Nel commercio fisso il saldo negativo è di 416 unità, di cui 178 a Torino città. Anche nella somministrazione si registra un saldo di -324 a Torino e provincia, di cui 149 nella sola città; nello stesso periodo si sono persi 87 banchi sui mercati di cui 34 a Torino
Torino – Continua la fase negativa del commercio a Torino e provincia: è quanto emerge dai più recenti dati – aggiornati al 30 aprile scorso – che emergono dall’Osservatorio Confesercenti sulla natimortalità delle imprese . Nei primi quattro mesi del 2014 risulta negativo di oltre 900 unità il saldo fra aperture e chiusure nelle attività commerciali a Torino e provincia, di cui quasi 400 nel solo capoluogo. Si tratta di dati omogenei, che accomunano tutti i settori: commercio fisso, ambulantato, pubblici esercizi, impianti carburanti, intermediazione. Addirittura un piccolo segno meno riguarda anche il commercio elettronico, che pure in questi anni ha avuto uno sviluppo notevole.
Nel commercio fisso il saldo negativo è di 416 unità, di cui 178 a Torino città anche nella somministrazione si registra un saldo di -324 a Torino e provincia, di cui 149 nella sola Torino; nello stesso periodo si sono persi 87 banchi sui mercati di cui 34 a Torino. Sommando queste perdite, è come se, in media, da inizio anno avessero chiuso 7 attività commerciali ogni giorno, festivi compresi. Disaggregando i dati per settore, si conferma la situazione particolarmente preoccupante dell’ abbigliamento (-119, di cui 45 a Torino città), che da solo rappresenta un terzo delle perdite registrate nel commercio fisso. Unico dato positivo, le attività di ortofrutta, che aumentano di 17 unità, di cui 8 a Torino città.
Negativo anche il dato delle attività di intermediazione: gli agenti e rappresentanti di commercio sono diminuiti di 78 unità di cui 29 nella sola Torino. Il dato in termini assoluti non sembra drammatico, ma in realtà indica un’ulteriore contrazione delle attività di compravendita, dal momento che gli agenti di commercio costituiscono il “termometro” dell’andamento degli approvvigionamenti dei negozi, i quali evidentemente hanno ancora ridotto gli acquisti e le scorte. “In realtà – commenta Stefano Papini, presidente di Confesercenti – le aperture, sia pure di poco, sono aumentate rispetto allo stesso periodo del 2013: nel commercio fisso, ad esempio sono state quasi cento in più; analogo dato vale per la somministrazione.
Quello che colpisce è l’alto numero di chiusure: segno che molti che hanno resistito finora si sono arresi e che – soprattutto – chi apre ora non ce la fa a continuare. In complesso, dunque, la vita media delle imprese si sta accorciando e il turnover sta diventando frenetico. In questa situazione ci consola solo in parte che nel periodo più drammatico della crisi il saldo negativo sia arrivato anche a 10 chiusure medie ogni giorno. Abbiamo solo rallentato il ritmo della crisi, ma non ne siamo fuori: soprattutto non ne è fuori il vasto mondo del commercio che non gravita nel centro cittadino, dove effettivamente qualche segnale positivo si è riscontrato. Come Confesercenti abbiamo accolto con favore il bonus di 80 euro e ci aspettiamo qualche ricaduta positiva nei prossimi mesi, ma da solo esso non potrà portare a un rilancio duraturo e significativo dei consumi, senza il quale temiamo che i dati che diffondiamo oggi si ripresenteranno anche nei prossimi mesi”.