La straordinaria vicenda umana del giovane e brillante dirigente torinese che negli anni 70 ha attraversato l’oceano ed è stato presidente Fiat in Brasile e America del sud, artefice della fabbrica di trattori e dello stabilimento auto di Belo Horizonte nel Minas Gerais; ma soprattutto ha dedicato la sua vita ai diseredati delle favelas che sorgevano di fianco alla sua abitazione a Rio de Janeiro
Quella che sto per raccontarvi è una bellissima storia di coraggio e generosità. Potete leggerla e approfondirla voi stessi nel libro “Una rivoluzione possibile: 50 anni in Brasile tra grande industria e favelas” scritta da Franco Urani, curata dalla figlia Lidia e dal suo compagno Mauro Villone, (Effatà Editrice).
E’ la straordinaria vicenda umana del giovane e brillante dirigente torinese che negli anni 70 ha attraversato l’oceano ed è stato presidente Fiat in Brasile e America del sud, artefice della fabbrica di trattori e dello stabilimento auto di Belo Horizonte nel Minas Gerais; ma soprattutto ha dedicato la sua vita ai diseredati delle favelas che sorgevano di fianco alla sua abitazione a Rio de Janeiro. A loro ha portato case, istruzione, sanità; molti li ha strappati a un destino bastardo, intriso di droga, prostituzione, delinquenza e morte. Tutto è iniziato da una frana, vicino a Villa Urani, che ha travolto le baracche e fatto perdere il poco che avevano a 80 famiglie. Altri si sono girati dall’altra parte, lui no. Ha iniziato ad ospitarli, aiutarli, ha creato l’ONG “Para Ti” e il suo lavoro a Vila Canoas, è diventato un progetto pilota a livello internazionale, che ha coinvolto Stati Uniti e Unione Europea. Un modello da imitare, con la realizzazione di: un immenso piano di urbanizzazione, ristrutturazione di oltre 400 case, costruzione di asilo, doposcuola, centro salute, biblioteca e molto altro. Franco Urani è morto nel 2009, seguito poco dopo dalla moglie (senza il suo sostegno e l’attiva partecipazione nulla sarebbe stato possibile) e dal figlio Andrè, famoso economista.
Oggi a raccogliere il testimone è la figlia Lidia, insieme al giornalista, fotografo, fotoreporter e operatore umanitario Mauro Villone. In questo periodo sono a Torino per raccontare quello che fanno nella e per la favelas, raccogliere aiuti e presentare il libro.
-Lidia Urani: «Mio padre ci teneva molto, credo sentisse la fine vicina e l’ha scritto negli ultimi tre mesi di vita; come l’ha finito è morto. E’ diviso in 4 parti: infanzia e adolescenza a Torino, e le prime esperienze di lavoro; la sua crescita professionale in Brasile; l’esperienza umanitaria che ha coinvolto tutta la famiglia; mentre l’ultima parte è un contributo di mia madre Giuliana. Non siamo riusciti a pubblicarlo prima perché sono successe tante cose e poco dopo sono morti anche mia mamma e mio fratello. Ma forse questo è proprio il momento giusto, la Fiat è cambiata e credo assuma un valore in più la parte storica del libro, che ricostruisce le vicende dell’azienda in quegli anni. Però, fondamentale è la rivoluzione umana compiuta da mio padre».
-Le principali sfide che ha vinto?
L.U. «Fondare la Fiat Brasile praticamente da solo non è stato certo facile. Per ogni progetto sociale ha imparato a dialogare con le persone, le istituzioni e la Prefettura. Negli ultimi 10 anni ha vissuto la malattia in modo incredibile; con grandissimo coraggio, accettazione e senza mai farla pesare agli altri. Ed amava la montagna, che scalava e arrampicava fin sulle cime più alte, sfidando la natura e la stanchezza. Perché lui le sfide se le metteva sempre davanti».
-Un bilancio delle cose più importanti fatte in tutti questi anni?
L.U. «Vila Canoas ha dato a moltissime persone la possibilità di possedere una casa, prima erano abusive; e non c’erano vie, rete fognaria, idrica, nessuna infrastruttura. L’istruzione è stata fondamentale: mandare i bimbi a scuola, seguirli e con loro aiutare intere famiglie. Mio padre ha formato tantissime persone, creato lavoro, fatto frequentare dei corsi professionali e per tutte le opere di risanamento sono stati impiegati gli abitanti della favela».
– Le cose più urgenti, ora?
Mauro Villone: «Andare avanti con il progetto, trovare i fondi e seguirlo. Oggi la priorità è occuparci degli adolescenti, i più a rischio. Quelli che di colpo, a 12-14 anni, si ritrovano a lavorare nella prostituzione e nel narcotraffico. Ci sono 7 milioni di bambini di strada; il crack si sta diffondendo come un’epidemia e sta devastando interi villaggi. Le crackolandia si stanno espandendo: basta farne uso una volta per assuefarsi e morire nel giro di un anno e mezzo, perché non si avverte più fame, sete, né dolore. In Brasile, poi, muoiono 50mila bambini all’anno stuprati e uccisi. Le emergenze sono ancora tante».
-L’elite e i ricchi brasiliani fanno qualcosa?
L.U. «Oggi, nel bene e nel male, c’è un governo di sinistra e più assistenzialismo. Prima c’erano grande chiusura e paura; ora, i nostri vicini iniziano a fare timide azioni di beneficenza, ma senza un coinvolgimento personale. Poi ci sono anche grandi disponibilità: come il giovane volontario brasiliano, artista ed attore, che ci sta aiutando molto con i corsi di meditazione per i bambini».
-Le favelas quanto stanno cambiando?
L.U. «Ultimamente ci sono interessi economici più forti nei confronti delle favelas: il mercato immobiliare di Rio è molto quotato e parte della classe media ci va a vivere perché costa un po’meno. Arrivano anche stranieri e nascono locali, bar, spazi nuovi».
-Tra le vostre tante iniziative, l’anno scorso avete aperto la Guest house “Para Ti” e promosso i viaggi solidali di “Unaltrosguardo”; come sta andando?
M.V. «Il bilancio è positivo, in poco tempo avevamo il tutto esaurito. Quasi 15mila turisti all’anno arrivano in Brasile per i “favelas tour”: un tipo di viaggio solidale, responsabile, molto delicato. Non la visita ad uno zoo di persone, ma un’esperienza culturale ben fatta e di alto livello. Ora stiamo partendo con viaggi di studio e residenze d’artista; è benvenuto chiunque voglia aiutarci e fare attività con i bambini della favela».
– Chi vive a Torino e magari non può muoversi, in che modo può contribuire?
M.V.«Aiutandoci a fare presentazioni, perché non vogliamo solo raccogliere fondi, ma creare interesse e partnership con strutture, aziende, organizzazioni. Vorremmo trasmettere “un’idea”: i nostri progetti non aiutano solo i poveri, ma moltissimo anche noi stessi. Chi dà una mano e fa volontariato riempie la sua vita e lo dico per esperienza».
L.U. «Non sempre è facile, ma è stimolante e non potrei più avere un altro tipo di vita. Non inseguiamo un’utopia: “ParaTi” ha davvero migliorato la vita di tante persone. Si può fare; se tutti pensassimo in modo diverso e fossimo più disposti ad aiutare chi non ha nulla, a qualunque latitudine del mondo».
Tra le loro iniziative in questi giorni a Torino, anche la Mostra fotografica di ritratti di sciamani “Huni Kui: il cammino incantato” (foto di Lidia Urani, curatore Mauro Villone) a GO-TO GALLERY, Via Bidone 16, Torino, prorogata fino al 20 novembre.
Laura Goria
Per conoscere tutte le attività sociali di Para Ti: www.parationg.org; Per contatti, email: lidiaurani@hotmail.com mauro.villone@libero.it
Alla libreria “L’ibridabottega”, Via Romani 0/A, Torino trovate:
-Il libro di Franco Urani “Una rivoluzione possibile: 50 anni in Brasile tra grande industria e favelas” (Effatà Editrice).
-le agende e i quaderni di “13sedicesimi” con le foto di Rio Unaltrosguardo.
-borse, pochette, porta-cellulari ed altri articoli fatti dagli abitanti della Favela con le linguette delle lattine, per il progetto “Madeinfavela-Fashion for change” (apparse su molte riviste di moda).