça de Queiroz è una sorta di monumento letterario portoghese, autore ottocentesco di stampo realista che amava descrivere il versante periglioso e romantico della vita, e mettere in luce quanto le grandi passioni possano essere dannose.

I Maia” è il dodicesimo libro di una saga scandita da tanti episodi di vita sentimentale. Sottesa a tutta l’opera c’è una sottile e acuta ironia con cui l’autore sottolinea come la società dell’epoca aspirasse alla modernità, facendo però solo ripetuti passi indietro. L’accostamento spontaneo è con il nostro “Gattopardo” e il suo baricentro: le cose devono cambiare per restare esattamente come sono.

Secondo Eça de Queiroz il desiderio di progresso che vibrava a Lisbona, di fatto veniva frenato dall’indolenza insita nella saudade portoghese, scaturita dalla perdita delle colonie e delle ricchezze. La saudade nostalgica di cose possedute e poi perse per sempre.

I Maia” è la storia di tre generazioni e le loro diverse reazioni alle traversie della vita.

Capostipite della dinastia è Alfonso de Maia, uomo vecchio stampo. E’ sposato con una donna di salute malferma e completamente sottomessa ai voleri del marito; adorante nei confronti dell’unico figlio che è riuscita a mettere al mondo, Pedro.

Ma il rampollo è penalizzato dalla fragilità e dalla tendenza all’autodistruzione.

Carrieri, “La consapevolezza di un cavaliere templare”: legami invisibili che intrecciano l’esistenza

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“La consapevolezza di un cavaliere templare” è il titolo dell’ opera dello scrittore Nicola Carrieri, nato a Manfredonia ma residente a Caluso, titolare di uno studio di consulenza e formazione in materia di sicurezza sul lavoro, decreto 81.

Nel libro “La consapevolezza di un cavaliere templare”, l’autore analizza e interpreta eventi che a prima vista sembrano non avere alcun legame tra di loro, ma che invece secondo le sue osservazioni sono strettamente connessi. Attraverso la sua esperienza e la sua visione del mondo, l’autore mette in luce le relazioni nascoste che esistono tra fatti che possono apparire distanti e separati.
Attraverso una serie di analisi approfondite, Carrieri dimostra come la consapevolezza e la saggezza possano portare alla comprensione dei legami invisibili che intrecciano la nostra esistenza, offrendo una prospettiva unica e profonda sul significato della vita e dell’universo. Il libro “La consapevolezza di un cavaliere templare” affronta con profondità e originalità tematiche legate alla sfera animica della realtà, esplorando territori mentali e spirituali della nostra esistenza.
L’autore invita il lettore a riflettere su come spesso viva in una falsa realtà, imprigionato tra pareti di vibrazioni che lo limitano nella percezione di ciò che lo circonda. Da un punto di vista non convenzionale Carrieri interpreta i fatti alla luce di una consapevolezza più profonda, mettendo in discussione le certezze e aprendo nuovi orizzonti di comprensione.
Il libro si pone anche domande esistenziali sulla morte, esplorando il concetto di universi paralleli e spaziando in territori mentali dove la mente umana può appena affacciarsi. L’autore dimostra una grande apertura mentale nel farsi portavoce di tematiche di nicchia e spesso trascurate, esponendole con un ritmo incalzante e uno stile coinvolgente che tiene il lettore incollato alle pagine fino all’ultima parola. In definitiva, “La consapevolezza di un cavaliere templare” è un libro che apre la mente e il cuore del lettore a nuove prospettive, invitandolo a esplorare i confini della sua esistenza e a interrogarsi sul senso profondo della vita.

Maria Nicola vincitrice del Premio Biennale Mario Lattes per la Traduzione

Nicola è la traduttrice del romanzo Le pianure di Federico Falco (Sur). 
La terza edizione del Premio è stata dedicata alla lingua-ispano americana.

È Maria Nicola la vincitrice della terza edizione del Premio Biennale Mario Lattes per la Traduzione, traduttrice del romanzo Le pianure dell’argentino Federico Falco, edito in Italia dalla casa editrice Sur. Realizzato dalla Fondazione Bottari Lattes in collaborazione con l’Associazione Castello di Perno e l’Università degli Studi di Torino, per l’edizione 2024 si è stabilito di dedicare il premio alla lingua ispano-americana.

 

Spiegano le esperte Monica Bedana, Gina Maneri e Vittoria Martinetto, che in questa terza edizione compongono la Giuria specialistica, motivando l’assegnazione del Premio: “La traduttrice si è distinta per una resa stilistica di grande sensibilità ed eleganza, trovando, nell’assoluto rispetto del dettato dell’autore, le soluzioni più idonee a restituire un testo ricco di tecnicismi e di elaborate descrizioni di ambito naturalistico. La lingua italiana che ne risulta è cristallina, mai intorbidita – nelle costruzioni sintattiche o nelle scelte lessicali – da sedimenti della lingua di partenza. Lealtà verso il testo originale e fruibilità da parte dei lettori trovano dunque, in questa traduzione, un felice punto d’incontro, ed evidenziano la piena aderenza della traduttrice all’intima cifra stilistica di Federico Falco. La qualità di questo lavoro è un’ulteriore conferma della lunga e solida traiettoria professionale di Maria Nicola, che da decenni contribuisce alla diffusione delle letterature in lingua spagnola in Italia anche con la sua fervida curiosità intellettuale”.

In una prima fase, i testi finalisti sono stati selezionati dalla Giuria stabile, composta da Anna Battaglia, Melita Cataldi, Mario Marchetti, Antonietta Pastore.

 

Gli altri  finalisti in gara sono stati Alberto Bile Spadaccini con Il Gran Burundún-Burundá è morto di Jorge Zalamea (Colombia, edito da Arcoiris), Ilide Carmignani con Lutto di Eduardo Halfon (Guatemala, edito da il Saggiatore), Raul Schenardi con Fra le tue dita gelate di Francisco Tario (Messico, edito da Safarà) e Giulia Zavagna con Chiamatemi Cassandra di Marcial Gala (Cuba, edito da Sellerio).

 

La cerimonia di premiazione si è tenuta al Castello di Perno, nel cuore delle Langhe. In questa occasione le traduttrici, i traduttori e i giurati del Premio sono stati coinvolti in una tavola rotonda coordinata da Stefania Soma, in arte Petunia Ollister, alla presenza di un pubblico curioso e attento, tra cui un gruppo di studenti di Lingue e Letterature Straniere dell’Università di Torino, che hanno interagito e si sono confrontati con gli esperti.

 

Le esperte di lingua ispano-americana contemporanea, che in questa terza edizione compongono la Giuria specialistica, sono Monica Bedana, che dal 2017 dirige la sede italiana della Scuola dell’Università di Salamanca a Torino, Gina Maneri, traduttrice e insegnante presso la Civica Scuola Interpreti e Traduttori Altiero Spinelli di Milano, e Vittoria Martinetto, insegnante di Lingua e Letterature Ispanoamericane all’Università di Torino, a cui si devono le traduzioni di alcune delle opere, tra gli altri, di Mario Vargas Llosa, Julio Cortázar e Jorge Luis Borges.

 

Il Premio biennale Mario Lattes per la Traduzione, è realizzato dalla Fondazione Bottari Lattes in collaborazione con l’Associazione Castello di Perno e l’Università degli Studi di Torino, con il contributo e sostegno di Comune di Monforte d’Alba, il sostegno di Banca d’Alba e Fondazione CRT e con il patrocinio di Confindustria Cuneo e Unione dei Comuni Colline di Langa e del Barolo.

 

La Fondazione Bottari Lattes.

La Fondazione Bottari Lattes è nata nel 2009 a Monforte d’Alba (CN), dalla volontà di Caterina Bottari Lattes. Ha come finalità la promozione della cultura e dell’arte e l’ampliamento della conoscenza del nome di Mario Lattes (1923-2001) nella sua multiforme attività di pittore, scrittore, editore e animatore di proposte culturali. Mario Lattes è stato un testimone lucido e anticonformista, artista di respiro internazionale, cui va il merito della diffusione in Italia di pittori e autori stranieri di grande valore. Fu direttore dell’omonima casa editrice, fondata dal nonno nel 1893, per lungo tempo punto di riferimento della scuola italiana. Tra le pubblicazioni scolastiche realizzate si ricorda l’antologia La biblioteca illustrata con i disegni di Mario Lattes per gli studenti delle scuole medie. La Fondazione Bottari Lattes non ha scopo di lucro. Porta avanti iniziative di studio e di ricerca culturale, curandole direttamente o in collaborazione con altri enti o istituzioni, e organizza progetti e appuntamenti culturali. Tra le principali attività: il Premio letterario internazionale Lattes Grinzane, il Premio biennale Mario Lattes per la Traduzione, mostre di arte e fotografia, i progetti per le scuole come Vivolibro, i convegni. La sede della Fondazione Bottari Lattes (via Marconi 16, Monforte d’Alba) conserva la Biblioteca Mario Lattes, l’Archivio delle carte di Mario Lattes e di altri fondi documentali in possesso della Fondazione e la pinacoteca Mario e Caterina Lattes, che fa parte nella rete degli Istituti Culturali piemontesi. Nel 2017 la Città di Torino-Presidenza del Consiglio Comunale ha intitolato a Mario Lattes i giardini pubblici di Piazza Maria Teresa, come riconoscimento all’impulso culturale profuso da Lattes nei suoi tanti impegni e iniziative portati avanti nel capoluogo piemontese. Nel 2023 ricorre il centenario dalla nascita di Mario Lattes.

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

 

Leif Enger “Virgil Wander” -Fazi Editore- euro 19,00

Leif Enger è nato nel Minnesota nel 1961 ed è lì che tutt’ora vive con la moglie e i due figli. Il suo esordio letterario risale al 2001 con il best seller “La pace come un fiume”, accolto dalla critica letteraria americana come il primo grande classico del nuovo millennio.

Virgil Wander” è stato pubblicato negli States 6 anni fa, nel 2018, ed ora grazie a Fazi arriva da noi. E’ un romanzo sull’America lontana dalle mille luci di New York, e sonda invece gli animi del Midwest che aveva votato Trump presidente.

Protagonista è il Virgil del titolo, orfano di entrambi i genitori, impiegato nell’amministrazione comunale di Greenstone, dimessa cittadina sotto tono e accusata di seguire ottusamente Trump. Un giorno d’inverno Virgil perde improvvisamente il controllo della sua scassata Pontiac e finisce dritto nelle acque del Lago Superiore.

Fortunatamente viene salvato, ma il trauma subito nell’incidente a causa di un potente colpo di frusta ha compromesso la sua capacità di esprimersi, peggio ancora, ha cancellato la sua memoria. Si ricorda solo alcuni sprazzi di vita e qualche persona. Il resto è buio sulla sua esistenza.

La diagnosi neurologica parla di “lieve danno cerebrale di origine traumatica” e l’arduo compito che lo attende è la faticosa ricostruzione del suo passato.

Ad aiutarlo mentre è convalescente nel suo triste appartamento da scapolo sono i pochi amici che non lo abbandonano. Tra loro soprattutto il giornalista Tom; poi altri personaggi, tra i quali la bella vedova Nadine, e il figlio del fondatore della cittadina.

 

Una piccola schiera di persone che lo spingono a recuperare tranche di vita. Al contempo permettono a Enger di ricostruire un romanzo corale in cui emergono poco a poco anche le vicissitudini di chi lo circonda con affetto.

 

 

Alexandra Lapierre “Fanny Stevenson” -edizioni e/o- euro 22,00

L’autrice è la figlia del grande Dominique Lapierre e una raffinata, meticolosa e appassionata biografa con una particolare predilezione per donne eccezionali, alle quali la Storia non ha mai dato il giusto risalto. Dietro a ogni libro di Alexandra Lapierre ci sono anni di studio, approfondimento, un’enorme mole di lavoro e ricerca per restituire ritratti a tutto tondo.

Per ripercorrere la vita di Fanny Stevenson ha macinato chilometri, scandagliato biblioteche e cantine, rovistato in lettere e documenti impolverati dal tempo e impiegato ben 5 anni. Convinta che sia impossibile raccontare una storia senza recarsi sul posto, ha viaggiato in lungo e in largo fino a Samoa. Il libro era uscito in prima edizione nel 1995, oggi ripubblicato da e/o.

Anny Van de Grift, Fanny Osbourne e Fanny Stevenson: una donna e tre nomi corrispondenti alle coordinate della sua intensa vita che vale per dieci.

Nasce a Indianapolis nel 1840, e muore a Santa Barbara in California nel 1914. Viene sepolta sul Monte Vaea, nell’arcipelago delle Samoa, dove riposa accanto al secondo marito Robert Louis Stevenson, che lei portò (contro il parere dei medici) nei mari del Sud del Pacifico.

Fanny vive incredibili peripezie, dal Nevada all’Indiana, dalla California alla Parigi degli impressionisti, dove si reca per affinare le sue ambizioni artistiche.

Ha al suo attivo un primo matrimonio fallito con un cercatore di argento nel Nevada.

Non si volta indietro, prende i tre figli e attraversa l’Oceano. Meta Parigi, attirata dall’arte ma senza soldi, ed è lì che in una catapecchia parigina muore in modo straziante il più piccolo dei suoi bimbi.

Quando arriva a Grez-sur-Loing nella comunità di britannici e stranieri assortiti che inseguono e affinano sogni artistici, incontra il malaticcio scozzese R. L. Stevenson. E’ coup de coeur per lo scrittore, più giovane di 11 anni, la cui vita cambia di colpo.

Una passione travolgente, ma anche intesa intellettuale profonda; è lei che lo sprona a riscrivere “Il Dottor Jekyll”, opera che gli procura immediata fama. Inoltre gli salva la vita, perché per curare le sue misteriose patologie polmonari lo trascina niente meno che a Samoa dove lo scrittore ritrova in parte la salute.

Fanny aveva ragione, probabilmente il marito non aveva la tisi, migliorò decisamente e fu un ictus a fulminarlo a soli 44 anni. La coppia a Samoa si costruisce una villa, oggi museo, e lì Stevenson si integra con gli abitanti del luogo che lo chiamano “Tusitala” ovvero narratore di storie.

Rimasta vedova si divide tra le isole e San Francisco, dove nel 1903 incontra Ned Field: lui ha 25 anni, lei 63. Sarà il suo compagno fino alla morte che la coglie nel 1914. Di lei Ned scrisse che era l’unica donna al mondo per cui valesse morire.

 

 

Deborah Levy “Cose che non voglio sapere”

-NNE- euro 15,00

Deborah Levy, nata in Sudafrica nel 1959, è una delle più importanti scrittrici inglesi. In un momento complicato della sua vita lascia la terra dell’apartheid per ragioni politiche, si mette in viaggio seguendo rotte a caso verso destinazioni non programmate. Dapprima approda in Inghilterra dove diventa scrittrice, moglie e madre.

Poi si stabilisce a Maiorca e, nell’intimità offerta dal paese straniero, decide di intraprendere un cammino intellettuale e profondamente emotivo, sul solco tracciato da grandi autrici come Virginia Woolf, Marguerite Duras e Simone de Beauvoir.

Questo libriccino è il primo capitolo della sua “Autobiografia in movimento”, in cui indaga il suo essere donna, l’emancipazione e gli odierni ruoli femminili, sempre con un registro ironico e acuto che non fa sconti. Mette a fuoco gli ostacoli che frenano le donne, come la società, la casa e il patriarcato, e scrive un interessante memoir femminista.

 

Debora Levy “Il costo della vita” -NNE-

Euro 15,00

E’ il secondo volume dell’”Autobiografia in movimento” dove prosegue le sue riflessioni sul ruolo femminile nel Ventunesimo secolo. Le difficoltà nel tentativo di riuscire a conciliare più mansioni tra lavoro e famiglia; ma analizza anche momenti topici come la fatica di un trasloco, il dolore di un divorzio e lo strazio di un grave lutto.

Un altro capitolo in cui racconta una madre esausta e poco amata, relegata in un misero appartamentino sulle colline londinesi. Li il capanno degli attrezzi di un poeta diventa anche la sua stanza tutta per sé dove trovare rifugio e immaginare nuovi inizi.

Piero Chiara e la narrazione della provincia italiana

Il 23 marzo del 1913 nasceva a Luino lo scrittore Piero Chiara. Anni fa, in occasione del centenario dell’evento sul muro esterno dello storico Caffè Clerici, l’amatissimo locale e “ufficio” dello scrittore  che guarda sul porto vecchio, venne collocata una targa con una frase del celebre romanziere tratta da l’Avvenire del Verbano del 30 novembre1934. Vi si legge: “In Luino vi è qualche cosa di inesprimibile e di spirituale che non può andare vestito di parole; è qualche cosa di più che la tinta locale, è quel mistero di attrazione che fa innamorare di un luogo senza che ci si possa dar ragione del motivo”. Un ritratto di quest’angolo di provincia chiuso tra il lago Maggiore, i monti delle valli Dumentina e Veddasca e la frontiera con la Svizzera.

Un’immagine che, volendo, può essere estesa a buona parte dei paesi che si affacciano sulle due sponde del Verbano. Figlio di un siciliano immigrato al nord come impiegato delle Regie Dogane e di Virginia Maffei, originaria di Comnago, minuscola frazione di Lesa sulla sponda piemontese del lago Maggiore, Piero Chiara frequentò diversi collegi come il San Luigi di Intra e il De Filippi di Arona. Dopo una breve parentesi in Francia, terminati gli studi e vinto un concorso come “aiutante volontario cancelliere” svolse l’impiego statale in Veneto e nella Venezia Giulia, tornando poi nella sua provincia per approdare infine a Varese. In quegli anni, da autodidatta, s’impegnò nello studio e nella formazione letteraria senza rinunciare a frequentare i tavoli con il gioco delle carte e il biliardo dei vari caffè. E’ lì che trarrà gli spunti letterari su ambienti e persone che diventeranno molti anni più tardi i protagonisti dei suoi racconti e romanzi. Nel gennaio 1944, per sfuggire ad un ordine di cattura emesso dal Tribunale Speciale Fascista, Chiara varcò il confine, rifugiandosi in Svizzera dove visse l’esperienza di internato nei campi di Büsserach, Tramelan e Granges–Lens. Ricoverato all’ospedale di St.Imier, frequentò la casa cattolica di Loverciano nel distretto ticinese di Mendrisio. Finita la guerra restò per qualche tempo in territorio elvetico insegnando e pubblicando la prima opera, la raccolta di poesie Incantavi. Da quella silloge che nel titolo alludeva al toponimo dei cascinali sopra Luino emergevano le passioni, le affinità e il profilo di un giovale esule riflessivo, malinconico, dotato della stoffa necessaria per intraprendere un viaggio originale in campo letterario. Il 25 aprile 1945 dalla tipografia di Poschiavo nel canton Grigioni usciva il primo libro a firma di Piero Chiara. Il suo primo editore, don Felice Menghini (scomparso prematuramente nel ‘47 in un incidente di montagna a soli 38 anni, fra i principali autori della Svizzera italiana come poeta, traduttore ed elegante prosatore) ne fece tirare fino a 500 copie intuendone il valore. Al consenso della critica corrispose anche quello del pubblico: nonostante le frontiere ancora chiuse ne furono venduti 150 esemplari in un mese. Abbandonata negli anni ’50 l’amministrazione della giustizia Chiara si dedicò alla scrittura, al giornalismo (collaborando alla terza pagina del Corriere della Sera) e alla letteratura, come curatore di opere classiche, in particolare del Settecento, tanto da essere considerato un’autorità nel campo degli studi su Giacomo Casanova. Scrisse anche una seria e documentata biografia del Vate che riposa a Gardone Riviera nel mausoleo del Vittoriale, intitolata La vita di Gabriele D’Annunzio. Conobbe poi il successo con i racconti e i romanzi la cui ambientazione era quella della provincia che resterà lo scenario di tutta la sua esperienza di scrittore. Sui luoghi della sua piccola patria (il Lago Maggiore, le valli e i suoi paesi, Luino e la Svizzera italiana) spaziò con lo sguardo innamorato di chi li sentiva parte di sé. Erano i luoghi dell’anima e frequentandoli, come scrive l’associazione degli Amici di Piero Chiara, sembra quasi che “dietro un’insenatura del lago, da un angolo di strada di paese, da una valle a specchio dell’acqua o da un battello che cuce l’uno all’altro i pontili delle opposte sponde, debba comparire uno dei suoi personaggi: una delle sorelle Tettamanzi, magari sottobraccio a Emerenziano Paronzini, oppure l’Orimbelli con la Tinca, o il pretore di Cuvio Augusto Vanghetta”. E’ la provincia profonda con i suoi caffè e i giocatori di carte, le avventure di impenitenti flâneur che vagano oziosamente per le vie dei paesi, delle acque battute dai venti di tramontana, le piccole isole, i battelli e i tanti moli degli imbarcaderi, storie amare o scabrose vicende di corna e tradimenti. Offrendo un approdo letterario a questo mondo Piero Chiara raggiunse il successo con romanzi come Il piatto piange (1962), La spartizione (1964, Premio Selezione Campiello), Il balordo (1967, Premio Bagutta), L’uovo al cianuro(1969), I giovedì della signora Giulia (1970), Il pretore di Cuvio (1973), La stanza del Vescovo (1976), Le corna del diavolo (1977), Il cappotto di astrakan  (1978),Una spina nel cuore (1979) e tanti altri fino al postumo Saluti notturni dal Passo della Cisa. Molti di questi lavori vennero ridotti e sceneggiati per il grande schermo e per la tv, in qualche caso con delle fugaci apparizioni dello stesso Chiara per dei piccoli camei come in Venga a prendere il caffè da noi di Alberto Lattuada. In una intervista, parlando del suo rapporto con la scrittura, disse: “Scrivo per divertirmi e per divertire:se mi annoiassi a raccontare, starei zitto, come starei zitto se sapessi che i lettori si annoiano ad ascoltare o a leggere i miei racconti. Qualche volta faccio ridere, o meglio sorridere e qualche volta commuovo il lettore o lo faccio impietosire con le mie storie. Mi sembra giusto, anzi normale: se ride alle mie spalle o a quelle dei miei personaggi o se si impietosisce ai nostri casi, vuol dire che ho colto nel segno: mi sembra che raccontandogli la storia di un uomo, con le sue miserie, le sue fortune e la sua stoltezza, in fondo gli conto la sua storia”. Piero Chiara è stato a tutti gli effetti “il poeta delle piccole storie del grande lago”, il maestro di tutti coloro che si sono cimentati con quella che viene definita la letteratura della profonda provincia italiana.

Marco Travaglini